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Autore: mikimac    18/06/2015    3 recensioni
Sherlock si è lanciato dal tetto del Bart's, fingendo il proprio suicidio,
Prima di partire per la sua missione e distruggere l'organizzazione di Moriarty, Sherlock confessa a Mycroft di amare John e gli fa promettere di prendersi cura di lui, fino al suo ritorno.
Mycroft prende la propria promessa così sul serio, che si innamora lui stesso di John.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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The Great Game

Ops, temo che il capitolo precedente abbia fatto danni! J

Spero che qualcuno sia qui a leggere questo ultimo capitolo. J

Buona lettura. J

 

 

The Great Game

 

 

Sherlock teneva il corpo di John fra le braccia, come se stesse cullando un bambino.

“Ti amo tanto, John. – gli sussurrava – Andrà tutto bene. I medici stanno arrivando. Non saranno bravi quanto te, ma ti cureranno. Rideremo di questo. Ti amo, John. Non lasciarmi solo.”

Mycroft si teneva in disparte, guardando il fratello che cullava l’uomo che anche lui amava.

Li aveva persi entrambi.

John e Sherlock.

John perché era morto e non aveva potuto fare nulla per salvarlo.

Sherlock perché era vivo e non lo avrebbe mai perdonato per aver trascorso con John l’ultimo anno della sua vita, al suo posto.

Lestrade si avvicinò a Sherlock e gli mise una mano sulla spalla:

“Devono portarlo via. – disse in tono dolce – Lascialo andare.”

Sherlock non alzò nemmeno lo sguardo:

“Non posso lasciarlo andare. Se lo faccio, lo perderò per sempre.” ribatté, aggiustando un ciuffo di capelli di John.

“Dobbiamo scoprire chi gli abbia fatto questo. – insisté Greg – L’unico modo di farlo è portarlo via.”

Sherlock annuì con la testa.

Questa era una cosa che gli interessava.

Appoggiò delicatamente la testa di John sul pavimento del locale e si alzò in piedi, ma non si allontanò.

Due uomini si avvicinarono ed iniziarono a mettere il corpo di John in un sacco nero.

“Vado con lui.” disse Sherlock in un tono che non ammetteva repliche.

Nessuno tentò di impedirgli di salire sull’ambulanza che avrebbe portato John in obitorio.

 

 

Sally Donovan aveva osservato la scena da lontano.

Partita l’ambulanza, aveva raggiunto il proprio capo:

“Non vorrà che quello partecipi all’indagine, vero? – chiese in tono preoccupato – Sarebbe ingestibile!”

Lestrade alzò un’occhiata furiosa sulla donna:

“Pensi di riuscire a tenerlo fuori?” domandò polemico.

“Capo …”

“Se sai come fare per impedire a Sherlock di partecipare alla caccia dell’assassino di John, senza sparargli, fammelo sapere.” tagliò corto l’ispettore.

Si avvicinò a Mycroft che stava finendo di rilasciare la propria deposizione:

“Dobbiamo parlare.” disse secco.

L’agente si allontanò.

“Non so come fermarlo. – esordì Mycroft prevenendo Lestrade – L’unico che, forse, avrebbe potuto farlo ragionare è stato portato via in quell’ambulanza. Morto.”

Lestrade si guardò i piedi:

“Lei sa che se Sherlock dovesse trovare l’assassino prima di noi, non lo ucciderà semplicemente.”

“Lo so.” disse secco Mycroft.

L’ispettore spostò lo sguardo su Holmes:

“Non farà nulla per impedire a suo fratello di diventare un assassino?” chiese con voce dura.

“Crede che se potessi non lo farei?” domandò Mycroft nello stesso tono.

I due uomini si fronteggiarono per qualche minuto, ma entrambi sapevano di essere impotenti davanti alla rabbia ed al dolore di Sherlock.

 

 

L’obitorio del Bart’s era sempre stato un luogo di pace che a Sherlock piaceva frequentare, perché poteva svolgervi i propri esperimenti e trovare tutte quelle cose interessanti che potevano aiutarlo a risolvere i suoi casi.

Ora che il corpo di John era stato adagiato su uno dei tavoli da autopsia, odiava il freddo acciaio da cui era circondato.

