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Autore: eugeal    04/06/2015    1 recensioni
Questa storia è uno spin-off di "A World that Will Not Turn to Ash" e si colloca dopo il finale, quindi leggetela solo dopo l'altra per non rischiare spoiler.
Guy è diventato il Guardiano Notturno al posto di Marian. Queste sono le sue avventure.
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Guy di Gisborne, Marian, Robin Hood, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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Gli abitanti di Knighton interruppero per un attimo le loro attività nel sentire il rumore degli zoccoli del cavallo di Gisborne lungo la strada che attraversava il villaggio.
Le donne si affrettarono a far rientrare in casa i bambini prima di seguirli loro stesse, chiudendosi dietro porte e finestre, mentre gli uomini si limitarono a tenere d'occhio cavallo e cavaliere stringendo più saldamente la presa sui manici dei loro attrezzi agricoli.
Dopo quello che era successo la settimana precedente con il loro rifiuto di pagare le tasse, tutti si aspettavano qualche rappresaglia da parte di Gisborne ed erano pronti a reagire di conseguenza, ma per il momento non era ancora successo nulla.
Guy di Gisborne si presentava ostinatamente a Knighton tutte le mattine, ispezionava le terre e impartiva ordini e istruzioni che gli abitanti del villaggio fingevano di ascoltare e ai quali non obbedivano mai e poi si fermava a lavorare da solo alla ricostruzione di Knighton Hall per il resto della giornata.
- Sta di sicuro complottando qualcosa. - Sussurrò una donna alla sua amica. Entrambe stavano sbirciando il passaggio dell'ex cavaliere nero attraverso una fessura delle imposte di una finestra chiusa.
L'altra sospirò, con aria addolorata.
- Si vendicherà sicuramente per la faccenda delle tasse. A volte non dormo la notte pensando a cosa potrebbe fare ai nostri uomini. Prego sempre che almeno lasci stare i nostri bambini.
- Io prego perché muoia. - Rispose la prima, sbrigativa. - Da morto non può fare nulla di male né ai nostri figli né ai nostri mariti.
L'amica rabbrividì.
- Credi che sia vero quello che dicono? Che abbia fatto un patto col diavolo per tornare dal regno dei morti?
- Non lo so, ma spero che vada presto all'inferno.

Guy attraversò il villaggio cercando di comportarsi normalmente, ma sentiva chiaramente gli sguardi ostili e il terrore che la sua presenza suscitava negli abitanti di Knighton.
Secondo Robin alla fine si sarebbero abituati a lui e lo avrebbero accettato come loro signore, ma Guy ne dubitava fortemente. Probabilmente era già tanto che nessuno dei contadini avesse cercato di attaccarlo apertamente e Gisborne sospettava che ciò fosse dovuto soltanto al fatto che avevano paura di lui.
Del resto ignorarlo completamente era una strategia che avrebbe già dato i suoi frutti se Robin Hood non lo avesse aiutato: se Knighton non riusciva a produrre abbastanza per garantire il pagamento delle tasse, lo sceriffo se la sarebbe presa con lui, mentre per gli abitanti del villaggio non sarebbe cambiato poi molto, si sarebbero semplicemente trovati a lavorare per un nuovo padrone.
Gisborne pensò che avrebbe dovuto sbloccare quella situazione in qualche modo, ma come?
Se al suo posto ci fosse stato Robin Hood, probabilmente sarebbe bastato un discorso agli abitanti di Knighton per convincerli a seguirlo senza esitazioni, ma lui non era Robin, l'eroe del popolo, era il mostro odiato da tutti e comunque non era affatto bravo con le parole. Provare a rivolgersi alla gente del villaggio sarebbe stato un fallimento imbarazzante senza la minima utilità. Anzi, Guy aveva il sospetto che avrebbe solo potuto peggiorare le cose.
Ascolterebbero il Guardiano Notturno.
Se solo avessero saputo che era lui la persona che rischiava la vita per portare loro cibo e aiuti, non lo avrebbero guardato con tanto disgusto, pensò Guy con amarezza, ma non poteva fare nulla per cambiare la situazione.
Parlò con alcuni dei contadini per dare loro brevi e inutili ordini sulla gestione di Knighton, poi diresse il cavallo verso ciò che restava di Knighton Hall.
