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Autore: Stephanie86    24/06/2015    3 recensioni
[Post!4x11 | Elsanna | Incest | Crossover]
Elsa ed Anna sono tornate a casa. Le loro vite sembrano essere tornate alla normalità.
Ma c'è qualcosa, fra loro. Le sorelle lo sanno e anche se fanno di tutto per ignorare quei sentimenti, essi emergono e le spingono verso una linea di confine che due sorelle non dovrebbero mai superare.
E cosa accade quando il sovrano delle fate, Oberon, si presenta al matrimonio di Anna, accompagnato dal suo dispettoso folletto, Puck? Le cose possono solo farsi più complicate.
Nuove avventure attendono Elsa ed Anna.
_______________________________
Stavano l’una di fronte all’altra, adesso. Il fiato di Elsa le agitava leggermente una ciocca di capelli.
- Non permetterò più a nessuno di separarci. E non andrai più in nessun luogo in cui io non possa raggiungerti – continuò Elsa.
- Questo suona tanto come un 'finché morte non ci separi' – disse, quasi senza riflettere.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
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15

 

 

“In her eyes, the sadness sings -
of one who was destined, for better things”

[Lang Leav, Love & Misadventure]

 

 
- Quando si è re e regine di Narnia, si è re e regine per sempre – proclamò Aslan, non appena i quattro fratelli Pevensie vennero incoronati e si sedettero sui quattro troni nella grande sala del castello di Cair Paravel. Era un ambiente immenso, luminoso, con il soffitto d’avorio e la parete est che si apriva sul mare, mentre la parete ovest era tappezzata di piume di pavone. Dietro i troni capeggiava un grande arazzo sul quale era rappresentata una battaglia come quella che si era da poco conclusa.

Squillarono le trombe. Gli amici e alleati del leone acclamarono a gran voce i nuovi sovrani, che elargirono ringraziamenti e decretarono ricompense ed onori per coloro che si erano dimostrati coraggiosi nella valle contro la Strega Bianca. Ovviamente Aslan aveva organizzato un grande banchetto per celebrare la vittoria e non aveva permesso che mancasse qualcosa; Anna fu assai felice di trovare un sacco di dolci al cioccolato, persino quelle buonissime praline che l’odioso folletto di Oberon si era spazzolato la sera del suo matrimonio. Vi furono anche danze, vino che scorreva a fiumi e musica senza sosta.

- Ti sembra davvero giusto tutto questo? – domandò Anna a sua sorella, osservando fauni, nani e altre creature impegnate a ballare o a invitare Susan e Lucy. – Voglio dire, non il banchetto... quello lo trovo... beh, perfetto. Ci sono un sacco di dolci al cioccolato e persino i sandwitches! Intendo l’incoronazione. Aslan ha detto che saranno re e regine per sempre. Ma non dovrebbero tornare a casa loro? Avranno un mondo a cui tornare, dei genitori...

- Credo che Aslan pensi che per ora sia giusto così – le rispose Elsa.

- E siamo sicure che quello che dice Aslan sia sempre giusto? A proposito, dov’è finito Aslan?

- Se n’è andato – Il fauno Tumnus, seduto in disparte con una coppa di sidro in mano aveva ancora l’aria abbattuta ed era già alticcio. Le pire accese da Peter, Edmund e da altri volontari avevano bruciato a lungo. Le fiamme si erano levate alte e il vento si era portato via le ceneri dei caduti. Tumnus aveva dato fuoco alla pira sulla quale era stato depositato il corpo di Tasch.

- Come... andato? – domandò Anna, sorpresa.

- Lui è così. Va e viene all’improvviso. Un attimo prima c’è e l’attimo dopo è già sparito. E torna quando meno te l’aspetti. Non gli piace sentirsi legato ad un posto. Vuole essere libero.

- Credevo ci avrebbe accompagnate al portale... – osservò Elsa.

- Ha preparato tutto. Una scorta... questo ho sentito dire almeno... una scorta vi porterà nel luogo in cui troverete la porta... il portale... o qualunque cosa sia. E ha organizzato anche un gran bel banchetto. Non fosse per questa musica continuerei a pensare... e credo che non mi farebbe bene. – Guardò il fondo della sua coppa.

- Tasch... lui non vorrebbe vederti triste. Né che tu ti senta in colpa per ciò che gli è accaduto. – disse Elsa, avvicinandosi un poco al fauno.

