L’incubo
Gli stivali si muovevano velocemente sul pavimento della stazione della
metropolitana, emettendo un rumore che riecheggiò ripetutamente ad ogni passo.
Arrivate alle scale mobili, le ragazze ripresero fiato e si ricomposero,
sistemandosi vestiti e maschere, e quando ebbero raggiunto
la piattaforma con le rotaie, andarono a sedersi su una panchina e aspettarono
il treno.
Morena si guardò attorno. Non erano le uniche ad essere mascherate. C’erano
tantissimi lupi mannari, zombie e vampiri. Tra le ragazze spopolava la strega.
Sorrise, quindi, quando si fu accertata che nessuna aveva avuto l’idea di
vestirsi da “elfo protettore di anime”. Una maschera che prevedeva un vestiario
interamente bianco, con qualche particolare dorato sulla gonna a sbuffo.
“Fantastico!” esclamò Francesca quando ebbe notato le
streghe. Nadia rise sonoramente.
“Certo, Francy, che il tuo vestito è proprio…originale!” esclamò Nadia,
indicando il vestito da strega dell’amica.
Morena sorrise, poi si voltò a guardare la “veggente” che era seduta alla sua
sinistra.
“Violaaaaaaaaa” la chiamarono le ragazze all’unisono. Fu a quel punto che Viola
abbandonò i suoi pensieri.
“Piantala di comportarti da asociale!” esclamò Nadia, prendendola in giro.
Viola non le rispose. Le guardò il vestito più di una volta, infine disse:
“Ti manca qualcosa…”.
“Lo so io!” esclamò prontamente Francesca. “Le rotelle!”.
Morena e Viola scoppiarono a ridere.
Nadia si voltò con espressione sarcastica verso l’amica.
“Ma che strega spiritosa, che sei!” disse infine ironicamente.
“No…ah, ecco! Che fine ha fatto il forcone?” chiese a Nadia, dopo averci
riflettuto, Viola.
Nadia sorrise, prese la borsa di pelle lucida nera, ed estrasse un “forconcino” di plastica.
Le amiche scoppiarono a ridere.
“Non si è mai visto una diavolessa che porta il
proprio forcone in borsa!” esclamò, prendendola in giro, Francesca.
“Perdonami, ma per caso ne hai mai vista una, indipendentemente
da borsa e forcone?” chiese Morena a Francesca, ironizzando sulla battuta
dell’amica.
In quel momento un uomo attirò l’attenzione di Viola, distraendola dalle risate
delle amiche. Era girato di spalle e indossava giacca e pantaloni neri.
Viola lo guardava insistentemente e fu a quel punto che l’uomo, come se fosse
stato richiamato dallo sguardo della ragazza, si girò, mostrando una maschera
da hockey bianca.
Nello stesso momento arrivò il treno e tutte le persone che prima erano sedute
sulle panchine, si precipitarono verso la linea gialla di delimitazione. Viola
perse tra la folla l’uomo con la maschera da hockey.
“Ehi, veggente!” sentì urlare improvvisamente davanti a se Viola. Le amiche
stavano aspettando che le porte del vagone si aprissero e stavano
incitando la ragazza a raggiungerle.
Viola ritornò un’ultima volta con lo sguardo nel punto in cui aveva visto
l’uomo, ma non lo trovò.
Si precipitò così verso le amiche, facendosi spazio come loro tra la gente che
cercava di entrare per prima nel vagone.
Una volta dentro, Viola cominciò a guardarsi intorno.
“Ma che hai, stasera?” le chiese Nadia, notando la distrazione dell’amica.
“Sì, Viola…” aggiunse Francesca. “Sembri come…assente”.
“C’è qualcosa che non va? Ti senti bene?” le chiese infine Morena.
Viola guardò le amiche una ad una. Provava qualcosa che non riusciva a spiegare
neanche a se stessa…e di conseguenza non sapeva come spiegarlo a loro.
“Niente” si limitò a dire con un sorriso. “State tranquille, sono solo un
po’stanca”.
