Ops, temo che il capitolo
precedente abbia fatto danni!
J
Spero che qualcuno sia qui a leggere
questo ultimo capitolo. J
Buona lettura. J
The Great Game
Sherlock teneva il corpo di John
fra le braccia, come se stesse cullando un bambino.
“Ti amo tanto, John. – gli
sussurrava – Andrà tutto bene. I medici stanno arrivando. Non saranno bravi
quanto te, ma ti cureranno. Rideremo di questo. Ti amo, John. Non lasciarmi
solo.”
Mycroft si teneva in disparte,
guardando il fratello che cullava l’uomo che anche lui amava.
Li aveva persi entrambi.
John e Sherlock.
John perché era morto e non aveva
potuto fare nulla per salvarlo.
Sherlock perché era vivo e non lo
avrebbe mai perdonato per aver trascorso con John l’ultimo anno della sua vita,
al suo posto.
Lestrade si avvicinò a Sherlock e
gli mise una mano sulla spalla:
“Devono portarlo via. – disse in
tono dolce – Lascialo andare.”
Sherlock non alzò nemmeno lo
sguardo:
“Non posso lasciarlo andare. Se
lo faccio, lo perderò per sempre.” ribatté, aggiustando un ciuffo di capelli di
John.
“Dobbiamo scoprire chi gli abbia
fatto questo. – insisté Greg – L’unico modo di farlo è portarlo via.”
Sherlock annuì con la testa.
Questa era una cosa che gli
interessava.
Appoggiò delicatamente la testa
di John sul pavimento del locale e si alzò in piedi, ma non si allontanò.
Due uomini si avvicinarono ed
iniziarono a mettere il corpo di John in un sacco nero.
“Vado con lui.” disse Sherlock in
un tono che non ammetteva repliche.
Nessuno tentò di impedirgli di
salire sull’ambulanza che avrebbe portato John in obitorio.
Sally Donovan aveva osservato la
scena da lontano.
Partita l’ambulanza, aveva
raggiunto il proprio capo:
“Non vorrà che quello partecipi
all’indagine, vero? – chiese in tono preoccupato – Sarebbe ingestibile!”
Lestrade alzò un’occhiata furiosa
sulla donna:
“Pensi di riuscire a tenerlo
fuori?” domandò polemico.
“Capo …”
“Se sai come fare per impedire a
Sherlock di partecipare alla caccia dell’assassino di John, senza sparargli,
fammelo sapere.” tagliò corto l’ispettore.
Si avvicinò a Mycroft che stava
finendo di rilasciare la propria deposizione:
“Dobbiamo parlare.” disse secco.
L’agente si allontanò.
“Non so come fermarlo. – esordì
Mycroft prevenendo Lestrade – L’unico che, forse, avrebbe potuto farlo
ragionare è stato portato via in quell’ambulanza. Morto.”
Lestrade si guardò i piedi:
“Lei sa che se Sherlock dovesse
trovare l’assassino prima di noi, non lo ucciderà semplicemente.”
“Lo so.” disse secco Mycroft.
L’ispettore spostò lo sguardo su
Holmes:
“Non farà nulla per impedire a
suo fratello di diventare un assassino?” chiese con voce dura.
“Crede che se potessi non lo
farei?” domandò Mycroft nello stesso tono.
I due uomini si fronteggiarono
per qualche minuto, ma entrambi sapevano di essere impotenti davanti alla
rabbia ed al dolore di Sherlock.
L’obitorio del Bart’s era sempre
stato un luogo di pace che a Sherlock piaceva frequentare, perché poteva
svolgervi i propri esperimenti e trovare tutte quelle cose interessanti che
potevano aiutarlo a risolvere i suoi casi.
Ora che il corpo di John era
stato adagiato su uno dei tavoli da autopsia, odiava il freddo acciaio da cui
era circondato.
Non aveva lasciato John solo per
neanche un minuto.
Aveva fatto attenzione affinché
gli infermieri lo trattassero con gentilezza ed attenzione.
Ora il corpo John giaceva nudo sul
tavolo freddo.
Una luce accecante, partendo
dall’alto, lo illuminava.
Sherlock poteva osservarne ogni
particolare.
Il viso di John era sereno,
disteso in un sorriso irreale.