Non aveva lasciato John solo per neanche un minuto.

Aveva fatto attenzione affinché gli infermieri lo trattassero con gentilezza ed attenzione.

Ora il corpo John giaceva nudo sul tavolo freddo.

Una luce accecante, partendo dall’alto, lo illuminava.

Sherlock poteva osservarne ogni particolare.

Il viso di John era sereno, disteso in un sorriso irreale.

Sembrava che dormisse.

Sherlock aveva osservato diverse volte John mentre dormiva e non lo aveva mai visto così tranquillo.

Quando aveva gli incubi, iniziava ad agitarsi e la fronte si aggrottava, mentre mugugnava, come se volesse urlare, ma non ci riuscisse.

Sherlock allungò una mano per toccarne una di John, ma la ritrasse subito.

Era tiepido.

Quasi freddo.

Sherlock non voleva ricordarlo così.

Nel suo mind palace aveva gelosamente custodito il ricordo delle mani calde di John, che si muovevano su di lui salde, gentili, sicure e tenere.

Non avrebbe permesso a nulla di sostituire questo ricordo.

Non l’aveva sentita entrare, perso nei propri ricordi, ma sentì che stava tirando su con il naso.

Sherlock si voltò verso Molly Hooper.

Non ci voleva il suo genio per capire che avesse pianto.

Gli occhi erano rossi e gonfi.

Quanta gente stava piangendo per John?

Perché lui non ci riusciva?

Era così anormale anche in questo?

“Devi uscire, Sherlock. – gli disse Molly – Devo iniziare l’autopsia.”

Sherlock annuì, ma non si spostò.

“Sarò gentile con lui.” lo rassicurò Molly.

“Ne sono sicuro. – rispose Sherlock – Non permetterei a nessun altro di toccare John. So che te ne prenderai cura.”

Molly trattenne le lacrime.

Sherlock sfiorò il viso di John con un dito ed uscì.

 

 

Nel corridoio trovò Lestrade che lo stava aspettando:

“Devi promettermi che non farai nulla di stupido.”

“Non farò nulla di stupido.” disse Sherlock.

“Non puoi partecipare alle indagini. – continuò l’ispettore – Lo capisci anche tu.”

Sherlock non disse nulla né fece cenni con la testa.

“Se scopro che stai cercando l’assassino di John, – riprese Lestrade – farò in modo che il prossimo blitz anti droga a casa tua non finisca bene.”

Attese una risposta che non arrivò.

“Sherlock, mi hai capito?” chiese esasperato.

Sherlock si avvicinò a Lestrade e rispose con voce bassissima:

“Troverò l’assassino di John e lo farò a pezzi.”

Poi si girò e si allontanò dall’ispettore.

Lestrade si passò una mano fra i capelli e sospirò.

Aveva tentato.

Sapeva che era inutile, ma, almeno, poteva dire di averci provato.

 

 

Il funerale si svolse due giorni dopo.

Sherlock si tenne in disparte, infastidito dalla presenza di tutte quelle persone che osavano piangere John, mentre lui non ci riusciva.

Tutto quello a cui pensava, era quello che avrebbe fatto al suo assassino, quando lo avrebbe preso.

Mycroft si avvicinò al fratello:

“Possiamo parlare?” chiese.

“Non ho nulla da dirti. – gli rispose Sherlock – A meno che tu non mi dica chi abbia ucciso John.”

“Non partecipo nemmeno io alle indagini. – lo informò Mycroft – Sono troppo coinvolto, come te. Tutti sanno che John viveva con me e che noi …”

“Non osare dirlo! – sibilò Sherlock in faccia al fratello – Tu hai approfittato del suo dolore per averlo per te!”

“Io lo amavo! – ribatté Mycroft nello stesso tono – Non lo avevo programmato, non volevo ferire né te né tanto meno lui, ma lo amavo quanto te!”

 “Per favore, siete al funerale di John! – intervenne Lestrade prima che i due fratelli arrivassero alle mani – Comportatevi da persone civili!”

Sherlock se ne andò, non aveva nulla da fare in quel luogo.

 

 

Erano trascorsi alcuni giorni dal funerale e Sherlock brancolava nel buio.