Le ragazze la guardarono con sguardo interlocutorio. Sapevano benissimo che
quando Viola diceva “niente” in realtà aveva un problema. Ma in quel momento
non seppero trarne nulla.
Aveva litigato di nuovo con Valerio? Aveva fatto un esame, di cui non sapevano
nulla, che era an-dato male?
Non potevano certo sapere che Viola, da un po’ di tempo, faceva un incubo
ricorrente. Un incubo che la teneva sveglia di notte e la rendeva nervosa di
giorno. Un incubo che riguardava esattamente loro quattro, e che non si
concludeva nel migliore dei modi.
Lei, quella sera, non sarebbe voluta andare alla festa.
“Ma dai!” l’avevano incitata le amiche. “È Halloween!
Non si può non fare niente!” e così si era la-sciata convincere. Vani erano
stati i tentativi di convincere le ragazze a riunirsi a casa di qualcuna e
vedere un film horror insieme. C’era la "festa alla facoltà di lettere e
non si poteva mancare".
In quel momento, tra il frastuono della metropolitana e il vocìo delle persone,
Viola pregò con tutto il cuore che l’incubo non si trasformasse
in realtà.
Arrivarono alla festa in meno di quaranta minuti. In tutto quel tempo, Viola
non fece che ripetere mentalmente la parola “stupida” riferendosi a se stessa,
rimproverandosi di aver pensato a tutte quelle cose assurde.
Un sogno è un sogno. Incubo o non incubo, rimane tale. Una volta sognò che casa
sua era crollata in seguito ad un terremoto, ma non
era mica successo davvero.
Si ripromise quindi di scacciare i cattivi pensieri che l’avevano accompagnata
da casa e di pensare solo a divertirsi con le sue amiche.
Una volta arrivate all’entrata del locale, un ragazzo vestito da zucca fermò le
ragazze e chiese di vedere gli inviti. Francesca tirò fuori
da una tasca della gonna i loro quattro inviti, riusciti ad ottenere
grazie ad un pr amico d Morena. Fu così che la zucca si scostò dall’entrata.
L’atmosfera era davvero suggestiva. Era una stanza enorme dalle pareti grigie
sulle cui mura venivano proiettate frequentemente
immagini di teschi. Dal soffitto pendevano numerosi pipistrelli e ragni e ad
ogni angolo, così come pure per le scale, erano state riprodotte delle ragnatele.
Il dj-zombie metteva sù dei brani house e sotto di lui, un esercito di mummie,
vampiri e spose cada-vere ballavano freneticamente, come ad un concerto di
musica rock.
Un “dracula” urtò bruscamente Nadia.
“Ehi!!” gli urlò la ragazza.
Il ragazzo si voltò a gesticolò a mò di scusa, e Nadia individuò, oltre il
trucco cadaverico, dei bei lineamenti.
“Oh…non importa!” esclamò la ragazza, poi sorrise.
“Bella maschera!” le urlò il ragazzo, sorridendole a sua volta, poi si
allontanò verso il banco delle bibite.
Nadia rimase un attimo in silenzio.
In quel momento, Viola rivide l’uomo con la maschera da hockey. Era al piano
superiore e stava guardando nella sua direzione. Le vennero i brividi.
“Ragazze, scusate, vado…a prendere da bere!” esclamò Nadia, scomparendo subito
tra la folla.
“La solita!” esclamò ridendo Francesca.
“Già” la imitò Morena, cercando di non lacrimare per non farsi colare il trucco
per il troppo ridere.
“…Cosa?” chiese Viola, non avendo capito dal momento che era impegnata a
guardare in direzione dell’uomo.
“Nadia sembra aver trovato dolce compagnìa” disse Francesca continuando a
ridere e trascinandosi Morena verso la pista da ballo.
“No, aspettate un momento ragazze…dove andate?” chiese loro Viola, continuando
a guardare in direzione dell’uomo con la maschera da hockey che, di tutta
risposta, non spostò il suo sguardo altrove.
“A ballare!” esclamò Morena euforica e detto questo fu lei a trascinare
Francesca nel bel mezzo della pista. Viola non ebbe il tempo di replicare, le
amiche erano già scomparse. Guardò un’altra volta in direzione dell’uomo, ma questa volta non lo vide.
