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Autore: determamfidd    17/06/2015    1 recensioni
La battaglia era finita, e Thorin Scudodiquercia si svegliò, nudo e tremante, nelle Sale dei suoi Antenati.
La novità di essere morto sparisce in fretta, e osservare i propri compagni presto lo riempie di dolore e senso di colpa. Stranamente, un debole barlume di speranza si alza nella forma del suo parente più giovane, un Nano della linea di Durin con dei capelli rosso intenso.
(Segue la storia della Guerra dell'Anello)
(Bagginshield, Gimli/Legolas) Nella quale ci vuole tempo per guarire, i membri morti della Compagnia iniziano a guardare Gimli come se fosse una soap opera, Legolas è confuso, il Khuzdul viene abusato, e Thorin è quattro piedi e dieci pollici di sensi di colpa e rabbia.
[Traduzione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gimli, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Frerin stava aspettando in camera di Thorin quando lui tornò, le braccia incrociate e un broncio feroce sul suo giovane volto. Thorin fece una pausa aprendo la porta e vedendo suo fratello minore. Poi sospirò e si strofinò la faccia con la mano, spettinandosi la barba sotto il palmo.

«Ciao, nadad» disse.

«Thorin» lo salutò seccamente Frerin. Poi alzò le sopracciglia. «Stai bene?»

«Sono stanco» ammise Thorin, e si sedette sul letto e si tirò indietro i capelli. Le sue braccia erano molli e pesanti. «È stata una lunga giornata.»

«Guardando tutte quelle cose che a quanto pare io sono troppo giovane per vedere» disse Frerin piuttosto taglientemente, le labbra strette in una linea sottile.

Thorin alzò lo sguardo. «Mi dispiace se ti ho ferito, ma non potevo permettere...»

«Thorin, anche se io fossi davvero l'adolescente che ero quando sono morto, ero abbastanza vecchio per combattere una guerra» gli fece notare Frerin, facendo passare un po' del suo dolore sul suo volto. Nonostante le sue parole, Frerin sembrava più giovane che mai, e così aperto, così libero emotivamente che Thorin si sentì male per tutti i potrebbe-essere-stato. Frerin alzò il mento, gli occhi blu che brillavano. «Penso di essere abbastanza grande per decidere cosa posso e non posso vedere.»

Vero. «Scusami» disse Thorin ancora, e allargò le braccia «È... un istinto per me. Devo sempre proteggerti, non importa da cosa. Sei il mio nadadith

«Lo so, lo so» borbottò Frerin, ma si sedette accanto a Thorin e gli permise di circondargli con un braccio le spalle molto più piccole «Non avrei guardato quello stupido Elfo in ogni caso. Volevo vedere se Aragorn aveva dei tatuaggi. Ne aveva?»

«No» disse Thorin «Gli Uomini dell'Ovest non hanno questa tradizione, anche se mi sembra di ricordare che gli Haradrim lo impararono dai Nerachiave e dai Barbedure secoli or sono. Non ricordo dove l'ho letto.»

«Probabilmente in uno dei vecchi libri di etichetta di Balin»

«Probabilmente» Thorin strinse le spalle di Frerin, e poi guardò il volto di Frerin. Suo fratello non sembrava più tanto irritato, e un'aria pensierosa gli era strisciata sul volto. «Cercherò di controllare i miei impulsi quando ci sei tu di mezzo, ma non posso prometterti di riuscire a contenerli completamente.»

«Questa è la risposta più onesta che io abbia sentito da te da molto tempo» rispose Frerin con rassegnazione «Grazie, suppongo.»

«Ora, torniamo a te» Frerin si girò nel cerchio del braccio di Thorin e lo fissò con occhi seri «Parlami.»

Il primo istinto di Thorin fu di parare, di scegliere un tono irritato e ignorare la domanda, o rispondere che stava parlando con Frerin. Ma quella non era una risposta, e suo fratello si meritava di meglio da lui. Sospirò di nuovo, e la sua mano libera si strinse sul suo ginocchio. «È... difficile» disse lentamente «Ovunque mi giri, ovunque guardi, c'è qualcosa che mi riporti il ricordo della mia follia. So come si sentono Padre e Nonno, ora. È qualcosa di orribile ricordare come si era diventati.»

Frerin non rispose, ma rimase seduto e ascoltò. I suoi occhi blu non offrivano alcun giudizio, e ciò diede a Thorin coraggio.

«Io...» Thorin deglutì «Quel tempo, quella follia – ero io. Non importa come tu la interpreti, Frerin, il Nano crudele e maligno e pieno d'orgoglio ero sempre io. Posso ricordare di tenere il mio Hobbit sospeso sui bastioni e scuoterlo fino a che i suoi denti tremarono. Ricordo di aver gettato via ogni speranza di pace nella mia arroganza. Nessun sacrificio era troppo e nessuna parola troppo dura. Sapevo senza ombra di dubbio che le mie azioni erano giuste. Pensavo che tutto ciò che servisse fosse la volontà di metterle in atto.»

Fissò il camino nel qual nessun fuoco bruciava. «Che idiota che fui.»

«Non dare tutta la colpa a te stesso» disse Frerin piano «Io guardai tutto, ricordi? Nessuno si comportò in maniera perfetta. Nessuno. Tu ti offristi di negoziare, ma Bard non avrebbe ascoltato le tue preoccupazioni per la nostra storia e eredità. Ignorò le tue domande senza rispondervi. Il Re Elfico non avrebbe fatto spostare le sue armi e i suoi soldati. Persino il tuo Bilbo non si coprì esattamente di gloria – quando prese per la prima volta l'Archepietra voleva tenersela, non scambiarla per comprare la pace. La voleva anche se sapeva cosa significava per i Nani di Erebor. Lo sapeva. Non fosti l'unico a comportarsi da idiota, Thorin. C'è abbastanza colpa per tutti – senza nemmeno contare quel maledetto drago.»

«Lo capisco, è solo-» Thorin si interruppe, e la sua mascella si strinse. Frerin gli si fece più vicino, premendo il suo corpo più piccolo contro il fianco di Thorin e appoggiandogli la testa dorata sulla spalla. «È difficile» disse Thorin infine.

«Ci scommetto» disse Frerin, e mise una mano sul braccio di Thorin «Parlamene?»

«Vorrei essermi sentito diverso, in qualche modo» disse Thorin con voce esitante, le parole raspanti e basse nella sua gola «Ma non fu così. Mi sentivo me stesso, come avevo sempre fatto. Ero io, e solo dopo che la pazzia svanì compresi quanto fosse insidiosa, quanto mi fosse strisciata alle spalle senza che io me ne accorgessi. Siamo sempre stati in guardia contro le debolezze della nostra linea. Io vidi cosa fece al Nonno: come un grande e potente Re che aveva costruito un tale splendore e sicurezza fu ridotto a fissare il suo tesoro giorno e notte, poco più di un mendicante che afferrava un gioiello anche mentre il drago uccideva sua moglie. Conoscevo i pericoli e credetti di esserne al di sopra.»

Frerin aspettò pazientemente che Thorin continuasse, dandogli il tempo e lo spazio di riprendere controllo di sé.

«Ma è un veleno lento, non uno veloce» disse, e si studiò le mani per non incontrare lo sguardo di Frerin. Aveva guadagnato nuovi segni dal processo di tempratura delle penne di Bilbo, e c'era una bruciatura brillante sul suo pollice, che oscurava le spirali della sua impronta. «Striscia dentro di te finché non è una parte di te, e tu non sai nemmeno che è lì. Non puoi combatterla con spade né parole. Vidi nemici attorno a me, ma non capii mai che il vero nemico ero io.»

