Where The
Green Grass Grows
I hear
her voice in the mornin' hour she calls me
The radio reminds me of my home far away
And drivin' down the road I get a feeling
That I should have been home yesterday, yesterday
[John Denver, Country Road.]
Anche se Natasha
si regge a malapena in piedi rifiuta con un “No’ secco l'aiuto di Clint, quando
cerca di sollevarla: “Ce la faccio, ce la faccio” farfuglia, aggrappandosi però
al suo braccio che rifiuta di allontanarsi.
Bruce è così stordito da
scivolare dalla rampa di uscita del Quinjet e quasi
finisce steso a terra, se non fosse per Thor che lo recupera al volo per le
spalle: “Grazie.”
“Da questa parte, ragazzi.”
Insiste Clint, indicando il confine della boscaglia in cui ha fatto atterrare
il Quinjet sul campo verde. Pochi metri che sembrano
chilometri. Il sole li investe all'improvviso e li ferisce gli occhi,
obbligandoli a strizzarli e a procedere quasi alla cieca.
Nel centro del campo di mais c'è
una casa bianca, dal tetto verde.
Un bel giardino curato, gerani,
rose, alberi da frutta, una serra che spunta dal retro.
Un trattore vecchiotto, ma
verniciato da poco.
Una catasta di legno da spaccare
di fianco al vialetto d'entrata – La cassetta della posta porta il nome di Barton.
Una veranda con un tavolo di
legno grezzo circondato da accessori per il decoupage
– qualcuno ha interrotto il lavoro da poco.
“Dove siamo?” Chiede il Capitano,
facendosi portavoce per tutti.
“In un posto sicuro.” Risponde
Clint.
Un gatto soriano che si
stiracchia sullo zerbino, e poi schizza via quando li vede avvicinarsi.
Barton apre la
zanzariera della porta – nessun giro di chiave, nessuna scampanellata – e fa
passare per prima Natasha, che quasi inciampa sullo
zerbino evidentemente allo stremo delle forze.
Clint li invita ad entrare, prima
di rivolgersi verso il soggiorno: “Sono a casa!”
C'è la schiena robusta di una
donna, avvolta in una camicia fiorata e solcata da una lunghissima treccia
argento. Si volta di scatto a sentire la voce di Clint puntando distrattamente
una pistola di colla a caldo.
Solleva velocemente gli occhiali
a goccia, apre la bocca con una O sorpresa, e lancia la pistola sul mobile
della cucina, prima che lui si avvicini e le getti le braccia al collo:
“Clinton!”
“Dev'essere
una vecchia spia in pensione” Ipotizza Tony con un bisbiglio a Steve.
“Ciao Mamma. Scusa se non ti ho
avvisato ma...”
“Oh, figliolo, tu non avvisi
mai.” Poi si rivolge al resto del gruppo esibendo un bel sorriso cordiale sul
viso tondo e colorato: “Vedo che però hai portato gente a cena.”
Il Capitano fa un passo avanti:
“Signora Barton, chiedo scusa a nome di tutti per
l'intrusione e vorrei presentarmi...”
“Oh, Capitano Rogers,
conosco i nomi di tutti voi, non formalizziamoci. Clint, caro, vai a chiamare
Il Vecchio Barile, è nella distilleria – come al solito – e fatti portar su una bottiglia del '96.
Avete tutti l'aria di chi ne ha davvero bisogno. Natasha!
Gioia mia che faccia! Cosa ti è successo?”
Clint e Il Vecchio Barile –
ovvero la sua versione invecchiata di una trentina d'anni e con i radi capelli
grigi legati in un stretto codino -
emergono dopo pochi minuti dalla scala del seminterrato.
Il Vecchio Barile si presenta con
una bottiglia di whiskey casalingo etichettato come 1996 che definisce 'La
migliore annata di sempre', stringe un paio di mani e poi saluta Natasha schioccandole un bacio sulla fronte.
Lei risponde sforzando un sorriso
stanco: “Buona sera, John.”
