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Autore: piccolo_uragano_    03/06/2015    4 recensioni
“Perché ogni volta che c’è in giro Lord Voldemort facciamo figli io e te, Martha?”
Martha accennò un sorriso. “Perché ogni volta che io e te facciamo figli c’è in giro Lord Voldemort, Sirius?”
Remus trattenne una risata. “Ed è per questo che sono vent’anni che ti ripeto che è quella giusta.”
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Non è una di quelle storie tutte miele e amore in cui Sirius trova la sua perfetta metà e vissero tutti felici e contenti. Martha darà a Padfoot del filo da torcere, insegnandogli ad amare e a restare.
(Si parte dal 1976 fino a poco dopo la battaglia di Hogwarts; in teoria è finita, dopo anni, ma in pratica.....)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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Era passato un mese, un mese e due giorni. Martha mangiava pochissimo, aveva perso peso, non sorrideva e spesso aveva lo sguardo perso nel nulla e rispondeva a monosillabi. Le due grandi borse blu ormai erano ufficialmente residenti sul suo viso, ed era pallida tanto che Severus Piton sembrava più colorito di lei. Era stato anche il diciassettesimo compleanno di Lily, e loro ancora non si rivolgevano la parola. Si lanciavano occhiate e, secondo James, giocavano a chi-alza-la-mano-per-prima. James le chiedeva di uscire ancora sei o sette volte al giorno, e lei trovava ogni giorno un modo più brusco per rifiutare, ribadendo puntualmente che avrebbe preferito la Piovra Gigante che abitava il Lago Nero.
Intanto, Remus Peter e James si alternavano con Rose perché Martha non fosse mai da sola. Lei aveva l’impressione che fossero un po’ troppo apprensivi, e che avessero come dei turni organizzati, ma c’era anche da dire che alcune volte non si accorgeva nemmeno che loro fossero accanto a lei. James scendeva in Sala Comune ogni sera e le dava la buonanotte, facendole promettere che sarebbe rimasta intera fino alla mattina dopo. Lei rimaneva seduta sul divano davanti al fuoco per un po’, poi Rose scendeva e la implorava di concedersi qualche ora di sonno. Rose sembrava disperata: lei e Martha si erano appena ritrovate, e vederla distrutta la distruggeva a sua volta. Anche James era fortemente provato da quella situazione: i suoi due migliori amici soffrivano la lontananza l’uno dall’altra, e lui era costretto a giocare il gioco del boomerang. Prima da lei e poi da lui, poi ancora da lei e di nuovo da lui. Se Martha sembrava un fantasma, Sirius sembrava un folle evaso dal manicomio. E James non avrebbe saputo dire quale delle due situazioni fosse peggio.
Era passata anche la prima luna piena senza che dovesse aspettarli in Sala Comune, ma, per forza d’abitudine, si era addormentata sulla poltrona accanto al fuoco. Entrando, Sirius la ignorò passando avanti, mentre James si fermò a svegliarla e a dirle che stavano bene, mentre Peter era con Remus in Infermeria. Lei aveva annuito con aria assonnata ma nervosa, guardandosi attorno. “È già salito, sta bene.” Le aveva detto James, interpretando il suo sguardo.
Quel pomeriggio, Martha stava seduta a gambe incrociate sul suo letto, con la solita matita nel capelli, disegnando su uno dei suoi quaderni, ignorando il mondo accanto a lei.
Martha!” si sentì urlare dall’ingresso del dormitorio. James Potter correva verso di lei con aria spaventata.
“Cosa succede?” chiese lei, riemergendo dal suo mondo.
“Mi serve … quel tuo libro, quello sulle malattie Babbane …”
“L’Enciclopedia Medica?” chiese lei, interpretando il suo gesticolare nervoso.
“Si! Quello!”
Martha gli porse il libro e lui si sedette ai piedi del baldacchino, lasciando le gambe a penzoloni. Sfogliò il libro con aria nervosa. “Questo!” esclamò poi, indicando la foto di un bambino in piena varicella. “Come … come posso curare questo?”
Martha afferrò il libro ed osservò l’immagine indicata da Ramoso. “Mi sta dicendo, James” replicò, quasi ridendo “che tu, a quasi diciassette anni, hai preso la varicella?”
Lui la guardò storto. “Non io, ovviamente! Sono troppo bello per riempirmi di queste … cose!”
Rose, accanto a loro, sbuffò sorridendo. “Allora chi sta male?”
Lui ci dovette pensare bene prima di rispondere. Fece passare lo sguardo da Martha a Rose un paio di volte, si passò la mano nei capelli, per poi sussurrare il nome di Sirius. Con suo grande stupore, Martha rimase impassibile. Dopotutto, si disse, non aveva mostrato di provare più nessuna emozione dopo lo stupore e la rabbia per il cambiamento del suo Patrono.
“Tu l’hai già fatta?” gli chiese, rimanendo priva di espressione.
“Cosa?” rispose lui, scendendo dalle nuvole.
“La varicella!”
“Ma se non so nemmeno cosa sia!”
“Ascoltami, James.” Gli disse, incrociando le gambe. “La varicella è una delle malattie più contagiose che ci siano, e più grande sei quando la fai, peggio è, è per questo che in genere si fa da bambini. Riesci a ricordarti di avere avuto questa malattia, da bambino?”
“Non credo.”
“Peter?”
“Non ne ho idea.”
Martha scosse la testa, mordicchiandosi un’unghia e imprecando contro Salazar Serpeverde.
“E Remus?” chiese Rose.
