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Autore: Grimilde Deveraux    30/06/2015    1 recensioni
(sulla base di Sembra Impossibile di Fabrizio Moro)
...Ricordami...
Queste le sole parole che lui le ha lasciato.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ricordami

Roma.

Piazza di Spagna, una calda giornata di metà giugno.

Da una finestra lasciata aperta per far entrare qualche raggio di sole si sente la musica leggera di una chitarra, poi la voce di un cantante…

La canzone è sempre la stessa, delicata ma forte allo stesso tempo: Libero, di Fabrizio Moro.

Stesa sul suo letto, gli occhi chiusi e i capelli sparsi sul cuscino rosso, c’è una ragazza che canticchia piano e sorride.

La piccola stanza rispecchia perfettamente il carattere della sua proprietaria: le pareti arancioni sono quasi tutte coperte da poster di luoghi esotici e dei suoi cantanti preferiti, la piccola scrivania in legno è ingombra di fogli, disegni e penne sparse un po’ ovunque, c’è solo un piccolo spazio per il computer portatile e accanto una foto di due ragazzi, un ragazzo e una ragazza.

La foto è stata scattata in una giornata di sole, entrambi sono lì, belli, felici e sorridenti con tutta la vita davanti.

Erano ragazzi normali, desiderosi di correre, vivere, sognare…avevano migliaia di progetti, l’università, il lavoro, viaggiare, girare il mondo e vedere un sacco di città; poi fra tutti c’era il LORO sogno, quello più bello, fulgido, quello a cui tenevano particolarmente: andare a vivere insieme, lontano da Roma, lontano dalla città, dal caos.

Ricordava ancora quando lui l’aveva convinta, quando l’aveva portata in macchina in quel lungo viaggio pieno di pazzia e le aveva mostrato la loro futura casa…avevano percorso tutta l’autostrada fino all’uscita di La Spezia…ricordava tutto di quel pazzo viaggio che all’inizio aveva preso come un gioco, ricordava anche la prima volta che lui l’aveva portata sulla spiaggia di Monterosso al tramonto e stringendola fra le braccia le aveva detto:<< Ti amo Benny, ti amo e non smetterò mai di dirtelo >>

Infatti non aveva smesso di dirglielo, glielo aveva ripetuto fino all’ultimo giorno, fino al giorno della sua morte, anche pochi istanti prima di lasciarla per sempre.

Benedetta si alza piano dal letto, gli occhi velati dalle lacrime, ricordarlo le fa ancora un po’ male, ricordare Massimiliano le fa molto male.

Poi quasi senza pensarci il suo sguardo corre a quella foto, scattata un pomeriggio a Villa Borghese, solo pochi giorni prima che accadesse la tragedia, solo pochi giorni prima che lui sparisse per sempre dalla sua vita.

La canzone del cd finisce lasciando spazio a quella successiva, Sembra Impossibile…<< Non male questa canzone >> le aveva detto Massy una volta…poi ancora un’altra lacrima…quella era la loro canzone!

 

Mi ricorderò di noi

mentre gli anni passeranno,

passeranno in fretta e poi...

altri amori svaniranno.

 

Le parole che rispecchiano perfettamente la loro storia, la nostalgia e il vuoto che lei sente nel cuore e che più che mai ora senza di lui non riesce a colmare.

All’improvviso, come un flash, come un lampo a ciel sereno la sente di nuovo, la sua risata.

Calda, dolce e roca come lo era sempre la sua voce, poi a seguire subito il ricordo, il più bello di tutti, il loro primo incontro.

A dir la verità la loro prima litigata.

Era cominciata così, per una parola di troppo, per una risata al momento sbagliato.

Era iniziata male, ma era stata la storia più bella della sua vita, il suo primo amore.

Era il suo compleanno, il 13 gennaio e, dio non ci credeva, ma compiva 19 anni!!! 19!!!

Già ai suoi 18 era stato un delirio, quell’anno sarebbe stato peggio.

