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Autore: youseewhatyouwant    29/06/2015    1 recensioni
Cosa accadrebbe se dopo un litigio Joker costringesse Harley a diventare la nuova Robin? Andrebbe tutto secondo i suoi piani?
-Toc toc,B-Man! Di' ciao alla tua nuova e migliorata Robin!-
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Batman aka Bruce Wayne, Harley Quinn aka Harleen Quinzel, Joker aka Jack Napier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il piano non era poi così complicato.
Be', perlomeno la prima parte.
Fase uno, uscire da Arkham.
Usare la cesta dei panni sporchi non avrebbe funzionato. I ciuffi biondi sarebbero risaltati sulle tenute bianche con chiazze preferibilmente non identificabili dei detenuti. Già provato. Mi era costato una doppia dose di anestetici che mi aveva resa la Nauseabonda Addormentata nel Manicomio per oltre una settimana.
Arricciai il naso a quel ricordo e mi scostai di un passo insieme al vassoio scheggiato che tenevo saldamente in mano subito dopo aver ricevuto il solito bicchiere di acqua previsto ad ogni pasto. Peccato che fosse mista a quelle pillole disgustose che una volta avevo sputato in faccia alla dottoressa Leland. Sapevano di piedi sporchi immersi in una vasca di ammoniaca e, come se non bastasse, riuscivano a stendermi per un buona manciata di ore. Fu un riflesso involontario il mio e, per quanto rivoltante, non me ne pentivo affatto. Vedere la sua faccia sempre pacata e impassibile essere presa da un nervosismo inaspettato che le fece smuovere convulsamente il labbro superiore, lasciando intravedere l'incisivo, fu qualcosa di impagabile ed estremamente divertente.