Martha non lo aveva chiesto perché sapeva che Remus era un Lupo Mannaro, e questo comportava essere immune all’alcol e alle malattie, soprattutto quelle Babbane e da bambini, come la varicella. Ma James era esperto in quel genere di cose, era dannatamente bravo a nascondere il piccolo problema peloso di Remus, e, come se nulla fosse, rispose che si, Remus aveva fatto la varicella da bambino, dicendo che una volta gliene aveva parlato. Rose stava per replicare, quando Martha si alzò di scatto, come se avesse sentito un richiamo, e con passo deciso si avviò vero la porta, con James che la seguiva senza capire. Intanto,  nella mente della piccola Redfort risuonavano le parole di una delle sue ultime promesse. Le sue stesse parole le risuonavano in testa come uno strillo fastidioso.
Prometto che avrò cura di te, Sirius.
In meno di un minuto, aveva raggiunto i letti dei Malandrini nel dormitorio maschile, dalla parte opposta della torre, ignorando le domande di James su cosa diamine stesse facendo.
“Sirius Black!” urlò avvicinandosi al moribondo sdraiato sul letto accanto a quello di James. Non era in sé, lo sapeva, ma per stare vicino a Sirius anche solo un secondo si sarebbe ripresa altre mille volte la varicella.
“Per Godric, sento la voce della mia dolce Martha, Remus … devo essere morto … e sono stranamente finito in Paradiso …”
Se non avesse avuto uno sguardo furioso, Martha avrebbe sorriso del fatto che lui l’associasse al Paradiso. Ma in quel momento, se gli sguardi avessero potuto uccidere, Sirius sarebbe morto davvero.
“No, Black, fortunatamente per te non ti ho ancora ucciso.”
Quando Sirius capì che Martha era davvero lì, si girò dall’altra parte borbottando un qualcuna tra ‘grazie’ e ‘te ne devi andare’, ma lei sembrò non sentirlo – sembrava non sentire nessuno.
“Ti risulta di essere stato contagiato, da bambino, da una malattia Babbana chiamata varicella?”
“No.” Tossì lui, imponendosi di non girarsi a guardarla. La sua voce era già abbastanza fredda e furiosa, i suoi occhi sarebbero stati sicuramente peggio.
“Pensaci bene.”
“T’ho detto di no!” ripeté lui, con una freddezza degna di un Black.
lei lo ignorò. “Peter?” chiese in direzione del ragazzino raggomitolato sull’angolo della finestra.
“S-si, da bambino …”
“Bene! Black, ti comunico che non solo hai la varicella –dannazione, solo tu puoi prendere la varicella al sesto anno!- , ma dovrai stare lontano da chiunque non abbia mai contratto il virus per almeno due settimane, compreso James. Cammini da solo verso l’Infermeria o ti ci devo trascinare?”
Lui fece un verso che sembrava più il grugnito di un maiale che un ‘si’ o un ‘no’, ma poco dopo si stava mettendo seduto. Quando mise i piedi per terra, fu costretto a scontrarsi con l’espressione severa di Martha, e impose a sé stesso di non mostrare emozioni, di nessun tipo, mentre lei dovette sforzarsi per mantenere quell’espressione furiosa, quando lui mostrò un viso pallido, smagrito e visibilmente malato, con quegli occhi grigi da cane abbandonato.

“La varicella, a diciassette anni la varicella …” borbottava Madama Chips, mentre Sirius stava sdraiato nel letto, con un panno umido sulla fronte e un’espressione da moribondo. Peter e Remus lo osservavano divertiti, mentre Martha lo guardava, scuotendo la testa. A James fu prenotato un vaccino Babbano perché non venisse infettato, perché lui doveva assolutamente poter vedere Sirius, ma non sarebbe arrivato prima di una settimana. E sia Martha che i Malandrini avevano il presentimento che quella settimana in cui Sirius e James non avrebbero potuto avere contatti sarebbe stata una delle più lunghe di sempre.
“Ragazzi, conoscete le regole.” Li richiamò Madama Chips, riferendosi all’orario.
“Ma loro sono i Malandrini.” Replicò Martha.
“Esatto!”
“Oh, la prego, Madama Chips! Li conosce! Non sanno nemmeno allacciarsi le scarpe, se non sono tutti insieme! Chiuda gli occhi sulle visite, la prego!”
Sirius la osservò, riuscendo a capire solo la metà delle cose che lei stava dicendo, perché gli fischiavano le orecchie, ma i conti non gli tornavano comunque. Perché Martha stava facendo questo? Dopotutto, l’aveva lasciata. E comunque, non l’aveva mai sentita implorare nessuno. E lui l’aveva abbandonata come una scopa passata di moda, facendo del male ad entrambi, e ogni volta che pensava di parlarle e di chiarire, la voce di Regulus gli rimbombava nella testa come un grido disperato. Eppure, lei era lì, lo aveva portato in Infermeria e stava implorando Madama Chips di permettere ai Malandrini di entrare senza badare agli orari prestabiliti. Che diamine passava nella testa di quella ragazza?
Madama Chips accordò a Martha e ai Malandrini di poter infrangere l’orario delle visite dopo più di mezz’ora, alla condizione però che alla prima ‘malandrinata’ sarebbero stati banditi tutti.
L’ultima cosa che Sirius vide prima di addormentarsi, furono gli occhi verdi di Martha che lo guardavano come solo lei sapeva fare.


Martha e Remus se ne stavano seduti sugli spalti dello stadio ad osservare gli allenamenti di Quidditch. Sirius era stati ricoverato il giorno prima, ed il castello senza lui che scodinzolava qua e la sembrava dannatamente vuoto. Martha non faceva nemmeno troppo caso agli allenamenti: stava cercando di far ricordare a Remus come preparare un Distillato della Morte Vivente, perché il suo calderone non esplodesse alla prossima lezione di Pozioni.
“Okay, ho messo le radici di valeriana, mescolo prima in senso orario o antiorario?”
“Orario.” Rispose Remus con una punta di dubbio. Martha chiuse il libro e lo picchio sul braccio di Remus.
“Antiorario!” ringhiò.
Remus rise. “Hai un bel po’ di rabbia da sfogare, eh?”