Sembrava che dormisse.
Sherlock aveva osservato diverse
volte John mentre dormiva e non lo aveva mai visto così tranquillo.
Quando aveva gli incubi, iniziava
ad agitarsi e la fronte si aggrottava, mentre mugugnava, come se volesse
urlare, ma non ci riuscisse.
Sherlock allungò una mano per
toccarne una di John, ma la ritrasse subito.
Era tiepido.
Quasi freddo.
Sherlock non voleva ricordarlo
così.
Nel suo mind palace aveva
gelosamente custodito il ricordo delle mani calde di John, che si muovevano su
di lui salde, gentili, sicure e tenere.
Non avrebbe permesso a nulla di
sostituire questo ricordo.
Non l’aveva sentita entrare,
perso nei propri ricordi, ma sentì che stava tirando su con il naso.
Sherlock si voltò verso Molly
Hooper.
Non ci voleva il suo genio per
capire che avesse pianto.
Gli occhi erano rossi e gonfi.
Quanta gente stava piangendo per
John?
Perché lui non ci riusciva?
Era così anormale anche in
questo?
“Devi uscire, Sherlock. – gli
disse Molly – Devo iniziare l’autopsia.”
Sherlock annuì, ma non si spostò.
“Sarò gentile con lui.” lo
rassicurò Molly.
“Ne sono sicuro. – rispose Sherlock
– Non permetterei a nessun altro di toccare John. So che te ne prenderai cura.”
Molly trattenne le lacrime.
Sherlock sfiorò il viso di John
con un dito ed uscì.
Nel corridoio trovò Lestrade che
lo stava aspettando:
“Devi promettermi che non farai
nulla di stupido.”
“Non farò nulla di stupido.”
disse Sherlock.
“Non puoi partecipare alle
indagini. – continuò l’ispettore – Lo capisci anche tu.”
Sherlock non disse nulla né fece
cenni con la testa.
“Se scopro che stai cercando
l’assassino di John, – riprese Lestrade – farò in modo che il prossimo blitz
anti droga a casa tua non finisca bene.”
Attese una risposta che non
arrivò.
“Sherlock, mi hai capito?” chiese
esasperato.
Sherlock si avvicinò a Lestrade e
rispose con voce bassissima:
“Troverò l’assassino di John e lo
farò a pezzi.”
Poi si girò e si allontanò
dall’ispettore.
Lestrade si passò una mano fra i
capelli e sospirò.
Aveva tentato.
Sapeva che era inutile, ma,
almeno, poteva dire di averci provato.
Il funerale si svolse due giorni
dopo.
Sherlock si tenne in disparte,
infastidito dalla presenza di tutte quelle persone che osavano piangere John,
mentre lui non ci riusciva.
Tutto quello a cui pensava, era
quello che avrebbe fatto al suo assassino, quando lo avrebbe preso.
Mycroft si avvicinò al fratello:
“Possiamo parlare?” chiese.
“Non ho nulla da dirti. – gli
rispose Sherlock – A meno che tu non mi dica chi abbia ucciso John.”
“Non partecipo nemmeno io alle
indagini. – lo informò Mycroft – Sono troppo coinvolto, come te. Tutti sanno
che John viveva con me e che noi …”
“Non osare dirlo! – sibilò
Sherlock in faccia al fratello – Tu hai approfittato del suo dolore per averlo
per te!”
“Io lo amavo! – ribatté Mycroft
nello stesso tono – Non lo avevo programmato, non volevo ferire né te né tanto
meno lui, ma lo amavo quanto te!”
“Per favore, siete al funerale di John! –
intervenne Lestrade prima che i due fratelli arrivassero alle mani –
Comportatevi da persone civili!”
Sherlock se ne andò, non aveva
nulla da fare in quel luogo.
Erano trascorsi alcuni giorni dal
funerale e Sherlock brancolava nel buio.
Tutti stavano cospirando affinché
lui non trovasse l’assassino di John.
Quella mattina si era alzato più
frustrato del solito, quando il campanello suonò.
L’uomo era vestito in modo
elegante con un completo blu:
“Non sapevo che l’MI6 pagasse
così bene.” disse sarcastico.