Legò l'animale all'ombra di un albero e gli portò un secchio d'acqua, poi si tolse la giacca e si diresse verso il punto in cui un tempo sorgeva la casa di Marian.
Da quando aveva iniziato a lavorarci, era riuscito a far portare via le macerie della casa, ma da qualche giorno Guy non aveva più fatto venire gli operai per continuare i lavori.
Accettare i soldi delle tasse da Robin era già stato abbastanza umiliante, ma necessario, non avrebbe mai chiesto aiuto anche per la ricostruzione di Knighton Hall.
Quello era un danno che aveva fatto lui ed era soltanto suo dovere rimediarvi, a costo di dover mettere insieme una casa intera da solo, se non poteva permettersi di assumere dei lavoranti.
I residui di legno carbonizzato e la maggior parte dei detriti erano già stati portati via, dove una volta c'era la casa restava solo uno strato di terreno bruciato e cenere che formava una grande chiazza nera in contrasto con il verde del prato circostante.
Quella macchia scura era diventata una specie di simbolo agli occhi di Guy. Quello era ciò che lui aveva fatto fino a poco tempo prima: aveva distrutto, macchiato e contaminato tutto quello con cui era venuto in contatto.
Prese una pala e iniziò a scavare, gettando la terra annerita e la cenere sul piano di un carretto che poi avrebbe usato per portare via i detriti. Da solo non sarebbe riuscito a fare molto, probabilmente sarebbe riuscito a liberare solo pochi metri di terreno prima di sera, ma non aveva molta scelta e comunque quel lavoro era sempre meno deprimente del dover trattare con gli abitanti del villaggio.
Aveva iniziato a lavorare solo da pochi minuti quando la pala incontrò qualcosa di duro sepolto nel terreno e Guy trovò una piccola cassetta di legno, solo parzialmente annerita dal fumo. Il terreno intorno a essa non era bruciato e Gisborne pensò che probabilmente doveva essere stata sepolta sotto il pavimento della casa prima dell'incendio.
La tirò fuori dalla terra e la portò all'ombra dell'albero dove aveva legato il cavallo per aprirla con calma. Prese un pugnale dalla bisaccia della sella e lo usò per forzarne il coperchio, poi lo mise da parte per esaminarne il contenuto.
C'era una piccola bambola di stoffa dall'aspetto malconcio, qualche nastro e semplici ninnoli che di sicuro erano appartenuti a una bambina. A Guy gli oggetti contenuti nella scatola ricordavano i piccoli tesori che al tempo della loro infanzia erano stati cari a sua sorella, solo che sul bordo della gonna della bambola il nome ricamato in lettere tremolanti e sbilenche era quello di Marian.
L'immagine di una Marian bambina che nascondeva i tesori più cari della sua infanzia sotto un'asse del pavimento della propria casa gli apparve incredibilmente vivida nella sua mente e lo colpì come una pugnalata al cuore.
Anche lui e Isabella avevano fatto qualcosa del genere da bambini e anche in quel caso quei ricordi preziosi erano andati distrutti in un incendio insieme al resto della loro vita.
Sempre per colpa sua.
Una lacrima macchiò l'abito della bambola e Guy la fissò per un attimo prima di rendersi conto che era scivolata lungo il suo volto prima di cadere sul giocattolo.
Si passò una mano sul viso per asciugarsi gli occhi e quel gesto gli portò in mente altri ricordi dolorosi: le fiamme dell'incendio, sua sorella aggrappata a lui, rigida e incapace di dire una parola e le grida disperate di Robin che lo supplicavano di fare qualcosa, mentre Guy non era riuscito a fare altro che restare a guardare il fuoco che divampava, asciugandosi ogni tanto le lacrime col dorso della mano con quello stesso identico gesto.
Invece di ricacciare indietro le lacrime, come aveva voluto, Guy si coprì il volto con entrambe le mani con un singhiozzo e scoppiò in un pianto incontrollabile.
Aveva bruciato il proprio futuro e quello di sua sorella, così come il passato di Marian e ora aveva paura che quella fosse l'unica cosa che sapeva fare ed era angosciato al pensiero di non essere capace di ricostruire nulla di ciò che aveva distrutto.

- Cosa sta facendo? - Chiese l'unica bambina del gruppetto nascosto tra i cespugli, cercando di spostare il braccio del fratello per riuscire a vedere, ma gli altri ragazzini la zittirono immediatamente.