“Dannazione, Rose, pensa che quella Pluffa sia la testa di Sirius!” si sentì urlare James.
“JAMES!” urlò di rimando Martha alzandosi in piedi, a mo’ di rimprovero, dimenticandosi dei libri e del Distillato della Morte Vivente. Lui guardò verso di lei facendo spallucce e sorridendo come solo lui sapeva fare, borbottando che lo aveva detto solo per accattivarla. In tutta risposta, Rose tirò la Pluffa con una rabbia mai vista, tanto che Frank Paciock non riuscì a pararla.
Martha rimase spiazzata da quel gesto di sua sorella. “ROSE! MA TI SEMBRA IL CASO?!”
Rose, bellissima anche con i capelli raccolti e con la frangetta all’aria, si avvicinò agli spalti. “Dio, Martha, guarda come ti ha ridotta!  Come fai a non rendertene conto? Se voglio immaginare che la Pluffa sia la testa di quel cretino per tirare meglio, lasciamelo fare!”
Martha si rimise a sedere e incrociò le braccia sul petto, come una bambina che non aveva più voglia di discutere.
“Rispondile.” Le sussurrò Remus.
“Come?”
“Rispondile. Sta cercando di farti reagire.”  
Martha lo guardò. Remus conosceva Rose più di quanto desse a vedere. Poi tornò a guardare dritta davanti a lei. Rose era ancora lì, con la Pluffa in mano, le braccia semi aperte come se si aspettasse di fare a botte.
Lei rimase indecisa sul da farsi, in piedi a fissare Rose, con la consapevolezza che anche James la stesse guardando, pochi metri dietro di lei.
Che cosa poteva dirle? Se le avessero detto che la Pluffa era la testa di Sirius, le avrebbe fatto molto di peggio che fare gol. Ma non ne aveva la forza, e nemmeno la voglia: Sirius era in Infermeria, lei era da sola e non aveva più niente da perdere. Tutto ciò che aveva attorno era tutt’altro che superficiale, come uno sfondo a cui mancava l’elemento principale. Ed era triste come cosa, perché era a guardare gli allenamenti di Quidditch (lei e Rose amavano il Quidditch) con Remus, il suo confidente, e James, il suo migliore amico. Se Sirius fosse stato ancora accanto a lei, quello sarebbe stato un momento bellissimo. Ma, ogni giorno da più di un mese, l’assenza di Sirius era la più forte presenza che Martha riuscisse a sentire.
Si diresse a grandi passi verso Rose, che era rimasta immobile. Arrivata a pochi centimetri da lei, le bastò un sussurro. “Meglio Sirius che Benjamin.” Sibilò, con una voce quasi da serpente.
Rose le lanciò la Pluffa, scese dalla scopa e disse: “Prova tu, allora.” nello stesso istante in cui James e Frank si avvicinavano in volo a loro e Alice e Lily raggiungevano Remus sugli spalti, e Martha le vide mentre si girò verso Lunastorta in cerca di sostegno morale. Più furiosa che mai, salì sulla Firebolt, scoprendo di averne tremendamente paura ma di essere bravissima a non mostrarlo. Come questa si alzò in volo, lei scoprì anche di soffrire leggermente di vertigini, ma Rose la osservava dal basso con un ghigno di sfida, e quel suo orgoglio maledetto non le avrebbe mai permesso di tirarsi indietro. In un secondo, James fu al suo fianco, con un sorriso malandrino stampato in volto. “Fammi vedere che sai fare, allora, piccola Redfort.” Le disse.
Lei, con la Pluffa ben stretta in mano volò velocemente verso gli anelli, e James non faticò a starle dietro, mentre ogni giocatore della squadra si allenava per il suo ruolo. I tre anelli sembravano minacciosamente alti e lontani, e lei era tremendamente instabile, senza contare il fatto che stavano volando ad un’altezza improponibile.
“Okay, allora” disse James. “Il secondo anello è la faccia di Sirius. Mostra che sei più forte di lui.” James indicò l’anello e fece segno a Frank Paciock di allontanarsi, giusto per farla tirare. Poi si allontanò anche lui, perché Martha tirava di mancino e non voleva essere preso in pieno petto dalla sua Pluffa.
Senza contare fino a tre, mettersi a fissare l’anello o altre cose, Martha lanciò la Pluffa, centrando perfettamente l’anello indicato da James.
“Grandiosaaa!” urlò James, raggiungendola di nuovo.
Rose, seduta sugli spalti, incrociò le braccia sul petto e scosse la testa con aria malandrina.
 “Hai perso.” Le sussurrò Remus, seduto nella panca dietro.
Maledetto Sirius.” Borbottò lei in risposta.
“Pensa che è in infermeria moribondo.”
“Gli sta bene.” Disse Lily. “Gli sta più che bene, con ciò che ha fatto a Martha.”
“E allora dovresti beccarti la varicella anche tu.” Replicò Remus.
Lily lo spinse con aria amichevole. “No, è una cosa diversa!”
“Non lo è, Lily.” Le disse Rose, sorseggiando dell’acqua. “Ve ne siete andati entrambi.”
“Non paragonarmi a lui, Rose Redfort.”
“Allora non darmi motivi per farlo, Lily Evans.”
Martha, intanto, girava in tono nel campo da Quidditch, assaporando il vento sul viso e i capelli liberi. Volare non era mai stato nella sua lista dei desideri, ma doveva ammettere che non era affatto male. Era come, per un attimo, non essere nessuno. Non era Martha, non era la ragazza che era stata appena lasciata, non era la migliore amica di James, non era più nemmeno l’ombra di sé stessa che stava diventando. Era semplicemente sospesa a mezz’aria senza dover rendere conto a niente e nessuno. Lentamente, si riavvicinò agli spalti, trovando James già lì, e Lily intenta a cercare di fargli capire che no, non voleva uscire con lui. Quando la vide avvicinarsi, James rise divertito.