“John?” Ridacchia lui strizzandole l'occhiolino “Chi è John? Clint, la tua ragazza ha bisogno
di una vacanza, confonde il Vecchio Barile con un tale John... Hey, ma tu sei Tony Stark o sbaglio?”
“Ehm no, sono il Vecchio
Ferramenta.”
“Un goccio di Barton's?”
“Anche due.”
“Tu invece devi essere Thor:
Credo ti riempirò una pinta intera.”
“Anche due.”
“Ah, Papà” Clint interrompe la
spiegazione degli ultimi eventi con sua madre e si rivolge al Vecchio Barile:
“Per quel tuo problema con il timer delle luci della serra..."
“Quel coso sfugge ad ogni
logica!”
“Fatti aiutare a ripararlo dal
dottor Banner.”
Il Vecchio Barile alza una
spalla: “È sotto la doccia: non ha neppure voluto un goccio di Barton's, non credi che...”
“Fidati, Pa', Bruce ha proprio
bisogno di aiutarti.”
“Oh beh, sei tu che conosci
meglio i tuoi amici... Vado ad accendere il barbecue fuori, se avete bisogno di
me fatemi un fischio.”
“E così questi sono i tuoi
genitori...” Clint ha rifilato a Steve una fila di piatti, a Thor un vassoio di
bicchieri e si fa seguire verso il tavolo della sala da pranzo con posate e
tovagliette.
“Sì, sai, spesso la gente ne ha
almeno un paio...”
“E' che non ce ne avevi mai
parlato. Eppure sono così...” Thor guarda divertito Rosie
Barton disinfettare i graffi di Natasha
imbibendo i batuffoli di cotone con il contenuto di una bottiglia etichettata
come 2005 - “L'annata peggiore, però la più forte” mentre le sembra raccontare
a bassa voce qualcosa che le sta facendo tornare il sorriso sul viso pallido.
“Hippies.
Sono ex Hippies. Non esageratamente ex.”
“Cosa sono gli hippies?”
“Uhm... se ti dicessi figli dei
fiori, Thor, come la prenderesti?”
Thor si guarda attorno perplesso.
Guarda di nuovo Rosie, la gatta che smangiucchia i
fili d'erba di un vasetto sul davanzale poi getta un'occhiata al Vecchio Barile
indaffarato nel giardino con il barbecue ed infine sospira: “Beh, ho visto cose
più strane.”
“Tony, ti spiacerebbe prendere un
attimo il mio posto?”
“Al barbecue?”
Il Vecchio Barile gli porge il
forchettone: “E dove, nel mio letto? Spiacente, alla mia signora non piacciono
quelli più giovani. Bruce, vieni con me per favore, devo chiederti un consiglio
per un timer.”
Tony protesta: “Hey! Ma sono io l'inventore!”
“E ultimamente hai fatto proprio
un ottimo lavoro. Continua pure con il barbecue, figliolo.”
"… ma non è stata colpa
mia...!"
“Il timer è molto importante in
questa serra. Siamo vicini alla raccolta, queste piante hanno bisogno di molta
luce e calore, e la somministrazione oraria è davvero importante.”
“Signor Barton...
John...” Bruce quasi saltella su un piede, da tanto si sente a disagio ed è
impaziente di tornare dentro. In un angolino buio, magari, a pasteggiare con
briciole di pane raffermo, che non si merita altro.
“Vecchio Barile.”
“Vecchio Barile, io non credo di
essere la persona più adatta, davvero. Ho... ho appena sfasciato un mezza città
e oggi... oggi ho avuto davvero una pessima giornata.”
Senza degnarlo di un'occhiata, il
Vecchio Barile continua ad armeggiare con il lucchetto della serra: “Giornata
di merda, si dice giornata di merda. Stai parlando con il Vecchio Barile, non
con Capitan Santerillino.”
Bruce piega la testa di lato:
“Lei è davvero sicuro di non voler Tony Stark qui?
Sinceramente, vi vedo molto affini...”
“Ma Clint mi ha indicato proprio
te.” Insiste. Poi apre la porta ed avvia l'interruttore della luce.