- Abbassa la voce, Mary! - Sibilò il fratello, dandole un pizzicotto sul braccio. - Vuoi che ci scopra?
Gli occhi della sorellina si riempirono di lacrime, ma non disse una parola, spaventata dall'ultima frase.
Loro due erano sfuggiti alla sorveglianza della madre per andare a giocare nei campi con i loro amici e per un po' si erano accontentati di sfidarsi nella corsa o nel tiro con la fionda, poi qualcuno aveva lanciato una sfida, una prova di coraggio, e gli altri erano stati subito pronti ad accettare.
Si erano avvicinati alle rovine di Knighton Hall, un luogo che la bambina trovava spaventoso anche quando non c'era nessuno, con quel terreno nero come se fosse stato bruciato dalle fiamme dell'inferno. Ora però quel posto non era deserto, ma c'era l'uomo che tutti temevano, anche i loro genitori sembravano essere terrorizzati da lui.
Mary aveva sentito ogni tipo di storie più o meno fantasiose che riguardavano Guy di Gisborne, una più terrificante dell'altra. Alcuni dicevano che fosse un assassino, un mostro capace di ogni nefandezza, altri raccontavano che era tornato dal regno dei morti per fare ancora del male, altri ancora parlavano di come avesse trascinato nel peccato una fanciulla innocente come lady Marian, la ragazza che un tempo viveva nella casa bruciata.
Spiare un uomo tanto pericoloso era un grosso rischio per tutti loro e anche i bambini che erano stati più pronti ad accettare la sfida, ora erano piuttosto spaventati ed esitanti. Se fossero stati da soli, nessuno di loro avrebbe avuto il coraggio di restare lì, ma fuggire per primi sarebbe stata un'umiliazione tremenda, perciò rimasero tutti a sbirciare nascosti tra i cespugli.
- Allora, Jack, cosa fa? - Ripeté Mary, stavolta in un sussurro.
- Niente. - Rispose il fratello, un po' deluso. - Sta lì, seduto sotto quell'albero da un bel po' e non si muove.
La bambina finalmente riuscì a trovare un varco per guardare e osservò l'uomo vestito di nero che fino a quel momento aveva solo intravisto di sfuggita perché al suo arrivo la madre la faceva sempre chiudere in casa.
Si era aspettata di vedere una specie di mostro feroce, ma rimase un po' delusa nello scoprire che il tremendo Guy di Gisborne che tutti temevano non era altro che un uomo come gli altri. Avrebbe voluto poter vedere il volto dell'uomo, ma Gisborne era piegato in avanti e si teneva la testa tra le mani.
- Secondo me sta piangendo. - Disse la bambina e il fratello le allungò uno scappellotto.
- Non dire scemenze, cretina! Le persone malvagie non piangono!
Mary si lasciò sfuggire un guaito di dolore e i bambini inorridirono nel vedere che Gisborne doveva averla sentita perché aveva alzato la testa di scatto e si era alzato in piedi, guardando nella loro direzione e poi si era mosso verso di loro.
- Stupida! Guarda che cosa hai fatto! - Gridò uno degli altri bambini, dandole uno spintone che la fece cadere in avanti, quasi ai piedi di Guy di Gisborne, poi fuggirono tutti in preda al panico.
Il fratello di Mary si fermò per un attimo, scagliò una pietra con la fionda mirando a Gisborne e lo vide coprirsi il viso con una mano, ma con l'altra il cavaliere nero aveva già afferrato il polso della bambina e la teneva stretta. Non poteva fare nulla per liberare la sorella e gli altri bambini erano già lontani. Terrorizzato, lasciò cadere la fionda e corse via alla cieca.

- Cosa credevate di fare?! - Ringhiò Guy, rabbiosamente, ma quando si accorse di aver catturato una bambina che non poteva avere più di sette od otto anni, si calmò e le lasciò andare il polso.
Scoprire che qualcuno lo aveva osservato durante il suo momento di debolezza lo aveva agitato e poi uno di quei ragazzini lo aveva colpito con un sasso, ferendolo alla tempia, ma l'ira che lo aveva spinto ad afferrare alla cieca il primo di quei mocciosi che si era trovato davanti, si era dissolta in fretta nel vedere lo sguardo terrorizzato della bambina.