“Sei un talento sprecato, Redfort. Potrei prenderti in considerazione per il prossimo anno.”  Le disse.
Lei restituì la scopa a Rose (che non la guardò nemmeno, ferita nell’orgoglio) e scosse la testa in direzione di James. “Spiacente di deluderti, Ramoso. Non entrerò a far parte della tua squadra di Quidditch.”
“E perché no?”
Lei alzò le spalle. “Perché Lily non vuole uscire con te.”
Lui prese ad indicare convulsivamente sia Lily che Martha, poi le guardò con aria minacciosa. “Accadranno entrambe le cose, potete scommetterci.”
Poi si rialzò in volo, e Lily sorrise in direzione di Martha. Forse, alla fine, non tutto era perduto.



“Black?” chiese Martha, entrando in Infermeria. Era il terzo giorno di degenza, e, al solito orario, lei passava a controllarlo. Lui era più contagiato che mai, e sembrava ignorare il divieto di grattarsi, fino a quando lei non gli aveva detto che, se si fosse grattato, gli sarebbero rimasti i segni. “Tu ne hai tre … sulla spalla.” Le aveva detto. Lo aveva ricordato più a sé stesso che a lei, ma lei, anziché Schiantarlo, gli aveva rivolto uno sguardo dolce, confermando semplicemente ciò che lui aveva detto.
“Sempre qui!” rispose lui. Cercò di alzare un braccio, ma lo lasciò a mezz’aria quando si accorse che gli faceva male. Lei si avvicinò al letto, sedendosi su quello accanto, lo stesso letto su cui era sdraiata quando lo aveva preso a cuscinate dicendogli che no, non l’avrebbe lasciato. Ed ecco ora come erano finiti: semplicemente, non erano definibili. Erano ‘ex’, ma lei lo amava, lo amava davvero e non serviva a nulla ripetersi che sarebbe stata bene anche senza di lui. Non erano ‘ex’, perché non c’era niente di ‘ex’ nei loro sguardi in quell’istante. Perché anche lui l’amava, ma l’amava talmente tanto da non riuscire a dirglielo.
“Come ti senti?” gli chiese, senza smettere di guardarlo.
“Uno schifo. Voglio uscire, e voglio parlare con James.” Si lamentò lui. Non si preoccupò di apparire infantile, frignone o altre cose negative: Martha lo conosceva come le sue tasche, e sapeva che Sirius aveva davvero bisogno di vedere James.
In tutta risposta lei si guardò intorno. Quando fu certa che Madama Chips se ne fosse andata, come faceva ogni giorno, pensando che loro due dovessero fare chissà cosa visto che, a quanto pare, era una delle poche persone all’interno del castello a non essersi resa conto che si fossero lasciati, insieme alla Dama Grigia e a Pix, e nessuno dei due si era preso l’impegno di dirle la verità. Forse perché nessuno del due l’aveva davvero accettata.
“A questo ho la soluzione.” Gli disse, con l’ombra di uno sguardo Malandrino.
Sirius cercò di sorridere, ma nemmeno lui ci riusciva più. “Illuminami.”
Lei aprì la borsa, estraendo due piccoli specchi quadrati, con l’aria di essere molto vecchi. “Credimi, non vuoi sapere da dove vengono, Felpato. Sono Specchi Gemelli. Uno è per te, e uno è per James, ma lui lo devo ancora trovare. Comunque, funzionano così: tu chiami  la persona che possiede l’altro specchio, in questo caso Ramoso, e vi vedrete riflessi nello specchio.”
Sirius afferrò lo specchio con aria curiosa ed entusiasta. “E potremo parlarci?”
Lei annuì, mentre lui scoppiò in un ‘wow!’ molto poco suo, ma comunque pieno di entusiasmo.
“Darò questo a James, appena capirò dove si nasconde ogni tanto.” Continuò lei, rimettendo in borsa l’altro specchio.
Sirius rimase a fissare il vuoto, con un mezzo sorriso dipinto sul volto. “Sai che non te lo dirò.”
“Infatti non te l’ho chiesto.”
Si guardarono per un arco di tempo interminabile, visto che ora potevano farlo, sebbene incontrare gli occhi dell’altro facesse male ad entrambi. Fu lui il primo a parlare, chiedendole, come aveva fatto il giorno prima e quello prima ancora, se avesse chiarito con Lily.
“No.” Rispose lei semplicemente.
“Rose cosa ne dice?” di Rose non avevano mai parlato.
“Non dice.”
“E del fatto che tu venga qui ogni giorno cosa ne dice?”
“Non lo sa.” Rispose lei, facendo spallucce. Osservò per un secondo le mille cose che c’erano accanto al suo letto: fiori, lettere, cioccolatini, regali. Si alzò, aprendo una scatola di  Lumache Gelatinose e mangiandone alcune. Erano le loro preferite. Per un secondo pensò di aggiungere che lei non doveva rendere conto a nessuno di ciò che faceva, ma le parole le morirono in gola: l’ultima persona a cui avrebbe dovuto ricordare che ora era libera di fare ciò che voleva era proprio davanti a lei.
“Non sei obbligata a venirmi a fare da badante ogni pomeriggio, sai?” le disse lui, senza mai smettere di guardarla. Si era tirata su le maniche della camicia, mostrando non solo le cicatrici ancora fresche di chiodi e schegge del Platano Picchiatore, ma anche il fatto che le sue braccia si fossero fatte flebili e terribilmente magre.
Lei trangugiò una Lumaca. “Ho promesso che mi sarei presa cura di te, Sirius Black.” Sussurrò. Il ricordo di una delle loro mille promesse le strinse lo stomaco in una morsa d’acciaio, ma continuò a mangiare perché con lui accanto le tornava anche l’appetito. E questo non faceva che alimentare l’idea che, si, aveva bisogno di riaverlo accanto per tornare ad essere sé stessa.
