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Autore: Lia Joestar    03/06/2015    0 recensioni
Un uomo egoista che si può permettere tutto, e che nella fortuna non apprezzava il mondo attorno a sè.
Una ragazzina fragile, che non ha più speranze, neanche vitali, ma che nonostante tutto pensa di resistere e andare avanti.
Quando i due si incontreranno, impareranno molte cose.. Fra cui il semplice fatto che anche il cuore può esprimersi: bisogna solo imparare ad ascoltarlo.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un uomo ritorna a casa con una rosa in mano: l'acquisto lo avevo reso davvero orgoglioso di sé, era un regalo che si era voluto concedere. Amava il giardinaggio e quella rosa era davvero un bijou: la prima cosa che aveva pensato di fare era di metterla sul davanzale della finestra, che si affacciava al giardino e poi al mondo intero. 
L'uomo non sapeva spiegarsi perché, ma quella rosa abbelliva la vita urbana, la vita normale. Per un po', aveva persino pensato che proprio quella rosa fosse fonte di energia vitale. 
 
Ma in un attimo questo pensiero spariva. In un attimo la sua attenzione passava da quella fonte vitalizia, a qualcun altro che, di fronte a lui e la rosa, pensava probabilmente la stessa cosa: una fanciulla, una ragazzetta assai semplice in apparenza, era rimasta tanto ipnotizzata dalla rosa quanto lo era rimasto lui, che, da parte sua, non gradiva certo una sconosciuta che approfittava di quel piccolo privilegio. Neanche lui sapeva spiegarselo, ma più guardava quell'anima innocente, più sentiva dentro se crescere la rabbia. Si sentiva un gigante egoista, e ne andava fiero. 
Solo dopo, la ragazza era riuscita a leggere negli occhi di quell'uomo, che con così tanta crudeltà, la cacciava via dal suo insulso panorama. Nonostante cercasse di evitare quello sguardo, alla fine si era lasciata vincere dal timore che quell'egoista non sarebbe stato contento. E lei conosceva fin troppo bene la sensazione di un cuore triste. Così lentamente lasciava la rosa e il suo padrone, concentrandosi sui suoi pensieri.
L'uomo deve di certo aver pensato la cosa peggiore su quella ragazzina; gli occhi di una così innocente non potevano certo far morire la piantina, ancor più innocente e gracile. L'unica cosa che lo innervosiva era il fatto che gli sembrava che con quello sguardo avesse rubato la pianta. Era egoismo? No, lui non lo pensava. Era troppo orgoglioso per affermare di avere questo comportamento capriccioso. Sentiva che qualcosa gli batteva forte nel petto: forse era rabbia, forse gelosia.. O qualcosa di più. Poteva essere amore e premura verso la pianta, che ormai era come una figlioletta? Impossibile. Non era neanche amore. Più rifletteva più pensava che non esistesse nulla più forte dell'amore... Finché non si era ricordato della paura. Aveva paura. Paura che lo sguardo avesse rubato la pianta. Si era persino rigirato a vedere il davanzale che fungeva da trono senza però vedere la sua piccola regina. Anche se dapprima aveva pensato a un'illusione, uno scherzo del suo cuore che poco prima, per poco non gli era uscito fuori dal petto, poi si era reso conto di un'orrenda realtà: la regina era stata veramente rapita: non era più sul davanzale. Neanche pensava a un eventuale colpo di vento che aveva fatto cadere il vaso per terra; no, un cuore avido non avrebbe mai potuto pensare qualcosa di simile. Sapeva già in mano a chi avrebbe rivisto il vaso, già pregustando l'idea di un tribunale dove quel piccolo diavolo non avrebbe trovato scampo. 
Non doveva neanche uscire di casa: gli era bastato affacciarsi dalla finestra per scorgere il ladro con le mani nel sacco. La ragazza aveva preso la rosa, con lo sguardo ipnotizzato dai bei petali bianchi che con delicatezza aveva voluto accarezzare con la punta delle dita. 
L'uomo non aveva certo perso tempo; era bastato un ordine preciso e diretto della mano, per dirle di lasciare il bottino al suo giusto posto. E la ragazza, non così stupida da rischiare tanto, si era limitata a poggiare di nuovo la rosa sul davanzale di quella finestra. 
 
E dopo l'accaduto, l'uomo si era messo a riflettere: "va dove ti porta il cuore", pensava continuamente. Così era riuscito a spiegarsi perché si fosse voltato ad assicurarsi che la rosa stesse bene: anche lui, evidentemente aveva un cuore, che l'aveva appena avvertito. Ma si sentiva strano: non era quella la definizione di "cuore" che gli avevano sempre insegnato; non si aspettava certo che fosse un allarme. Eppure, i conti tornavano; aveva salvato Rosa seguendo il suo cuore. 