- Già, lo so. Me l’ha detto anche Lucy. Lei è... sarà un’ottima regina. Eppure è morto per difendere me...

- L’ha fatto perché ti voleva bene. Tumnus, so che cosa significa perdere qualcuno... anche Anna lo sa. E so che cosa vuol dire sentirsi in colpa perché quel qualcuno non c’è più.

Il fauno sollevò gli occhi arrossati. – Davvero?

Anna non intervenne, ma lanciò un’occhiata ad Elsa.

Lei rivolse a Tumnus un sorriso triste. – Sì. Pensavo che... una volta pensavo che i miei genitori fossero morti per colpa mia.

- Come...? Intendo, come sono morti?

- La loro nave è affondata.

- Mi... mi dispiace molto. Ma se una nave affonda non è colpa di nessuno... o meglio, può essere colpa di una tempesta. O dei pirati, ecco.

- Fu una tempesta, ma erano partiti per me. Ero io la ragione del loro viaggio. Il mio potere li spaventava.

- Il suo potere li preoccupava, ma erano preoccupati per lei, non di lei – si affrettò ad aggiungere Anna. – Ne sono convinta.

- In ogni caso partirono per me. E quando scoprii la vera ragione della partenza... mi sentii in colpa. Perché se non fossero partiti... non sarebbe successo niente. Ho anche pensato che... se non fossi stata così... non sarebbe accaduto niente.

- E lo pensi ancora?

Elsa si voltò, incrociando lo sguardo di sua sorella. Si ricordò di quella volta, dopo la scoperta del diario, quando era fuggita e si era rifugiata nei giardini. Si ricordò di tutto ciò che Anna le aveva detto. Che lei non era un mostro. Che i suoi genitori non pensavano che lo fosse. Che avrebbe dimostrato che ciò che era stato scritto in quel diario non era ciò che sembrava. Si ricordò di quando aveva detto ad Emma che i suoi genitori erano davvero meravigliosi.

- Ci sono dei momenti in cui... in cui penso che se non fossero partiti per trovare una soluzione che mi aiutasse... sarebbero ancora qui. – rispose Elsa. Poi allungò una mano, cercando e trovando quella di Anna. – Ma so che tutto quello che hanno fatto... l’hanno fatto per me. Perché mi volevano bene. Proprio come Tasch. Era tuo amico. Era la tua famiglia. Si è sacrificato per te e tu avresti fatto la stessa cosa per lui.

Tumnus scrutò ancora il fondo della sua coppa. – Sì, credo... l’avrei fatto. Sì.

- Ne sono sicura.

- Anche i miei genitori sono morti. Ma loro sono stati uccisi dal freddo. – Non appena lo disse, si chiese se fosse stata la cosa giusta, visto che era in presenza di una regina che controllava il ghiaccio e per la quale il freddo non era certo un problema. O meglio, lo era stato per i genitori, a giudicare da quello che gli aveva appena raccontato. Anzi, aveva usato il ghiaccio per liberarsi di alcune delle creature mostruose di Jadis. Concluse che non avrebbe dovuto dirlo. – Cioè, quello che intendevo... è che li ha uccisi l’inverno... sapete, la maledizione di Jadis.

Maledetta sia la mia linguaccia, piuttosto.

Quando Tumnus aveva incontrato Lucy, la prima dei quattro fratelli a mettere piede a Narnia, era più che convinto di essere un pessimo fauno, un fauno cattivo, perché aveva pensato di consegnare la figlia di Eva a Jadis, così come stabiliva l’accordo che avevano stipulato tempo addietro. Tumnus aveva avuto troppa paura della Strega e così, per non essere trasformato in una statua, aveva promesso che avrebbe consegnato a lei gli esseri umani, se mai fossero apparsi.

Adesso non pensava più di essere cattivo, ma certamente era un gran pasticcione.  

- Ho capito. – Elsa non sembrava offesa dalle sue parole. Gli sorrise di nuovo e a Tumnus parve il sorriso più dolce che avesse mai visto.

 

***

 

La festa si trasformò presto in una baldoria estremamente chiassosa ed Elsa approfittò della confusione per uscire dal castello.