“Non ce l’avrò con te se vieni meno a questa promessa.”
Lui era venuto meno a talmente tante promesse che quella era una risposta logica e sottintesa.
“Credo … sai, l’orgoglio. Non lo faccio per te, lo faccio per me.”
Lui la guardò, con un mezzo sorriso sulle labbra, scuotendo la testa. “Beh, grazie.”
Lei abbassò gli occhi, chiuse il pacchetto di Lumache Gelatinose, e Sirius fu quasi certo di averla vista sorridere, se non avesse avuto la certezza che, ormai, lei non sorrideva più.
“Mi  … mi dispiace, Martha.” Sussurrò, con voce tremante. “Mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto.”
Lei si alzò. “Tu hai la febbre, Sirius Black. E stai delirando.”
“Non … non è vero …”
Ma era evidente che la sua temperatura corporea stesse salendo a dismisura. Quando iniziò a tremare per il freddo, senza mai smettere di guardarla, lei gli posizionò una coperta fino al mento, come quando si rimboccano le coperte ai bambini. Gli sfiorò appena la fronte, per passare alla tempia e alla guancia con la sua mano fredda, borbottando che avrebbe detto a Madama Chips che gli era salita la febbre, mentre nella sua mente risuonavano le parole che lui aveva appena sussurrato.
“James … Specchio delle ‘me … al quinto piano, in fondo al corridoio.”  Disse, senza smettere di tremare.
Lei annuì, e sospirando gli accarezzò i capelli. “Dormi.” Gli disse con tono dolce ma deciso. Lui, senza esitare, eseguì l’ordine ricevuto, e lei si allontanò  da lui solo quando fu certa che il suo respiro fosse regolare. Prese un pacchetto di Gelatine Tuttigusti+1 e se ne andò.
Mi dispiace, Martha, mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto.
Una Cruciatus avrebbe fatto meno male. Avrebbe voluto piangere, ma aveva smesso di provare emozioni. Si era sentita di nuovo il cuore in gola, quello stesso cuore che non credeva più di avere. Si era sentita come se fosse stata appena schiaffeggiata dalla stessa mano che voleva accarezzarla. Aveva sentito la sua anima che veniva colpita, ma un colpo sordo, secco, al centro della stessa anima, ammesso che esistesse ancora, da qualche parte. Ogni cosa, ovunque, sapeva di lui, ogni angolo di quel castello (no, ogni angolo del mondo) aveva dentro un frammento di lui, e lei ne era colpita, in modo secco e sorprendentemente doloroso, ne era colpita anche perché conosceva a memoria ogni frammento di lui, eppure faceva davvero male. Erano frammenti fatti di vetro, che trafiggevano in modo doloroso ma mai letale, perché non si muore d’amore, non per un bastardo arrogante come Sirius Black.
Il corridoio del quinto piano era deserto, era di nuovo quasi ora di cena. Dopo aver aperto tutte le aule, Martha notò che in fondo al corridoio c’era una sola porta, piccola e rovinata. La aprì, scoprendo che era sorprendentemente pesante, e si trovò in una piccola stanza rettangolare, e James Potter stava seduto al centro di essa, davanti ad un enorme specchio con una cornice dorata e una scritta incomprensibile. La guardava con aria incuriosita.
“Come mi hai trovato?” le chiese.
“Felpato … sta delirando. Me lo ha detto, ma non credo volesse dirlo. Gli sta salendo la febbre.”
Lui sospirò e tornò a guardare lo specchio.
“Ho un modo per farti parlare con lui, James.” Disse, avvicinandosi, ma lui si girò di scatto.
“Non farlo!” le disse quasi urlando.
“Cosa?”
“Non ti avvicinare!” portò avanti le mani.
Lei lo guardò come si guardano i pazzi, o gli innamorati. “James, è solo uno specchio.”
“Si, certo.” Disse lui. “Che dicevi di Sirius?” si passò una mano tra i capelli e sorrise come un ladro che nasconde la refurtiva.
Lei rimase perplessa. “Dicevo che … ho trovato un modo per farti parlare con lui.”
Non riusciva nemmeno a pronunciare il suo nome. Notò una luce strana negli occhi di James, nello stesso istante in cui notò la scritta nera sulla cornice dorata dello specchio.
“Che c’è scritto?” chiese, riducendo gli occhi a due fessure per cercare di leggere.
“Non ti avvicinare, Martha. Lo dico per te.”
“Gesù, James, capisco di non essere bellissima, ma mi sono vista ancora riflessa in uno specchio, penso di riuscire a sopportare la cosa.”
“Com’è che ci faresti comunicare?”
Lei lo fulminò con uno sguardo di fuoco, che incenerì anche quella stanza spoglia e fredda. Lui  le si parò davanti e lasciò che quello sguardo lo uccidesse, ma non sarebbe riuscito a reggere ciò che lei avrebbe visto, se si fosse avvicinata a quello specchio maledetto. Lui e Sirius lo avevano scoperto l’anno prima, sotto il Mantello, mentre scappavano per nascondersi da Gazza. Sirius aveva detto che non era importante ciò che aveva visto dentro, mentre James rimase estasiato nel vedersi Cercatore di una delle più grandi squadre di Quidditch del mondo, circondato dai suoi amici, e, anche se non lo aveva detto a nessuno, ci vedeva anche Lily Evans al suo fianco.
“James, ti dirò di questo metodo meraviglioso che ho trovato solo se ti sposti e mi lasci osservare quel dannato specchio.”
“Mi stai ricattando.”
“Assolutamente .” Rispose lei con uno sguardo freddo e crudele che normalmente apparteneva ai Serpeverde.
“Sei una …” non fece in tempo ad insultarla, perché lei gli puntò la bacchetta contro e lui fu costretto a spostarsi.