Da allora la mia terapeuta aveva deciso che l'opzione più appropriata al mio caso fosse quella di nascondermi i farmaci nel cibo. Un po' come faceva mia mamma con il cane che avevo da bambina. A differenza mia, però, Spike era stato capace di fuggire via di casa. Quanto lo invidiai mentre fissavo l'asticella di plastica che pendeva dal bordo del recipiente.
Almeno Debbie si era ricordata della mia adorazione verso le cannucce.
-Harley, mi hai sentita?- domandò ad un tratto una voce di natura suadente.
Alzai appena il mento verso la sorgente di quel suono e sbattei confusa le palpebre, pensando alla svelta ad una risposta decente che non si riducesse ad un eeemh.
-Eeemh…piante?- azzardai inarcando un sopracciglio.
Gli smeraldi di Red furono adombrati da un minaccioso abbassamento delle palpebre.
-Hai tirato ad indovinare- sbottò altezzosa assecondando i movimenti della fila alla mensa, distogliendo lo sguardo.
-Come stavo tentando di spiegarti prima, ho intenzione di elaborare un piano per fuggire da qui che includa l'aiuto della famiglia di calea che ho in cella- mormorò avvicinandosi a me per non essere udita dagli altri presenti in sala.
-Per soffocare le guardie con i loro steli?- domandai puntando gli occhi sulla vetrina che mostrava le offerte del giorno.
-Non proprio- rispose Ivy aggrottando la fronte, quasi stesse prendendo in considerazione l'idea.
-Quella che avevo in mente era una soluzione più discreta. Pensavo di sfruttare le proprietà allucinogene della mia bambina per spedirle nel mondo dei sogni senza futili grida di terrore che possano spaventarla- affermò accentuando la voce e sventolando teatralmente una mano per aria.
Erano già finite le alette di pollo. Non ne era rimasta nemmeno una.
Nigma.
Era di sicuro lui il responsabile.
Premei con maggior vigore i polpastrelli contro i manici del vassoio. Era l'unico ad amarle quanto me. Stavolta non l'avrebbe passata liscia.
Mi sarebbe toccato di nuovo il tacos con pezzi di carne suina, salsa piccante e peperoni verdi che mi ricordavano gli insipidi e saccenti occhi di Ed intento a degustare le mie alette di pollo.
Quello stramboide irritante quanto l'ortica di Pammie doveva solo ringraziare la sua buona stella che in quel momento non lo avessi a portata di tiro.
Raggiunsi a grandi passi il nostro solito tavolo all'angolo della mensa nel tentativo di sopprimere la rabbia e presi posto accanto a Tetch il quale, con la bocca ancora ripiena di quello che sembrava un boccone di pasta alla bolognese -o una sua imitazione-, mi regalò un gran sorriso pur deglutendo quando il suo sguardo si posò su di me. Doveva  essere ancora un po' scosso dall'incontro a tre del giorno precedente.
Ricambiai il saluto e strappai un pezzo del mio pranzo con le dita prima di avvicinarlo alle labbra.
-Se non sono indiscreto, cosa ti affligge, Pamela?- domandò con fare innocente il nano dai capelli biondi notando il suo inusuale silenzio. Di norma quello era il momento della giornata in cui avrebbe criticato qualunque nostra scelta culinaria che includesse prodotti provenienti dai suoi ben amati bambini, come ad esempio il rosmarino sul sugo di pomodoro del Cappellaio.
-Crede di poter scappare usando una sua amichetta come incenso- minimizzai osservandola conficcare in profondità la forchetta nel suo pasto.
-In verità-
-In verità il tuo progetto è anche più facile da risolvere dell'enigma che recita quale carne è contenuta all'interno del tuo pasticcio misterioso?- rispose Edward ponendosi a sedere accanto alla rossa.
-Per inciso, è l'avanzo del coniglio del lunedì agreste di quattro giorni fa- mormorò soddisfacendo una domanda che nessuno aveva pronunciato e riuscendo incredibilmente a non farsi udire da Jervis che si sarebbe trasformato immediatamente nella Regina di Cuori se avesse saputo di quell'affronto al Bianconiglio.
-Come se tu avessi un'idea migliore- sibilò Red corrucciata spingendo con falsa incuranza la pietanza a causa della quale il languore che le faceva ruggire lo stomaco parve dissolversi nel nulla.
-Ti è mai passato per la testolina il pensiero che io voglia restare qui?- chiese quasi retoricamente Nigma congiungendo le mani e puntellando i gomiti sul ripiano ligneo.
-E quale sarebbe la motivazione?-
-Semplice.- Scrollò le spalle e agguantò ambedue le posate. -Non spreco parte del mio prezioso tempo a coordinare ogni azione di quei trogloditi dei miei uomini accompagnandoli per la manina e lo sfrutto per elaborare un nuovo piano degno del miglior detective del mondo- schernì Brat-Man vomitando quell'epiteto affibbiatogli dalla società.
-Dicono tutti così- bofonchiai facendo eco al giudizio di Ivy che ora fissava di sottecchi la mia mano salire e scendere dalla mia bocca unta di olio.
Nell'esatto momento in cui mi voltai per accertare quella che era solo una mia ipotesi, Red lasciò andare elegantemente il capo fra le dita e cominciò ad osservare la forchetta con cui stuzzicava quella poltiglia che si raffreddava minuto dopo minuto.
-Cosa c'è, Harleen? Il pennuto ti ha mangiato la lingua?- chiese sornione il moro inclinando il capo e degustando il suo pranzo, gesto che fu accompagnato da un verso di piacere simile a quello che avrebbe emesso se fossi stata in grado di assestargli un colpo in mezzo alle natiche.
-Molto divertente, Rebus.- Imitai una risata palesemente ipocrita e addentai un pezzo di tortilla grugnendo.

Pensa a cose felici, Harley, o a differenza di quello che crede Peter Pan il piatto volerà dritto su quel ghigno