La dimora di Cair Paravel si ergeva sugli scogli. Quando ci era arrivata per la prima volta, alla ricerca di sua sorella, non aveva notato che il posto dava proprio sul mare. Ci era arrivata passando dalla valle allora innevata. Non aveva udito il fragore delle onde, né tantomeno si era fermata a pensare a dove potesse trovarsi esattamente. Voleva solo rivedere sua sorella. A destra e a sinistra del castello una distesa di sabbia bianca e fine, disseminata di piccole rocce e poi, fino all’orizzonte estremo, il mare scuro. Il rumore delle onde che si frangevano sulla spiaggia la rilassava. Il vento era fresco e piacevole sul viso.

Si sedette sugli scogli.

Parlare con Tumnus aveva riportato a galla molti ricordi dei suoi genitori. Vedere il senso di colpa negli occhi scuri del fauno l’aveva spinta a ripensare a quando aveva trovato il diario e aveva scoperto la verità sul loro viaggio.

“Ma so che tutto quello che hanno fatto... l’hanno fatto per me. Perché mi volevano bene. Proprio come Tasch. Era tuo amico. Era la tua famiglia”.

- Sapevo che ti avrei trovata qui – disse Anna, raggiungendola e sedendosi sugli scogli, accanto a lei.

- Ed io sapevo che saresti venuta. Ti stavo aspettando.

- Sarei venuta anche prima, ma Peter ha voluto a tutti i costi invitarmi a ballare. E poi anche Edmund. Volevo dir loro che non avevo tempo di ballare, ma non credo si possa dire di no a due re... sarebbe scortese. Non importa se i re sono ragazzini, giusto? Cioè, dovrebbe essere importante, ma non importa.

- Credo che, se Peter potesse, non ti chiederebbe solo un ballo, ma anche di... fare una passeggiata sulla spiaggia con lui. E di sposarlo, magari.

- Oh, non credo che pensi già a cose così serie. E sa che sono sposata. Gliel’ho detto. – Distese la mano e osservò l’anello di Kristoff scintillare nell’oscurità. Poi si riscosse, rivolgendosi a sua sorella. – Sei triste?

- No – Elsa spostò lo sguardo sul mare. Il mare che aveva inghiottito la nave sulla quale viaggiavano Gerda e Kay. Il mare che aveva restituito la bottiglia con la lettera di Gerda, la lettera che Anna aveva letto e che aveva salvato tutti. Quello non era lo stesso mare, ma non contava, in quel momento. – Stavo solo pensando a mamma e papà.

- Quindi sei triste.

- No, non lo sono. È che... parlarne con Tumnus mi ha fatto pensare a loro. Mi mancano.

Anna allungò una mano e intrecciò le dita con quelle di Elsa. – Lo so. Anche a me. Sempre.

Restarono in silenzio, a lungo. La musica della festa giungeva fino a loro, ma ovattata, distante, come se si fosse aperta una breccia in un altro mondo e la breccia stesse lasciando passare delle note. Delle tracce di quella dimensione.

- Dov’è andato Aslan, secondo te? – chiese Anna.

Elsa non seppe che cosa rispondere.

- Poteva almeno salutarci. Insomma, non ti sembra scortese, non salutarci? Credo sia scortese quanto rifiutare l’invito di un re che vuole ballare. Noi l’abbiamo aiutato. Ed io lo aiuterei ancora, davvero. Ma lui... se ne va così, come se niente fosse...

- Forse non poteva restare. Forse ci sono altri posti... altre persone che hanno bisogno di lui.

Poi Anna sentì la mano di Elsa sciogliere la stretta e accarezzarle i capelli.

- Non ti sei rifatta le trecce – disse, lasciandosi scivolare una ciocca fra le dita.

- No... me le farò domani. – rispose Anna, godendosi la carezza della sorella. Si voltò a guardarla. – Perché? Avrei dovuto farmi le trecce? I capelli sciolti mi stanno male? Mi invecchiano?

Elsa rise. – No... per niente. Stanno benissimo.

Anna arrossì. Non perché le aveva appena detto che stava bene con i capelli sciolti, ma per il modo in cui Elsa la stava guardando. Avvertivi i suoi occhi su di sé, non pressanti, ma delicati, come la mano che le accarezzava i capelli.

Ad un certo punto il suo sguardo sfuggì e si fissò sul mare scuro. Sembrava che stesse lottando per trovare la parole. - Mi hai detto una cosa prima... prima della battaglia.