Cominciò a batterle forte il cuore. Decise di andare da Nadia. "Vado a
prendere da bere", le era sembrato di sentirle dire. Si diresse quindi
verso il banco delle bibite.
Un ragazzo vestito da dracula stava parlando con una ragazza vestita da diavolessa. Viola si precipitò subito verso di lei, ma non
appena la ragazza si girò, il volto di Viola divenne cupo.
“Dov’è Nadia?” chiese allora al “dracula”.
Il dj-zombie cambiò genere, e mise sù dei brani di Marilyn
Manson. La musica era assordante.
“COSA?” le urlò il ragazzo, facendole intendere che non era
riuscito a sentire.
“Dov’è Nadia?” le urlò dinuovo Viola, una volta che
si fu avvicinata di più.
“Nadia?” chiese a sua volta il ragazzo.
“Sì…la ragazza vestita da diavolo che hai invitato a bere due minuti fa” gli
rispose Viola.
Il ragazzo indicò a Viola un gruppo di diavolesse intente a prendersi da bere
all’altra estremità del bancone. I loro vestiti erano tutti identici. Avrebbe
dovuto guardarle in faccia una ad una se Nadia stessa non si fosse accorta di
lei.
“E la polizia non controlla?”.
“Ci sono pattuglie ovunque nella zona…ma dovrebbero
controllare ogni auto se davvero volessero prenderlo”.
“Dici che colpirà di nuovo?”.
“È da cinque anni che non manca un Halloween. Se
manca questo significa che, o è morto e è stato
preso”.
Due ragazzi le avevano tagliato la strada, e Viola aveva potuto ascoltare ogni
singola parola della loro conversazione. “Di che staranno parlando?” pensò,
cercando di avvicinarsi di più a loro.
“Perché la polizia dovrebbe controllare le auto?”.
“Perché nasconde le sue vittime nel cofano dell’auto…”.
Il primo interlocutore rabbrividì, così come fece Viola. “Un assassino?”.
Raggiunse finalmente il gruppo delle diavolesse…ma di
Nadia nessuna traccia. Viola decise quindi di raggiungere Morena e Francesca al
centro della pista.
“L’ASSASSINO HA COLPITO ANCORA!!” urlò una voce
dall’esterno del locale.
Le persone più vicine all’esterno urlarono a loro volta ad altre persone la
stessa frase, facendo accorrere, in breve tempo, una gran parte di persone
verso l’ingresso.
Viola deglutì rumorosamente. “Allora il sogno…” .
Interruppe i pensieri a metà. Con le lacrime agli occhi, si precipitò anche lei
verso l’ingresso, facendosi spazio con la forza tra la gente, fino a che non
riuscì ad uscire all’esterno.
Nel bel mezzo della strada, una macchina era ferma su una pozza di sangue. Dal
cofano aperto, spuntavano un braccio ed una gamba…
Improvvisamente dall’auto uscì un uomo con una maschera da hockey che, salito
sull’auto, cominciò a volteggiare un coltello in mano.
Si sentirono subito delle risate provenienti dalla prima fila, seguite da urli
di esultanza e da “Bravo!”.
Due poliziotti, accorsi dopo aver ricevuto una chiamata anonima, si fermarono
di fronte all’auto e al “presunto assassino” e tirarono un sospiro di sollievo.
A quella vista uno dei due sorrise, e dalla folla
formatasi davanti al locale giunsero altre urla. Alcune che esultavano il l’”assassino” e altre che deridevano i poliziotti.
Il “presunto assassino” si diresse verso il cofano dell’auto e vi ripose il
braccio e la gamba di plastica che precedentemente erano penzoloni dall’auto.
Viola rise nervosamente. Poi, senza farsi strada con la forza questa volta, ritornò
dentro al locale.
La musica di Marilyn Manson ripartì.
Quando raggiunse la pista da ballo, cercò di focalizzare con lo
sguardo tutte le persone che ballavano. Ma nonostante ciò non riuscì ad
individuare Morena e Francesca, ne tantomeno, Nadia.