Le iridi di Pammie puntarono di nuovo con discrezione al boccone che avevo in pugno.
Sospirai rassegnata. Mi era impossibile ignorarla. Tolsi le tracce di origano visibili al suo occhio attento e lasciai cadere sul suo vassoio la metà di tacos che aveva attirato la sua attenzione, fingendomi distratta.
Senza pensarci due volte Ivy acciuffò quello che era divenuto il suo pasto e, incurvando riconoscente un angolo delle labbra all'insù, mise a tacere il demone che regnava nel suo torace.
-Cosa non dovrebbe mangiare un'ebrea dall'appetito analogo a quello dell'animale in questione e ha il sapore della sconfitta?-
Fui trattenuta dall'avventarmi contro la sua faccia saccente e farla divenire parte del mio pranzo messicano solo quando fra le mie braccia si materializzò un oggetto morbido che non riconobbi all'istante, diverso com'era dall'ultima volta che l'avevo visto.
-Mr. JJ!- esclamai al culmine della felicità stritolando il pupazzo di pezza dal viso pallido e dal sorriso sanguigno. Letteralmente sanguigno, a dire il vero.
Nascosi il naso fra quell'ammasso di capelli verdi e ne aspirai l'odore.
Non era il migliore del mondo, tutt'altro. Puzzava di petrolio ed era ricoperto di fuliggine, ma profumava di casa.
Un dubbio affiorò allora nella mia mente. L'ultimo posto al mondo in cui doveva trovarsi era Arkham.
-Piaciuta la sorpresa, cupcake?-
Lui.
Ecco la ragione.
Deglutii cercando di sopprimere la sensazione di vertigine che si stava diramando nella mia testa e strinsi la morsa a tenaglia esercitata dalle mie braccia attorno al piccolo pagliaccio. Se non le avessi tenute occupate si sarebbero avvinghiate attorno al collo del vero Mr. J, ora seduto al mio fianco. Per abbracciarlo o farlo morire di asfissia, immagino. O magari per entrambe le cose.
Aveva ambedue le mani posizionate una sopra l'altra sotto il mento in un'imitazione caricaturale di una ragazzina che fissa intensamente il tizio per cui ha la sua prima cotta, battito insistente delle ciglia compreso.
Senza volerlo le mie labbra iniziarono ad essere solleticate dallo stimolo di una risata, desiderio che si volatilizzò quando mi resi conto che quella ragazzina ero io.
Io non mi comportavo affatto in quel modo con lui.
-Un po'- concessi cacciando a fatica le parole fuori dalla gola, sollevando il naso e girando il busto in direzione opposta alla sua prima di accavallare le gambe. Per farlo sbattei il ginocchio contro il bordo del tavolo, ma la bocca serrata mi aiutò a soffocare un gemito di dolore e allo stesso tempo a rendere la mia recita credibile.
-Mr. JJ?- Ivy inarcò scettica un sopracciglio e scoccò un'occhiata al clown di peluche.
-Mr. Joker Junior- risposi con un mugolio che mascherai alzando il tono di voce di un'ottava ispirandomi al timbro nasale che Edward assumeva quando sciorinava a tutti informazioni indispensabili ad innalzare il suo ego.
-Non ti chiedi come faccia ad averlo?- domandò d'un tratto J rubandomi il bicchiere, come se non avesse notato il mio tentativo estremo di dimenticarmi della sua presenza in quella sala.
L'attimo in cui si accorse che lo stavo osservando di sottecchi, sorrise divertito e bevve un sorso dalla cannuccia che fu presto preda dei suoi denti.
-Diciamo che ho i miei mezzi qui- affermò vago e con un'espressione contrariata non appena le sue papille gustative furono attraversate da quel veleno.
-Bimba mia, se avessi saputo che spacciavano questa roba in mensa avrei saltato meno pasti- si interruppe aggrottando le sopracciglia e lasciandosi andare ad una breve ma sommessa risata.
Constatando la mia indifferenza alla sua battuta, si rabbuiò, ma si sforzò di non farlo notare.

100 punti al Grifondharley

Anche Red parve soddisfatta della mia momentanea vittoria.
-Immagino tu ti sia accorta che abbia approfittato dell'ora nella sala ricreativa per dare una sistemata al piccolo JJ- terminò il suo soliloquio allargando il proprio sorriso.
Solo allora mi accorsi delle nuove cuciture che percorrevano gran parte di quello che rimaneva del pupazzo. Il lavoro di restauro del mio povero pagliaccio era stato fatto in maniera grossolana e apparentemente frettolosa. I fili usati nei punti di sutura non rispecchiavano quelli dei vari tessuti e spesso ne era stato utilizzato più di uno su un'unica zona per riparare ad un errore di valutazione.
-Pammie, tutto bene? Hai un'aria...verde- commentò Joker ilare notando che Red non aveva ancora smesso di analizzare da lontano la mia bambola.
-Dovresti aggiornare il tuo repertorio, clown- controbatté Ivy con tono intimidatorio.
Detto ciò, la conversazione di gruppo in sviluppo prima dell'arrivo di J riprese a vivere e scoppiò quella bolla che aveva isolato me e Mr. Risata dal mondo.
È buffo. L'universo continua ad andare avanti anche senza di te. Non gli importa che tu possa inciampare e far ritardare gravemente la tua tabella di marcia. La Terra non smetterà di girare, le stelle non esploderanno, l'energia vitale non cesserà di rigenerarsi solo per la tua assenza.
Scossi il capo e arricciai il naso. Pensare a cose del genere con calmanti ed altre medicine della Leland in circolo nel sangue mi faceva venire l'emicrania.
Inoltre mi era sempre più difficile rimanere vigile. Se avessi chiuso le palpebre e contato le pecore avrei raggiunto Jervis nel Paese delle Meraviglie.
-Sta' tranquilla, pumpkin pie. Presto arriverà un'esplosione di felicità e tutto questo sarà finito- mi assicurò la sua voce all'orecchio.
I suoi occhi come i miei rimasero incatenati ai disegni tracciati su Mr. JJ.