“Qualsiasi cosa succeda, non ti dimenticare che... ti amo”.

- Sì, l’ho detto... voglio dire, ho detto molte cose, ero nervosa. – Anna accennò un sorriso, cercando di sembrare disinvolta.

Elsa seguitò a fissarla.

- Ho detto che ti amo. E l’ho detto perché lo pensavo. Beh, è ovvio che lo penso ancora.

- Non devi dire queste cose.

“Non vi limitate a provare sentimenti sconcertanti per una donna sposata. Per una donna sposata, aggiungerei, con un uomo che avete definito amico. Un uomo che si fida di voi... Oberon mi ha parlato del marito di Anna”. La voce di Titania la sorprese. Suonava come la voce della coscienza, molto severa e arrogante, ma veritiera.

“Lui è mio amico”.

- È sempre meglio dirle, certe cose. Soprattutto se sono vere. Quando le dici, ti senti un po’ meglio. Almeno di solito è così. Cioè, non so se io mi sento meglio, però... – Parlava in fretta, incapace di controllare il fluire delle sue parole. Anche quando si era destata dopo essere stata curata da Lucy non aveva fatto altro che parlare. Elsa le diceva di stare giù, di riposare ancora un po’, di non stancarsi, ma Anna si sentiva in forma e quindi non aveva potuto fare a meno di parlare di come quel mostro l’avesse sorpresa, ferendola. Di quanto fosse felice che fosse tutto finito, che la Strega fosse morta e che potessero tornare a casa.

Elsa percorse dolcemente i suoi lineamenti con la punta delle dita, scorrendo poi tra i capelli e lungo la curva del collo. – Tu ami Kristoff.

Anna inclinò la testa per seguire il tocco della sorella. – Sì, certo che lo amo. Ma è anche vero che... so che cosa provo per te. Ed ora penserai anche... che sono folle, perché non si possono amare due persone contemporaneamente. Hai mai sentito parlare di un cuore spaccato in due?

- No.

- Nemmeno io.

Elsa si sporse verso di lei. Dapprima le sfiorò l’angolo delle labbra, prudentemente, poi premette la bocca sulla sua. – Ti amo.

Anna trattenne il fiato.

“Pensate di poterlo nascondere per sempre, Elsa? Credete di esserne capace? Scommetto di no. Nessuno ne è capace”.

- Anche se questo non sarà mai possibile... non cambia quello che provo per te. – aggiunse Elsa, parlando a voce bassa, quasi stesse confessando il più terribile dei segreti.

E per molti... per chiunque lo sarebbe stato. Un terribile segreto.

Anna ricominciò a baciarla. Lo fece con trasporto, appoggiando una mano sulla sua nuca e premendo per attirarla ancora di più vicino a sé. Elsa rispose nello stesso modo, senza curarsi di essere prudente come un attimo prima e infilandole una mano in quella folta chioma rossa. Quando le mancò il respiro si separò lentamente da Anna e lei le abbandonò la testa sulla sua spalla. Il tepore del corpo della sorella era una bella sensazione, la cullava come avrebbero potuto fare le onde del mare di Narnia.

- Grazie per avermi raccontato di quella volta che sei entrata in camera mia... quando ero ammalata – le sussurrò.

Elsa batté le palpebre. – Mi stavi ascoltando? Eri sveglia?

- Beh, non proprio. Diciamo che ero quasi sveglia. E ti ho sentita.

- Oh.

- Non è stata la tua ultima occasione, come pensavi. Ne hai avute tantissime altre.

- Già. Per fortuna. – Elsa prese una delle mani di Anna e ne accarezzò il dorso con il pollice. – Solo perché tu non ti sei data per vinta.

- Non mi do mai per vinta. Soprattutto quando si tratta di mia sorella. E comunque... sei stata fortunata anche per un’altra ragione. Se mi fossi svegliata, quella volta che sei venuta nella mia stanza per vedere come stavo, sarebbe stato peggio per te. Non ti avrei più lasciata in pace. Non ti avrei proprio dato tregua...

- Lo so. Per questo ho fatto attenzione. Eri... eri così...

- Così? – Anna sollevò un po’ la testa. Si sentiva inebriata dal profumo di Elsa, dalla sua parole e dalla sua semplice presenza. I loro corpi sembravano cercarsi e combaciare perfettamente. Come se fosse una cosa assolutamente naturale e non sbagliata come appariva agli occhi del mondo.