Inizialmente Bruce resta per un
attimo accecato dai neon, sbatte le palpebre un paio di volte sperando che
l'Altro non decida di spegnere la luce a suo modo e mette a fuoco sulle tre
lunghe file curate di piante che solcano la serra in lunghezza.
Piante alte. Verdi. Foglie larghe
a sette punte.
Profumatissime.
“Ma... ma... questa è....”
“Cannabis Sativa.” Dietro
di loro, Tony ha ancora in mano il
forchettone e la mascella che sfiora terra come quella di Bruce. “Una serra intera
di Marijuana!” Si punzecchia un braccio con il forchettone: "Sono
sveglio!" Punzecchia la schiena di Bruce, che risponde con un 'Ahio!' più di protesta che di dolore: "Lo sei
anche tu!"
“Una variante della Haze.” Si pavoneggia il Vecchio Barile: “Due
settimane alla raccolta. Quest'anno è stata particolarmente soddisfacente.”
“Posso... posso toccare?”
“Non con il forchettone.”
“Posso... posso annusarla?”
“Certo.”
“Cazzo, Bruce, questa è più verde
di te. E con un odore più buono.”
“Io... io non so se posso...”
“Da quando in qua fai lo
schizzinoso?”
“Da quando la puttanella mi è
entrata in testa. Metti che sia ancora in connessione con il mio cervello e ci
denunci a qualcuno!”
“Bruce, per l'amor di Higgs, smettila di sparar cazzate!”
Il Vecchio Barile sospira: “Mi
trovo d'accordo con Tony. Vedi, il Timer funziona benissimo: quello tra me e
mio figlio è una frase in codice che significa che qualcuno ha bisogno di...
beh, un antistress. Conosci rimedi naturalimigliori?"
” fruga nei cassetti di un vecchio mobiletto e recupera una piccola scatolina
di legno intarsiato: “Ho ancora una piccola riserva dell'anno scorso, un bel
giro a testa ed i vostri nervi mi ringrazieranno.”
“Ma...” Si intromette Bruce: “Sua
moglie sa di questo?”
“Non andiamo in Olanda a febbraio
per vedere Van Gogh. E neppure in India a Natale solo per lo yoga.”
“Mi faccia capire:” incalza Tony
“Barton è stato cresciuto da una famiglia di Hippies, in una casa con una serra attrezzata e una
distilleria casalinga... e si è messo a fare l'agente segreto?”
“Già.”
“Suo figlio è un cretino.”
“Non tutte le ciambelle riescono
col buco.”
Prima di uscire dal piccolo bagno
Natasha si infagotta ancora di più nell'accappatoio,
alzandosi il cappuccio sui ricci grondanti acqua.
Si assicura che non ci sia
nessuno nel corridoio e lo attraversa frettolosamente, richiudendo la porta
della camera dietro di sé appena varcata. Solo dopo si accorge di Steve e del
vassoio che regge in mano.
“Rosie
mi ha chiesto di portarti il the freddo. Ha detto che è come piace a te.”
Spiega appoggiando il vassoio con la brocca e i due bicchieri sul comodino:
“Clint ha il suo turno doccia al piano di sotto” aggiunge. “Va meglio?”
“Dopo quel the forse sì.” Natasha si tampona la testa con il cappuccio e poi si versa
un bicchiere di The freddo: “Vuoi un sorso?” Non aspetta neppure la sua
risposta: riempie anche il secondo bicchiere, glielo porge e poi lo fa toccare
con il suo, prima di sedersi sul bordo del letto e sorseggiare in silenzio.
“Uhm, ha un sapore molto intenso,
è buono davvero, si sente che è fatto in casa.”
“The verde. Una qualità
pregiata.”
“Rosie
sa trattare davvero bene i propri ospiti.”
“Oh, anche John, fidati.”
Steve torna a guardarla e sposta
il vassoio per sedersi sul tavolino: “E ti senti meglio ora?”
“Lascia che faccia effetto...”
“Davvero, non sto scherzando:
sono preoccupato – mi hai preoccupato. Quello che è successo sulla nave...”