Tutti stavano cospirando affinché lui non trovasse l’assassino di John.

Quella mattina si era alzato più frustrato del solito, quando il campanello suonò.

L’uomo era vestito in modo elegante con un completo blu:

“Non sapevo che l’MI6 pagasse così bene.” disse sarcastico.

L’uomo non si scompose:

“Ho una proposta per lei, signor Holmes. – esordì l’uomo – Potrei dirle chi abbia ucciso il dottor Watson e dove trovarlo. In cambio, vorrei che lei andasse in missione per noi in Europa dell’Est.”

Gli occhi di Sherlock lampeggiarono:

“Mio fratello sa di questa proposta?”

“Gli abbiamo chiesto di sottoporle la nostra offerta, ma ha risposto che lei non era interessato.”

“Mycroft è bravo a mentire. – sibilò Sherlock con voce tesa – Non mi ha detto nulla.”

“Lo abbiamo immaginato. Sappiamo che i vostri rapporti non sono … buoni.”

Sherlock sogghignò:

“Se mai lo siano stati. Chi è stato?”

“Prima voglio …”

“Accetto.” lo interruppe Sherlock.

L’uomo lo fissò interdetto:

“Non vuole sentire i dettagli della missione che le vorrei proporre, prima di rispondermi?”

“Sarà sicuramente molto rischiosa ed avrò un’alta probabilità di morire. – disse Sherlock con noncuranza – Altrimenti mio fratello me ne avrebbe parlato. Non mi importa. Voglio sapere chi abbia ucciso John.”

“Sebastian Moran.” disse l’uomo.

Sherlock si sedette sulla punta della poltrona:

“Perché?” chiese con soffio.

“Era l’amante di James Moriarty. – rispose l’uomo – Praticamente Moriarty sta a Moran come il dottor Watson stava a lei ed a suo fratello.”

Gli occhi di Sherlock divennero una fessura:

“Non paragoni James Moriarty a John. – disse con voce minacciosa – Moriarty era un mostro, un pazzo sanguinario che nulla ha a che fare con John, l’uomo più gentile, sensibile ed altruista che esistesse al mondo, chiaro?”

L’uomo vestito di blu deglutì a vuoto:

“Sì, certo. – si affrettò a dire – Le chiedo scusa, non volevo offendere la memoria del dottor Watson.”

“Dove lo trovo?” domandò Sherlock alzandosi in piedi.

L’uomo gli passò un biglietto.

Sherlock fece un sorriso soddisfatto:

“Bene. Parto fra una settimana.”

“Una settimana?” chiese interdetto l’uomo.

“Ho bisogno di tempo con il signor Moran.” tagliò corto Sherlock ed uscì.

 

 

[7.02] Greg sai dove sia Sherlock? MH

[7.03] Buongiorno Molly, no non lo vedo dal giorno del funerale. Non sono tra i suoi contatti preferiti, in questo momento. GL

[7.10] Di solito veniva a prendere parti di corpi per i suoi esperimenti. Ora non lo fa più. MH

[7.13] John è morto. Forse non vuole fare esperimenti su corpi morti. GL

[7.25] Ho provato a telefonargli ed a mandargli degli sms. Non ha mai risposto. MH

[7.40] È il suo normale comportamento. Lo conosci. Lui risponde o chiama solo se ha bisogno di qualcosa o la cosa lo interessa. GL

[8.00] Quindi non mi devo preoccupare?” MH

[8.01] Certo che no! Vedrai che quando avrà bisogno di te, ti contatterà senza problemi. GL

[8.04] Grazie Greg, mi hai rassicurata. MH

[8.06] Ne sono contento. Ti faccio sapere se lo sento. GL

 

 

Greg Lestrade si presentò al 221B di Baker Street con alcuni uomini della narcotici e della scientifica.

La porta gli venne aperta dalla Signora Hudson.

La padrona di casa sembrava invecchiata da quando John era stato ucciso.

L’ispettore si chiese come potesse essere possibile che la morte di un unico uomo potesse causare tanto dolore.

“Sono qui per il blitz antidroga. – disse gentilmente Lestrade – Questo è il mandato.”

La signora Hudson si fece da parte:

“Entrate pure. – li invitò con voce stanca – Tanto Sherlock non c’è.”