- Beh... fragile. Indifesa. – rispose Elsa. – Così piccola eppure anche così... adulta. Ero sorpresa perché non immaginavo che fossi cresciuta tanto.

- Non immaginavi che sarei diventata più alta di te, vero?

Elsa sorrise, divertita. Strusciò il proprio viso fra i capelli di Anna, inspirando profondamente. – Non sei poi tanto più alta di me.

- Non tanto... ma un po’ sì.

 

***

 

Il mattino seguente Anna ed Elsa, accompagnate da Peter, Susan e da due centauri, vennero scortate fino al Guado di Beruna, il luogo in cui Aslan aveva radunato il suo esercito prima della battaglia finale contro la Strega. Poco distante da lì c’era l’ingresso ad alcune grotte. Secondo quello che avevano detto loro, la grotta nascondeva il passaggio per tornare al loro mondo.

Ma la verità era che il passaggio non era dentro ad una delle grotte, bensì all’esterno.

- Che? Dite sul serio? Io non vedo niente! – esclamò Anna. – Davvero. Io vedo solo... niente, appunto.

- Non è vero che non c’è niente – disse uno dei centauri. Con la punta della lancia indicò un punto davanti a lei. – Laggiù. Guardate. Tra i pali.

All’esterno delle grotte c’erano due lunghi bastoni di legno conficcati nel terreno, ad una distanza di circa tre metri l’uno dall’altro. Un palo più sottile e leggero era stato sistemato sopra agli altri due, in orizzontale, inquadrando una specie di porta.

Elsa strinse gli occhi. In mezzo ai pali vedeva l’erba, gli alberi e il cielo limpido di Narnia... e qualcos’altro. Niente di concreto, solo un vago tremolio, come se l’aria si fosse concentrata solo in alcuni punti e vibrasse.

- Aslan ha detto che, oltrepassandola, potrete tornare a casa – assicurò Peter, quasi l’avesse provata di persona e potesse confermarglielo. Lui e Susan risplendevano, forse un po’ troppo, nei loro abiti pregiati, di seta e con finimenti dorati. Susan, a parte la sua faretra e l’arco, portava un diadema che le ricadeva in mezzo alla fronte e qualcuno le aveva acconciato i capelli scuri in una treccia. Peter, invece, indossava la cotta di maglia argentata, l’elmo e la sua spada era infilata in un fodero tempestato di gemme.

- Come pensavate di tornare indietro? Attraverso un armadio? – domandò l’altro centauro che le aveva accompagnate.

- Beh, no. Attraverso... una porta. L’ultima volta che siamo tornate a casa da un altro mondo c’era... una vera porta. – disse Anna. Poi scosse la testa. – D’accordo, forse è meglio questa porta rispetto al vortice che ha trascinato me e Kristoff a Storybrooke.

Nessuno capì a cosa si stesse riferendo, ma Peter le condusse presso la strana soglia. Allungò una mano, esitante. La punta delle sue dita toccò il... il niente fra i due stipiti. Le dita affondarono e scomparvero brevemente. Peter ritrasse subito la mano, come se l’avesse appena piazzata sulle braci ardenti.

- Peter? – Susan lo guardò, interrogativa.

- C’è qualcosa. Sì. Direi proprio di sì. – Il Re Supremo annuì più volte. Si schiarì la voce. – Avanti. Tocca a voi.

- Quindi voi... rimarrete in questo mondo? – chiese Anna, dubbiosa.

- Rimarremo, sì. Sentiamo di dover rimanere – rispose Peter. Lanciò un’occhiata alla sorella. – Sono sicuro che Narnia ha bisogno di noi, adesso.

Ci fu silenzio. Anna avrebbe voluto dire qualcos’altro, molte altre cose, a dire il vero. Per esempio avrebbe voluto chiedere ai due fratelli: E il vostro mondo? Casa vostra? Non vi mancherà casa vostra? E i vostri genitori? Non vi staranno cercando, se li avete?

Ma Elsa le prese la mano, sapendo che era giunto il momento di andare e quindi lei si morse la lingua. Il ragazzo salutò entrambe, sfiorando i palmi delle loro mani con un bacio leggero, ma trattenne un po’ di più quella di Anna.