Natasha allontana il
bordo del bicchiere dalla bocca come se fosse diventato improvvisamente
incandescente e cerca poi di dissimulare il nervosismo guardando da un'altra
parte: “È successo a tutti. Bruce è messo peggio di me: almeno io non ho il
rimorso per aver causato una decina tra morti e feriti gravi – non questa volta
almeno.”
“Ho visto Peggy.”
“Nella tua visione?”
Steve annuisce: “Ho visto Peggy e
una miriade di altri volti, ma non quello che cercavo.”
“Bucky?”
Di nuovo, il Capitano annuisce e
abbassa la testa sul bicchiere: “Anche nella mia visione lo cercavo tra la
folla. E lui non c'era.”
“Te l'ho detto: è il Soldato
d'Inverno, impossibile da trovare se vuole nascondersi. È un fantasma: uno di
quelli che scompaiono al sole, senza lasciare traccia. Forse è solo questione
di tempo: Forse sarà lui a cercarti.”
Steve sembra tutto fuorché
sicuro: beve un altro sorso e scrolla le spalle muscolose: “E tu, tu cosa hai
visto?”
“Non vuoi saperlo.”
“Voglio solo -”
“No.” Natasha
finisce il suo bicchiere e lo appoggia per terra. “Ed ora, se vuoi scusarmi,
devo vestirmi per la cena.”
“Sì, sì, scusa. È meglio che
torni al piano di sotto. Forse John ha bisogno di una mano con il barbecue e di
sicuro Rosie non apprezza che mi sia chiuso in camera
con la sua futura nuora.” Le strizza l'occhiolino, Nat
neppure si sforza di rispondergli.
Lo specchio della stanza è
stretto, appeso in un angolo buio. Il lampadario non ne ha voluto sapere di
accendersi e Natasha è costretta a controllarsi le
ferite alla luce tenue della lampada della scrivania. Ha ginocchia e gomiti
sbucciati, un livido sul fianco destro e quattro tagli - sembrano quasi artigli
– sulla scapola sinistra. Si controlla più volte i polsi: sente ancora la
pressione delle manette, il modo in cui il ferro stretto incideva la carne –
eppure erano solo nella sua visione.
Passa alle dita dei piedi: unghie
curate, smalto un po' vecchiotto che si è rovinato in più punti. Se fosse stata
davvero una ballerina, avrebbe dovuto avere le dita completamente deformate –
quando ci aveva pensato la prima volta ed era arrivata alla conclusione che
quelle scarpette, quel pianoforte, quel legno su cui scivolava erano frutto di
un'ipnosi?
È tutto confuso.
Fa tutto male.
Natasha beve un altro
bicchiere di the e lascia che il suo sapore si diffonda in bocca, prima di
deglutire, e spera che l’effetto della THC arrivi presto.
“Tu al barbecue?”
Thor, torso nudo sotto il
grembiule, si volta appena e sbuffa: “Sono troppo stanco per offendermi dalla
tua espressione sorpresa. Anche su Asgard si cucina
carne, lo sai? Questo hamburger è pronto, passami il piatto.”
“Scusa, è che pensavo che
John...”
“Il Vecchio Barile doveva
illustrare un lavoro a Bruce. Tony li ha seguiti – sai bene quanto detesti
essere escluso da qualcosa. Oh ma, dove vai anche tu? Steve, Steve! La cena è
quasi pronta! Diamine quanto comprendo mia madre, ora.”
Li trova in un angolo del giardino,
seduti ad un tavolino di ferro battuto, avvolti da una nuvola di fumo profumato
e illuminati a malapena dalla sola luce rossa di una sigaretta accesa. Ce l'ha
in mano Tony, la aspira e la porge a John, che aspira a sua volta e la passa a
Bruce, seduto per terra a gambe incrociate.
“Ahem...
ero... ero solo venuto a chiamarvi per la cena.”
Tony tossicchia una mezza risata.
John risponde tranquillo. “Finiamo un attimo e arriviamo. Vuoi un tiro?”
“Oh, no. Non fumo, grazie"
annusa l'aria "Anche se devo ammettere che non ha un odore
fastidioso."
Anche Bruce tossicchia una mezza
risata: “Comprendilo, Vecchio Barile, lui è uno che non abbassa mai la guardia.