Martha riuscì a farsi avanti e si mise davanti allo specchio, cercando di leggere ciò che c’era scritto. Non si guardò riflessa, perché non aveva voglia di vedere ancora una volta che stava diventando l’ombra di se stessa, ma quando con la coda dell’occhio vide delle persone accanto a lei in quello specchio (persone che era certa non fossero al suo fianco, in quel momento) si permise di osservare quel che la superficie dello specchio le mostrava. Sobbalzò, con aria impaurita e curiosa. Ci vedeva sé stessa – molto più sé stessa di quanto non fosse in quel momento-  sorridente come lo era stata, con accanto Sirius Black, anche lui sorridente come non lo si vedeva da tempo. In braccio a lui, una bellissima bambina dai capelli spettinati color caramello come quelli di Martha e con gli occhi dei Black. Accanto a lui James, Peter e Remus alzavano il calice, sorridendo brilli. Fu in quel momento che Martha notò che la lei del riflesso aveva i capelli elegantemente raccolti e il suo corpo era avvolto in un abito bianco, che i Malandrini avevano il vestito buono (ovviamente senza cravatta), che accanto a lei, Rose era stretta in un tubino rosso quasi come i capelli di Lily, mentre la rossa sorrideva felice mostrando fieramente un pancione. Dietro di loro, Marie e Robert scherzavano allegramente insieme a Dorea, Charlus e Regulus Black, insieme a quelli che dovevano essere i genitori di Sirius.
Martha fece un passo indietro. Come era possibile? Lily non le rivolgeva la parola e Sirius l’aveva lasciata. Come poteva aver avuto una piccola Black? Osservò lo specchio con aria perplessa. In quel momento, si accorse che la scritta sopra la cornice era esattamente da leggere a specchio. Non rifletto il volto ma il cuore.
“Com’è possibile?” chiese, con un filo di voce.
“Ho fatto delle ricerche, e … -si, in biblioteca- e ho scoperto che mostra quello che desideriamo nel profondo del nostro cuore.”
Stava per replicare che lei non lo aveva più, un cuore, che Sirius glielo aveva strappato dal petto, quando la bimba nello specchio le indicò James. “Tu … cosa ci vedi?” gli chiese.
Lui sorrise. “Io sono perfetto così.”
“Provo ad indovinare?” chiese, ignorando il commento egocentrico.
Lui la guardò con sfida.
“Okay, ehm … sei tu che hai vinto la Coppa del Mondo di Quidditch e i tuoi Malandrini ubriachi festeggiano con te.”
“Beh, ci siete anche tu, Rose e …” si bloccò.
“E Lily.” Gli disse lei.  Non parlavano mai di lei. Fino a quando non fosse stato lui a parlare di lei, Martha non aveva intenzione di toccare l’argomento. Primo, perché Lily alimentava il vuoto che le riempiva lo stomaco, e secondo perché James era bravo con i sentimenti, si, con quelli degli altri però. Metteva a posto le teste ed i cuori di tutti, ma Martha era sicura che lui non si fosse mai avventurato nei suoi.
“E Lily.” Ripeté lui.
“Come vanno le cose?”
“Beh, le chiedo di uscire si e no dieci volte al giorno.”
“E lei?”
“Lunedì per poco non mi Schianta.”
“Bene.”
“Bene. Tocca a me.”
Lei lo osservò, con un mezzo sorriso dipinto sulle labbra. “Che cosa?”
“Tocca a me indovinare cosa ci vedi.” Indicò lo specchio con un lieve gesto della mano.
“Beh, non credo sia difficile, visto che sei la persona che mi è stata più accanto nell’ultimo mese.”
Lui sorrise, passandosi la mano nei capelli. “Allora, sicuramente ci siete tu e Sirius. Poi ci sono io, che ovviamente sono il più bello di tutti, con Lunastorta e Codaliscia, c’è Rose, c’è Lily, e ci sono i tuoi.”
In quel momento, James dello specchio abbracciò da dietro Lily, sfiorandole il pancione, mentre Regulus osservava quella che probabilmente era sua nipote, facendola giocare con la mano.
“Ci sono anche i tuoi, e una bambina con i miei capelli e gli occhi di Sirius. E poi ci sono … i Black.”
“Davvero?”
“Si. Regulus sta giocando con la bambina, e …” si bloccò, portandosi la mano sulla fronte, come se si fosse dimenticata di qualcosa di estremamente importante. “Regulus!” esclamò.
Lui la guardò senza capire. “Regulus?”
“Certo, James, Regulus … Regulus ha parlato con lui, la mattina … quella mattina!” ora, entrambe le sue mani erano sulle tempie, e la matita che le legava i capelli era caduta a terra, ma nessuno dei due ci fece caso.  “Certo, James, certo! Perché non ci ho pensato prima!” le cadde la borsa, ma la riafferrò velocemente, e James rimase fermo.
Non poteva dirle che aveva centrato la causa principale della fine della sua storia con Sirius: i Black.
“Tu sai qualcosa, James?”
Lui aprì appena la bocca. “Non posso dirtelo, lo sai.”
“Però … però puoi accompagnarmi.” Lo implorò con lo sguardo.
“Dove?”
“Da Regulus!”
Lei gli afferrò il braccio, provando a trascinarlo, ma lui era come una statua di cera. Da una parte, era contento che stesse ritrovando il suo entusiasmo, la sua curiosità, la sua voglia di sapere sempre tutto e di ottenere giustizia. Dall’altra, era troppo vicina ad una verità scomoda e tremendamente dolorosa, e aveva paura di come avrebbe potuto reagire, se Regulus le avesse detto la verità. Era un’arma a doppio taglio, e lei si era già fatta del male troppe volte.
Lasciò che lo trascinasse fino al dormitorio Serpeverde, pregando che Regulus non ci fosse.


“Tu!” urlò Martha, in direzione di un ragazzino del secondo anno che si aggirava tra i sotterranei. Lui si girò e la guardò prima indifferente, poi impaurito dal tono severo che usò Martha, e poi leggermente  schifato, quando si avvicinarono, per le cravatte rosse e oro.