Incrociai le caviglie ancorandomi alla ringhiera del letto e rilasciai un sospiro afflitto. I miei capelli ondeggiarono con disappunto. Nemmeno mettermi a testa in giù mi aveva aiutato a dare una risposta a quello strano indovinello e il pagliaccio di pezza si ostinava a guardarmi triste dalla sua posizione capovolta rispetto alla mia.
-Non fissarmi in quel modo- mugugnai imbronciata e sul punto di lanciarlo contro il muro per danzare sui resti di quell'essere diabolico. Era fisicamente impossibile sopravvivere alla collaborazione di due clown il cui fine era quello di farti impazzire -si fa per dire- per il loro compiacimento.
Corrugai la fronte. Le opere di J di solito erano piuttosto accurate.
A dire la verità avevo già una teoria.
No, era impossibile. Dove avrebbe potuto procurarsi tutta quella roba?
Inclinai il viso fino a toccare la spalla con la guancia. Però era riuscito a recuperare Mr. JJ dalla Funhouse. Era capace di qualsiasi cosa.
Sì, ma era capace anche di quello?
Con un gesto dettato dalla frustrazione, gettai la bambola sul pavimento e caddi di faccia contro il cuscino dopo essermi accovacciata sopra il materasso.
Perché ero così  restia dal credere che il suo fosse un semplice regalo?
Sospirai e pian piano rilassai i muscoli del mio corpo che si erano contratti a guscio.
Semplicemente perché J non faceva mai regali a nessuno. Be', perlomeno non del tipo che non potessero nuocere.
Fu in quel momento che ebbi l'illuminazione.
Spalancai gli occhi e mi misi a sedere reggendomi con le dita al lenzuolo.

Presto arriverà un'esplosione di felicità

Il mio sguardo volò subito sul pupazzo di pezza. Con prudenza poggiai uno ad uno i piedi per terra e a gattoni mi feci strada verso Mr. JJ al quale era tornato il gran sorriso tronfio di sempre.
Giunta al suo cospetto, studiai a fondo la sua figura in cerca di indizi, stavolta senza nemmeno sfiorarlo.
 Dall'esterno nulla lasciava presagire che da un momento all'altro quella bambola avrebbe fatto saltare in aria tutto ciò che la circondava.
Che avesse usato della dinamite? No, non sarebbe stato in grado di controllarla. Certo, avrebbe potuto aver collegato il detonatore ad un orologio, ma non era a conoscenza di se e quando sarei rientrata in cella.
E poi faceva troppo vecchia scuola. Le sue tecniche erano più raffinate e divertenti, per non parlare del fatto che quello rientrava più nello stile di Willy il Coyote che nel suo.
Dovevo mantenere la calma. Nel caso in cui mi fossi abbandonata al panico lui avrebbe vinto e avrebbe ritirato ghignando il suo premio acclamato dagli applausi dell'esplosione.
Non c'era alcun motivo di preoccuparsi. J aveva calcolato tutto e non mi avrebbe fatto fare la fine di un popcorn. Se mi avesse voluto morta mi avrebbe ucciso con le sue stesse mani, no? In fin dei conti era questo il suo modus operandi nei miei confronti.
Intanto Mr. JJ non accennava a muoversi e protraeva la sua derisione che aveva come oggetto la sottoscritta.
Iniziavo ad odiare quello stupido pupazzo.
Uno stupido pupazzo che aveva qualcosa che sporgeva sul polso dalla giacca viola.
Era una carta. Un asso di picche per l'esattezza.
Il suo asso nella manica. Ovviamente.
Ero sul punto di gettare via quello scherzo, se non fosse stato per la scritta che scorsi annotata sul bordo bianco.