Ecco un'altra cosa che lo rendeva particolarmente orgoglioso: il fatto di sapere che, se aveva un cuore, non era egoista, le persone egoiste non ce l'hanno nemmeno. 
L'orgoglio e i mille pensieri lo cullarono dolcemente sulla sua poltrona fino a farlo addormentare. Era una sensazione così gradevole.. Chi non vorrebbe addormentarsi così? Lui era solo, ma ciononostante non si sentiva solo. Forse gradiva la solitudine, forse la considerava come compagna. Lo rendeva felice.
Ma, come la maggior parte delle volte, la felicità è ingannevole, e di nuovo un inquietudine lo tormentava, battendo forte nel petto. Cercava a tutti costi di non farsi disturbare da questo presentimento ma alla fine, come era possibile immaginare, la paura aveva avuto la meglio su di lui; d'altronde, l'uomo è così debole davanti alla paura. Inizialmente si era risvegliato di soprassalto, come se quella stessa calma che l'aveva addormentato, l'avesse svegliato non molto tempo dopo. Cosa voleva dire? Era segno del destino o, ancora il suo.. Cuore? 
Avendo passato non molto tempo fa questa sensazione, l'uomo sapeva già dove guardare e sapeva che sarebbe di nuovo rimasto shockato: di nuovo, la rosa non era più sul davanzale della finestra. Si era catapultato per affacciarsi ma non aveva trovato ne lei ne la rosa. Già, lei, la ragazza, la ladra. Anche se non poteva far niente affacciato alla finestra, poteva certo verificare se fosse ancora in tempo per recuperare il bottino.  
Eccola là, di nuovo la ragazza che ronzava intorno alla casa; ma la rosa non c'era. 
Ecco quindi che l'uomo conosceva un sentimento ancora più forte della paura: la rabbia. Era stata proprio la rabbia a trasformarlo in un mostro: nonostante non avesse la rosa nelle mani, l'uomo si era già buttato sulla ragazza come farebbe un qualunque predatore. 
La ragazza, la sua preda, non aveva però intenzione di farsi prendere: era riuscita a scappare per un pelo, ma l'uomo non era rimasto a mani vuote. Non aveva il suo corpo, ma probabilmente parte di se: un cuore; o meglio, una catenina a forma di cuore. Di solito in quei cuori sono chiusi i ricordi di una persona che non c'è più: per un attimo l'uomo aveva pensato persino perché, una ragazza così giovane, avrebbe dovuto aver bisogno di una catenina come quella, che di solito era appesa al collo di un vecchio che aveva perso la madre. 
Strano: si stava preoccupando per una ragazza che fino a quel momento aveva odiato; qualcosa gli diceva che in aveva più motivo di preoccuparsi per la rosa.
La rosa... Ecco il motivo per cui era diventato così strano. Come non era mai stato. Ma perché tutti quei pensieri stavano affollando la mente proprio a un gigante egoista? Perché qualcosa lo costringeva a sentirsi in colpa, a sentirsi stupido contro la sua volontà? Non sapeva cosa fosse, ma l'uomo aveva già deciso di odiarlo: non lo faceva essere.. Lui. 
Forse era la rabbia, la tensione, forse aveva solo bisogno di una sigaretta. Doveva comunque rilassarsi: più pensava alla pianta più rischiava di esplodere. 
Prima di accendersi la sua amata sigaretta però, aveva deciso di non buttare via il ciondolo, cosa che, in un contesto normale quotidiano avrebbe fatto, ma quella "cosa" dentro se diceva di non farlo. Ecco perché l'aveva poggiato sul tavolo di fronte a se. Inoltre, mentre fumava non riusciva a staccargli gli occhi di dosso: lo aveva ipnotizzato tanto quanto la sua compianta rosa. E, stranamente gli dava la stessa sensazione, una sensazione di benessere. 
 
Placati i nervi, e senza il rancore che aveva prima, pensava che se avesse contrattato con la ragazza avrebbe riavuto la rosa in cambio della collana. Ma non avrebbe certo fatto cadere tutto: oh, no, l'avrebbe pagata, doveva vendicarsi assolutamente. Se non lei, così giovane e quasi insicura, chi ne fa le veci: la madre o il padre. Sarebbero stati guai grossi per lei, e l'uomo già sorrideva soddisfatto a quell'idea di vendetta. 