- Torna a casa. - Disse in tono piatto, voltandole le spalle. - Questo non è un posto adatto a dei ragazzini.
Guy tornò verso l'albero per raccogliere da terra la bambola di Marian e riporla nella cassetta di legno. La nascose in fondo alla bisaccia da sella, coprendola con uno straccio. Per ora non poteva restituirla a Marian, ma un giorno, se e quando fosse riuscito a ricostruire Knighton Hall, gliela avrebbe ridata.
Il cavallo girò il muso ad annusarlo, sbuffando leggermente e Guy pescò una mela dalla bisaccia per offrirla all'animale. Lo guardò masticare e lo grattò brevemente sulla testa, in mezzo alle orecchie, poi fece un respiro profondo e si decise a tornare al lavoro.
Quando si voltò, sussultò leggermente nello scoprire di non essere solo: la bambina di poco prima non gli aveva obbedito ed era rimasta ferma a guardarlo.
- Non ti avevo detto di andare via?
- Vi prego... Non uccidete mio fratello. - Balbettò Mary e Guy la fissò, allibito.
- Perché dovrei farlo? -
- Jack vi ha ferito... Ma voleva solo difendere me, non fategli del male, vi prego...
Guy si toccò la tempia e si guardò le dita macchiate di sangue. Uno di quei ragazzini lo aveva colpito con un colpo di fionda, ma il sasso lo aveva sfiorato appena e Guy non aveva pensato che la ferita fosse tanto profonda da sanguinare.
Guardò la bambina, stupendosi che, pur considerandolo un assassino capace di uccidere un bambino a sangue freddo, avesse avuto tanto coraggio da restare lì per difendere suo fratello.
E Robin crede davvero che gli abitanti di Knighton prima o poi impareranno a rispettarmi?
Fece un sospiro rassegnato.
- Non gli farò niente, ma ora torna a casa.
- Davvero?
- Davvero. Io non uccido i bambini.
Mary sorrise.
- Lo sapevo, ne ero certa!
Guy la guardò, stupito da quelle parole. Sapeva che avrebbe fatto meglio a cacciare via quella bambina il prima possibile e tornare al proprio lavoro, ma era la prima volta che uno degli abitanti di Knighton gli rivolgeva un sorriso spontaneo e non immaginava a cosa potesse essere dovuto.
- Di cosa eri certa?
- Che nemmeno voi potevate essere tanto cattivo. Mio fratello dice che le persone davvero malvagie non piangono mai e voi prima stavate piangendo.
- Non è vero! - Disse Guy, arrossendo al pensiero che quei ragazzini avessero assistito al suo sfogo di poco prima.
- Sì invece! Avete ancora il viso bagnato di lacrime! - Mary lo guardò, temendo di aver osato troppo, poi, capendo che Guy non aveva intenzione di punirla per quelle parole, gli porse un fazzoletto sgualcito con un sorrisetto impertinente - Ma se lascerete stare mio fratello non lo dirò a nessuno.
Guy fece una specie di sbuffo divertito mentre le prendeva di mano il fazzoletto che usò per asciugarsi gli occhi e tamponare il sangue che ancora sgocciolava dalla ferita alla tempia.
- Allora direi che abbiamo un accordo, ragazzina. - Disse con un sorriso divertito.
- Mi chiamo Marian, Sir Guy, come la ragazza che abitava in questa casa, ma tutti mi chiamano Mary. - Disse la bambina, solennemente e lo fissò, stupita e un po' offesa, quando Guy scoppiò a ridere a quelle parole.
- Avrei dovuto immaginarlo. - Disse ridacchiando, poi le rivolse un sorriso di scusa. - Hai un bel nome.

Jack corse come non aveva mai fatto in vita sua.
Gli altri bambini si erano già dileguati e di certo non avrebbero detto nulla ai genitori. Se gli adulti avessero scoperto che si erano avvicinati a Guy di Gisborne, di sicuro avrebbero preso tante cinghiate da non potersi più sedere per una settimana.
Però Jack non poteva tacere, quell'assassino aveva catturato Mary e chissà cosa le avrebbe fatto se lui non avesse dato l'allarme.
Vide suo padre che stava zappando la terra dell'orto e corse verso di lui.
- Aiuto! - Gridò in lacrime. - Gisborne ha preso Mary! Credo che voglia ucciderla!

   
 
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