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Autore: Elisium    04/06/2015    2 recensioni
Renesmee Miller vive una vita piuttosto semplice, questo finchè un pomeriggio non trova un diario di più di 15 anni fa. A chi appartiene? Una storia d'amore dissolta nel tempo che merita di trovare una soluzione. Riuscirà Nes a trovare tutti i pezzi del puzzle? E cosa accadrà quando passato e presente si scontreranno?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Renesmee Cullen | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Si era catapultato su carrellino degli alcolici che teneva nello studio, “per festeggiare i suoi affari conclusi” si era sempre detto lui, svuotando in un unico sorso ciò che rimaneva di una bottiglietta già aperta di Jack Daniel.

Non aveva più avuto il coraggio di guardarla in faccia se non dopo essersi seduti nel raffinato tavolo di uno dei ristoranti di sushi più lussuosi di Chicago.

Non sapeva neanche perché adesso era lì, voleva solo cambiare aria.

E fu felicemente assecondato da Nes che quella mattina non aveva neanche fatto colazione per il nervoso e che non vedeva l’ora di assaggiare quella roba cruda.

Gli aveva dato la lettera di Isabella.

L’aveva presa in mano mentre lei giurò di aver visto per un nanosecondo i suoi occhi verdi liquefarsi.

Ordinarono mentre lui aveva giù ripulito 3 bicchierini di Sake .
E quando lo vide un po’ più rilassato gli raccontò tutto.

Gli raccontò del diario, che però non volle consegnargli perche lei si sarebbe arrabbiata se qualcuno avesse osato dare a Jacob un suo ipotetico diario.
Gli raccontò della sua ricerca, e di come era giunta sino a lì.
Gli raccontò di suo padre… e di quella svitata di sua madre, e poi si fermò ad analizzare la sua espressione tesa e contratta.

Parlò solo dopo un bel po’ di tempo… fortuna che il sushi non rischiava di raffreddarsi, visto che era davanti ai loro nasi da dieci minuti buoni.

«Come… come sta.. lei» chiese con gli occhi sul foglietto di carta

«Cosa mi stai chiedendo Edward? Se sta bene… se sta con qualcuno… se ti odia ancora?»

«Un po’ tutto credo»                                                                                                                                                                     
«Beh, sta bene… non è sposata, né fidanzata al momento, fa la maestra alle elementari»
Gli nacque un dolce sorriso sulle labbra che lei non capì.

«Sai, non mi sento di dirti che non ti odia, perche infondo non ha mai ricevuto la tua lettera, e il carillon, però è sempre stata molto riservata sul suo passato e forse il fatto che non si è mai impegnata c’entra con voi due.. e beh tutto il resto. A proposito, ci ho quasi perso notti intere… potresti dirmi di chi è la melodia?» chiese mentre posava eloquentemente lo sguardo sul cofanetto di legno.

«L’ha composta lei… per… per me» era quasi arrossito come un ragazzino, e lei intravide per la prima volta l’ombra dell’Anthony che viveva in quel diario.

«Senti, io sono una ragazzina che ti è capitata in mezzo ai piedi senza un’apparente perché, a riportare alla luce cose tue vecchie di secoli o millenni» la guardò male dopo quell’insinuazione sulla sua età, beh, non certo un giovanotto, ma faceva ancora conquiste!

«Ed è solo una tua scelta, ma… arrivata ad un certo punto pensi che meriti di sapere cosa è successo alla fine del diario? O perché sei andato via?»

«Perché ti interessa così tanto tutto questo? Perché sforzarsi tanto per qualcosa di così.. incerto. Insomma potevi piombare qui e trovarmi con una moglie e dei marmocchi, o potevi fare un buco nell’acqua….»

«Beh, vuol dire che mi annoio molto» fece imperscrutabile mentre lui continuava a fissarla.

«Io non so cosa… ma quando ho letto la tua lettera, e ho visto il carillon… mi è tornata in mente la signorina Swan… e ho pensato a quando ci ha fatto studiare Giulietta e Romeo e lei a volte sembrava perdersi nei suoi pensieri;  si beh, un po’ stupidi non pensi? Insomma se lei gli avesse fatto recapitare un messaggio… un singolo stupido messaggio e loro sarebbero potuti essere felici e contenti… o vivi perlomeno. Una lettera ha condizionato totalmente la loro vita… e io pensavo che certe cose potessero accadere solo per finta ….solo in una recita» alzò lo sguardo dal piatto fino a vedere, adesso più sconvolti che mai, i suoi occhi lucidi.