«No, Thorin» sussurrò Frerin, e Thorin scosse la testa bruscamente. Suo fratello si interruppe, ma poteva percepire la sua riluttanza. A Thorin ci volle qualche altro momento per trovare le sue seguenti dolorose parole, e la sua gola cercò di deglutirle molte volte prima di riuscire infine a pronunciarle.

«Odio essere stato così debole» raspò infine «Odio essere caduto. Più di ogni altra cosa, odio essere stato io, che una tale follia possa entrarmi dentro senza che io me ne renda contro... fino al giorno in cui mi ritrovo ad alzare la mano contro...» si interruppe e lasciò ricadere la testa. Il suo petto gli faceva male.

Frerin strinse il braccio di Thorin. «Non vedi l'intero quadro, fratello» disse contro la sua spalla «Sei sempre stato il tipo da boccale mezzo vuoto.»

Thorin sorrise, anche se era senza allegria. «Non vedo come questo boccale possa mai essere riempito, fratello.»

«Vedi cosa intendo?» Frerin lo spinse, e vedendo la miseria di Thorin si afflosciò un poco e smise di cercare di essere allegro «No, intendo che non guardi a tutto nel suo insieme. Il mondo non è bianco e nero; non è tutto o niente. Stai facendo tanta attenzione alle parti più nere che stai ignorando del tutto il resto.»

Thorin alzò la testa. «Il resto?»

Frerin gli strinse il braccio di nuovo, bruscamente questa volta. «Quindi. La maledizione della nostra linea ti ha preso e ti ha fatto comportare come tanti altri prima di noi. Pensi quindi che nostro padre sia debole? Anche lui è impazzito.»

Thorin quasi si gettò via suo fratello di dosso. «Come osi! Nostro padre è stato torturato fino alla follia da Sauron in persona!»

«E Nonno?» insistette Frerin «Era lui debole, dunque? Anche la sua era la follia dell'oro, dopotutto.»

«Nostro nonno costruì il regno più ricco e stabile di Arda in soli cent'anni! Non avevamo visto un Re simile da millenni!» Thorin si alzò per metà dal letto, la voce che diventava più forte e più stridente.

Frerin ghignò.

Thorin si bloccò, il sangue ancora caldo, prima di guardar storto Frerin e scompigliargli i capelli. «Sì, ho capito.»

Il ghigno di Frerin non svanì. «Quindi, cosa diresti se ti raccontassi di un Nano che costruì una vita prosperosa per il suo popolo in esilio, combatté e sconfisse i nemici della sua stirpe, protesse la nostra eredità e la nostra storia da coloro che le vedevano solo come ricchezze senza significato, riguadagnò una delle nostre case ancestrali e combatté coraggiosamente in guerre amare per un'altra, e fece partire una missione senza speranza con solo altri dodici Nani e uno Hobbit contro un drago?»

«Ti direi che suona come un bastardo arrogante» borbottò Thorin, prima di sedersi di nuovo e riportare a sé Frerin «Capisco cosa stai cercando di fare, Frerin. Madre mi disse qualcosa di simile, come te. Non sono tanto cieco in questi giorni e vedo che la mia vita non fu sprecata. È solo... no, non puoi capire. Non puoi capire la vergogna della follia, di sapere che tu sei impazzito. È una macchia che non sarà mai pulita. Mi fai sembrare tanto forte, e io so di non esserlo. Posso riconoscere la mia debolezza, ora che è troppo, troppo tardi.»

«Sciocchezze» disse Frerin, e la sua voce stava diventando frustrata «Sono sciocchezze. Sei una delle persone più forti che io conosca. In quanti modi diversi devo dirti che non è stata colpa tua!»

Thorin lo guardò, in silenzio.

Frerin iniziò a contare sulle dita, la giovane voce calda e arrabbiata. «Uno: l'oro stesso. A parte la debolezza della nostra linea, hai dimenticato l'altro nome? Malattia del drago. Smaug rese la nostra eredità il suo letto, Thorin – ti meraviglia che ipnotizzò tutti nella tua compagnia, metà degli Uomini di Pontelagolungo e chissà quanti Elfi? Due: l'assedio. Tu volevi negoziare, ma – comprensibilmente – volevi che gli scopa-alberi se ne andassero. Non lo fecero. Tre: Bard non rispose a una sola delle tue domande! Non abbassarono nemmeno le loro armi – un intero esercito contro quattordici, e sapevano che il dannato drago era morto. Non c'era ragione di venire armati. Quattro -»

«Basta» disse Thorin, con voce rotta «Ho sentito tutto questo molte volte. Frerin, non cambia il fatto che io era pazzo. Ero pazzo. Non posso nemmeno promettere si non soccombere mai più; che la debolezza non tornerà in me, persino in questo mondo pacifico e privo di mutazioni.»

Frerin fischiò. «Debole! Thorin, sto per colpirti. Nasconderlo, pensare che sia una vergogna – ecco cosa ti ferisce, ogni volta. Non tratteresti così una ferita fisica. Ti prendi cura di quelle, come Fundin ci ha insegnato, attentamente e nel modo giusto. Ma questo? Lo spingi via e non ammetti mai che sia parte di te, e quindi quando appare qualcosa che ti ricorda di quel tempo, ti ferisce facilmente. La tua reazione a Boromir, a Théoden, la tua faccia tutte le volte che qualcuno parla di Bilbo, il tuo rifiuto di toccare mai più oro o argento: ti smangia e ti rende più arrabbiato e triste che mai. Ma Thorin, devi imparare a conviverci. Puoi farlo. Sei forte, e so che puoi.»

«Come?» chiese Thorin debolmente «Non voglio accettare che la follia dell'oro sia mai stata parte di me, quindi perché lo farei mai?»

«Avrebbe potuto prendere me, sai» disse Frerin diretto «Prese ogni Nano della tua Compagnia. Parlagli. Parla a Nonno e a Padre. Puoi viverci, Thorin. Devi solo imparare come.»

«E le mie male azioni?» Thorin chinò la testa, lasciando che i capelli li ricadessero davanti al volto «Dovrei vivere anche con quelle?»

«Tutti gli altri lo fanno» disse Frerin, e la sua piccola mano si alzò con esitazione e mise una ciocca dei capelli di Thorin dietro al suo orecchio. Poi tirò piano una delle trecce di Thorin. «Aver sbagliato non ti rende una cattiva persona. Tutti sono un misto dei due, e nessuno è completamente buono o completamente cattivo. Tutti fanno errori, nadad.»

«Per lungo tempo io non ebbi quel lusso» disse Thorin, basso e pensieroso.

«Sì, sì, lo so. Lo vidi. Dovesti essere perfetto e più forte delle ossa della terra» Frerin gli diede una pacca goffa sul volto, e poi le sue labbra si incurvarono in un ghigno, contraendo le guance piene di trecce. «Sarebbe così terribile fare errori e essere imperfetto come il resto di noi?»

Thorin fece un lungo respiro, e stranamente di sentì più leggero. «Suppongo di no. Quando sei diventato tanto saggio, fratellino?»

«Prego? Sono sempre stato quello intelligente. Non ti ricordi? “Oh no, Thorin, non dovremmo mettere della cagliata nel letto dell'ambasciatore dei Colli Ferrosi!” “Thorin, Dís ci ucciderà se usiamo la sua spazzola preferita per grattar via la cera caduta dai tappeti!” “Oh ti prego, Thorin, non sfidare i figli di Fundin a una gara del bere, sono famosi per avere le gambe vuote-” ah!»

Frerin squittì quando Thorin si piegò e afferrò suo fratello più piccolo di forza, bloccandolo con una presa intorno al collo e strofinando le nocche sui suoi capelli dorati. «Tho-RIN!» strillò, e Thorin rise «No vale, non vale, non vale! Solo perché sei più grosso...!»