Come sempre le sue amiche l’avevano portata al bar in Piazza Campidoglio e, ridendo come matte avevano cominciato a bere birra e a fare scommesse sceme e assurdi giochetti tipo obbligo o verità.

Malauguratamente Benedetta, dopo la seconda birra aveva detto la parola magica:<< Obbligo >> era stato in quel momento che a Marina, la sua migliore amica, era venuta l’idea…il lampo di genio.

<< Vai da quei bellissimi a quel tavolo e fatti dare il numero da quello biondo, è carinissimo e voglio conoscerlo >> Benedetta aveva guardato di traverso il tavolo in fondo al locale, un gruppo di ragazzi sui 25-26 anni stava bevendo e ridendo allegramente, erano tutti molto belli, il biondino che aveva colpito Marina indossava una maglietta senza maniche con scritto ARMANI JEANS e parlava fitto fitto con il suo amico seduto accanto a lui.

Deglutendo un po’ a fatica lei si era alzata, aveva guardato ancora quel gruppo di quattro ragazzi che un po’ le mettevano paura e si era diretta verso il bancone del bar.

<< Ehi Mirko… >> e aveva chiamato il barista:<< Dimmi Benedetta >> sì, la conoscevano tutti in quel bar, tutti sapevano chi era.

Non a caso era una delle ragazze più popolari e, ora se ne rendeva conto, superficiali di tutta la sua scuola e di tutto il suo quartiere.

<< Senti ho fatto una scommessa con Marina, devo andare a quel tavolo e parlare con quello biondo, ti prego… >> lui sorride e la guarda ridendo:<< Va bene, tieni stavo giusto per portargli le ordinazioni >>

Era arrivata al tavolo con il vassoio, decisa e sicura, li aveva squadrati tutti, il biondino, un ragazzo alto con i capelli castani, uno rasato e poi lui, moro con i capelli lasciati spettinati con un po’ di gel.

Gli occhi scuri di un caldo marrone cioccolato che la guardavano allegri.

<< Ehi, da quando questo posto ha una cameriera così carina? >> aveva replicato quello rasato e tutti erano scoppiati a ridere:<< Beh…grazie… >> aveva balbettato Benedetta imbarazzata, dio non era da lei, non aveva mai balbettato davanti a nessuno!

Prendendo tutto il suo coraggio aveva alzato gli occhi e con molta nonchalance aveva detto:<< Scusatemi, ma le ragazze a quel tavolo mi hanno chiesto se… >> il biondino e quello rasato si erano voltati velocemente in direzione delle ragazze:<< Ah, le tue amiche >> aveva replicato il biondo:<< Di chi vuoi il numero?! >> era una presa in giro e lei l’aveva capito più che bene.

La risata del moretto e dei suoi amici era arrivata pochi istanti dopo, si era sentita malissimo, umiliata e nervosa allo stesso tempo.

Non ci aveva pensato e, prendendo una delle birre, l’aveva versata addosso al biondino e al moretto che erano seduti vicini lavandoli da capo a piedi.

<< Ehi, ma che diavolo fai? Sei pazza?! >> e lui si era alzato, bellissimo nel suo metro e ottantacinque.

Bellissimo anche arrabbiato com’era, bellissimo e con due occhi profondi e irraggiungibili.

Avevano discusso e poi non si sa bene come il tutto era finito con un invito a cena, lui l’aveva invitata fuori e lei aveva detto di sì.

<< Mi devi ripagare la camicia rovinata e quindi sei in debito con me >> aveva usato quella scusa banale e lei senza sapere bene perché aveva detto di sì.

 

…Cambieranno le mie convinzioni,

la tecnologia e le canzoni...

Sembra impossibile però..che tu vada via!

                            Sembra impossibile però..ma questa è già nostalgia!...          

 

La canzone continua e altre migliaia di ricordi le invadono la mente come un fiume in piena.

Il primo appuntamento, quella cena.