L’uomo non si scompose:
“Ho una proposta per lei, signor
Holmes. – esordì l’uomo – Potrei dirle chi abbia ucciso il dottor Watson e dove
trovarlo. In cambio, vorrei che lei andasse in missione per noi in Europa
dell’Est.”
Gli occhi di Sherlock
lampeggiarono:
“Mio fratello sa di questa
proposta?”
“Gli abbiamo chiesto di
sottoporle la nostra offerta, ma ha risposto che lei non era interessato.”
“Mycroft è bravo a mentire. –
sibilò Sherlock con voce tesa – Non mi ha detto nulla.”
“Lo abbiamo immaginato. Sappiamo
che i vostri rapporti non sono … buoni.”
Sherlock sogghignò:
“Se mai lo siano stati. Chi è
stato?”
“Prima voglio …”
“Accetto.” lo interruppe
Sherlock.
L’uomo lo fissò interdetto:
“Non vuole sentire i dettagli
della missione che le vorrei proporre, prima di rispondermi?”
“Sarà sicuramente molto rischiosa
ed avrò un’alta probabilità di morire. – disse Sherlock con noncuranza –
Altrimenti mio fratello me ne avrebbe parlato. Non mi importa. Voglio sapere
chi abbia ucciso John.”
“Sebastian Moran.” disse l’uomo.
Sherlock si sedette sulla punta
della poltrona:
“Perché?” chiese con soffio.
“Era l’amante di James Moriarty.
– rispose l’uomo – Praticamente Moriarty sta a Moran come il dottor Watson
stava a lei ed a suo fratello.”
Gli occhi di Sherlock divennero
una fessura:
“Non paragoni James Moriarty a
John. – disse con voce minacciosa – Moriarty era un mostro, un pazzo
sanguinario che nulla ha a che fare con John, l’uomo più gentile, sensibile ed
altruista che esistesse al mondo, chiaro?”
L’uomo vestito di blu deglutì a
vuoto:
“Sì, certo. – si affrettò a dire
– Le chiedo scusa, non volevo offendere la memoria del dottor Watson.”
“Dove lo trovo?” domandò Sherlock
alzandosi in piedi.
L’uomo gli passò un biglietto.
Sherlock fece un sorriso
soddisfatto:
“Bene. Parto fra una settimana.”
“Una settimana?” chiese
interdetto l’uomo.
“Ho bisogno di tempo con il
signor Moran.” tagliò corto Sherlock ed uscì.
[7.02] Greg sai dove sia
Sherlock? MH
[7.03] Buongiorno Molly, no non
lo vedo dal giorno del funerale. Non sono tra i suoi contatti preferiti, in
questo momento. GL
[7.10] Di solito veniva a
prendere parti di corpi per i suoi esperimenti. Ora non lo fa più. MH
[7.13] John è morto. Forse non
vuole fare esperimenti su corpi morti. GL
[7.25] Ho provato a telefonargli
ed a mandargli degli sms. Non ha mai risposto. MH
[7.40] È il suo normale
comportamento. Lo conosci. Lui risponde o chiama solo se ha bisogno di qualcosa
o la cosa lo interessa. GL
[8.00] Quindi non mi devo
preoccupare?” MH
[8.01] Certo che no! Vedrai che
quando avrà bisogno di te, ti contatterà senza problemi. GL
[8.04] Grazie Greg, mi hai
rassicurata. MH
[8.06] Ne sono contento. Ti
faccio sapere se lo sento. GL
Greg Lestrade si presentò al 221B
di Baker Street con alcuni uomini della narcotici e della scientifica.
La porta gli venne aperta dalla
Signora Hudson.
La padrona di casa sembrava
invecchiata da quando John era stato ucciso.
L’ispettore si chiese come
potesse essere possibile che la morte di un unico uomo potesse causare tanto
dolore.
“Sono qui per il blitz antidroga.
– disse gentilmente Lestrade – Questo è il mandato.”
La signora Hudson si fece da
parte:
“Entrate pure. – li invitò con
voce stanca – Tanto Sherlock non c’è.”
“È uscito molto presto, per i
suoi standard.” sorrise l’ispettore.
“Sono giorni che non viene a
casa. – ribatté la donna – Da quando Sherlock ha inscenato il proprio suicidio,
questa casa sembra maledetta.”