Non vi furono altre parole di congedo. Peter le guardò mentre oltrepassavano la soglia magica. I centauri erano rimasti più indietro e osservavano, pazientemente, un po’ dubbiosi, con le folte sopracciglia aggrottate.

Raggiunta la soglia accadde qualcosa di strano. Elsa ed Anna videro tre cose contemporaneamente: la prima era la radura di Narnia, le facce di alcuni animali venuti a vedere che cosa stesse succedendo e il barbaglio del sole alto nel cielo. La seconda era l’antro di una caverna che si affacciava su una spiaggia bianca e sul mare blu. E la terza era senza dubbio il ponte di una nave.

Anna si aggrappò al braccio di Elsa.

 

Peter e Susan videro le due sorelle ferme fra i due stipiti. Le videro scambiarsi un’occhiata.

Un istante più tardi erano svanite nel nulla. Era bastato un battito di palpebre e non erano più lì.

- Dove sono finite? Sono passate? Sono... sono davvero passate dall’altra parte... qualunque sia quella parte? – farfugliò uno dei due centauri, confuso.

- Siete sicuri che siano andate nel posto giusto, vero? Perché... non si vede nessun nuovo mondo attraverso quei bastoni. Mi era sembrato di vedere qualcosa, ma ora non sono più tanto sicuro. Scusate se mi permetto, sire.

- Sono tornate a casa loro – disse Peter. – Sì. Aslan non si sbaglia mai.

- Certo – gli fece eco Susan. – E comunque sei tutto rosso in faccia.

- Io? Non sono rosso. Sarà... l’elmo. Dovrei toglierlo, adesso. Fa molto caldo.

- Caldo, sì. Si sta benissimo, invece. Chissà quanto ti dispiace che non faranno mai più ritorno a Narnia...

Peter diventò ancora più rosso. - Beh, mi dispiace eccome! Perché, a te no?

- A te molto di più. Soprattutto per Anna...

 

***

 

L’atterraggio non fu dei migliori.

Elsa cadde malamente sul ponte della Blackrose, più o meno nello stesso punto in cui Black Sam e i suoi uomini l’avevano vista per l’ultima volta. Non ebbe il tempo di rialzarsi e Anna le piombò addosso, schiacciandola quasi.

- Uh! – esclamò Anna, fissando il viso di sua sorella a pochi centimetri dal suo. – Ops.

- Capitano! – gridò una voce maschile. Molto alta e sbigottita. – Capitano, correte! Sono qui!

Anna cercò di raccapezzarsi e si alzò, aiutando Elsa.

Non erano tornate ad Arendelle ma direttamente al punto di... partenza. Ovvero la Blackrose. La bandiera pirata era ancora issata in cima al pennone, sbatacchiata dal vento. Il cielo era tinto dei colori del tramonto.

Koral, il nostromo, si fiondò giù per i tre scalini di legno che conducevano al ponte, con i capelli castani che gli ricadevano sulla fronte e sulle orecchie. – Capitano!

- Non sono sordo, Koral! Eccomi – Black Sam, vestito con la stessa giubba rossa e gli stessi pantaloni di pelle nera del giorno dell’assalto alla nave diretta ad Arendelle, apparve da sottocoperta, guardando entrambe come se fossero appena precipitate dal cielo.

- Sono apparse dal nulla, capitano. Dal nulla!

La ciurma di Black Sam lo seguì sul ponte. Alcuni avevano già una mano sull’impugnatura della sciabola. Diverse paia di occhi le scrutarono, sospettosi, perplessi, curiosi e guardinghi. Sembrava che non sapessero decidere quale fosse il modo giusto di comportarsi.

- Dove siete andate a cacciarvi, per tutti i mari?! È da questa mattina che vi sto facendo cercare come un povero idiota! Come se mi aspettassi di trovarvi da qualche parte sulla nave o in mare. Che stregoneria è mai questa? – Il corpo robusto del pirata era teso e rigido come le assi di legno del ponte.

Impiegarono del tempo per assimilare la domanda e formulare la risposta. Solo un attimo prima erano a Narnia, una Narnia non più fredda ma immersa nella primavera. Erano a Narnia con un re, una regina e due centauri come scorta. Ora erano di nuovo nel loro mondo, sulla Blackrose. Circondate da pirati che avevano tutta l’aria di non trovare affatto divertente ciò che era accaduto.