Fragile

Fragile?

Inconsciamente diedi le spalle alla bambola per scoccare un'occhiata al clown che si godeva la scena da dietro la porta a vetro posta al lato opposto del corridoio.

Da quando le bombe sono fragili?

Non ebbi il tempo per comprendere l'idiozia di quella domanda.
Tutto divenne più luminoso, tanto da non distinguere più forme e colori.
Una folata di vento e un rumore sordo mi spinsero contro un muro della stanza. Lo ricordo perché improvvisamente avvertii un bruciore tremendo che dalla schiena raggiunse gran parte del corpo.
L'inferno durò un istante, ma bastò a farmi credere di averlo raggiunto sul serio.
Fiamme percorrevano i miei arti e dei chiodi mi impedivano di compiere anche il minimo movimento.
Mi tranquillizzai solo quando trovai il coraggio e la forza di aprire gli occhi per scoprire che molte di quelle sensazioni erano il frutto delle scottature che rivestivano i tratti di pelle scoperti dalla tuta, ridotta ora ad uno straccio.
Acquisita un po' di lucidità decisi di risolvere il problema più urgente: constatare se fossi viva.
Adagiai una mano sul lato destro del petto e mi concentrai traendo un gran respiro che mi costò quanto una lama infilzata fra i polmoni.
Non sentii nulla.
Riprovai e il risultato non variò.
Incominciai ad agitarmi. Ero troppo giovane, avevo ancora una vita davanti a me e mille progetti. Comprarmi una villa con piscina e camino, sposarmi col mio puddin' in una cerimonia tenuta da B-Man che avrebbe coinvolto tutti i cittadini di Gotham -ben stretti con delle corde alle loro sedie-, vedere i nostri eredi correre per casa e schizzarsi contro acido con le pistole d'acqua e poi realizzai che il muscolo cardiaco tende a sinistra.
Oops
Il cuore non aveva smesso di battere. Aveva un ritmo piuttosto alterato, ma almeno non si era spappolato come un'anguria.
Quindi ero viva e non mi trovavo nel regno dei morti. Non era un'illusione. Bene.
Esalai un sospiro di sollievo e percorsi con le dita il profilo del petto.
Probabilmente una costola o due rotte, nulla di irreparabile.
Fortuna che ebbi l'istinto di proteggermi il viso e il torace con le braccia. E di non sbattere la testa ed andare incontro ad un'emorragia interna che mi avrebbe condotta a morte certa. Immagino questo sia stato il vero colpo di fortuna.
Spinsi i palmi delle mani sulle mattonelle e piegando le ginocchia esercitai la forza necessaria ad ergermi in piedi, gesto di cui mi pentii immediatamente.
Con alta probabilità mi ero procurata anche una bella storta alla caviglia.
La giornata cominciava splendidamente.
La stanza ruotò per un po' e fui costretta a far aderire le spalle alla parete dietro di me per sostenermi e non perdere l'equilibrio.
Sbattei le palpebre per schiarire la vista e studiai l'ambiente attorno a me.
La detonazione aveva sfondato la lastra di vetro che era andata a schiantarsi contro la cella posizionata di fronte alla mia, creando un passaggio che le collegò in una frazione di secondo.
Barcollante mi incamminai verso quella direzione, fermandomi quando notai delle crepe percorrere una delle sbarre che costituivano la ringhiera del letto.
Un po' di prudenza non mi avrebbe fatto male. E poi magari si sarebbe rivelato persino divertente.
Al terzo calcio che sferzai contro l'asta metallica riuscii a brandire la spranga con cui mi sarei fatta strada fra la folla e un braccio si avvolse attorno al mio bacino intimandomi con insistenza di seguirlo.
-Ora che hai trovato un nuovo giochino è meglio che inizi a correre, o le guardie si uniranno alla nostra festa- mi ordinò Joker rivolgendomi un'occhiata della durata di un battito di ciglia.
Tenevo il suo passo a fatica e più volte fui sul punto di inciampare sui miei stessi piedi mentre sagome di quelle che sembrarono miriadi di celle scorrevano accanto a noi.
Le sentinelle del manicomio non tardarono ad accorgersi della nostra fuga e presto il segnale d'allerta strillò richiamando all'attenzione l'intero edificio.
Questo voleva dire che anche Pam aveva scoperto il nostro piano e mi avrebbe accusata di non averla portata con me.
-Dobbiamo andare a prendere Ivy- gridai per sovrastare il suono ad intervalli regolari che rimbombava dagli altoparlanti e puntai i piedi per terra per frenare la corsa che fungeva da benzina al fuoco indomito che bruciava sul mio piede zoppicante.
-Harley, non abbiamo tempo- mi rimproverò lui nascondendosi dietro ad un muro e costringendomi ad imitarlo nonostante i miei sforzi.
Aveva gli occhi puntati sull'ingresso dell'ala degli irrecuperabili e dalla sua risposta evasiva ebbi la sensazione che non avesse nemmeno ascoltato la mia lamentela.
-Ivy ha bisogno di me- ribadii fermamente strattonando la sua mano che si ostinava a reggermi per la vita. Era stata l'unica cosa che mi aveva permesso di non cadere sul pavimento, tuttavia in quel momento preferii di gran lunga quella parete alle sue sudicie dita.
-Zuccherino, se non chiudi quella dannata bocca sarò costretto a cucirtela io-
Era così concentrato. Ad un tratto la sua fronte corrugata si rilassò e sorrise quasi ghignando.
Incuriosita osservai con maggiore scrupolosità il punto da lui studiato e finalmente capii.
Era strano. Erano già trascorsi dieci minuti e ancora non vi era l'ombra di un secondino.
Nessuno ci stava cercando. Come era possibile?
-Avevo detto a Sam di sviare le guardie, ma, sai, non ci si può mai fidare di un uomo con una pistola. Così ho optato per il piano B. Far trovare il suo cadavere nell'ufficio della tua cara terapeuta- spiegò rallegrandosi ad ogni parola che pronunciava.
Quelle iridi avvolte dall'oscurità e segnate da un luccichio che trapelava felicità. Era una di quelle rare occasioni in cui, se eri colto dalla fortuna, avevi la possibilità di notare le venature verdi solitamente celate dal buio eterno di quegli occhi, in attesa di essere scoperte. Erano bellissime.
-Oh-
Fu tutto ciò che mi venne in mente. Uno stupido, insensato oh.
Quello era decisamente più nel suo stile. Avrei dovuto prevederlo.