“Spero tu stia andando nel dormitorio, visto che dovresti essere lì da un pezzo.”
“Si, ci sto … ci sto andando.” Rispose lui. Aveva gli occhi ed i capelli scurissimi, era un po’ cicciotto e la sua cravatta era allacciata male. Cercò di mantenere un tono sicuro, ma era evidentemente impaurito dal tono sempre più incattivito di Martha, e dal metro e novanta di James.
“Okay, allora, prima di andare verso il tuo letto, vai da Regulus Black, digli di venire qui subito, che sono Martha Redfort e che se non sarà qui entro due minuti scendo a prenderlo, e non sarò gentile.”
“E così è in versione gentile.” Aggiunse James.
Il ragazzino corse via, lasciando Martha con mille pensieri. In un altro momento,si sarebbe sentita in colpa per come aveva trattato quel bambino. Si guardò attorno: l’atmosfera era tetra, sembrava davvero il covo di un serpente, illuminata da pochissime luci e la vicinanza con il Lago Nero si sentiva in modo inquietante e quasi soffocante. Non era mai stata nei sotterranei, a differenza di James, e non aveva intenzione di tornarci.
Regulus Black, con la sua terribile somiglianza al fratello Sirius, spuntò da dietro la porta, con la cravatta verde e argento stretta al collo in modo spaventosamente perfetto e la camicia perfettamente su misura per le sue spalle larghe e magre, come il maglione, e le mani in tasca gli davano il tocco di classe.
“Spero che tu abbia una buona scusa.” Disse, con tono freddo e distaccato. Dette solo un rapido, distante sguardo schifato a James, che stava in piedi dietro di lei con uno sguardo freddo che non gli apparteneva per niente.
“Buonasera a te, Regulus.” Rispose lei con tono glaciale. “Ho bisogno di alcune informazioni, e credo che tu mi possa essere d’aiuto.” Ridusse gli occhi a due fessure, tenendo ben stretta la bacchetta sotto al mantello.
“Ne dubito, Redfort.” Replicò lui, stringendo anche lui la sua bacchetta.
“Tuo fratello mi ha lasciata, Regulus.”
Lui sorrise beffardo. “L’ho sentito dire, si.”
Lei alzò le sopracciglia e accennò un sorriso Malandrino. “Quindi, il fatto che tu e Sirius abbiate parlato per la prima volta dopo mesi non è collegato al fatto che lui mi abbia lasciata senza una dannata spiegazione poco dopo?”
Lui alzò le spalle con aria beffarda. “Tu non sei un problema mio, Martha Redfort.”
“Attento a come ti rivolgi a lei, Black.” Lo schernì James, ma lui lo ignorò totalmente, senza mai staccare gli occhi da Martha, guardandola come se volesse ucciderla, chiedendosi cosa ci trovasse suo fratello in una ragazza così: mezza Babbana e, si disse, forse anche mezza scema, per averci messo più di un mese ad arrivare al nocciolo del problema.
“Che cosa hai detto a tuo fratello quella mattina, Regulus Black?”
“Gli ho semplicemente ricordato che fine fa la feccia come te, soprattutto se si uniscono a dei nobili Purosangue come lo siamo noi.”
In quel momento, tutto tornò al suo posto. Bellatrix Black e la London Eye, il ciondolo che ancora portava (e a cui Regulus sembrava non prestare troppa  attenzione), la fuga di Sirius e Dorea da quegli ideali di vita, il loro disprezzo per i Black, l’omicidio di Marius Black, fratello di Dorea, ucciso dalla stessa famiglia solo perché era un Magonò, la dannatissima mania del sangue puro. Erano i Black, erano sempre stati i Black il problema. Si sentì tremendamente stupida per non averci pensato prima. E lei era solo un intruso da eliminare, una strega figlia di un Nato Babbano e di una Babbana, praticamente a metà tra Sanguesporco e Mezzosangue.
Era come se tutti i pezzi del puzzle fossero sempre stati lì davanti a lei, ma lei non se ne fosse mai accorta.
“Hai detto tu alla vostra famiglia che tuo fratello stava con una sporca Mezzosangue?”
“Si, è esatto.”
Non ci aveva voluto credere, nella taverna dei Potter, quando Sirius aveva accusato Regulus. E ora la verità era sotto il suo naso, Regulus gliela stava fornendo su un piatto d’argento guardandola con quegli occhi grigi troppo simili a quelli di Felpato, ora si trattava solo di far combaciare i pezzi di quel gigantesco puzzle, che le sembrava bleffato contro di lei e il suo amore per Sirius.
“E hai anche detto a Sirius che la vostra famiglia ha intenzione di farmi fuori, non è così?”
“Ma brava, Redfort. Ci sei arrivata! Pensavo che l’avvertimento di Natale fosse bastato.”
Per la prima volta dopo un mese, Martha rise. A James non sembrò vero, dovette guardarla e strabuzzare gli occhi due volte, prima di capire che stava davvero ridendo. Era una risata finta e forzata per metà (per l’altra metà, sembrava che le parole di Regulus l’avessero fatta davvero  ridere). Quella risata, nell’atmosfera generale, poteva sembrare inquietante, se non fosse stato che James praticamente non ricordava che suono avesse la risata di Martha.
“Dio, Regulus. Te lo ha mai detto nessuno che sei davvero stupido?”
“Tu, sporca Mezzosangue, non …” tirò fuori la bacchetta con l’aria di voler uccidere, ma Martha fu più veloce.
Silencio!” urlò, e Regulus perse l’uso della parola. Poi gli si avvicinò all’orecchio, con aria fatale. “Regulus Arcturus Black, dì alla tua amata famiglia che possono anche  Cruciarmi a giorni alterni se gli pare, marchiarmi a fuoco, se si divertono, ma ciò che c’è tra me e Sirius non si cancella con un paio di Cruciatus. E questo” e gli tirò di sinistro un pugno nello stomaco che gli fece sputare per terra dal dolore “è per avermi portato via la mia ragione di vita, razza di stronzo.”
