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Autore: Jade Tisdale    18/06/2015    1 recensioni
Post seconda stagione | Nyssara
È passato un mese dalla sconfitta di Slade, e mentre Starling City cerca di risollevarsi in seguito ai danni subiti, il Team Arrow continua a vigilare sulla città, proteggendola dai numerosi e frequenti pericoli.
Sara, invece, ha fatto ritorno a Nanda Parbat. Ma qualcosa, o meglio, una notizia, potrebbe dare una nuova svolta alla sua vita. E mettere a rischio quella di chi le sta intorno.
*
«La tua ragazza» sussurrò la mora «è questa Nyssa?»
Sara annuì, arrossendo lievemente.
«Dev'essere una persona splendida. Voglio dire, se è ancora con te dopo aver saputo di questa storia, significa che ti ama veramente.»
*
«Credevo di essere perduta per sempre» sussurrò, solleticandole dolcemente la pancia nuda «ma poi sei arrivata tu, e hai sconvolto completamente la mia vita. Tu mi hai ritrovata, Sara. Mi hai ritrovata e mi hai fatta innamorare follemente di te con un semplice sorriso.»
Nyssa intrecciò la propria mano in quella di Sara, rossa in viso.
«E poi» proseguì, con un sussurro «in questo inferno chiamato vita, stringerti la mano è la cosa migliore che mi sia potuta capitare.»
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Nyssa al Ghul, Oliver Queen, Ra's al Ghul, Sarah Lance, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is the most powerful emotion'
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Capitolo 1:
Blood

 

 

Welcome to your life 
There's no turning back 
Even while we sleep 
We will find you 
Acting on your best behaviour 
Turn your back on mother nature 
Everybody wants to rule the world

 

 

Nyssa scoccò una freccia. Poi un'altra.
Il rumore dell'arco teso le faceva venire i brividi per l'emozione, e ogni volta che una freccia raggiungeva il suo obiettivo, sentiva di aver superato un traguardo in più.
Le due guardie caddero a terra e il pavimento fu subito macchiato dal rosso del loro sangue.
Dall'altra parte del lungo corridoio, Sara colpì con il suo bastone un altro uomo, dopodiché gli spezzò il collo con facilità e lo lasciò scivolare a terra.
Le due si avvicinarono, ritrovandosi nel bel mezzo dell'androne, di fronte ad una porta: si scambiarono un'occhiata d'intesa, e non appena l'erede varcò la soglia, Canary attivò il suo dispositivo acustico.
Si udì subito l'urlo disperato di un uomo, nascosto dietro alla sua scrivania, che cercò inutilmente di tapparsi le orecchie con le mani.
Nyssa allontanò la pistola dai suoi piedi e gli puntò contro il suo arco: «William Bartlett. Mi nuoce molto informarti che questi sono i tuoi ultimi attimi di vita.»
E prima che l'uomo potesse compiere un qualsiasi movimento, due frecce rosse gli perforarono il petto.