«Io penso, che se tu avessi saputo come stavano le cose, avresti passato questi diciotto anni a chiederti “cosa sarebbe successo se”. Ma ovviamente non potevi farlo, perché pensavi che lei avesse semplicemente letto la tua lettera e poi l’avesse buttata via… ma poi ho visto la seconda… quella per te… e…e allora ho cominciato a pensare… a ipotizzare. Speravo solo che non fosse troppo tardi… o chi lo sa… forse ho voluto solo giocare a fare Dio…»

Si passò una mano sulle guance umide e si alzò di scatto da tavola, tanto che la fece quasi spaventare.

«Ho bisogno di aria andiamo»

«Ma non hai quasi toccato niente!» disse osservando il piatto pieno di quel ben di Dio ancora pieno.

«Non ho fame, vado a pagare.» fece gelido mentre lei si stava chiedendo se non avesse esagerato con le parole.

Non aveva parlato per tutto il viaggio, in una limousine con tanto di autista!

E adesso erano nel suo appartamento.
Forse avrebbe dovuto avere paura di trovarsi in casa di uno sconosciuto, "con uno sconosciuto brillo" corresse il suo istinto di sopravvivenza ma in quel momento aveva altre esigenze da soddisfare.

Lui però non sembrava voler spiccicare parola e mentre lei stava per parlare il suo cellulare interruppe la calma apparente della stanza.

«Pronto?» lo vide dirigersi al mobiletto degli alcolici… fantastico ne aveva uno anche a casa, pensò alzando gli occhi al cielo.

«Nes? Nes? D-Dove sei?» guardò distrattamente l’orologio… mmh, si era ricordato di lei dopo solo quattro ore.. non male.

«Ray, tranquillo sono ancora viva, io…» dopo che si fu scolato tre bicchierini pieni di un liquido ambrato barcollò fino al divano prendendosi la testa tra le mani «Io sono da Lizzy, cioè ehm, è una mia vecchia amica di qui, dì a mamma che passo il pomeriggio da lei, torno per cena va bene?»

«Ti vengo a prendere dove ti ho lasciato stamattina»

«Perfetto!» chiuse il telefono sentendosi lo sguardo di Edward addosso.
Prese un bel respiro e aspettò.

«Sono sempre stato un bravo ragazzo, ottimi voti, comportamento impeccabile… ma odiavo… odiavo davvero tanto che mi si imponesse qualcosa che non volevo, odiavo essere costretto dagli altri, e mio padre non faceva altro che ripetermi dal primo anno di liceo che “Dovevo diplomarmi con il massimo dei voti se volevo entrare alla facoltà di Medicina ad Harvard”…. Il problema era proprio questo! Io non volevo. Litigavamo quasi ogni giorno per questo ed ero già al quarto anno, quindi questi discorsi si facevano sempre più insistenti e…soffocanti. Poi ci siamo trasferiti a Forks, perché lui era diventato primario lì… e…e ho conosciuto Bella» un dolce sorriso gli disegnò le labbra mentre il suo sguardo era ancora lontano annebbiato probabilmente dall'alcol.

«Lei… lei era semplicemente fantastica, prendeva tutto il mio tempo, riusciva a farmi calmare a farmi ridere e a consolarmi dopo le liti con i miei, ero cotto, Dio avevo anche costruito una specie di Capanna o quello che era perché.. non lo so, l’amavo, e nella mia mente lei era l’unica che io potessi mai avere accanto… ma se da un lato ero felice e..in pace. A casa mia c’era l’inferno, le liti con mio padre andavano sempre peggio, una volta siamo arrivati a fare a botte… tutti i maschi Cullen, da che se ne aveva memoria erano diventati degli ottimi medici ed io ero una specie di pecora nera della famiglia.
Un giorno le parole volarono particolarmente in alto, e dissi cose delle quali oggi mi pento… Carlisle arrivò a dire che non mi avrebbe più considerato suo figlio.
Ero confuso e stressato, a diciotto anni non hai la minima idea di cosa vuoi fare o di quello che vuoi diventare e negli ultimi tempi avevo la pessima abitudine di prendermela anche con lei. La incolpavo di quello che sostanzialmente non ero in grado di darle io. Le addossavo tutto il mio rancore come se fosse stata una specie di pallina antistress» storse le labbra in una smorfia di disgusto.

Si era comportato da animale, non gli sembrava neanche più di fare l’amore, solo sporco sesso per sfogarsi.. l’aveva trattata male… era stato… animale, non c’era termine che calzasse meglio di quello.

Non se l’era mai perdonato.