Solo il giorno dopo averlo conosciuto.

Non sapeva nemmeno come, ma se l’era ritrovato sotto casa ad aspettarla.

Era splendido, appoggiato alla portiera della sua macchina, una Civic nera tirata a lucido; quella macchina tirava tranquillamente i 180-200 km/h e lei lo sapeva bene.

Quanto tempo avevano passato a bordo di quella macchina in quell’anno e mezzo? Quante volte avevano guidato per il raccordo sopra il limite consentito? Oramai troppe per contarle.

Ad ogni modo la prima sera che lo vide lui era calmo, bello e rilassato; quasi come se la sera prima lei non l’avesse lavato da capo a piedi con una mezza pinta di birra!

Già…quasi…Massimiliano era così, faceva tanto il carino ma non perdeva occasione per prendersi le sue piccole soddisfazioni.

Gli bastava una frase, una sua parola era come una stoccata…sapeva toccare i tasti giusti con ironia e sarcasmo.

Esattamente come era successo quella sera:<< Tieni, te l’ho comprata nel caso avessi voglia di rovinarmi anche questa camicia >> e le aveva messo tra le mani una bottiglia di Guinness:<< Sai com’è…preferisco le scure >> e l’aveva guardata da capo a piedi con quell’allusione nella voce; il suo non era solo un riferimento alla birra e lei l’aveva capito solo molto dopo!

Durante tutto il tragitto in macchina Massimiliano aveva acceso il lettore cd e dopo pochi istanti una canzone che non conosceva, però il cantante l’aveva riconosciuto, aveva partecipato al festival di San Remo, era Fabrizio Moro.

<< Cos’è quella smorfia? >> e lui si era messo a ridere guardandola per un istante:<< Quale smorfia? >> non si era nemmeno accorta di aver arricciato il naso, molto probabilmente Massimiliano non lo sapeva, ma quello non era esattamente il suo genere di musica!

<< Quella che ti si è dipinta sul viso tesorino… >> poi con una risata a quello stupido nomignolo e probabilmente all’ennesima smorfia che lei non si era accorta di avere sul viso aggiunse:<< Ah…ad ogni modo io sono Massimiliano, ma puoi chiamarmi Max >> lei lo aveva guardato con un piccolissimo sorriso:<< Benedetta >> non aveva commentato subito, aveva assimilato il suo nome come se fosse una parola strana e mai sentita prima poi sempre con quel suo sorriso irresistibile aveva fermato la macchina davanti ad un locale e le aveva detto:<< Benedetta…Benedetta…vedremo se anche di fatto o solo di nome >> poi senza darle altre spiegazioni era sceso dalla macchina e aveva fatto il giro per aprirle la portiera.

Quella frase, come molte altre di Massimiliano le aveva capite solo in seguito, solo quando purtroppo era già troppo tardi…anche se a dire il vero molte aveva dovuto spiegargliele lui!

La loro prima cena era stata a dir poco comica.

Massimiliano che, da ottimo buongustaio come amava definirsi, ordinava i piatti più disparati e casarecci, lei che si limitava a una bistecca ai ferri e ad un’insalata scondita.

<< Dimmi che hai intenzione di mangiare qualcosa di un po’ più sostanzioso >> le aveva detto mezzo serio e mezzo divertito quando lei gli aveva detto cosa voleva ordinare:<< No…cosa c’è di male nel mangiare qualcosa di sano? >> << Sano? E a te un po’ di carne e qualche foglia d’erba senza condimento pare mangiare sano? >> lei lo aveva fulminato con gli occhi:<< Se tu vuoi mangiare come un maiale e ingrassare od ostruirti le arterie di colesterolo sono fatti tuoi, io non ci tengo >> poi sempre più stizzita aveva cominciato a guardarsi intorno cercando di ignorarlo il più possibile.