«Perché non ci trasferiamo qui a Sydney? L'Australia non è poi così male» scherzò Sara, osservando la città scomparire lentamente dalla sua visuale.
«L'Australia è troppo vicina alla Lega. Ci troverebbero sicuramente» spiegò la mora, seduta di fronte a lei nell'elicottero. «Perché invece non andiamo in Europa? Laggiù ci sono molti posti belli. L'Italia, per esempio. O forse sarebbe meglio la Spagna, visto che lì ci potremmo sposare legalmente.»
Canary fissò confusa l'erede, accennando un sorriso spontaneo. «Nyssa, stavo solo scherzando.»
Al sentir quella frase, i suoi occhi diventarono lucidi; le sue iridi nocciola lasciavano trasparire angoscia e terrore, due emozioni che non le appartenevano.
«Nyssa, ultimamente sei un po' strana, dico davvero. C'entra quello che ti ha detto tuo padre l'altro giorno?»
Dannazione.
«No, non c'entra nulla la discussione che ho avuto con mio padre.»
Sara si sporse leggermente in avanti. «Discussione
«Nulla di rilevante.»
I loro sguardi si incrociarono nuovamente, e Sara intravide in quello di Nyssa un immenso dispiacere, ma al tempo stesso, per la prima volta da quando la conosceva, paura.
«Perché non ne vuoi parlare?»
«Perché non voglio perderti di nuovo.»
La bionda deglutì, portandosi distrattamente una ciocca di capelli dietro all'orecchio.
Nyssa, invece, distolse lo sguardo a denti stretti.
Odiava pensare che Sara si preoccupasse per lei. Odiava turbarla più di quanto già non fosse.
Un leggero scossone fece sobbalzare entrambe, ma, subito dopo, il rumore dell'elicottero che aumentava velocità le calmò.
«Odio questo pilota. Ogni volta che c'è lui ho sempre paura che l'elicottero cada da un momento all'altro» rivelò Sara, andandosi a sedere di fianco all'amata.
Quest'ultima scoppiò a ridere di gusto, incrociando teneramente la sua mano con quella di Canary nel tentativo di calmarla.



Nyssa osservò con attenzione Sara, intenta ad infilarsi la vestaglia da notte; durante i vari scontri di quel giorno, la bionda aveva riportato una ferita notevole sulla spalla destra. E sotto la camicetta trasparente, il taglio profondo si vedeva chiaramente.
Quando Sara si sedette nel letto dell'erede, quest'ultima passò l'indice destro sulla zona lesionata.
«Ti fa male?» chiese, ritraendo la mano.
«Sì, ma è sopportabile» confermò Canary. «Sono certa che entro un paio di giorni il dolore passerà del tutto.»
La mora delineò un sorriso, dopodiché si sdraiò. Sara, al contrario, rimase seduta a gambe incrociate, dedicandole un'occhiata severa.
«Perché hai insistito affinché venissi con te in missione, questa sera?»
Nyssa inspirò profondamente: «Per proteggerti.»
«Da cosa? O meglio, da chi?»
L'erede del Demonio non rispose, pregando che la bionda non facesse altre domande.
Non voleva litigare con lei, ma al tempo stesso, non poteva dirle la verità. L'unico modo per proteggerla, era tenerla all'oscuro delle intenzioni di Ra's.
«Non mi hai ancora detto perché abbiamo ucciso quell'uomo.»
Nyssa esitò un momento. «Era un terrorista.»
«E noi siamo migliori di lui, per caso?»
La mora si mise a sedere, puntando i suoi occhi in quelli di ghiaccio dell'amata. «È stata una giornata dura per entrambe. Che ne dici di dormire e di rimandare le chiacchiere a domani?»
Sara annuì lievemente. Le due si distesero una di fianco all'altra, dandosi la schiena, ma entrambe non chiusero occhio per un po': troppi pensieri affollavano le loro menti per permettergli di dormire.