«E poi c’era stata la mia ex… che aveva messo in giro strane voci, che io la tradivo, che di lei non mi importava niente… e da come mi comportavo con lei negli ultimi tempi non potevo biasimarla, ma ogni volta che provava a parlarmene io mi sentivo come messo sotto giudizio… proiettavo su di lei mancanza di fiducia che mio padre nutriva nei miei confronti….e  ho incasinato tutto.»

Si accasciò sul divano come una bambola di pezza mentre lei lo guardava immobile, timorosa che anche un solo piccolo movimento da parte sua avrebbe messo fine a quella tanto sospirata quanto inattesa loquacità.

«Sono andato via perché volevo rifarmi e sono venuto qui. Sono praticamente scappato di notte. Mi hanno ospitato dei vecchi zii di mia madre che vedevano in mio padre quello che veramente era… una specie di psicopatico con manie dittatoriali. Ero abbastanza grande, quindi ho chiesto l’emancipazione e poi ho preso il cognome di mio zio per non essere più rintracciato. Ma nonostante fossi diventato un cazzon…. Ehm cioè..»

«Non censurarti con me, sono abbastanza grande da sapere da dove vengono i bambini e tutto il resto… e poi si… sei stato un emerito cazzone, senza offesa»

«No, me lo merito» sospirò agguantando un solitario bicchierino con del ghiaccio che campeggiava sul tavolino «Beh, nonostante questo, non potevo smettere di amarla…era semplicemente diventata parte di me, le avevo anche scritto di aspettarmi… un anno e sarebbe diventata maggiorenne… e io avrei potuto portarla via… ma probabilmente visto il mio comportamento, le voci, la rabbia, le litigate e poi la fuga… avrà pensato solo che volevo lasciarla e rifarmi una vita…»

Si sedette accanto a lui, senza osare sfilargli il bicchiere dalle mani, nonostante dalla sua stretta serrata temesse che si sarebbe potuto frantumare in mille pezzi ferendolo.

«L’ho aspettata… sempre. I primi mesi la chiamavo in continuazione. Poi piano piano ho smesso, forse aveva davvero voltato pagina. Ma io non ci riuscivo. Magari c’era stato un malinteso, magari anche lei mi amava ancora e mi pensava e sognava disperatamente senza mai smettere di dannarsi per non avermi accanto… perché per me era così e mi piaceva illudermi che lo fosse anche per lei ma che era solo troppo orgogliosa per ammetterlo.
Poi però le settimane diventarono mesi, e i mesi anni.» abbassò lo sguardo mentre la sua voce si affievoliva sempre di più.

Si alzò dal divano e cercò di scegliere cautamente le parole e il tono di voce ideale per non attaccarlo direttamente e farlo chiudere a riccio, ma non era granchè brava in queste cose.

«Ma scusa, lei non ha mai cambiato città, avresti potuto provare a… tornare.»


«Ci ho provato! Sono ritornato, due anni dopo… era Natale… la notte di Natale… le avevo anche preso un regalo. Ero andato sotto casa sua, perché ero sicuro che fosse tornata dall’università per le vacanze… lei adorava il Natale.» si perse di nuovo in un sorriso vuoto

«Poi però quando sono arrivato nel giardino li ho visti..» la sua voce si ridusse quasi ad un sussurro rotto

«Lei era lì… sorridente e felice… con un idiota biondo seduto accanto che le accarezzava le spalle e le sussurrava cose all’orecchio e mi sono detto… che se lei non aveva potuto aspettare neanche un solo anno… un solo fottutissimo anno… per me, perché io da ben due e mezzo continuavo a dannarmi per lei?

Ovviamente non sapevo tutto il resto» la guardò adesso per la prima volta, malinconico e triste come forse non era  mai stato.

E a lei si strinse il cuore tanto che per la seconda volta si chiese se fosse giusto quello che aveva appena fatto…

Chi era lei per arrivare a casa delle persone e scombinare il loro equilibrio di una vita?
Con quale arroganza pretendeva di fare il Cupido dei cuori infranti?

Ma lui sembrò leggerle nel pensiero, si alzò come d’improvviso tanto da spaventarla e la raggiunse inginocchiandosi poi alla sua altezza.

«Non pensare che mi sia pentito di averlo saputo. Pensare per tutti questi anni che mi avesse rifiutato perchè in realtà non mi amava abbastanza mi ha logorato dentro, e credo di dover ringraziare la tua cocciutaggine.. o la tua voglia di fare Dio come la chiami tu. Ora credo di poter essere in pace con me stesso» sorrise scompigliandole i capelli.