Ci era riuscita talmente bene che non si era nemmeno accorta del cameriere venuto a prendere l’ordine e del fatto che Massy aveva ordinato anche per lei…e non certo la sua insalata scondita!

<< Come pensi che possa mangiarlo?! >> gli aveva chiesto scandalizzata quando il cameriere le aveva portato il piatto di gnocchi alla romana della casa:<< Come vuoi mangiarli?! Prendi la forchetta, ci metti un po’ di cibo e te lo metti in bocca >> e ridendo per prenderla spudoratamente in giro cominciò a mangiare un po’ dei bucatini alla amatriciana che si era ordinato; erano il suo piatto preferito e lei per farlo felice aveva imparato a cucinarglieli.

Cinque minuti dopo lei non aveva ancora toccato cibo e Massimiliano, senza troppi problemi aveva avvicinato la sua sedia a quella di lei, aveva preso in mano la forchetta con un po’ di gnocchi e aveva cominciato ad imboccarla con gentilezza:<< Vedi che non è così difficile >> le aveva fatto notare quando lei, quasi senza accorgercene aveva finito l’interno piatto.

<< Dovrò andare a correre per ore domani per smaltire una cosa del genere >> l’ennesima risata...cavolo cominciava a piacerle quando rideva così anche se rideva di lei.

Quando poi l’aveva riportata a casa avevano passato almeno mezz’ora in macchina a parlare e a scherzare.

La bottiglia di Guinness aveva rischiato di finire nuovamente sulla camicia di Massimiliano, ma poi l’aveva guardato in quegli occhi di cioccolato fuso e si era sciolta.

Era troppo bello.

Non poteva lavarlo un’altra volta, non se lo meritava.

A quell’uscita ne erano seguite altre, una più divertente dell’altra, persino i brutti ricordi ora diventavano belli, come la loro prima litigata, ad un mese e mezzo dal primo appuntamento.

Lei era a casa da sola, i suoi erano al lavoro e così aveva chiesto a Massimiliano di passare a trovarla, di venire a farle compagnia e magari di cenare insieme gustandosi un bel piatto di bucatini davanti ad un film.

Purtroppo però a rovinare quell’atmosfera c’era stato il provvidenziale arrivo anticipato di sua madre che aveva trovato lei e Max abbracciati sul divano.

Sconvolta le aveva urlato dietro di tutto e Massimiliano, colto sul vivo da quelle parole, era uscito da quella casa con il dolore nel cuore e la rabbia nel petto che ruggiva come un leone.

Non ci aveva pensato un attimo ed era corsa dietro di lui in strada, aveva parcheggiato a qualche palazzo di distanza e stava camminando lungo il marciapiede con la testa bassa e le mani nelle tasche.

<< Max! Massy! Fermati ti prego! >> l’aveva rincorso nonostante lui non accennasse a fermarsi continuando per la sua strada come se lei non esistesse.

<< Maledizione vuoi fermarti?! >> e correndo l’aveva raggiunto afferrandogli con la mano il braccio coperto dalla giacca di velluto che indossava:<< Che cosa vuoi? >> non l’aveva mai visto così cattivo e arrabbiato, doveva essere proprio deluso:<< Massy, ti prego lasciami il tempo di spiegare >> << Spiegare cosa? >> le aveva chiesto acido:<< Che tua madre mi ha appena chiamato figlio di… >> ma fermò la voce prima di imprecare:<< Non ce l’aveva con te… >> aveva cercato di giustificarsi:<< Ah no? Sai com’è oltre a te in quella stanza c’ero solo io >> la rabbia dominava il suo istinto e la sua voce, le aveva spiegato solamente in seguito il turbine di emozioni che si agitava nel suo cuore, rabbia, passione, desiderio, amore, odio, paura, voglia di andare avanti.

<< Mamma ha paura per me >> paura? E di cosa? Non li aveva mica trovati a letto insieme, solamente abbracciati sul divano a guardare un film, quasi come due amici, non c’era niente di brutto in quello che stavano facendo.