“È uscito molto presto, per i suoi standard.” sorrise l’ispettore.

“Sono giorni che non viene a casa. – ribatté la donna – Da quando Sherlock ha inscenato il proprio suicidio, questa casa sembra maledetta.”

 “Da quanti giorni manca?” chiese Lestrade allarmatissimo.

“Vediamo. – pensò la signora Hudson – Quell’uomo è venuto giovedì, poi Sherlock è uscito e non è più tornato.”

“Quale uomo? – la pressò l’ispettore – Perché non mi ha detto che Sherlock fosse sparito?”

“Non è sparito! – si inalberò la signora Hudson – Mi manda un messaggio tutti i giorni per farmi sapere che sta bene.”

“Mi faccia vedere i messaggi.” le ordinò Lestrade in tono secco.

I capelli sulla nuca dell’ispettore si erano drizzati.

L’uomo aveva capito che era arrivato tardi e che Sherlock doveva avere scoperto chi fosse l’assassino di John e fosse andato a prenderlo.

Non osava pensare cosa gli stesse facendo.

Sperava solo di arrivare in tempo, prima che Sherlock lo uccidesse.

Letti i messaggi, capì non poteva trovare indizi:

“Anderson, rintraccia il cellulare da cui sono arrivati questi messaggi. – disse mentre usciva da Baker Street – Io devo vedere una persona.”

 

 

Lestrade arrivò a casa di Mycroft che era pomeriggio inoltrato:

“Da quando non vede suo fratello?” chiese senza preamboli.

“Dal funerale di John. – rispose Mycroft, intuendo che la situazione fosse grave – Cosa ha fatto?”

“Ha trovato Sebastian Moran prima di noi.” ribatté Lestrade con tono cupo.

“Non è possibile. – mormorò Mycroft – Non lo hanno trovato nemmeno i miei uomini.”

“Qualcuno sapeva dove fosse. – lo contraddisse l’ispettore – Un uomo vestito elegantemente è andato a Baker Street cinque giorni fa e Sherlock è sparito da allora.”

“Bastardi!” sibilò Mycroft infilandosi la giacca.

“Chi?” domandò Lestrade, confuso.

“MI6.” rispose lapidario Holmes.

Nel giro di un quarto d’ora Mycroft Holmes faceva il suo furioso ingresso nella sede dell’MI6.

“Dov’è mio fratello?” chiese all’uomo con il vestito blu dall’altra parte della scrivania.

“Ci ha chiesto una settimana di tempo, prima di partire per la sua missione.” rispose l’uomo.

“Vi avevo detto di lasciarlo in pace!” urlò Mycroft.

“Gli abbiamo fatto una proposta e lui ha accettato. – ribatté l’uomo, sudando freddo – Non è più un bambino e tu non …”

“Me ne ricorderò.” promise Mycroft, interrompendolo, ed uscì dalla stanza.

 

 

[17.05] Va tutto bene, signora Hudson? SH

[17.15] è venuto Lestrade per il blit. si è arabbiato perché non ti ha tovato. H

[17.20] Non si preoccupi è tutto a posto. Lestrade non può avere trovato nulla. Salvo non lo abbia messo lui stesso. SH

[17.25] Non è ancora lì, vero? SH

[17.26] Non gli ha detto dei messaggi? SH

 

 

Era trascorsa mezz’ora dall’ultimo messaggio che Sherlock aveva inviato alla signora Hudson, quando Lestrade ed una squadra speciale fecero irruzione nel magazzino abbandonato.

Appeso al soffitto, trattenuto da delle corde, pendeva un corpo.

Sherlock era davanti a lui, completamente coperto di sangue.

Si girò appena verso i nuovi arrivati e sorrise tranquillamente:

“Credo che siate arrivati tardi.”

Lestrade lo stava fissando inorridito:

“Razza di maledetto bastardo! – urlò l’ispettore disperato, costringendo Sherlock a voltarsi completamente verso di lui – Cosa hai fatto! Pensi che John approverebbe? Pensi che John sarebbe contento sapendo che hai distrutto la tua vita?”

Sherlock fissò Lestrade freddamente:

“Quest’uomo ha avuto quello che si meritava per avere ucciso John. Né più né meno.”