Thorin si allontanò. «Ti dà tanto fastidio? Ancora?»

Frerin si soffiò i capelli via dagli occhi e sbuffò. «A volte» ammise «Vorrei aver potuto crescere. Sono stanco di essere il più piccolo.»

«Se io devo imparare a conviverci» disse Thorin, e picchiò un dito sulla fronte di Frerin «Puoi farlo anche tu. Sei sempre mio fratello, Frerin. Anche se fossi piccolo come uno Hobbit o alto come un Elfo.»

«Suppongo» mugugnò, e poi guardò male Thorin «Sei ancora un enorme prepotente.»

«Sono stato informato da fonti sicure che nessuno è perfetto» disse Thorin «anche se se tu lo dicessi a qualcuno dovrei ucciderti.»

Frerin ridacchiò. «Oh, Thorin. Pensi ci sia qualcuno che non lo sappia già?»


Fíli desiderò ferventemente le sue spade; tutta la pelle del suo collo prudeva per il sudore. La creatura era tutta arti come un ragno e magra quanto un ramo di betulla, ma poteva percepire la malizia della cosa.

«Svegliatevi» sussurrò agli Hobbit «Svegliatevi!»

Frodo e Sam erano avvolti insieme nei loro mantelli Elfici ed erano difficili da vedere al buio, anche per un Nano. Però, Fíli aveva visto i due enormi occhi pallidi che esaminavano i buchi e i crepacci degli Emyn Muil. Che occhi! Chi poteva sapere quanto bene vedesse la creatura dopo tutti quegli anni da solo nell'oscurità?

«Ah, sss!» sussurrò, e Fíli rabbrividì «Cauto, tesoro mio! Più fretta meno velocità. Dove ssei? Dove ssei: tessoro mio, mio tessoro? È nosstro, lo è. Ladri, ladri, sporchi piccoli ladri! Maledetti! Li odiamo!»

«Svegliatevi!» pregò Fíli, e strinse i denti.

La creatura stava strisciando diretta giù dal dirupo come una grossa pallida cosa simile a un insetto, le sue mani morbide e i suoi piedi trovavano appigli tra le rocce affilate come rasoi. Era quasi su di loro. In qualsiasi secondo ormai.

Con un improvviso movimento, Sam fu in piedi con le mani alzate, e con un paio di balzi fu sopra a Gollum. Però scoprì che Gollum era un po' più di ciò che si aspettava, anche preso di sorpresa e con la guardia abbassata. La creatura morse e soffiò e sputò, avvolgendogli le lunghe braccia e gambe attorno, morbide ma orribilmente forti. Le lunghe magre dita si strinsero attorno al collo di Sam e iniziarono a strizzare inesorabilmente. Sam diede una testata all'indietro, e Fíli esultò quando Gollum cadde, soffiando di nuovo. Sam scattò in piedi e si lanciò, facendo volare i pugni.

«Così si fa!» urlò Fíli.

Il vantaggio di Sam non durò a lungo. Gollum saltò di nuovo verso di lui, imprecando e ringhiando e afferrando, una luce terrificante negli enormi occhi pallidi. Sam sbiancò, ma le mani erano su di lui, e i due rotolarono e lottarono fra le rocce. La creatura era feroce e scivolosa come un'anguilla, e il povero Hobbit era completamente fuori dal suo elemento. Le cose si sarebbero messe male per il giardiniere se improvvisamente una piccola lama scintillante non avesse brillato alla luce della luna.

Il volto sporco di Frodo era severo. «Lascialo!» disse «Questa è Pungolo. L'hai veduta altre volte. Molla la presa, o questa volta ne proverai la lama – Gollum.»

Le mani della creatura di alzarono lentamente, le lunghe dita lasciarono la gola di Sam. Poi l'odio sulla sua faccia iniziò a frantumarsi fino a diventare totale disperazione, ed esso pianse come un bambino.

Sam si alzò per andare accanto a Frodo, massaggiandosi il collo. «Bene» ansimò «bene, abbiamo un bella opportunità qui, direi. Leghiamolo e lasciamolo qui!»

«Ma così ci uccideresti, ci uccideresti» urlò Gollum, e poi singhiozzo e deglutì forte con la gola «Crudeli piccoli Hobbit. Legarci nelle terre fredde e gelate e lasciarci soli, gollum!»

«No» disse Frodo, e Fíli batté le palpebre e si girò sorpreso verso lo Hobbit. C'era una nota fredda e signorile nella voce dello Hobbit che non vi aveva mai sentito prima. «Se decidiamo di ucciderlo, dobbiamo farlo immediatamente. Ma una tale azione non possiamo farla così come stanno le cose. Povero disgraziato! Non ci ha fatto alcun male.»

«Ah no?» borbottò Sam, ispezionandosi un morso sul braccio «Comunque ne aveva l'intenzione e scommetto che ce l'abbia ancora. Strangolarci nel sonno, ecco il suo programma.»

«Senz'alcun dubbio» disse Frodo, Pungolo ancora al livello della faccia di Gollum «Però non lo uccideremo. Ora che lo vedo, mi fa pietà.»

Sam fissò Frodo. «No» disse categoricamente.

Gollum alzò la testa, e la speranza aveva iniziato a strisciargli sulla faccia. Lo faceva sembrare meno orrendo e malvagio. Qualcosa di innocente e a lungo rimasto in silenzio iniziò a suonare nella sua voce quando disse: «sì, sì, siamo disgraziati, tesoro – disgraziati e soli! Miseri, miseri! Gli Hobbit non ci uccideranno, cari Hobbit. Noi siamo gentili se loro sono gentili! Andremo con loro, sì. Li guideremo al buio per i sentieri sicuri, sì, sì» poi la sua rugosa testa macchiata dall'età si inclinò «E dov'è che vanno attraverso queste terre fredde gelide, ci domandiamo?»

Frodo lo guardò severamente. «Lo sai dove andiamo, o comunque hai indovinato giusto. Andiamo a Mordor – e tu conosci la strada.»

«Sss!» disse Gollum, e si rannicchiò, coprendosi le orecchie con le mani come se il nome stesso lo ferisse «Indovinato, sì, indovinato» sussurrò «e non volevamo che andassero, vero? No tesoro, no cari piccoli Hobbit. Cenere, cenere e polvere, e sete troverete; e pozzi, pozzi, pozzi, e Orchi, migliaia di Orchi. Cari Hobbit non devono andare in quei – sss – posti.»

«Però a Mordor io devo andarci» disse Frodo, e si raddrizzò «Sam, la tua corda.»

Gollum rimase in silenzio mentre Sam gli faceva passare la corda Elfica sulla testa. L'istante che toccò la sua pelle però, esso iniziò a ululare e strillare, un sottile suono straziato, orribile a sentirsi. Si contorse e cercò di mordere la corda, e strillò e ululò ancora. «Qual'è il problema con te!» esplose infine Sam «Perdinci! Tutti gli Orchi di Mordor sentiranno questo chiasso!»

«Ci brucia!» gemette Gollum, e artigliò il terreno «Ghiaccia, morde! Gli Elfi l'hanno fatta, maledetti! Cattivi crudeli Hobbit! Amici degli Elfi, degli Elfi feroci dagli occhi luminosi. Toglietecela! Fa male!»

«No, non le toglierò» disse Frodo «A meno che-» si interruppe improvvisamente, e un'espressione strana gli passò sul viso mentre pensava.

Fíli si accigliò. «Qualcosa di strano ti sta accadendo, Frodo Baggins» borbottò «Ma che Mahal mi salvi, non sono abbastanza saggio per capire cosa sia. Sento l'odore delle mani di Gandalf su tutto questo.»