Si girò verso James, che stava silenziosamente ridendo come un bambino, scoprendo il suo stomaco un po’ più leggero e la sua mente meno offuscata. Prese a camminare con passo svelto e deciso, i capelli al vento, e un po’ più di luce nello sguardo. Lei, Rose e Benjamin Robinson avevano fatto a botte talmente tante volte da piccoli che trovare ad intuito la bocca dello stomaco di Regulus e centrarla non era stato per niente difficile, anzi, dopo aver capito che era lui la ragione del fatto che lei si fosse spenta come una lampadina rotta nell’ultimo periodo, quel pugno era stato liberatorio. Solo quando svoltò l’angolo alla fine dell’immenso corridoio sotterraneo, puntò la bacchetta alle sue spalle e sussurrò “Finitem incantatem” e, se gliene fosse importato, avrebbe sentito gli insulti di Regulus risuonare per tutto il corridoio, ma non le importava, non le importava di nulla. Doveva parlare con Sirius, e doveva farlo subito. Ma doveva parlargli davvero, non come avevano fatto negli ultimi tre giorni, conversando di cose superficiali, dovevano parlare con gli occhi, doveva sputargli in faccia il suo dolore ed il suo amore, quell’amore che era un fuoco che non si era mai spento, nemmeno per un minuto, nemmeno per un secondo. Quel fuoco che la soffocava ma allo stesso tempo la faceva sembrare viva, ancora appartenente a quel mondo.
Quando James stava per salire verso la torre Grifondoro, notò che Martha stava proseguendo dritta, dritta verso l’Infermeria, e anche solo dal rumore dei suoi passi capì che era furiosa. In una frazione di secondo, decise che doveva seguirla e salvare la vita al suo migliore amico.
“Sei arrabbiata?” si azzardò a chiedere.
Lei rispose con uno sguardo più efficace dell’Anatema Che Uccide. Quando furono quasi davanti alle porte dell’Infermeria, lui s’interpose tra lei e la porta di legno.
“Che fai, James?”
“Respira.”
Lei fece un respiro profondo e nervoso e poi gli fece segno di spostarsi.
“Ricordati … ricordati che lo ami, e che lui ti ama.”
“E che mi ha lasciata senza un dannato motivo valido!” Ringhiò lei a denti stretti, ma lui la ignorò.
“… E della bambina che hai visto nello Specchio. Se lo uccidi, non avrai nessuna bambina.” Era come un bambino che cercava di nascondere le carte delle caramelle con la faccia sporca di zucchero.
Martha scosse la testa lentamente.
“Ti prego, non ucciderlo.”
“Oh, non ti preoccupare,non lo farò, sarebbe troppo semplice.” Rispose lei, sempre ringhiando a denti stretti, con lo sguardo di un folle assassino depresso.
“Giura che non applicherai nessuna maledizione.”
Lei incarnò un sopracciglio. “Okay.”
A quel punto, lui si scostò dalla porta, e quando lei l’ebbe aperta, gli sussurrò. “Ricordati solo che gli Schiantesimi non sono maledizioni, la prossima volta che scendi a patti con me, Potter.”
Lui si mise le mani nei capelli, e un secondo dopo la voce di Martha riempì il corridoio con un “SIRIUS BLACK!” tanto crudele da far paura anche ai fantasmi, ai quadri, ai muri e a tutto ciò che stava attorno a loro. James prese un respiro profondo e poi entrò in Infermeria, con la bacchetta salda nella mano destra, pronto al peggio.


Eccoci :3 credo di dovervi un paio di spiegazioni! Andando in ordine ...Non so come mi sia venuta l'idea della varicella, e non ho spiegazioni se non il fatto che io credo fermamente nel Karma, e quindi questo sia il Karma di Sirius. 
Il Quidditch, ehmm sì, Martha è portata per il Quidditch, ma non ha mai voluto giocare.
Lo Specchio delle Brame: così come Harry, sono convinta che anche James, Lily e i Malandrini lo avessero scoperto e  ci avessero passato delle ore, soprattutto James. Alla fine, James e Harry  si somigliano moltissimo, no? (non parlo solo dell'aspetto fisico, lol)
Regulus: nel capitolo in cui parla con Sirius di Martha, non ho avuto modo di spiegare come vedo i due. Ho sempre immaginato il giovane Sirius un pò come quelli che noi oggi chiamiamo gli hippy, con la cravatta slacciata, i capelli lunghi e la consapevolezza di dare nell'occhio. (Okay, non proprio hippy, ma capitemi, erano gli anni Settanta *^*) Ho sempre visto invece Regulus come un "fighetto" (passatemi il termine) anche lui consapevole di dare nell'occhio, però attento a dettagli che per Sirius non avevano la minima importanza, e non mi riferisco solo alla faccenda di Purosangue, Mezzosangue e Sanguesporco. Per farla breve: Regulus è il modello sui sacchetti della Hollister che le dodicenni appendono in camera, Sirius è il più bello del quartiere, quello che ti fai bella per la festa del paese solo perchè sai che lui potrebbe esserci, e poi lo trovi accompagnato dal solito prototipo con le risate programmate, perchè lui è figo e lo sa. Ecco, mi sentivo quasi in dovere di condividere la mia visione dei due fratelli, così diversi ma comunque fratelli. Per quanto riguarda questo finale molto aperto, invece, aspettate e vedrete! 
Posso fare un patetico tentativo di guardagnare recensioni dicendo che tendo a passare a guardare il profilo di chi mi recensisce e lasciare due righe?
Ah, ringrazio di cuore la cara gossip_girl, grazie di tutto bella :D
Fatto il misfatto!
C.

 
   
 
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