“Da quanti giorni manca?” chiese Lestrade
allarmatissimo.
“Vediamo. – pensò la signora
Hudson – Quell’uomo è venuto giovedì, poi Sherlock è uscito e non è più
tornato.”
“Quale uomo? – la pressò
l’ispettore – Perché non mi ha detto che Sherlock fosse sparito?”
“Non è sparito! – si inalberò la
signora Hudson – Mi manda un messaggio tutti i giorni per farmi sapere che sta
bene.”
“Mi faccia vedere i messaggi.” le
ordinò Lestrade in tono secco.
I capelli sulla nuca
dell’ispettore si erano drizzati.
L’uomo aveva capito che era
arrivato tardi e che Sherlock doveva avere scoperto chi fosse l’assassino di
John e fosse andato a prenderlo.
Non osava pensare cosa gli stesse
facendo.
Sperava solo di arrivare in
tempo, prima che Sherlock lo uccidesse.
Letti i messaggi, capì non poteva
trovare indizi:
“Anderson, rintraccia il
cellulare da cui sono arrivati questi messaggi. – disse mentre usciva da Baker
Street – Io devo vedere una persona.”
Lestrade arrivò a casa di Mycroft
che era pomeriggio inoltrato:
“Da quando non vede suo
fratello?” chiese senza preamboli.
“Dal funerale di John. – rispose
Mycroft, intuendo che la situazione fosse grave – Cosa ha fatto?”
“Ha trovato Sebastian Moran prima
di noi.” ribatté Lestrade con tono cupo.
“Non è possibile. – mormorò Mycroft
– Non lo hanno trovato nemmeno i miei uomini.”
“Qualcuno sapeva dove fosse. – lo
contraddisse l’ispettore – Un uomo vestito elegantemente è andato a Baker
Street cinque giorni fa e Sherlock è sparito da allora.”
“Bastardi!” sibilò Mycroft
infilandosi la giacca.
“Chi?” domandò Lestrade, confuso.
“MI6.” rispose lapidario Holmes.
Nel giro di un quarto d’ora
Mycroft Holmes faceva il suo furioso ingresso nella sede dell’MI6.
“Dov’è mio fratello?” chiese
all’uomo con il vestito blu dall’altra parte della scrivania.
“Ci ha chiesto una settimana di
tempo, prima di partire per la sua missione.” rispose l’uomo.
“Vi avevo detto di lasciarlo in
pace!” urlò Mycroft.
“Gli abbiamo fatto una proposta e
lui ha accettato. – ribatté l’uomo, sudando freddo – Non è più un bambino e tu
non …”
“Me ne ricorderò.” promise
Mycroft, interrompendolo, ed uscì dalla stanza.
[17.05] Va tutto bene, signora
Hudson? SH
[17.15] è venuto Lestrade per il
blit. si è arabbiato perché non ti ha tovato. H
[17.20] Non si preoccupi è tutto
a posto. Lestrade non può avere trovato nulla. Salvo non lo abbia messo lui
stesso. SH
[17.25] Non è ancora lì, vero? SH
[17.26] Non gli ha detto dei
messaggi? SH
Era trascorsa mezz’ora
dall’ultimo messaggio che Sherlock aveva inviato alla signora Hudson, quando
Lestrade ed una squadra speciale fecero irruzione nel magazzino abbandonato.
Appeso al soffitto, trattenuto da
delle corde, pendeva un corpo.
Sherlock era davanti a lui,
completamente coperto di sangue.
Si girò appena verso i nuovi
arrivati e sorrise tranquillamente:
“Credo che siate arrivati tardi.”
Lestrade lo stava fissando
inorridito:
“Razza di maledetto bastardo! –
urlò l’ispettore disperato, costringendo Sherlock a voltarsi completamente
verso di lui – Cosa hai fatto! Pensi che John approverebbe? Pensi che John
sarebbe contento sapendo che hai distrutto la tua vita?”
Sherlock fissò Lestrade
freddamente:
“Quest’uomo ha avuto quello che
si meritava per avere ucciso John. Né più né meno.”