Stupida, stupida Harley

-Saluta le telecamere, bambina- disse ridendo e afferrando il mio polso per scuotere le nostre mani verso il marchingegno elettronico che ci spiava a poca distanza dalle nostre teste prima di precipitarsi fuori e perdersi in una delle sue crisi di risa.
Nel giro di un'ora avevo perso il mio pupazzo e la mia spranga nuova di zecca. Dalla mia bocca non uscì il suono di un solo ghigno mentre venivo trascinata via da Arkham.

 




Spazio autrice

Hola mes amis!

Sono risorta dal regno dei morti, un po' come Harley.

Credo che in ogni spazio autrice saranno inserite delle scuse per il tremendo ritardo, ma questo è una sorta di mia hamartia.

Chiedo scusa per il mio tremendo ritardo. La pigrizia in estate regna sovrana e colpisce anche l'ispirazione.

Spero solo che non abbia compromesso troppo la qualità del capitolo che è decisamente più lungo rispetto ai precedenti ma, ehi, salvo non sia un'agonia insopportabile e senza fine, dovevo trovare il modo di farmi perdonare. A tal proposito, mi piacerebbe sapere se è preferibile la lettura di un capitolo di una stesura più o meno simile a questo o quella di uno più corto.

Ringrazio di cuore tutti coloro che seguono la storia, chi l'ha messa fra le seguite/preferite, i lettori silenziosi, e chi ha lasciato un commento, mi avete reso le giornate migliori, davvero.

Prego che il prossimo aggiornamento non arrivi fra due mesi.

Adios

  
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