- Beh, ci dispiace molto, capitano – intervenne Anna. – Ma sapete... non è stata propriamente colpa nostra. E sul dove siamo finite... ci sarebbe molto da dire.

- Aye? – domandò.

- Già... Aye – rispose Anna, replicando il suo modo di parlare.

- Avete detto... da questa mattina? – chiese Elsa. – Ci state cercando da questa mattina?

- Sì! Che altro potevo fare dato che siete sparite sulla mia nave? E non sono sparite due persone a caso. Stiamo parlando di una regina con tanto di sorella al seguito!

“È da questa mattina che vi sto facendo cercare...”

A Narnia erano trascorsi diversi giorni, invece nel loro mondo non ne era passato nemmeno uno.

- Dove sono gli anelli? – lo interrogò Elsa.

- Li ho raccolti e rimessi a posto. Sono in una delle casse giù nella stiva. E vi assicuro che nessuno metterà le mani su quella cassa!

- Raccolti?

Dopo la scomparsa delle sue due ospiti, Black Sam non aveva fatto altro che scervellarsi per capire che cosa potesse essere accaduto. Magia, certamente. Qualcosa di cui lui non sapeva niente. Magia che aveva trasportato le due sorelle da qualche parte, dove non era possibile raggiungerle. O peggio. Aveva anche pensato che gli anelli fossero delle armi terribili, che avevano polverizzato sia Elsa che Anna. Per questo nessuno si era azzardato a toccarli. Tranne lui.

- Capitano, non fatelo – l’aveva implorato Koral.

Black Sam aveva indossato un paio di guanti, non molto sicuro che fossero sufficienti contro quegli affari. – Non possiamo lasciarli qui, Koral.

- Potreste sparire anche voi.

- Se succederà, tu prenderai il comando di questa nave.

La ciurma era rimasta a guardare mentre Black Sam si chinava e allungava una mano verso gli anelli. La punta delle dita li aveva sfiorati. Il ronzio proveniente dagli oggetti magici si era fatto di colpo più forte.

Quando li aveva stretti nel pugno i suoi uomini avevano trattenuto il fiato.

Non era accaduto niente. C’era solo quel costante, fastidioso ronzio. Resosi conto di non essersi volatilizzato, Black Sam si era affrettato a rimettere gli anelli nella sacchetta dalla quale erano sbucati e poi di nuovo nella cassa, una delle tante sottratte alla nave che avevano assaltato.

- Non ci sono, capitano. Da nessuna parte – gli aveva detto la sua vedetta.

Non si era aspettato nulla di diverso.

- Non per fare il guastafeste, capitano – era intervenuto uno dei suoi uomini. – Forse è meglio che siano sparite. Soprattutto la regina.

- Erano sulla mia nave, idiota. Probabilmente ad Arendelle si staranno chiedendo che fine hanno fatto. – Black Sam si era messo a masticare tabacco, con forza e a camminare lungo il ponte della nave, quasi lo stesse misurando. Notando le occhiate stranite dei suoi uomini si era fermato. – E di certo se le avessimo riconsegnate noi stessi avremmo fatto una bella figura. Ci avrebbero ricompensati, non credete? Vi assicuro che non me ne sarei andato senza una ricompensa adeguata.

- Sono d’accordo, capitano. Ma quei poteri... ecco, non so se conoscete la storia del regno di Arendelle, congelato per trent’anni...

- Tutti la conoscono, razza di testa vuota! Ed io so anche che a congelare il regno per trent’anni è stata... la regina delle nevi.

- Sono la stessa persona, capitano... almeno questo è quello che si dice.

- Sono due persone diverse. Anche questo si dice. – Black Sam contrasse brevemente la bocca. – Se la regina Elsa avesse voluto trasformarci tutti in statue di ghiaccio l’avrebbe fatto ben prima della scomparsa di sua sorella, non pensate? L’avrebbe fatto non appena saputo che si trovava su una nave pirata. Le sarebbe occorso ben poco tempo per darci una bella lezione.

Nessuno aveva osato obiettare.

- Stava cercando di tornare a casa sua. Non so che cosa ci facesse lontana dal suo regno. Ma è una regina, suppongo che possa fare ciò che vuole. – aveva concluso il capitano della Blackrose.