"Davvero? Che strano. Questo
è tabacco greco, figliolo, non è trattato come quelle porcherie che si trovano
nelle Marlboro” spiega il Vecchio Barile. Bruce e Tony si scambiano un'occhiata
e sghignazzano “Ce lo portano dei nostri amici di Atene, quando ci vengono a
trovare. Possono portarcelo solo in quantità limitate, per questo dobbiamo
dividercelo. Dannate multinazionali del tabacco che vogliono monopolizzare il
mercato!”
“Già, immagino...” Dall'altro
angolo della casa, Thor tuona il nome del Capitano “ARRIVO!” gli urla in
risposta. “Scusate ma... è meglio che vada ad aiutarlo.”
“Giusto, grazie, figliolo.
Arriviamo anche noi tra qualche minuto.”
Tony smette di trattenere la
risata, Bruce si lascia cadere all'indietro sull'erba: “Tabacco greco! Come ti
è saltato in mente?”
“Esperienza. Sai con quanti
repubblicani ingenui ho avuto a che fare in cinquant'anni di onorata carriera?”
Toc Toc. “Nat, sono io.”
“Vieni pure, sono pronta.”
Clint entra nella sua vecchia
stanza con l'asciugamano avvolto attorno ai fianchi: “Mi sono scordato il
cambio.”
“Oh beh, sei a casa tua, no?”
“Sì, infatti sono uscito dal bagno
nudo. Solo che Rogers ha iniziato a protestare a
allora mi sono dovuto coprire.” Fruga in un cassetto, prende un paio di mutande
e abbandona l'asciugamano sul letto.
Il sopracciglio destro di Natasha scatta verso l'alto: “Non così di fretta...”
“Temo che il Capitano piombi in
camera e mi faccia la morale.”
“Basta chiudere la porta a
chiave” Natasha si alza felina e fa scattare la
serratura della porta, poi ritorna verso Barton:
“Visto? Nessuna intrusione improvvisa” sussurra appoggiando le labbra sulle sue.
Accarezza la mascella, scende sul collo e sul petto e poi scende: per Clint è
uno sforzo enorme fermarla. “La cena è quasi pronta” geme.
“Non sarà diverso da quella
sveltina nel ripostiglio, lo scorso Ringraziamento.”
“Sì, lo è.” Riesce ad
allontanarla quanto basta per riuscire ad infilarsi velocemente i boxer. “Lo
scorso Ringraziamento non eravamo appena usciti dalle grinfie di una piccola
stronza con l'hobby della manipolazione mentale. Non stai bene, Natasha; neppure io sono molto in forma. E poi è meglio che
ne parliamo un attimo, noi due.”
Natasha dissimula e
sbatte le palpebre: “Sei forse mestruato, Barton?”
Per farla sorridere, Clint si
passa una mano sulla testa come ad imitare una lunga chioma fluente e muove i
fianchi: “Non volevo dirtelo, ma ho un ritardo...”
“Oh sì, mentale. Ed anche bello
grave.”
La casa è silenziosa da ore –
eccetto per qualcuno che russa forte dall'altra parte del corridoio - ma Natasha non riesce a far altro che fissare il soffitto buio
con gli occhi sbarrati. Clint non è riuscito mantenere la sua promessa di
discorso: si è addormentato di schianto tenendola stretta a sé con un braccio,
e messo di traverso com'è occupa quasi tutto il materasso.
Natasha allunga la mano
sul comodino, trova di nuovo un bicchiere di the e lo finisce. Non sembra farle
effetto, è troppo agitata e troppo scossa. Ha un groppo in gola che la soffoca
e gli occhi che continuano a pizzicarle.
Forse avrebbe fatto meglio ad
andarci anche lei, nella serra: al ritorno Bruce era un uomo nuovo e aveva
mangiato con gusto, quasi competendo con l'asgardiano
appetito di Thor.
Si muove appena per trovare una
posizione più confortevole ed il risultato è un mugolio da parte di Clint, che
aumenta la stretta sui suoi fianchi.
“Barton,
non sono il tuo orsacchiotto” Tenta una protesta.