Frodo fissò Gollum seriamente, i suoi occhi blu duri e luminosi. A Fíli tornarono improvvisamente alla mente ricordi di Thorin nei suoi umori più regali, e concesse che forse Kíli non aveva tutti i torti per quanto riguardasse la loro somiglianza (a volte) – non che l'avrebbe mai ammesso. «Non c'è promessa che tu faccia di cui io mi fidi» disse alla disgraziata cosa.

«Giuriamo di fare ciò che vorrà, sì» gracchiò Gollum, e le sue dita artigliarono la terra e la corda.

«Giureresti?» disse Frodo, alzando le sopracciglia.

Gollum guardò su, e una strana luce selvaggia era nella sua faccia. «Giuriamo di servire il padrone del Tesoro» disse, e afferrò la gamba dei pantaloni di Frodo «Lo giuriamo sul... sul Tesoro!»

«Sul Tesoro?» disse Frodo, piano e minaccioso «Come osi! Pensaci! Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli.»

Gollum balbettò e si contorse, le mani sulla faccia. Però annuì. «Sul Tesoro, sul Tesoro» sussurrò.

«Padron Frodo – no!» disse Sam, scuotendo la testa urgentemente.

«Shhh, Sam» disse Frodo, lanciando un breve sguardo al giardiniere prima di girarsi nuovamente verso il contorto miserabile ai suoi piedi «Affideresti a ciò la tua promessa? Ti costringerà a rispettarla. Ma è più infido di te. Potrebbe travisare le tue parole. Attento!»

A Fíli si mozzò il respiro per l'improvviso potere nella voce di Frodo e per la verità nelle sue parole. «Decisamente cose da Stregoni» si disse, e si grattò i baffi intrecciati «Forse Thorin o Thráin ne sapranno qualcosa.»

Gollum frignò, ma continuò a ripetere: «sul Tesoro, sul Tesoro!»

«E cosa prometteresti?»

«Di essere tanto, tanto buono» disse Gollum, strisciando fino ai piedi di Frodo e guardandolo. Un brivido attraversò Fíli, e le sue labbra si arricciarono per il disgusto. «Giuriamo che mai, mai Lui lo avrà. Mai! Lo salveremo. Ma dobbiamo giurare sul Tesoro.»

«Su di esso?» la risata di Frodo fu cupa «No. Giura in nome di esso, se vuoi. Conosco quel trucco. Tutto ciò che desideri è di vederlo, di toccarlo se possibile. Ora formula la tua promessa!»

«Promettiamo, sì!» strillò Gollum, e si aggrappò alla gamba di Frodo «Promettiamo di servire il Padrone del Tesoro. Buon padrone, buoni Hobbit, gollum, gollum!» iniziò a piangere e ululare, tirando di nuovo la corda.

«Sam, levagliela» ordinò in fretta Frodo.

«Non mi fido di lui» protestò Sam, e Fíli era d'accordo con lui «Ci attaccherà o scapperà, appena ne avrà la possibilità. Leghiamolo e lasciamolo, promessa o no.»

«No, non posso rompere la parola che gli ho dato» disse Frodo, e sorrise un sorriso distante e assente vuoto di ogni calore «Nel bene o nel male, siamo legati ora con legami più forti di qualunque corda Elfica.»

«Se lo dite voi, Padron Frodo» disse Sam, e con riluttanza levò la corda dalla testa di Gollum.

«Andiamo a Mordor, Gollum, e tu ci porterai lì» disse Frodo, guardandolo negli occhi «Ci porterai al Nero Cancello.»

La creatura sedette, stupefatta, per un istante. Poi, rapida come un fulmine, sparì.

«Cosa vi avevo detto?» disse Sam disgustato «Avreste dovuto sapere che quella creatura non avrebbe mantenuto le promesse. Però per ora ce ne siamo liberati.»

Frodo guardò le taglienti scogliere di roccia che li circondavano, e sospirò.

«Bilbo sarebbe orgoglioso» disse Fíli allo Hobbit. Poi arricciò il naso. «Thorin ti tirerebbe un coppino e ti chiamerebbe un giovane idiota senza cervello.»

«Sì, come dici, ce ne siamo liberati» disse Frodo sospirando di nuovo «Usciamo da questo burrone, intanto.»

In quel momento, la calva, rugosa testa fece capolino da dietro un masso. «Non da quella parte, Hobbit!» disse Gollum allegramente. I suoi pochi denti neri risaltarono nel suo sorriso. «Non da quella parte. Seguiteci, noi sappiamo la strada. Noi l'abbiamo trovato, noi. Gli Orchi non lo usano. Gli Orchi non lo conoscono! Fanno un giro lungo decine di miglia! Fortunati che vi abbiamo trovato, sì. Seguiteci!»

Frodo diede a Sam uno sguardo che diceva tutto, e iniziò ad arrampicarsi lungo i massi dove Gollum chiamava e ghignava. Il bastardo era completamente cambiato nel momento in cui la corda gli era stata tolta. Parlava con molti meno sibili e guaiti, e parlava direttamente agli Hobbit e non al suo tesoro. Sobbalzava e indietreggiava per i movimenti bruschi, scappando spesso e nascondendosi; ma era amichevole e dolorosamente deciso a far piacere, facendo capriole e ridendo se Frodo anche solo lo guardava gentilmente. Fíli ne provava repulsione, ma allo stesso tempo uno strana tristezza gli riempì il petto e gli fece fare una pausa.

«Che genere di creatura eri tu, che sei caduto tanto e tanto a lungo» mormorò, studiando la cosa: i segni delle fruste sulla sua schiena, le ossa sporgenti.

Sam lanciò alla creatura un'occhiata sospettosa quando gli passò accanto, e Fíli sentì una certa unità di spirito col coraggioso piccolo giardiniere. «Siamo in due» disse ferventemente.

«Bel Hobbit» disse Gollum, accovacciandosi e sorridendo. Sam si sistemò le padelle in spalla e scosse la testa.

«Lo rimpiangeremo, ci scommetto» disse sottovoce «È sicuro come il fatto che le uova siano uova!»

«Samwise Gamgee, ti nomino Nano onorario per estrema praticità e preveggenza» borbottò Fíli, e si rassegnò ad arrampicarsi ancora mentre la luna lentamente scivolava via dal cielo, sparendo dietro di loro mentre loro avanzavano con esitazione verso est.


Il mattino dopo, Thorin si svegliò lentamente e rimase sdraiato sul suo letto per qualche momento, fissando il soffitto e lasciando vagare la mente.

«Sì, ammetterò le mie debolezze, amore mio» mormorò infine, e sorrise al movimento di ricci fulvi e al piccolo nasale che salutò la sua frase nella sua immaginazione «Ma non lascerò che mi controllino. Non devo più essere la personificazione di tutto ciò che perdemmo. Potrò essere semplicemente me, come non mi è stato permesso per tutti questi anni, e scoprirò di essere molte cose sia buone che cattive insieme. Forse alcune di esse potrebbero persino stupirti, mio intelligente ladro.»

Le sopracciglia del suo Bilbo immaginario si alzarono, e poi le labbra si incurvarono e le guance sbarbate formarono un ghigno. «Sì, come come tu sorprendesti me. Chiamala la mia vendetta» Thorin rise, e disse addio ai ricordi del suo Hobbit per la giornata, sedendosi sul bordo del letto e stiracchiandosi.

Qualcuno bussò alla sua porta. «Thorin, sei sveglio?» giunse la voce di sua madre.

«Sì» rispose lui, e si levò la tunica che usava per dormire, grattandosi lo stomaco.