*

Sara strinse tra le mani il suo bastone di ferro, studiando con cura i movimenti dei due mercenari di fronte a lei.
Uno di loro le puntò la spada al petto, ma Canary la fece scivolare dalle mani del nemico con un semplice movimento della sua arma; subito dopo, il secondo combattente cercò di contrastarla con arco e frecce. Una di queste le sfiorò la guancia, facendole abbassare la guardia, cosicché il primo mercenario recuperasse la propria spada e gliela puntasse alla gola.
Sara iniziò a respirare affannosamente per la fatica. Puntò i suoi occhi di ghiaccio in quelli scuri dell'uomo che si trovava di fronte, esausta.
«È finita.»
La voce del mercenario fece sì che sul suo volto andasse a formarsi un sorrisetto furbo. Canary divise il bastone in due più piccoli: uno lo utilizzò per togliere nuovamente di mano la spada dell'assassino -e di appropriarsene-, l'altro per contrastare l'ennesima freccia.
L'arciere abbandonò a terra il suo arco, consapevole che sarebbe stato uno scontro inutile, ed estrasse dal fodero la sua spada: iniziò così l'ennesima lotta delle ultime due ore, ma il combattimento fu interrotto da una voce ben nota fra gli assassini della Lega.
«Ta-er al-Sahfer» esordì cautamente la voce maschile. «È richiesto il tuo intervento per un incarico.»
Sara gettò a terra la spada, concedendosi qualche attimo per respirare; si voltò in direzione dell'uomo che l'aveva interpellata, e si avviò verso l'uscita della stanza a passo lento.
«Sarab» disse con voce fioca, respirando a pieni polmoni.
Il giapponese la guardò dall'alto verso il basso, le mani giunte dietro alla schiena. «Come procedono i tuoi allenamenti?»
«Direi bene. Ho messo al tappeto una cinquantina di assassini in meno di due ore.»
Maseo inarcò un sopracciglio. «Si dice colleghi, non assassini.»
«Come ti pare» soffiò la bionda, bevendo un sorso d'acqua dalla sua bottiglietta. «Comunque, eri venuto ad affidarmi un incarico o sbaglio?»
L'uomo annuì, continuando a camminare. «Il suo nome è Bao Lee. È uno dei maggiori esponenti della mafia cinese, ma negli ultimi tempi si sta dedicando alla formazione di un movimento estremista che potrebbe seriamente danneggiare tutto il paese. Eliminandolo, i suoi seguaci non avranno più una guida su cui fare affidamento e da soli non nuocerebbero più di tanto. Il tuo compito è ucciderlo.»
«Sai che novità» ironizzò Canary. «Qual è la mia meta?»
«Una regione vicina, Hubei. Verrai scortata da sei dei nostri uomini.»
«Bene. Avete già informato Nyssa?»
Maseo si fermò, ma non osò voltarsi. «La figlia di Ra's al Ghul non parteciperà alla missione.»
La bionda, anche se solo per un secondo, esitò. «Perché non vuoi che venga con me?»
«Perché non sono stato io ad affidarti questa mansione» rivelò il mercenario, voltandosi verso di lei. «È stato Ra's al Ghul in persona, e ha esplicitamente richiesto che Nyssa non venga coinvolta.»
«Perché? Le missioni più dure di solito spettano a lei, oppure a entrambe. Se con me ci saranno altri sei uomini, significa che questo Lee è un pezzo grosso. Ra's non mi avrebbe mai mandata da sola a battermi con un tizio del genere, non mi ritiene abbastanza abile.»
«Sara, posso darti un consiglio?» Sarab sospirò impercettibilmente. «Sei tra le migliori combattenti della Lega, e tu più di tutti devi cercare di non metterti contro il Demonio. Smettila di essere così sfacciata con tutte le persone che incontri, le conseguenze delle tue parole potrebbero essere disastrose.»
«È una minaccia?»
«Un avvertimento. Ra's detesta le persone impertinenti come te.»
«Allora lo prenderò come un complimento.»
E, detto questo, Sara scomparve nel corridoio con un brutto presentimento.