Lestrade lanciò un’occhiata al corpo appeso: solo ora si rese conto che l’uomo fosse nudo e che quello che lo ricopriva era sangue. Gli sembrò persino di vedere che gli mancassero dei lembi di pelle, ma il corpo era così martoriato che non ne era sicuro. Sebastian Moran doveva avere patito le pene dell’inferno per giorni, prima di morire.

“Come faccio a proteggerti da questo?” chiese Greg con un filo di voce.

Sherlock lo guardò perplesso:

“Ma tu non mi devi proteggere. – disse come se stessero parlando del tempo – Io sono già d’accordo con l’MI6 per una missione in Europa dell’Est.”

Lestrade tirò un pugno in faccia a Sherlock con tutta la sua forza:

“Se John fosse qui, ti ucciderebbe per quello che hai fatto.”

Sherlock non si scompose, si rialzò da terra senza nemmeno toccare il punto in cui Lestrade lo aveva colpito:

“Il fatto è che John non è qui. John non c’è più. E a me non importa più nulla di nulla. Senza John, il mondo è vuoto, noioso e scuro.”

Lestrade scosse la testa.

Non aveva potuto fare nulla per proteggere John dal sicario che Moriarty gli aveva messo alle costole.

Non aveva potuto fare nulla per salvare Sherlock da se stesso.

Non si era mai sentito così impotente.

Sherlock gli mise una mano sulla spalla:

“Va tutto bene, Greg. – disse, ricordando prodigiosamente il suo nome – Presto sarò di nuovo con John.”

 

Sherlock era in piedi davanti alla tomba di John.

C’erano ancora così tanti fiori, che non si vedeva il nome scritto sulla lapide nera.

“Sei venuto a salutarmi?” chiese Sherlock al riflesso apparso sulla lapide.

“Vorrei picchiarti. – rispose Mycroft – Soprattutto perché non mi hai chiamato quando hai trovato Moran. Gli avrei levato volentieri qualche pezzetto di pelle io personalmente.”

Sherlock continuava a fissare la lapide. Mycroft si mise di fianco al fratello, senza guardarlo.

“Qualcuno deve rimanere ad occuparsi di mamma e papà.” disse Sherlock.

“E devo farlo proprio io?” domandò lamentoso Mycroft.

“Sei il maggiore. – ribatté Sherlock – Non vorrai godere solo dei privilegi!”

Rimasero in silenzio per un po’.

“Non ti chiederò scusa per essermi innamorato di John.” disse Mycroft.

“Né io lo voglio. – ribatté Sherlock – Nessuno meglio di me può capire perché sia successo. Quello che non capisco è perché un uomo come John si sia innamorato di noi.”

“Gli opposti si attraggono.” disse Mycroft con una mezza risata.

“Sarà così.” rise Sherlock.

“John mi ha fatto capire che i sentimenti non sono sempre uno svantaggio. – disse Mycroft – Con lui era semplice pensare che fossero qualcosa di utile ed indispensabile.”

“Lo so.”

Dopo un altro lungo periodo di silenzio, Mycroft riprese a parlare:

“Non ti avevo detto nulla della proposta dell’MI6 perché è una missione rischiosa. Non voglio che tu muoia.”

“John ti ha influenzato così tanto? – chiese Sherlock, perplesso – Sei diventato sentimentale?”

Mycroft fece una smorfia:

“Spero di no! – sbottò, poi ammise, con riluttanza – Ti ho sempre voluto bene, Sherlock, anche prima di iniziare la mia relazione con John. Non vorrei che tu avessi accettato solo perché è una missione suicida.”

Sherlock si voltò verso il fratello maggiore, sorpreso:

“All’inizio era così, ma ora ho capito che non voglio morire. – disse sorprendentemente – Fino a quando io vivrò, John vivrà con me. Lui è qui. – si indicò la mente – Ed è qui. – indicò il cuore – Una parte di John vivrà sempre dentro di me, quindi non farò nulla per farlo morire. Io sopravvivrò, Mycroft. Non ho motivi per morire.”

Mycroft fissò il fratello negli occhi.

Sorrise.

“Rimarrai in contatto con me?”