Lestrade lanciò un’occhiata al
corpo appeso: solo ora si rese conto che l’uomo fosse nudo e che quello che lo
ricopriva era sangue. Gli sembrò persino di vedere che gli mancassero dei lembi
di pelle, ma il corpo era così martoriato che non ne era sicuro. Sebastian
Moran doveva avere patito le pene dell’inferno per giorni, prima di morire.
“Come faccio a proteggerti da
questo?” chiese Greg con un filo di voce.
Sherlock lo guardò perplesso:
“Ma tu non mi devi proteggere. –
disse come se stessero parlando del tempo – Io sono già d’accordo con l’MI6 per
una missione in Europa dell’Est.”
Lestrade tirò un pugno in faccia
a Sherlock con tutta la sua forza:
“Se John fosse qui, ti
ucciderebbe per quello che hai fatto.”
Sherlock non si scompose, si
rialzò da terra senza nemmeno toccare il punto in cui Lestrade lo aveva colpito:
“Il fatto è che John non è qui.
John non c’è più. E a me non importa più nulla di nulla. Senza John, il mondo è
vuoto, noioso e scuro.”
Lestrade scosse la testa.
Non aveva potuto fare nulla per
proteggere John dal sicario che Moriarty gli aveva messo alle costole.
Non aveva potuto fare nulla per
salvare Sherlock da se stesso.
Non si era mai sentito così
impotente.
Sherlock gli mise una mano sulla
spalla:
“Va tutto bene, Greg. – disse,
ricordando prodigiosamente il suo nome – Presto sarò di nuovo con John.”
Sherlock era in piedi davanti
alla tomba di John.
C’erano ancora così tanti fiori,
che non si vedeva il nome scritto sulla lapide nera.
“Sei venuto a salutarmi?” chiese
Sherlock al riflesso apparso sulla lapide.
“Vorrei picchiarti. – rispose
Mycroft – Soprattutto perché non mi hai chiamato quando hai trovato Moran. Gli
avrei levato volentieri qualche pezzetto di pelle io personalmente.”
Sherlock continuava a fissare la
lapide. Mycroft si mise di fianco al fratello, senza guardarlo.
“Qualcuno deve rimanere ad
occuparsi di mamma e papà.” disse Sherlock.
“E devo farlo proprio io?”
domandò lamentoso Mycroft.
“Sei il maggiore. – ribatté
Sherlock – Non vorrai godere solo dei privilegi!”
Rimasero in silenzio per un po’.
“Non ti chiederò scusa per
essermi innamorato di John.” disse Mycroft.
“Né io lo voglio. – ribatté
Sherlock – Nessuno meglio di me può capire perché sia successo. Quello che non
capisco è perché un uomo come John si sia innamorato di noi.”
“Gli opposti si attraggono.”
disse Mycroft con una mezza risata.
“Sarà così.” rise Sherlock.
“John mi ha fatto capire che i
sentimenti non sono sempre uno svantaggio. – disse Mycroft – Con lui era
semplice pensare che fossero qualcosa di utile ed indispensabile.”
“Lo so.”
Dopo un altro lungo periodo di
silenzio, Mycroft riprese a parlare:
“Non ti avevo detto nulla della
proposta dell’MI6 perché è una missione rischiosa. Non voglio che tu muoia.”
“John ti ha influenzato così
tanto? – chiese Sherlock, perplesso – Sei diventato sentimentale?”
Mycroft fece una smorfia:
“Spero di no! – sbottò, poi
ammise, con riluttanza – Ti ho sempre voluto bene, Sherlock, anche prima di
iniziare la mia relazione con John. Non vorrei che tu avessi accettato solo
perché è una missione suicida.”
Sherlock si voltò verso il
fratello maggiore, sorpreso:
“All’inizio
era così, ma ora ho
capito che non voglio morire. – disse sorprendentemente –
Fino a quando io
vivrò, John vivrà con me. Lui è qui. – si
indicò la mente – Ed è qui. – indicò
il cuore – Una parte di John vivrà sempre dentro di me,
quindi non farò nulla
per farlo morire. Io sopravvivrò, Mycroft. Non ho motivi per
morire.”
Mycroft fissò il fratello negli
occhi.
Sorrise.
“Rimarrai in contatto con me?”