“Come no, sei morbida e
pelosa...”
“Barton!
Sono -sono stata un po' impegnata!
“Mica te ne faccio una colpa...”
Clint sbadiglia sonoramente e si stiracchia: “Non riesci a dormire?”
Natasha incolpa il russatore dello stesso piano. “Credo sia Thor.”
“Io penso Banner. Era ridotto
molto bene dopo la cannetta con mio padre.”
“Non l'ho mai visto mangiare così
tanto.”
“E io non ho mai visto mangiare
te così poco. Non hai quasi toccato la crostata di mia madre – di solito la
divori.”
Natasha si volta su di
un fianco: “Ero stanca.”
“E?”
“Abbastanza sbattuta.”
“E?”
“E basta. Direi che è sufficiente.”
Ma Clint non demorde, si alza
puntella su un gomito e si alza per guardarla meglio: “Quando Loki mi è entrato nella testa... ti ho raccontato tutto
quello che mi ha fatto vedere. Tutto quello che ho provato, tutto quello che ho
sentito. Ho voluto che tu sapessi, perché di te mi fido e so che non mi avresti
giudicato né allontanato. Perché non puoi fare lo stesso con me?”
Sente la sua mano sulla schiena,
e poi il braccio di nuovo a cingerle i fianchi e le sue spalle avvolgerla.
“Lo sai cosa ho visto. Lo puoi
immaginare.”
Clint posa le sue labbra sulla
pelle della spalla: “Niente di quello che ti ha fatto vedere è più
reale.”
“Lo è. Lo è ancora. Certe cose
non se ne vanno, Clint. Quello che la RedRoom
faceva, aveva lo scopo di essere permanente. Non è solo l'addestramento, o
le persone che ti facevano uccidere per prime. La RedRoom
si assicurava che le risorse che impiegava per formare le sue spie fossero un
buon investimento. Remunerativo. Senza particolari problemi.”
“Beh, tu li hai dati.”
Natasha si lascia
scivolare sulla schiena e cerca il suo volto nell'oscurità della camera: “Solo
perché qualcuno mi ha dato la possibilità di farlo.”
“Sarebbe successo comunque, Nat. Sei più forte di ogni loro subdolo giochetto mentale e
più intelligente. Era questione di tempo: un giorno, avresti trovato comunque
l'appiglio per ribellarti. È stato solo un caso che passassi di lì in quel
momento.”
“Per uccidermi.”
“Pessimo inizio di relazione,
l'ho sempre detto” sogghigna “Fortunatamente ci siamo assestati velocemente.”
“Io ti avrei ucciso senza
pensarci.”
“Ecco, questo sarebbe stato
sicuramente un impedimento importante, alla nostra relazione.”
“È stata la RedRoom,
a rendermi così inumana. Tutto
diventava più facile, dopo il loro trattamento. Te l'ho mai detto, che sei
stato il primo uomo con cui sono andata a letto di mia spontanea volontà,
perché volevo davvero farlo?”
Si ritrova le sue labbra sulla
fronte, sono calde e splendidamente confortanti: “No, e ti ringrazio per
dirmelo solo ora: mi hai ringraziato un sacco di ansia da prestazione.”
“Scemo.” Gli rifila un buffetto
sul braccio e ricambia il bacio. “Sono seria. Lo sai, vero, che non avremo mai
niente di... di normale?”
“Cosa intendi per normale? Una
casa isolata con una serra di marijuana e una distilleria clandestina?”
“Più o meno, sì. I tuoi genitori
non hanno solo quello.”
“Forse arriverà un giorno in cui
potremo – semplicemente – dare le nostre dimissioni e ritirarci. E allora
cercherò di diventare un bravo botanico come il Vecchio Barile e tu un'ottima
distillatrice e vivremo per sempre isolati, strafatti e contenti.”
“Saremmo sempre io e te.”
“Sono una compagnia così brutta?”
“Hai capito cosa intendo.”
Clint resta per un secondo in
silenzio: “Credo di sì.”
“E sai perché?”
“Credo che tu non voglia, o non
te la senta. Va bene così, Nat.”