Calata la sera, dunque, sempre mantenendo la calma, si era preparato il discorso, breve ma coinciso, che avrebbe fatto a quell'infame, e si era addirittura assicurato che stesse al meglio, la catenina. Non faceva che controllarla e ricontrollarla e, alla fine, quasi volendo soddisfare un capriccio di un bambino, aveva aperto il cuore del ciondolo, spinto dalla curiosità e dalla tentazione. Dentro il cuore c'era una bella signora, dal sorriso smagliante. Quel sorriso doveva avere qualcosa di malefico perché la "cosa" nel petto dell'uomo aveva ricominciato a battere talmente forte che sembrava volesse scoppiare. Quel sorriso aveva qualcosa di malinconico, triste. Era quel sorriso ad aver mandato in tilt il suo organismo?
L'uomo però cominciava a credere di star diventando pazzo. Magari era solo un problema dovuto al fumo eccessivo. Magari aveva solo bisogno di un dottore che gli prescrivesse qualche iniezione.. Oltre che l'eliminazione complete delle amate Marlboro. 
Ma deciso di pensare a tutto il giorno dopo, era andato a coricarsi sperando che il cuore gli avesse dato tregua almeno per quella notte. 
E, così è stato, visto che era riuscito di nuovo a vedere il sole attraverso la finestra. Ma non voleva perdere tempo: si sarebbe messo alla ricerca di quella ragazzina non appena avesse finito di vestirsi. Ormai sapeva bene che se aveva in testa una cosa, quella sarebbe stata: non era passato molto infatti, che si era ritrovato per le strade del paesino, scrutando bene il più piccolo angolo. 
Ma il destino, che sembrava volesse essere dalla sua parte quella mattina, ha voluto che fosse lei, la ragazzina, a venire incontro al suo ricercatore. 
Subito l'uomo notava come la piccola camminasse a occhi bassi, triste; con la stessa tristezza che aveva riscontrato nel sorriso di quella donna. Ancora quel maledetto sentimento, quell'inspiegabile sensazione di batticuore. Era così forte però, che quando lei si era fermata davanti a lui, quasi in attesa di una sberla, lui era riuscito  solo a darle il ciondolo senza chiedere della rosa. Niente. Sembrava che non gli importasse più del suo piccolo tesoro. Maledizione, perché tutto ciò? Cosa aveva fatto di male? 
 
La ragazzina, da parte sua, aveva esitato un po' prima di prendere la sua amata collana. Lo aveva guardato negli occhi, forse per assicurarsi che fosse davvero lo stesso gigante egoista a cui aveva rubato la preziosa rosa. E una volta preso il ciondolo non si era degnata di ringraziare l'uomo per quella cortesia: aveva subito pensato di fuggire via.. Magari poteva ripensarci e reagire malissimo. 
 
L'uomo era rimasto un po' fermo nella stessa posizione, non si era mosso di un passo. 
Non capiva perché non fosse riuscito a ricattarla, o a usare la voce grossa. Correrle dietro non era comunque un'alternativa migliore. Ormai era rassegnato: si sarebbe dovuto comprare una nuova rosa, con la premura di metterla all'interno.
Un po' deluso quindi, l'uomo tornava a casa. In realtà.. Non si sentiva deluso, anzi, addirittura sollevato. Davvero aveva fatto tutte queste storie per una rosa? Questo pensiero lo faceva sentire a pezzi, imbarazzato. Una scenata tipica l'avrebbe fatta un bambino.. Non un uomo. Non certo un uomo del suo livello. 
Ancora una volta, l'uomo aveva deciso di farsi addormentare dai pensieri e dalla solitudine sulla poltrona: quel rimorso, dopotutto gli aveva dato un forte senso di relax e pace con se stesso. Si sentiva così bene.. Era felice. E lo era talmente tanto che era riuscito a sorridere anche da incosciente, mentre dormiva. E la cosa non gli dispiaceva affatto, anzi. Probabilmente avrebbe sperato di sentirsi così bene un po' più spesso. Quella felicità lo aveva accompagnato durante il pomeriggio e le aveva svegliato solo quando il sole aveva deciso di tramontare. Aprendo gli occhi l'uomo aveva chinato la testa verso la strada ormai tinta di un rossiccio serale. E su quella strada ancora lei. Ancora la ragazzina, stavolta teneva in mano un vaso a lui famigliare. La vista di quel vaso aveva improvvisamente risvegliato il vero cuore di lui: del gigante egoista. La felicità è la serenità interiore erano scomparsi come in un sogno. 