Poi si alzò e con movimenti misurati si diresse in cucina.

«Beh.. posso offrirti qualcosa?»

La sua giovane mascella toccò terra.

«Ma che … che stai facendo?» chiese sconvolta.

«Beh, faccio il padrone di casa» rispose confuso.

Avrebbe voluto darsi una manata in fronte, ma forse prima voleva darla a lui.

«Ma che diavolo hai nel cervello, mangime per uccelli?? Io ti dico che la donna che ami potrebbe a sua volta amarti ancora, che è stato un malinteso e che non ti ha cercato solo perché non ha ricevuto la tua lettera… e tu stai qui a fare il coglione e offrirmi dolcetti?! S-sei in pace adesso? Che cazzo sei un fantasma che deve andare nell’aldilà?» gridò scandalizzata mentre lui la guardava in trance.
Ne conosceva di parolacce per essere un'innocente scricciolo dagli angelici boccoli chiari.

«Non posso fare più niente ormai, è passato e io non posso cambiare le cose»

«E chi lo dice? Ci hai almeno provato? Beh la risposta è no! Ti sei arreso al primo ostacolo, non hai lottato per lei, e adesso che sai che non ti ha respinto stai qui a fare l’alcolizzato?!
Sai una cosa? Forse alla fine è meglio così… tu non sei Anthony… tu non sei.. niente.
Non c’è più niente qui del ragazzo descritto in quel diario… sei solo l’ombra di qualcuno che non hai piu le palle di ritornare ad essere.»

Strinse i pugni cercando di frenare la rabbia, era una mocciosa, non voleva farle del male.

«Tu non sai niente marmocchia! Non hai il diritto di parlarmi così! Non sei nessuno per me.
Non sai come mi sono sentito in questi diciotto anni!
Non sai cosa ho provato sapendo che lei mi aveva già dimenticato per un altro mentre io non facevo che avere incubi su incubi!» aveva ruggito rosso di rabbia.

Era indietreggiata verso la porta.
Aveva deciso ormai.
Ma avrebbe comunque avuto l’ultima parola.

«Questa marmocchia si è fatta un culo così per arrivare fino a te! Per risolvere!
E adesso si deve pure sentir dire che “è passato, io non posso cambiare le cose ”» gli fece il verso proprio come una bambina.

«Sai che ti dico? Forse è meglio che stai qui a bere champagne nelle tue belle macchinone circondato da segretarie idiote e scosciate perchè Isabella non si merita questo!»

Lo guardò negli occhi mentre gli diceva queste parole, e nonostante li vide ritornare lucidi e spaventati non volle sentirsi in colpa.

Edward aveva bisogno di un bel calcio in culo per capire che bisogna lottare per ciò che si ama, e se proprio doveva essere lei a darglielo, gliel’avrebbe dato talmente forte da renderlo indelebile.

«E non so perchè in tutti questi anni non si è sposata, ma di sicuro con te avrebbe sprecato il suo tempo. Ha bisogno di un uomo, non di una bottiglia di wisky con le gambe che ha paura perfino della sua ombra!»

Si sbattè la porta alle spalle con una nuova sensazione di disagio addosso.

Forse alla fine Jacob aveva ragione....era stata tutta una colossale perdita di tempo e aveva dovuto sbatterci la testa per capirlo fino in fondo.

Era ora di crescere e smettere di credere alle favole, mai come adesso era convinta che il lieto fine dipende da dove decidi di interrompere la storia* e forse avrebbe fatto meglio ad interrompersi lì dove tutto era iniziato.

Un tragico amore adolescenziale fiorito in un soleggiato giorno di Marzo...quale fine più dolce di quella? 





*citazione di Orson Welles


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Angolo Autrice

Ma buon giorno! 
Come promesso eccovi un nuovo capitolo fresco fresco, sono stata puntuale (Ora più ora meno, beh, però si!)
In questo nono capitolo un pochetto più corposo degli altri scopriamo finalmente dalle belle labbrucce di Edward cosa è successo, e non pensate che questo improvviso slancio di socievolezza sia stato immediato.... diciamo che alcol e shock hanno fatto la loro parte
Non posso dirvi con esattezza quando posterò il prossimo perchè nonostante siamo a giugno la scuola non si lascia ancora mettere da parte.
Quindi che dire?
Spero che vi sia piaciuto il capitolo, un grazie ancora a chi mi legge, e farò di tutto per aggiornare il prima possibile!

Un bacione 
Elisium


 
   
 
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