“No. Io non posso. È stata
la RedRoom: l'ultimo passo prima di diventare
un'agente attiva. La chiamavano Cerimonia di Laurea: una
sterilizzazione. Il mio ciclo mestruale serve solo per mantenere un equilibrio
ormonale, per non aver problemi di osteoporosi o altri sintomi della menopausa.
Ma a nient'altro. Quindi, Clint Barton, se desideri
diventare un Vecchio Barile che condivide uno spinello con gli amici del figlio
beh... temo di non essere la ragazza giusta.”
“Sei la ragazza giusta, Nat. Lo sei davvero. Non sono bravo come mio padre, è già
tanto se sarò in gradi di coltivare abbastanza erba per noi due soli. Sarà una
splendida vecchiaia. Se ci arriviamo.”
Le mani di Natasha
trovano il suo viso, il pollici accarezzano la barba che sta spuntando:
"Facciamo in modo di arrivarci, d'accordo?" Clint bacia un palmo, poi l'altro, poi si
china su di lei e trova la sua bocca. Natasha decide
che non ha bisogno d’altro e che tutto il resto deve essere ricacciato di nuovo nell’angolo buio della sua
coscienza: "E la mia proposta di prima... è ancora valida."
"Avengers
a bordo? Bene." Barton avvia i motori del Quinjet e lo fa decollare verso le prime luci dell'alba.
Bruce accende il portatile e fa partire una geolocalizzazione
per cercare di rintracciare Ultron, o i gemelli, o
almeno la dottoressa Cho.
Tony, saldando un paio di
componenti rovinati dell'armatura, brontola sull'alzataccia: "Potevamo
fare le cose con più calma. Una bella doccia rinvigorente, una colazione
abbondante... una fumatina con il Vecchio Barile..."
Steve alza gli occhi al cielo e
sbuffa spazientito: "Come se avessimo tutto questo tempo a nostra
disposizione. E poi Rosie ci ha preparato la
colazione al sacco."
"C'è anche una bottiglia di Barton's 1996" aggiunge Clint, ai comandi.
"Quella la teniamo per dopo.
Se ci sarà un dopo."
"Un dopo c'è sempre e comunque,
caro mio. Mi passate una fetta di torta? Dovrebbe esserci della crostata."
Bruce apre il cestino e
controlla: "Sì, crostata, panini e thermos. Caffè per tutti?"
Steve preferisce il the. Preleva
il thermos, lo apre, si versa un bicchiere di carta e lo porta alle labbra.
"Uhm, è lo stesso di ieri sera. Vuoi, Nat?"
"Preferisco il caffè alla
mattina, grazie."
Il Capitano guarda il bicchiere
con aria interrogativa. Lo annusa, lo riguarda, e le sue labbra si piegano in
una smorfia perplessa che allarma appena Bruce:"C'è qualcosa che non
va?"
"Che strano" borbotta
"Il the ha lo stesso odore del tabacco greco."
=====================================================
Mi sento meglio.
Dopo aver
scritto questa shot mi sento davvero meglio.
Primo, perché ho
sempre voluto scrivere di Bruce e Tony alle prese con una canna, e secondo
perché FINALMENTE sono riuscita a creare nella mia testa una scena alternativa
a quell'orrore che hanno montato nel film -sì, parlo della Barton
Family, dei suoi smelensi figli e dell'Inutile moglie
casalinga: continuerò a sperare in eterno che siano stati inseriti con il solo
ed unico scopo di fargli fare una brutta fine nei film a venire.
E, sì, ce l’ho
anche con la Brutasha, ovviamente.
I Genitori Hippies sono un'ottima, splendida, deliziosa alternativa.
Sì, decisamente XD
Si ringrazia Wikipedia per le info sulla cannabis (sìs...
credeteci).
Questa fanfiction è stata scritta a scopo prettamente ludico e di
intrattenimento, non si intende incoraggiare il pubblico alla consumazione di
Marijuana (ma neppure demonizzarla. Insomma, fate vobis).
Il
titolo non si riferisce a questo, comunque, ma è una canzone Country… XD
Alla
prossima,
EC.