<< Ma paura di cosa? >> le aveva chiesto non capendo quel discorso; e come poteva capirlo? Lui non c’era quando era successo, non c’era quando aveva passato i mesi più brutti della sua vita.

<< Due anni fa avevo un ragazzo >> Massy era rimasto in silenzio guardandola e aspettando che continuasse:<< Avevo un ragazzo che frequentava la mia stessa scuola, aveva un anno in più di me; siamo stati insieme per quasi un anno, ma è stato terribile, era geloso…mi seguiva ovunque e, a volte, arrivava perfino ad alzare le mani… >> i singhiozzi avevano cominciato a bloccarle le parole, ma aveva trovato la forza di continuare negli occhi scuri di Massimiliano che la guardavano con amore:<< Una sera mi ha costretta ad andare a casa sua, io volevo lasciarlo, lui invece no…mi ha costretta ad andare a letto con lui >> << Piccola…vieni qui… >> e senza più remore lui l’aveva stretta sé accarezzandole i capelli, così Benedetta aveva continuato:<< Due mesi dopo ho scoperto di essere rimasta incinta, mia madre l’aveva denunciato, lui era scappato e io ero sola, non sapevo cosa fare, non riuscivo a credere che era successo a me >> lui si era seduto su un muretto e prendendola in braccio aveva preso a cullarla piano:<< Cos’è successo poi al bambino? >> le aveva chiesto in un sibilo timoroso:<< Ho avuto un aborto spontaneo, è stata una gravidanza difficile >> non c’era stato bisogno di parole, il suo abbraccio aveva parlato per lui, il battito del suo cuore impazzito d’amore per lei l’aveva calmata e colmata più di qualsiasi rassicurazione.

<< Non ti farò soffrire, non ti farò mai soffrire così amore mio, sappilo >> << Non mi lasciare Massy, non mi lasciare, ho troppa paura di perderti >> lui le aveva baciato la fronte:<< Non ho alcuna intenzione di andarmene…nessuna >> e l’aveva guardata con tutto l’amore che provava per lei, fulgido e puro amore che niente voleva se non essere ricambiato allo stesso modo.

Benedetta aveva chiuso di nuovo gli occhi lasciandosi cullare da lui e lasciandosi avvolgere dal suo profumo maschile, quel profumo di cedro che caratterizzava la sua acqua di colonia.

Lo stesso profumo che ora sente tenendo fra le mani uno dei maglioni di Massimiliano, quello che lui aveva lasciato a casa sua prima di partire per il mare, prima della loro vacanza al mare, quella splendida e ultima vacanza che era rimasta indelebile nella sua mente.  

 

…Ti ritroverò così,

nei miei gesti e negli odori,

nella radio o dentro a un film,

nel silenzio e nei rumori,

 

Senza nemmeno rendersene conto Benedetta si alza dal letto della camera e si avvicina alla libreria dove, su una mensola quasi vuota spiccano due oggetti: un quaderno pieno di citazioni, disegni, fotografie e, accanto, un piccolo peluche grigio come il fumo dei camini, un piccolo topolino dall’aria buffa con un pezzo di formaggio fra le zampe, il suo primo regalo. XAM, l’aveva chiamato così perché era l’acronimo di MAX, l’aveva chiamato così inizialmente per scherzo, ma adesso tenerlo fra le mani le faceva ricordare il momento in cui lui gliel’aveva regalato e quel nome prendeva un significato del tutto diverso.

Erano sei mesi che stavano insieme, che uscivano e che si frequentavano; sei mesi in cui lei era cambiata: frequentava molto meno pub e discoteche, usciva un po’ meno con le sue amiche, aveva cominciato a mangiare come una persona normale – mettendo su anche un paio di chili che non le avevano fatto che bene – e, cosa più importante, non era più la 19enne superficiale e snob di quando si erano conosciuti.