Frís entrò, e poi espirò bruscamente tra i denti. «A volte mi dimentico, e a volte tu prendi e fai cose del genere» disse, gesticolando in direzione del suo torso «Penso la colpa sia di quella tua barba tosata: è troppo facile per me vederti come eri un tempo. Abbi pietà della tua povera madre e vestiti prima che io mi senta antica.»

Lui sorrise e si mise una maglia, lasciando aperto il collo e facendosi passare una mano fra i capelli. «Sarai sempre giovane e bellissima, madre, perfino se i tuoi capelli diventassero bianchi. Cosa succede?»

Lei lo guardò, socchiudendo gli occhi. «Bene, siamo di buon umore? È successo qualcosa, non è vero inùdoy?»

Lui scrollò le spalle. «Dovremmo trarne vantaggio finché persisterà. Dove sono i miei nipoti? Sento il bisogno di terrorizzarli a morte.»

Lei coprì una risata con la mano. «Aye, sarebbe divertente» fu d'accordo, e gli accarezzò i capelli affettuosamente «Non ti ho visto così allegro da quando eri giovane, mio inflessibile nuvolone temporalesco. Spero non sia una cosa passeggera.»

«Meglio non tentare il fato. Siamo Longobarbi, dopotutto» lui sorrise ancora, appoggiandosi alla mano di lei «Dunque, cosa ti porta qui?»

Lei sospirò, allontanando da lui i suoi occhi blu. «Abbiamo un nuovo rapporto» disse, e le sue dita separarono metà dei capelli di lui e iniziarono a fare una treccia da lavoratore che lui ricordava da molo tempo prima: confusionari giochi infantili e cibo nei suoi capelli e nella sua barba e Frerin che rideva a bocca piena «Fíli è tornato dal suo turno, e porta... notizie inquietanti. Temo che il tuo buon umore non durerà a lungo.»

«Vediamo» disse lui, e mise delicatamente la sua mano su quella di lei, fermando il suo intrecciare «Dimmi.»

Lei sospirò di nuovo, e lo guardò. «Frodo e Sam hanno trovato una guida per uscire dagli Emyn Muil» disse, le parole che le uscivano con riluttanza «Hanno trovato e messo al loro servizio Gollum, e tuttora esso li guida verso Morannon.»

Le dita di Thorin si strinsero su quelle di lei. «Gollum.»

«Sì» disse lei, e scosse la testa «Sembra che gli sia stato fatto giurare sull'Anello.»

«È l'Anello del Potere, e ogni parola detta in suo nome sarà un obbligo» disse lui, accigliato. Lei fece un suono indistinto di protesta.

«Ora, questa è esattamente l'espressione che speravo di evitare» si lamentò, e la sua mano andò ad accarezzare le linee sulla fronte di Thorin «Oh, mio caro. Mi dispiace.»

«Non è colpa tua» disse lui distrattamente, ancora accigliato. Gollum – la piccola, pericolosa bestia traditrice che Bilbo aveva battuto con intelligenza sotto alle caverne Goblin. Una creatura contorta fatta impazzire dal desiderio dell'Anello. Una cosa antica piena di malvagità e disgrazia. «Gandalf vorrebbe che noi avessimo pietà di lui» borbottò, e lasciò la mano di Frís. Lei esitò, e poi ricominciò a pettinargli l'altro lato della testa.

«Da ciò che mi dice Fíli, si merita pietà» disse piano «Sembra che Gollum non sia del tutto maligno. L'Anello non può distruggere tutta la bontà, solo seppellirla.»

Gli occhi di Thorin si alzarono di scatto, e lui studiò attentamente sua madre. Lei sembrò non notarlo, continuando a pettinargli i capelli con aria preoccupata. «Hai parlato con Frerin?» disse lui sospettosamente.

«No» rispose lei, legandogli i capelli con un laccio di pelle e lisciandogli le ciocche sulle tempie che brillavano, bianche e spettinate, in mezzo al nero «Dovrei? Cos'ha fatto ora quella piccola peste?»

«Non chiamarlo così» disse lui istantaneamente, e poi fece una smorfia quando gli occhi di sua madre, penetranti e acuti, scavarono nei suoi «Intendo dire...»

«Ah» disse lei sottovoce, e poi per sua sorpresa avvolse quanto più poteva di lui in un abbraccio «Bene» disse contro il suo petto, e lui alzò le braccia per abbracciarla a sua volta, confuso e perso «Bene.»

«Cosa? Cosa è bene?» chiese lui, e lei rise e diede un colpetto affettuoso al suo petto.

«Solo una madre orgogliosa dei suoi ragazzi. Ecco tutto» disse, e gli sorrise «Ti sei ripreso dalle nuove di Gollum più in fretta di quanto non mi sarei aspettata.»

«Non credo di averle ancora realizzate appieno» disse lui, e lei alzò gli occhi al cielo.

«Non fare l'innocente con me, figlio mio» disse, e gli tirò piano un orecchio «Qualcosa è cambiato, e in meglio. Parla con Fíli dopo. Potrebbe servirgli un po' di rassicurazione.»

«Ora è a letto?» disse Thorin, e una scintilla di preoccupazione per il suo nipote più vecchio, così leale e coraggioso, gli colpì il cuore.

«Sì, il suo turno è finito all'alba. Kíli fa la guardia ora. Meglio che ti sbrighi, inùdoy. Il tuo turno inizia tra meno di un'ora.»

Thorin ingoiò un'imprecazione (avrebbe avuto l'unico risultato di fargli tirare l'orecchio di nuovo) e iniziò ad allacciarsi la maglia. «Ci sono altre novità?» disse, di nuovo pratico.

«Glóin è arrivato ad Erebor» disse Frís, sedendosi sullo sgabello vicino al tavolo. Iniziò a riordinare distrattamente la confusione su di esso: sistemò le spazzole in fila, rimise i fermagli per capelli nella loro scatola in legno con intagli di campanule e peonie.

«Era ora» sbuffò lui, infilandosi un paio di pantaloni e cercando gli stivali. Ne trovò uno sotto al letto, e si sedette per infilarselo. «E quanti depositi remunerativi ha trovato nel suo viaggio?»

«Circa tre, dice tuo nonno, ma senza dubbio sta tenendo segreto il migliore» disse lei, e sorrise.

«Ah-ha. Altro?»

«Il tuo omonimo ha trovato la sua Uno in maniera piuttosto drammatica» Frís prese un martello dal suo tavolo e alzò un sopracciglio «Questo non deve stare nelle stanza da letto, mio giovane Principe.»

«Non sono più né giovane né Principe ormai» ripose lui, e lei mosse il martello in sua direzione.

«Forse, ma sono ancora abbastanza alta per raggiungere il tuo orecchio, ragazzo mio. Gli attrezzi devono stare in forgia, non nelle stanze per dormire»

Lui sbuffò e bloccò un'altra imprecazione. «Sì, 'amad.»

Lei sembrava divertita. «Oh, dev'essere un tale sforzo per te.»

«Sono felice che tu te ne renda conto» disse lui piuttosto altezzosamente, e notò il suo altro stivale dietro la porta. Poi batté le palpebre. «Aspetta. Piccolo Thorin ha solo trentasette anni. Non è che un bambino!»

Lei rise, e rimise il martello sul tavolo con un leggero click. «Il tuo altro omonimo, caro. Il nostro modesto Principe Ereditario ha trovato il coraggio di dichiararsi all'oggetto dei suoi sentimenti, e quella giovane Nana particolarmente irritabile ha finalmente capito perché litiga sempre con lui.»

«Era ora, in questo caso» disse lui, e si alzò «Meglio se vado a colazione. C'è dell'altro?»