Sherlock alzò le spalle:
“Può darsi. Non lo so. – rispose
vago – Capirai che non sei la persona che voglio vedere di più, in questo
momento, Per quanto possa accettare quello che hai fatto, non significa che ti
possa perdonare.”
“John mi ha detto che in amore
non si deve mai dire mi dispiace. – ribatté Mycroft – Non è che l’amore giustifichi
veramente tutto, ma credo che avesse ragione. Il motivo per cui ho sempre
pensato che i sentimenti non fossero un vantaggio, è perché ti rendono
vulnerabile e non si possono controllare.”
“E tu odi non avere tutto sotto
controllo.” concluse Sherlock.
“Esatto. – concordò Mycroft – E
non mi piace avere dei punti deboli.”
“John non era un punto debole,
per me. – disse Sherlock – L’ho sempre considerato un punto di forza. Una
spinta a fare la cosa giusta.”
“Lo so. – sussurrò Mycroft – Mi
farai almeno sapere se stai bene?”
“Questo posso farlo. – rispose
Sherlock – All’inizio di ogni mese farò arrivare un’orchidea sulla tomba di
John. Fino a quando vedrai quel fiore, vorrà dire che sto bene. Ti chiedo solo
una cosa.”
“Dimmi.”
“Se dovessi morire …”
“… vuoi essere seppellito vicino
a John. – concluse Mycroft per il fratello – Va bene. Fammi solo il favore di
farti seppellire qui il più tardi possibile.”
“Cercherò.” annuì Sherlock
Si voltò verso il fratello
maggiore e gli porse la mano.
Mycroft prese la mano e la
strinse.
“Cosa farai all’uomo in blu?”
chiese Sherlock con un ghigno.
“Ho in mente un paio di cose. –
rispose evasivo Mycroft – Non ho ancora deciso, ma penso che sarò creativo.”
Sherlock rise:
“Vorrei vedere la sua faccia
quando capirà che si è rovinato con le proprie mani.”
Anche Mycroft rise.
“Ora devo andare.” disse
Sherlock.
Mycroft lasciò andare la mano del
fratello con riluttanza.
I due uomini si guardarono negli
occhi.
Si erano detti tutto quello che
dovevano dirsi.
John sarebbe stato orgoglioso di
loro.
Sherlock si voltò verso la tomba
ed appoggiò una mano sulla lapide:
“Ci vediamo presto.”
Un alito di vento gli scompigliò
i capelli, come se una mano invisibile li avesse arruffati.
Nell’aria sembrava esserci un
sussurro:
“Ogni volta che vorrai, amore
mio.”
Sherlock sorrise.
Scambiò un ultimo sguardo con il
fratello maggiore e se ne andò.
Sherlock non sapeva se sarebbe
mai riuscito a tornare a Londra, ma sapeva che John sarebbe sempre stato con
lui.
Mycroft lo seguì con lo sguardo fino
a quando scomparve dalla sua vista.
Si voltò verso la lapide:
“Sei sempre stato il suo angelo
custode. – disse Mycroft rivolto a John – Abbi cura di lui.”
Un altro lieve soffio di vento si
alzò in quell’istante, accarezzando il volto di Mycroft, che chiuse gli occhi.
Sapeva che non poteva essere vero,
ma Mycroft avrebbe potuto giurare di avere sentito un sussurro nel vento:
“Io mi prenderò sempre cura di
voi due.”
Mycroft sorrise.
Solo John poteva fargli credere
di sentire la voce dei fantasmi.
Mycroft riaprì gli occhi.
Naturalmente non c’era nessuno ed
era stato solo un alito di vento.
“Ci vediamo presto.” sussurrò
alla lapide.
Gli sembrò di sentire la risata
calda e dolce di John allontanarsi, per inseguire Sherlock.
Mycroft si allontanò dalla tomba,
nel tramonto, diretto ad una casa, diventata terribilmente vuota.
Angolo dell’autrice
So che è un finale aperto, dato
che non si saprà mai se Sherlock sopravvivrà alla missione, ma mi è sembrata
una storia già abbastanza triste anche senza trovare Mycroft davanti a due
tombe.
“The Great Game” si riferisce al
grande gioco della vita e della morte.
Grazie per avere letto questa
storia.
Ogni commento è sempre benvenuto.
J
Ciao a tutti. J