Un'ora e mezza dopo, l'elicottero della Lega atterrò nella cittadina di Yichang -sul tetto del palazzo posto di fianco all'abitazione di Lee, per la precisione. Si trattava di un'enorme villa, con almeno otto guardie nel cortile e due cecchini al primo piano.
Furono i sei membri della Lega ad occuparsi dei tirapiedi del loro obiettivo: d'altronde, Sara era lì soltanto per uccidere Lee e nessun altro. Meno vittime perivano per mano sua, meno lei avrebbe sofferto.
Nel giro di qualche minuto, la banda riuscì ad entrare nella casa. Ad attenderli sulla soglia c'erano tre uomini armati di fucili: due di loro furono eliminati senza troppa fatica, mentre il terzo, dopo aver assistito alla scena, lasciò andare la sua arma a terra e alzò le mani in segno di resa. Uno della Lega gli puntò la spada alla gola, ma prima che potesse fare altro, la voce di Canary lo bloccò.
«Dov'è Bao Lee?»
L'uomo deglutì, osservando con terrore la lama che gli sfiorava la pelle. «È al p-piano d-di sop-pra...»
«Quante guardie ci sono a proteggerlo? Quante-» Sara si bloccò, osservando con stizza il mercenario mentre decapitava l'uomo davanti a lui.
«Perché lo hai ucciso? Avrebbe potuto darci degli indizi!» sbottò la bionda, rivolta al combattente.
Quest'ultimo puntò la spada verso di lei, con fare minaccioso: «Non importa a nessuno se sei l'amata della figlia del Demonio. Noi abbiamo un compito da portare a termine, e di certo non prendiamo ordini da te.»
L'uomo ritrasse la spada con rapidità, mentre Sara, al contrario, prese in considerazione l'idea di spezzargli il collo.
No. Mantieni la calma s'impose, seguendo gli altri membri all'interno dell'abitazione.
La squadra si divise: quattro di loro perlustrarono il resto del piano terra, mentre Sara e i rimanenti due membri della Lega (tra cui il mercenario con la quale era nato il battibecco poco prima) si diressero al piano superiore. Dovettero superare un altro paio di guardie prima di giungere nello studio di Lee, che però, era vuoto.
Sara fu abbastanza svelta nel capire dove si fosse diretto l'uomo; la finestra che dava sulla terrazza era aperta, e lei, con un balzo, cadde in ginocchio sul prato. Quando iniziò a correre, Lee era pochi metri più avanti di lei.
Superato il cancello della villa, il mafioso estrasse la pistola dalla tasca della sua giacca e sparò un paio di colpi in direzione della bionda, che li evitò con agilità.
L'inseguimento si protrasse per qualche minuto. Le strade di Yichang erano buie e vuote, e questo favorì l'uccisione di Lee.
Quando Sara fu abbastanza vicina al suo obiettivo -ovviamente dopo aver evitato prontamente ogni suo colpo di pistola-, divise il suo bastone in due più piccoli e ne scagliò uno davanti a lei: il colpo andò a buon fine, e l'uomo cadde subito a terra.
Si avvicinò con rapidità al corpo, pronta a dargli il colpo di grazia, ma quando si accovacciò di fronte a lui, i suoi occhi non videro altro che sangue.
Il sangue di Lee, che aveva cominciato ad uscire a fiotti dopo che lei lo aveva colpito sulla nuca.
Un senso di nausea l'assalì, portandola a coprirsi la bocca con una mano. L'odore del sangue invase le sue narici, e la testa cominciò a girarle in modo vorticoso.
E prima ancora che Sara potesse realizzare cosa stesse succedendo, cadde a terra, priva di sensi.














Avrei dovuto pubblicare questo capitolo la settimana prossima, prima di partire per Firenze (non so se ne eravate al corrente, ma lì si sarebbe svolta la prima convention italiana dedicata ad Arrow), ma la Green Heart Italian Con è stata annullata.
E così, tutti i miei sogni e le mie speranze di poter incontrare la mia adorata Caity -l'attrice che interpreta Sara- si sono frantumate in mille pezzi. È da ieri che piango come una disperata per questo ç_ç
Sto andando fuori tema, quindi torniamo al capitolo. Malgrado la mia disperazione, sono riuscita a concluderlo e a revisionarlo prima del previsto.
Non avendo ancora recensioni mi sembra di parlare da sola, è che ormai sono abituata a scrivere delle note a fine capitolo, ma il fatto che ci siano state molte visualizzazioni del prologo (qualcuno ha anche inserito la storia tra le preferite e le seguite), mi conforta e mi fa sentire meno sola ahahaha
Comunque, il testo scritto in alto a destra è della canzone Everybody wants to rule the world di Lorde. Un giorno ho ascoltato con attenzione le parole della canzone e mi sono resa conto che descrive quasi pienamente il tema della mia fanfiction, per questo ho deciso di riportare il testo in qualche capitolo, man mano che la storia prosegue.

   
 
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