“Ma dove sono finite?” si chiese, continuando a far saltare il suo
sguardo da una persona all’altra.
Decise di ritornare quindi al banco delle bibite, dove incontrò di nuovo il
“dracula” a cui aveva chiesto informazioni di Nadia.
Questa volta fu il ragazzo ad avvicinarsi a lei.
“Cerchi le tue amiche, giusto?” le chiese il ragazzo, cercando d rendere chiara
la sua voce nonostante il frastuono della musica.
Viola, sorpresa, annuì.
“Nadia non si è sentita bene, le altre due l’hanno accompagnata fuori” le disse
il ragazzo, indicando a Viola una porta di un’uscita d’emergenza nascosta da
una fitta ragnatela.
“Hanno usato quella per uscire, perché l’ingresso era bloccato. Ti aspettano
fuori.”
Viola riguardò la porta.
“Grazie” disse infine sorridendogli, così la ragazza si diresse verso la porta
dell’uscita d’emergenza.
Quando si fu allontanata, il ragazzo estrasse dalla tasca dei soldi e cominciò
a contarli.
Viola attraversò il lungo corridoio illuminato da piccole luci verdi spettrali,
che conduceva verso l’esterno.
Quando fu fuori, dovette aspettare un po’ affinché i suoi occhi si adattassero
al buio.
Ed era davvero buio. Non c’era altra luce all’in fuori
di quella emanata da un piccolo lampione a circa venti metri da lei.
Cominciò ad avanzare a tastoni nel violetto.
“Nadia!” urlò, sentendo un leggero ritorno della sua voce.
“Morena!” urlò poi, ma come la prima volta, anche stavolta non ebbe risposta.
“Francesca!” urlò quindi più forte, continuando ad avanzare a
tastoni nel buio, fino a che non urtò qualcosa con gli stivali. Abbassò
lo sguardo verso il piccolo oggetto e, guardandolo bene, le sembrò familiare.
Si chinò quindi a prenderlo e ne ebbe la conferma. Era il forconcino
di Nadia.
“Nadia!” urlò di nuovo Viola e continuò ad avanzare.
Arrivata in prossimità della luce del lampioncino, uno stivale le scivolò su
una sostanza viscida e la ragazza cadde a terra, sull’asfalto umido.
Quando si rialzò, capì che la sua mano era entrata in contatto con quella
stessa sostanza viscida che le aveva procurato la caduta.
Si diresse, quindi, in direzione del lampioncino per vedere di cosa si
trattava, e fu allora che trattenne un urlo. Era sangue. Abbassò quindi lo
sguardo sull’asfalto e vide diverse macchie di sangue, grandi e piccole, che si
susseguivano.
Avanzando tremante, Viola raggiunse un auto che fino a
quel momento le era stata nascosta dal buio.
Un’enorme pozza di sangue, era in prossimità delle ruote posteriori. Il cofano
era semiaperto.
Quasi guidata da una volontà che non era la sua, Viola aprì il cofano e
riconobbe i vestiti da strega, elfo e diavolessa.
Esattamente come nel suo incubo, si girò di scatto, vedendo l’uomo con la
maschera da hockey.
E fu l’ultima cosa che vide.
I due poliziotti accorsi alla festa stavano mangiando delle ciambelle
quando un auto sbucò dal vicoletto posteriore del locale.
Alla guida videro un tizio con la maschera da hockey.
“Spiritoso!” gli urlò contro uno dei due agenti.
L’uomo con la maschera da hockey salutò loro con una mano. Poi sparì
velocemente.
Affascinata da racconti del terrore che presentavano una “parte oscura
mascherata”, decisi di scrivere questa storia un paio di anni fa, pubblicandola
poi su un sito.
Ritrovatala tra i miei lavori salvati e lasciati a marcire senza essere più letti, ho deciso di rispolverarla e
proporla anche qua, decidendo di non modificare nulla, nonostante il mio stile
e le tematiche che tratto siano ormai cambiate da due anni a questa parte.
Senza alcuna pretesa,
HOPE87