«No» disse lei «Anche se tua nonna ha molto da dire sul inefficienza degli Elfi in generale. Non è per nulla impressionata dai preparativi fatti a Granburrone, e non capisce niente di importante a Lothlórien. Conosci altri Nani che parlino Elfico?»

Lui fece una pausa, tenendo la porta aperta così che lei potesse uscire prima di lui. «Forse Gróin potrebbe» disse, pensandoci «Era stato fondamentale quando si trattava di mantenere la pace fra la Montagna e il Bosco nei giorni del nonno.»

«Ah, ricordi bene» disse lei, e fece strada verso la grande sala da pranzo «Chiederò. Povero Ori: se cambiamo ancora i suoi orari, ho paura che strillerà abbastanza forte da far cadere le Sale.»

«Nori ci aveva avvisato di non irritarlo» disse Thorin, e sorrise.

Lei lo guardò. «Bene» disse ancora, una luce oscura e orgogliosa nei suoi occhi. Poi gli baciò la guancia e lasciò che lui andasse a far colazione.

I sussurri e gli sguardi che gli arrivavano da tutti gli altri Nani riuniti erano diventati normali ormai, e Thorin non lasciò che essi lo disturbassero mentre andava verso dove suo fratello, suo cugino e suo padre erano seduti. «Dov'è nonno?» chiese.

«Dorme» grugnì Thráin «Ha osservato a lungo ieri notte.»

«Mio fratello è a casa» disse Óin orgogliosamente «La celebrazione si meritava di essere osservata.»

«Ci credo» disse Thorin «Conosco la tua famiglia, dopotutto!»

«Dovrebbe essere un insulto?» Óin alzò le sopracciglia, e poi fece un “pah!” sprezzante tra i denti «Patetico, mio Re.»

«Aye, il tuo patetico Re» sbuffò Thorin «Fammi il piacere di spostarti, mio patetico Guaritore, o ti ritroverai a indossare quel porridge e non a mangiarlo.»

Frerin si strozzò con una cucchiaiata, e poi guardò Thorin con occhi luminosi «Bene» disse.

«Me lo stanno dicendo tutti stamane» borbottò Thorin, allungandosi per prendere un piatto. Riempiendolo, guardò suo padre. «Cosa osservi oggi?»

«Sono di nuovo a Erebor» rispose lui, e si tirò cupamente la grande barba «Da quanto ho sentito, è una pentola di emozioni in ebollizione in questo momento.»

«Divertiti, 'adad» disse Frerin, ghignando «Rohan inizia a piacermi sempre di più.»

«Vuoi solo vedere quella dama bianca» lo accusò Óin «Ho sentito te e Ori che ne parlavate.»

«Beh, e anche se fosse?» disse Frerin, e tirò su col naso e piegò la testa per concentrarsi di nuovo sul suo porridge.

Thorin si morse l'interno della guancia, e poi si girò verso Óin. «Sei con noi stamattina, o sbaglio?»

«Aye, e speriamo non ci sia nessun maledetto correre» borbottò.

Nori li incontrò fuori dalla Camera di Sansûkhul. Annuì in saluto e poi guardò Thorin attentamente. «Va tutto bene, capo?» chiese.

Thorin si sedette, facendo spazio a Frerin senza pensarci. «Sì?»

«Eh» disse Nori, e si grattò un sopracciglio intrecciato «Bene.»

Thorin trattenne un urlo di frustrazione. «Perché tutti me lo dicono stamattina?» borbottò.

«È la mancanza di sguardo temporalesco, fratello» disse Frerin, mentre le stelle si alzarono dal Gimlîn-zâram per danzare i loro lenti passi ipnotizzanti davanti ai loro occhi «Tutti si stanno chiedendo se Mahal ti abbia scambiato con un altro Nano mentre eravamo girati. Tranne me, ovviamente, io so tutto» aggiunse con soddisfazione.

Thorin sbuffò, e piantò le dita in un punto del fianco di Frerin che ricordava essere particolarmente sensibile. Il guaito di Frerin lo seguì nella luce stellare.

Quando la luce svanì, Thorin era in piedi nel grande spazio intagliato del Palazzo d'Oro. Si voltò più e più volte, prima di trovare un tavolo basso in un angolo. Legolas e Gimli erano seduti a un'estremità. Pane e carne erano davanti a loro su un piatto, e Gimli si stava servendo abbondantemente (anche se ciò necessitava che lui si alzasse in piedi sulla sua sedia ogni tanto). L'Elfo sembrava piuttosto a disagio per la carne, e stava mordicchiando senza convinzione il pane. Aragorn stava camminando per la stanza, la mano sull'elsa della sua spada. All'altra estremità del tavolo erano due bambini, che mangiavano voracemente. Éowyn era inginocchiata accanto a loro.

«Piano» disse dolcemente «Non troppo in fretta, o starete male. Ce n'è in abbondanza.»

«Bambini» disse Thorin senza emozioni «I bambini di chi, e da dove arrivano?»

«Sono Rohirrim, decisamente» disse Óin, studiandoli «Guarda i loro capelli e i loro vestiti.»

Éowyn si alzò, e vi era una furia a malapena contenuta nella sua voce quando disse: «è stato all'improvviso. Erano disarmati. Ora i Bradi attraversano l'Ovestfalda bruciando qualsiasi cosa. Fieno, capanne e alberi.»

«Bradi?» ripeté Frerin, confuso.

«Saruman» sussurrò Thorin «Questa è l'azione più vile. Attaccare dei bambini!»

«Forse Uomini e Stregoni non hanno i nostri stessi sentimenti in certe cose» suggerì Nori, ma Thorin scosse la testa.

«Ricordi come Boromir parlava della sua città? No, anche gli Uomini amano i loro bambini. E uno Stregone dovrebbe comportarsi in maniera migliore»

«Ti dimentichi quanto strani sono alcuni Stregoni» borbottò Óin.

La bambina guardò su. «Dov'è la mamma?» disse, e Éowyn le accarezzò i capelli, tranquillizzandola dolcemente.

«Questo è solo un assaggio del terrore che Saruman scatenerà» giunse la voce profonda di Gandalf, e loro si voltarono per trovare lo Stregone seduto accanto al trono intagliato di Théoden «Sarà sempre più spietato perché ora è spinto dalla paura di Sauron. Monta a cavallo e affrontalo. Allontanalo dalle donne e dai bambini. Devi combattere!»

Théoden gli diede un lungo sguardo, e il dolore combatté con la determinazione nel suo volto. Thorin ricordò improvvisamente che l'Uomo aveva appena perso suo figlio. «Ah, si trova sempre tanto dolore» sospirò.

Frerin si avvicinò. «Aye, sempre» ripeté «ma c'è ancora speranza, nadad.»

«Non per Théodred, non ce n'è» disse Thorin «Per lui, ogni speranza è perduta.»

«Chi sa dove vanno gli Uomini dopo aver perso il filo della loro vita?» disse Frerin, aprendo le mani «Chi sa cosa Arda ricreata porterà agli altri di stirpi mortali?»

«Possiamo lasciare le domande filosofiche fino a dopo aver mangiato?» borbottò Gimli, e la bocca di Thorin si contrasse.

«Baknd ghelekh, mia stella» disse, e Gimli ghignò.

«Baknd ghelekh, melhekhel» rispose, facendogli un brindisi con un pezzo di pane alzato.

«Cosa stai dicendo, Signor Nano?» chiese il bambino a occhi spalancati.

«Ah, sto salutando il giorno nella mia lingua, giovane signore» disse Gimli, sorridendo al ragazzo «Come diresti tu buongiorno nella tua?»

Il ragazzino batté le palpebre e poi divenne timido per l'improvvisa attenzione, guardando giù il proprio piatto. «Lo hai spaventato, Gimli» disse serenamente «Questa gente non ha mai visto prima un Nano, soprattutto non uno con modi così terribili.»