Sherlock alzò le spalle:

“Può darsi. Non lo so. – rispose vago – Capirai che non sei la persona che voglio vedere di più, in questo momento, Per quanto possa accettare quello che hai fatto, non significa che ti possa perdonare.”

“John mi ha detto che in amore non si deve mai dire mi dispiace. – ribatté Mycroft – Non è che l’amore giustifichi veramente tutto, ma credo che avesse ragione. Il motivo per cui ho sempre pensato che i sentimenti non fossero un vantaggio, è perché ti rendono vulnerabile e non si possono controllare.”

“E tu odi non avere tutto sotto controllo.” concluse Sherlock.

“Esatto. – concordò Mycroft – E non mi piace avere dei punti deboli.”

“John non era un punto debole, per me. – disse Sherlock – L’ho sempre considerato un punto di forza. Una spinta a fare la cosa giusta.”

“Lo so. – sussurrò Mycroft – Mi farai almeno sapere se stai bene?”

“Questo posso farlo. – rispose Sherlock – All’inizio di ogni mese farò arrivare un’orchidea sulla tomba di John. Fino a quando vedrai quel fiore, vorrà dire che sto bene. Ti chiedo solo una cosa.”

“Dimmi.”

“Se dovessi morire …”

“… vuoi essere seppellito vicino a John. – concluse Mycroft per il fratello – Va bene. Fammi solo il favore di farti seppellire qui il più tardi possibile.”

“Cercherò.” annuì Sherlock

Si voltò verso il fratello maggiore e gli porse la mano.

Mycroft prese la mano e la strinse.

“Cosa farai all’uomo in blu?” chiese Sherlock con un ghigno.

“Ho in mente un paio di cose. – rispose evasivo Mycroft – Non ho ancora deciso, ma penso che sarò creativo.”

Sherlock rise:

“Vorrei vedere la sua faccia quando capirà che si è rovinato con le proprie mani.”

Anche Mycroft rise.

“Ora devo andare.” disse Sherlock.

Mycroft lasciò andare la mano del fratello con riluttanza.

I due uomini si guardarono negli occhi.

Si erano detti tutto quello che dovevano dirsi.

John sarebbe stato orgoglioso di loro.

Sherlock si voltò verso la tomba ed appoggiò una mano sulla lapide:

“Ci vediamo presto.”

Un alito di vento gli scompigliò i capelli, come se una mano invisibile li avesse arruffati.

Nell’aria sembrava esserci un sussurro:

“Ogni volta che vorrai, amore mio.”

Sherlock sorrise.

Scambiò un ultimo sguardo con il fratello maggiore e se ne andò.

Sherlock non sapeva se sarebbe mai riuscito a tornare a Londra, ma sapeva che John sarebbe sempre stato con lui.

Mycroft lo seguì con lo sguardo fino a quando scomparve dalla sua vista.

Si voltò verso la lapide:

“Sei sempre stato il suo angelo custode. – disse Mycroft rivolto a John – Abbi cura di lui.”

Un altro lieve soffio di vento si alzò in quell’istante, accarezzando il volto di Mycroft, che chiuse gli occhi.

Sapeva che non poteva essere vero, ma Mycroft avrebbe potuto giurare di avere sentito un sussurro nel vento:

“Io mi prenderò sempre cura di voi due.”

Mycroft sorrise.

Solo John poteva fargli credere di sentire la voce dei fantasmi.

Mycroft riaprì gli occhi.

Naturalmente non c’era nessuno ed era stato solo un alito di vento.

“Ci vediamo presto.” sussurrò alla lapide.

Gli sembrò di sentire la risata calda e dolce di John allontanarsi, per inseguire Sherlock.

Mycroft si allontanò dalla tomba, nel tramonto, diretto ad una casa, diventata terribilmente vuota.

 

 

Angolo dell’autrice

 

 

So che è un finale aperto, dato che non si saprà mai se Sherlock sopravvivrà alla missione, ma mi è sembrata una storia già abbastanza triste anche senza trovare Mycroft davanti a due tombe.

“The Great Game” si riferisce al grande gioco della vita e della morte.

Grazie per avere letto questa storia.

Ogni commento è sempre benvenuto. J

Ciao a tutti. J

   
 
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