 “Allora dite alla regina di Arendelle che la sua merce è in buone mani e che magari un giorno ci incontreremo! Dicono che sia una donna bella e assai giusta. Non vi farà niente. Ho sentito anche  dire che controlla il ghiaccio”. Questo era quello che sapeva della sovrana di Arendelle. Di certo non combaciava con il ritratto della donna che aveva intrappolato il regno in una morsa gelida per trent’anni. Eiry... Elsa... non gli era sembrata poi così pericolosa. Quando aveva accolto lei ed Anna sulla nave aveva pensato che fossero due ricercate in fuga da Misthaven. Avevano parecchio oro con loro, il che poteva significare che fossero di nobile lignaggio, ma anche che fossero delle ladre. Tuttavia non le aveva giudicate pericolose. La rossa era una ragazzina sproloquiante e che sapeva il fatto suo. Eiry era... più taciturna, più riflessiva, cercava di passare inosservata ma era troppo di bella presenza per riuscirci. Black Sam si era solo ripromesso di tenerle d’occhio. Koral l’aveva fatto insieme a lui.

- Io dubito persino che siano sorelle – aveva commentato il nostromo, poco prima dell’assalto al mercantile.

- Dubiti? Aye. In effetti non si somigliano molto.

- Non è solo questo, capitano. Ho... ieri sera ero qui sul ponte e ho assistito ad una strana scena. Non volevo spiare, ma mi avete chiesto di tenerle d’occhio, quindi l’ho fatto.

La scena a cui aveva assistito Koral era ben più che strana. Se davvero quelle due erano sorelle, allora avevano un’idea sbagliata di ciò che volesse dire essere sorelle.

- Ma forse a nord funziona così, se davvero stanno andando a nord perché vivono là. Non conosco quel posto, potrebbe... beh, le loro tradizioni potrebbero essere diverse. – aveva continuato Koral. Aveva scrutato il mare, pensoso. – Presso i Valyriani non sarebbe stato... strano. Le pratiche dell’impero di Valyria prevedevano il matrimonio incestuoso. Per mantenere pura la linea di sangue.

- Valyria non esiste più da centinaia di anni, Koral.

Adesso era certo che sul loro legame famigliare non avevano mentito.

- Oh – disse Anna, quando Black Sam ebbe finito di raccontare che cos’era accaduto con gli anelli dopo la loro scomparsa. – Quindi eravate preoccupato per noi? Che pensiero carino.

- Preoccupato? Bah. – Il pirata scosse il capo e rivolse loro un gesto noncurante. - Avevo capito che c’era sotto qualcosa fin da quando avete messo piede sulla mia nave. Sapevo che non eravate chi dicevate di essere... e immaginavo che prima o poi avreste combinato un pasticcio, sebbene vi avessi avvisate di stare al vostro posto.

- Il pasticcio non l’abbiamo combinato noi, ma gli anelli – replicò Anna, irritata.

- Certo. E vostra sorella ha quasi scatenato su di sé i miei uomini.

- Mi dispiace molto – disse Elsa, osservando i membri dell’equipaggio. – Ero sconvolta. Quando lo sono è più difficile... controllare il potere. Non era mia intenzione farvi del male.

Calò il silenzio. I pirati tentennarono. Black Sam si grattò la barba.

- Penso che vogliate cenare – disse il capitano, cambiando improvvisamente argomento. – Le storie si raccontano sempre davanti ad una cena fumante. Non possiamo offrirvi un banchetto da regine, naturalmente. Perciò dovrà bastarvi quello che vi daremo.

- Basterà – commentò Elsa, sorridendo a Black Sam, riconoscente.

- Ehm sì, certo – disse Anna. – Ma se ci fossero dei sandwitches di qualsiasi tipo... sarei molto felice.

***

 

 

Angolo autrice:

Sì, questa volta ci ho messo veramente tanto per aggiornare. Perdonatemi. ^_^

Qualche precisazione, come al solito:

 
Valyria è un riferimento alla serie tv (e alla saga fantasy) Il Trono di Spade. È una città in rovina del Continente Orientale ed era la capitale di un grande impero, distrutto da un cataclisma. Da lì provengono alcune grandi casate, tra le quali quella dei Targaryen. I matrimoni incestuosi erano una pratica diffusa a Valyria e i Targaryen si sposavano fra di loro per mantenere pura la linea di sangue, come spiegato in questo capitolo.


   
 
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