«I miei modi sono perfettamente rispettabili, grazie tante» disse Gimli piuttosto rigidamente «Non di certo come i tuoi, Elfo svergognato. Ora, ragazzo e giovane ragazzina, non voglio spaventarvi. Prometto che non vi farò del male.»

Il ragazzino lo guardò, il volto perso e sopraffatto. Thorin improvvisamente vide un ragazzo lanciato negli affari di grandi signori e strani popoli, a cui era stato detto di prendersi cura di sua sorella e a cui mancava disperatamente sua madre. «Piccolo coraggioso» mormorò «Nahùba nidoy.»

«Mi piace la tua barba» disse forte la bambina, e Gimli rise.

«Grazie molte, giovane signorina. È invero una barba molto bella, ed è l'invidia si tutti gli Elfi. Anzi, direi quasi che il motivo per cui questo qui sembra sempre così amareggiato è perché desidera avere una sua barba così bella. La tua gente, dal canto proprio, ha delle barbe non male: le migliori che ho visto tra gli Uomini, in ogni caso. I tuoi capelli, ora – quello è un colore molto apprezzato tra la mia gente! Saresti decisamente una giovane bellezza, signorina.»

Lei rise. «Non sono una signorina. Sono Freda.»

«Ah, non puoi prendere in giro un Nano. Tu sei una signorina, Signorina Freda» ribatté Gimli, sorridendo «E tuo fratello qui è il Signor...?»

«Éothain» borbottò il ragazzino, e guardò su con esitazione e un sorriso gli tirò le labbra in risposta al ghigno di Gimli.

«Come hai fatto a diventare tanto bravo coi bambini, mellon nín?» mormorò Legolas.

«Ricorda, mio nipote ha solo venticinque anni, e non può essere molto più vecchio del nostro Signor Éothain qui» disse Gimli, facendo l'occhiolino al ragazzo.

Freda rise di nuovo. «Venticinque è un uomo grande e grosso!»

«Non per un Nano, no» le disse Gimli «Venticinque è un ragazzino, con la testa rossa e selvatico e pieno di birboneria e immaginazione. Direi che Gimizh sarà alto quasi quanto te, Signorina Freda, anche se di certo non ha capelli belli quanto i tuoi.»

Le sopracciglia di Éothain si aggrottarono. «Che nome strano.»

«I Nani sono un popolo molto, molto strano» gli disse Legolas solennemente. Éothain fissò l'Elfo, e poi sorrise di nuovo.

«Mi piacete tutti e due» annunciò «anche se siete strani» e con questo tornò al suo pasto, aiutando sua sorella a tagliare la carne.

«Sono dei fantastici giovani Nanetti» disse Óin tristemente «Come potrebbe qualcuno essere tanto crudele da prendergli la loro casa e la loro famiglia?»

«Bambini» corresse Nori, camminando lentamente verso gli arazzi per ispezionarli con occhio critico.

«Ah, avete capito cosa intendo»

Théoden si alzò, e il suo volto era risoluto. «Saranno a trecento leghe da qui ormai. Éomer non può più aiutarci. Lo so cosa vuoi da me, ma non arrecherò ulteriore morte al mio popolo. Non rischierò una guerra aperta.»

Aragorn fece una pausa e si girò verso di lui. «Questa è una situazione diversa da ieri, Re Théoden. La guerra aperta incombe, che tu la rischi o no.»

La bocca di Théoden si strinse, e lui guardò il Ramingo severamente «Se ricordo bene» disse con fredda dignità «Théoden, non Aragorn, è il Re di Rohan.»

Gimli guardò su verso e scambiò uno sguardo con Legolas. «Non sta andando bene» borbottò. L'Elfo annuì lentamente, i suoi occhi luminosi scattavano tra il Re e lo Stregone.

«Allora qual'è la decisione del Re?» chiese Gandalf rigidamente.


«Il Fosso di Helm!» sputò Gandalf, marciando per i corridoi oscuri; le ombre di travi di legno creavano forme strane sul suo volto.

«Fuggono sulle montagne quando dovrebbero farsi avanti e combattere» borbottò Gimli, seguendo pesantemente lo Stregone furibondo. Accanto a lui, Legolas camminava con passo quasi privo di rumore e Aragorn marciava con grande falcate dall'altro lato. Thorin e la sua guardia fantasma seguivano, vicini come il pensiero. «Chi li difenderà, se non il loro Re?»

Aragorn fece una smorfia. «Fa solo ciò che ritiene meglio per la sua gente. Il Fosso di Helm li ha salvati in passato.»

«Non c'è via di scampo da quella gola» disse Gandalf furiosamente, allontanando col bastone un'orda di servitori che cercarono di salutarli alla loro entrata nelle ricche stalle. Un solo sguardo al volto dello Stregone, e fuggivano tutti. «Théoden si dirige verso una trappola. È convinto di guidarli verso alla salvezza, ma stanno andando incontro a un massacro.»

«Non dovresti accantonare le sue paure» disse Thorin, e gli occhi di Gandalf incrociarono i suoi. Il volto dello Stregone era ancora arrabbiato, ma si addolcì mentre Thorin continuava a dire: «Gandalf. Tu temi la venuta e la caduta di grandi poteri e regni, ma lui teme più per altri bambini come quelli nella sala, orfani e bisognosi. Potrà non scegliere saggiamente, ma sceglie con l'amore che ha per loro.»

Gandalf sospirò lentamente, e annuì impercettibilmente. «Forse hai ragione, Thorin Scudodiquercia, ma non deve per forza piacermi» borbottò.

«Ora capisci come mi sono sentito in ogni nostra conversazione mentre andavamo ad Erebor» replicò Thorin.

Gimli tossì e guardò il soffitto, le sue guance sospettosamente rosse.

Gandalf parve trattenere a malapena un commento tagliente. «Théoden ha una volontà forte, ma temo per lui. Temo per la sopravvivenza di Rohan» diede uno sguardo esasperato a Thorin prima di girarsi verso Aragorn «Egli avrà bisogno di te prima della fine, Aragorn. La gente di Rohan avrà bisogno di te.»

Aragorn parve profondamente turbato, gli occhi adombrati e il respiro veloce. Gandalf gli si avvicinò e incrociò gli occhi dell'Uomo. «Le difese devono reggere» disse fermamente.

«Reggeranno» rispose Aragorn, la voce bassa ma certa.

La bianca luminosa forma di Ombromanto era nella stalla seguente, e il cavallo nitrì quando Gandalf si avvicinò. «Il Grigio Pellegrino. Così mi chiamavano» mormorò lo Stregone, accarezzando il collo orgoglioso e arcuato «Per trecento vite degli Uomini ho vagato su questa terra, e ora non ho tempo. Se ho fortuna, la mia ricerca non sarà vana.»

Aragorn si fece da parte mentre Gandalf montava, e Gimli aprì la stalla mentre Legolas spalancava le porte. «Attendi il mio arrivo, alla prima luce del quinto giorno. All'alba, guarda a est» disse Gandalf. Poi si piegò in avanti sul collo di Ombromanto per sussurrare nel suo orecchio, e con un gran nitrito che scosse le stalle, il poderoso cavallo partì e galoppò fuori dalla stalla e nelle strade di Edoras, alzando la polvere con gli zoccoli.

«Ora parte il Cavaliere Bianco, e che possa trovare speranza e riportarla a noi» disse Aragorn, e chinò il capo e andò a toccare il gioiello che portava attorno al collo.

«Rallegrati, ragazzo» disse Gimli, dandogli di gomito «Hai ancora due amici leali accanto a te, e ti ascolteremo anche se i Re non lo fanno.»