Non voleva neanche darsi il tempo di svegliarsi come si deve, si era alzato subito, aveva infilato la giacca e si era incamminato per strada con passo deciso ma non affrettato. Voleva seguire la ragazza per coglierla abbastanza di sorpresa, le avrebbe fatto davvero un bel discorso. E non sarebbe scappata.
Ecco quindi che la ragazza, inconsapevole dell'uomo dietro di se, continuava la sua strada tenendo il vaso in mano. Il vaso però non aveva più la rosa però; era colmo d'acqua pura, senza neanche una minima traccia di terra, e anche l'uomo sembrava averlo notato. Inutile descrivere la sua rabbia, il suo fastidio, il suo solito batticuore frenetico. Ma voleva essere saggio, e pazientare di arrivare alla meta prima di gridare tutto il suo sfogo. 
La ragazza finalmente si era fermata. Proprio quando l'uomo stava per saltarle addosso, aveva notato il luogo in cui si trovavano: una capanna improvvisata con tronchi, pezzetti di legno ormai marci, e qualche straccio che fungeva da tetto. Era molto larga ma del tutto vuota. 
La paura dell'uomo l'aveva nuovamente paralizzato, e il cuore era tornato a parlargli, ma parlava di qualcosa di cui non aveva mai parlato prima: la preoccupazione verso una creatura così fragile, che probabilmente viveva in quella insulsa capanna. Ma quello che davvero lo aveva trafitto come da un coltello in mezzo al petto, era la vista della ragazza che versava il contenuto del vaso in mezzo alla terra in cui era piantata la sua amata rosa. Ma davanti alla rosa c'era un altro pezzo di legno, stavolta piatto e largo, piantato in orizzontale nella terra. L'uomo, tremante, e con moltissima lentezza voleva avvicinarsi ancora di più, sapendo che avrebbe letto un nome su quel pezzo di legno. E infatti era scritto un nome: un nome che anche l'uomo, per tanto tempo aveva pronunciato con gioia. Il nome in questione, inciso chiaramente da una mano inesperta era "MAMMA". Lo scrittore aveva anche disegnato un cuoricino accanto a quel nome.
La ragazza non era nemmeno a mezzo passo da lui: ormai aveva sentito la sua presenza, ma non gli aveva degnato la minima attenzione: era troppo impegnata a fissare la donna chiusa nel suo cuoricino. Ma ad un tratto si era girata stringendo forte l'uomo dietro di se, e scoppiando in lacrime. 
Anche l'uomo si era messo a piangere. Forse il suo cuore gli aveva parlato, o meglio, lui si era messo ad ascoltare davvero il suo cuore. E cominciava a capire le sue parole, le sue emozioni; cominciava a capirle davvero. Forse il vero problema non era, appunto,  una sensazione inspiegabile: forse era lui. Lui che, accecato dall'egoismo, non voleva concedere qualcosa di suo a chi, magari, non poteva permetterselo. Avrebbe potuto prendere anche centinaia di quelle rose. Quella ragazzina no. Doveva vivere di furti continui. E non era giusto. 
L'uomo aveva finalmente capito tutto, e non poteva certo ignorare quella scena lì: sempre accarezzando la spalla della piccola, la invitava a seguirla, con una dolcezza che si era ormai dimenticato. Quella dolcezza che lo aveva spinto anche a far entrare la  ragazzina in casa sua. E che aveva deciso di adottare: fra le cose che si era ricordato c'era il dolore del vivere senza un papà. Lui era in povertà assoluta, e grazie alla vecchia madre, era riuscito a tirare avanti. Ma quell'anima innocente come ce l'avrebbe fatta? Come sarebbe sfuggita alla Morte, così crudele e furtiva, da non avere pietà neanche per una ragazzina? 
La ragazzina guardava strano quella casa così grande per un essere piccolo come lei.. Ma sopratutto guardava il viso dell'uomo che ora era diverso: sorrideva, sì. Non era più il gigante egoista che aveva conosciuto. Finalmente anche lui aveva conosciuto il suo lato tenero. Ma di questo lei non aveva alcun dubbio: d'altronde, era troppo serena per capire cosa fosse la cattiveria. 
Una cosa ora li univa: la fiducia. A entrambi mancava questo sentimento così importante, ma così semplice... 
La fiducia li aveva spinti a unirsi in un forte abbraccio, caloroso, che nel silenzio totale aveva detto:"io sto bene qui, con te." 
Che fosse stato il loro cuore a sussurrare tutte queste cose? Non lo sapevano. Sapevano solo che, qualunque cosa la vita gli avesse riservato, dovevano fidarsi soprattutto di quella voce. Perché il tempo gli avrebbe davvero insegnato ad ascoltare il cuore. 
   
 
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