Aragorn sorrise. «È davvero una gran consolazione.»

«Hodo hí, Aragorn» disse Legolas, e mise una mano dalle ossa sottili sulla spalla dell'Uomo. «Andiamo. Torniamo da Théoden e vediamo cosa possiamo fare di utile. Quantomeno Gimli potrà fare da balia.»

«Perché mai...!» Gimli si gonfiò in indignazione, e poi iniziò a ridere «Elfo ridicolo. Suppongo di meritarmelo per quel commento sulle barbe di prima.»

Legolas gli sorrise. «Com'è che dici tu? Ah, “Khazâd ai-mênu”

Gimli sbuffò sonoramente, ridendo ancora. «Quel tuo accento è tremendo!»

«Ebbene, non ho fatto gargarismi con della ghiaia a colazione secondo le tradizioni Naniche, quindi perdonami!» il sorriso di Legolas si allargò quando Gimli fece un offeso suono di protesta.

«Ghiaia!» disse «Morditi la lingua!» poi fece un largo sorriso «Sono un Durin dopotutto, e non sarò trovato a fare gargarismi con niente meno prezioso di smeraldi, ragazzo mio, e farai bene a ricordartelo!»

Legolas lanciò indietro la testa, e gli stallieri si fermarono mentre il suono argentino delle risa Elfiche attraversò l'aria.

Óin gemette, facendosi cadere la testa fra le mani. «Non riuscirò mai più a guardare in faccia Balin» si lamentò. Frerin gli diede un pacca sulla spalla per consolarlo.

Aragorn guardò la coppia ridente, e poi per la confusione di Thorin gemette piano. «Sì, torniamo dentro» disse con voce più alta, facendo strada «Con altra gente intorno a noi. Sì.»

«Oh grazie a Mahal non sono l'unico che l'ha notato» borbottò Nori, e fu immediatamente alle calcagna di Aragorn. Tenne fermamente gli occhi lontani da Gimli e Legolas, e la sua schiena era rigida.

«Cosa sta succedendo?» sussurrò Frerin.

«Non ne ho idea» disse Óin, guardando storto suo nipote «Scommetto i miei fermagli nuovi che ha a che fare con Nani idioti che spargono segreti come in autunno un albero sparge le foglie.»

«Accetterò la scommessa» giunse la voce di Nori.

Ciò fece alzare le sopracciglia di Thorin. «Quindi non ha a che fare coi nostri segreti» disse «Uhm.»

«Penso lo scopriremo quando sarà ora» disse Frerin, storcendo il naso «A volte penso Nori sia misterioso solo per tenersi in allenamento.»

«Segreto professionale!» urlò Nori, lontano dalla loro vista.

«Andiamo» disse Thorin, allontanando i misteri dalla propria mente. Come aveva detto Frerin, sarebbero presto venuti alla luce.

Théoden stava dando ordini quando Gimli e Legolas si riunirono ad Aragorn nella sala principale di Meduseld. Il Re era in piedi davanti alla pedana, gesticolando con la mano mentre disponeva che i vagoni di viveri, di legna da ardere e di armi fossero mandati avanti verso l'antica fortezza nascosta nelle montagne.

Infine si fermò a alzò le mani. «Cavalchiamo all'alba» disse, e annuì in segno di riconoscenza all'urlo di “Re Théoden!” che salutò la sua frase.

Éowyn si fece avanti portando del vino, e lo passò a suo zio con occhi luminosi. «Ferthu Théoden hál!» disse «Ricevi ora questa coppa e bevi in questa ora felice. Che la salute ti accompagni e allieti la tua partenza e il tuo ritorno!»

«Éowyn, figlia di mia sorella» disse dolcemente, prima di baciarle la fronte e accettare il calice, bevendo a gran sorsi.

Poi lei la porse ad Aragorn, fermandosi improvvisamente e guardandolo con una strana, lontana luce negli occhi – per metà desiderio, per metà risentimento. «Salute, Aragorn figlio di Arathorn!» disse. Lui guardò il suo bel volto e le sorrise assentemente, e quando la sua mano prese la coppa le loro dita si toccarono, e lei tremò.

«Salute, Dama di Rohan» disse educatamente, e bevve.

«Oh, sarà doloroso» predisse Nori «Aragorn ha quell'Elfa a Granburrone, e questa Dama è orgogliosa.»

«Egli non può nascondere chi è» mormorò Thorin «E lei lo percepisce.»

«Una dama simile si merita più di un amore senza speranza» disse Frerin con calore, e Thorin guardò suo fratello con sorpresa.

«Non credo sia amore» disse infine «Penso invece che lei vorrebbe essere Aragorn, non amarlo. Lei vede un signore degli Uomini leggendario e nobile, con la libertà del Ramingo e la fama del guerriero, discendente dai più grandi eroi mai esistiti. Ella non riesce a vedere tutte le maniere in cui lui è intrappolato quanto lei.»

Frerin storse il naso, e sospirò. «Suppongo. Ma lo stesso, lei si merita di meglio.»

Thorin lasciò che la sua mente vagasse a opportunità mancate e cieca ignoranza, a un amore sventato e destinato alla rovina, separato e scisso da tempo e morte. «Tutti meritiamo di meglio, fratello.»

Gli occhi di Frerin andarono a lui, e si appoggiò contro Thorin in conforto.

«Ai miei ospiti offro ciò che potrebbe servirgli della mia armeria» annunciò Théoden «Che vi servano bene.»

Aragorn inclinò la testa educatamente, anche se Gimli sembrava dubbioso. «Dubito di trovare qualsiasi cotta di maglia migliore di quella che indosso, forgiata dal mio grande antenato nella Montagna molto tempo fa» borbottò.

Théoden apparentemente lo udì, e sorrise. «L'arte dei Nani è ben conosciuta, Mastro Gimli. Però forse c'è qualcosa che io ti possa offrire.»

«Uno scudo, forse» disse Gimli dopo un istante «Io non ne ho uno.»

«Sarà fatto, allora. Spero non ti offenda, ma l'unico scudo che abbiamo adatto alla tua taglia fu fatto per me ai tempi di Thengel, quando ero ancora un ragazzo, e porta il nostro emblema di un cavallo bianco che corre su campo verde.»

Gimli si inchinò, e Thorin venne nuovamente sorpreso da quanto cortese e abile con le parole la sua stella potesse essere. «Sono fiero, Signore del Mark, di portare il tuo stemma» disse nella sua voce profonda «E preferirei comunque portare un cavallo che non montarne uno! Mi sento più a mio agio sui miei piedi. Ma forse giungerò in un luogo dove poter combattere con le mie gambe ben piantate a terra.»

«Quel giorno indubbiamente di avvicina» disse Théoden, e sorrise di nuovo ma stavolta senza allegria.

«Signore, gli ordini sono stati dati» disse Gamling, avvicinandosi e colpendosi il petto con il pugno.

«Bene» annuì Théoden «Dunque preparatevi. Alle prime luci dell'alba – cavalchiamo verso il Fosso di Helm!»

TBC...

Note:

Parte del dialogo è presa dal film e dai capitoli “Smeagol domato” e “Il Re del Palazzo d'Oro”

Malattia del drago: è canon, da “Lo Hobbit”. È anche canon che Bilbo all'inizio avesse preso l'Archepietra con intenzioni non proprio altruistiche, e che Bard non rispose a nessuna della preoccupazioni legittime dei Nani. In linea di massima, l'assedio di Erebor è stato un enorme orrendo disastro.

Campanule – umiltà

Peonie – vergogna, vita felice, matrimonio felice (Thorin sta correndo un po' qui)

Tutte le fanart e i lavori ispirati a Sansûkh possono essere trovati sul blog dedicato.

   
 
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