Doveva ammetterlo: Massimiliano l’aveva cambiata; quando stava con lui tutto acquistava un senso nuovo, vedeva le cose sotto un’altra luce, ora era più riflessiva e apprezzava ogni piccolo piacere della vita non dando mai niente per scontato.

Anche i momenti con lui erano diventati preziosi e ogni volta che si separavano era come se il suo cuore restasse accanto a Massimiliano per non volerlo lasciar andare, mai.

Il pomeriggio dell’arrivo di XAM lui l’aveva portata in un parco vicino a Villa Borghese; si erano seduti su una coperta che avevano steso sull’erba e avevano cominciato come al solito a parlare e ad ascoltare musica, oramai Fabrizio Moro lo adorava anche lei.

Massy le aveva fatto ascoltare la sua discografia completa, ma la canzone che lei continuava ad amare era sempre e solo una: Sembra impossibile.

Le piaceva perché parlava di loro, le piaceva perché anche per lei era impossibile vivere senza Massimiliano vicino e perché come nella canzone non ce l’avrebbe fatta nemmeno lei.

Infatti come sempre, puntuale come ogni volta che uscivano, lui le dava le cuffie dell’iPod e le faceva ascoltare quella canzone restando in silenzio a guardarla mentre lei, con gli occhi chiusi e rapita dalla musica, canticchiava le parole.

<< Perché ti ostini a guardarmi mentre la ascolto? >> gli aveva chiesto una sera curiosa:<< Sei bellissima, ecco perché >> poi con un sorriso aveva aggiunto:<< Benedetta di nome e di fatto, ho fatto bene ad avere pazienza con te >>

La sola cosa che mancava per rendere tutto perfetto era un bacio, contrariamente a quanto si potesse pensare Massimiliano non l’aveva ancora baciata, in sei mesi che uscivano insieme e che lei era la sua ragazza lui non l’aveva ancora baciata una volta sulle labbra e, maledizione, non capiva il perché!

Mentre era stesa sulla coperta assorta a cantare, aveva sentito qualcosa di peloso e di soffice vicino al collo, nell’incavo della gola.

Preoccupata ma ridendo allo stesso tempo per il solletico aveva aperto gli occhi e si era guardata: accanto a lei, dolce e carinissimo con un piccolo fiocco rosso al collo c’era quel peluche.

Quel topo peluche che con i suoi dentoni l’aveva fatta subito sorridere:<< Ti piace? >> le aveva chiesto lui con la solita dolcezza:<< Sì! È dolcissimo! A cosa devo tutte queste attenzioni? >> lui l’aveva guardata felice:<< Oggi sono sei mesi che siamo insieme, sei mesi che la mia vita ha ricominciato ad avere dei colori, sei mesi che mi sento in Paradiso, volevo trovare qualcosa che ti facesse ricordare come mi fai sentire… >> lei lo aveva guardato sorridendo scettica:<< E lui dovrebbe aiutarmi? >> Massy aveva annuito in silenzio:<< Sì, quando lo guardi ti viene da sorridere vero? >> stavolta era stata lei ad annuire:<< Tu a me fai lo stesso effetto, ogni volta che ti guardo mi viene da sorridere di gioia, mi sento come un bambino, ma accanto a te sono l’uomo più felice del mondo >>  e con un sorriso meraviglioso e carico di felicità si era avvicinato ed era successo.

L’aveva baciata.

Un bacio sapiente, esperto e dolce.

Un bacio dell’uomo che si era accorta di amare, dell’uomo senza il quale non poteva vivere.

Un bacio del suo ragazzo, di quel ragazzo che le aveva appena regalato un simpaticissimo topino di peluche.

Un bacio.

Nient’altro che un bacio.

Nulla di più.

Ma era la cosa più bella del mondo.

 

…Cambieranno mode e ideali

e tutte le teorie universali.

Sembra impossibile però..che tu vada via!

Sembra impossibile però..ma questa è già nostalgia!

 

Già sembra impossibile, più ci pensa e più quella canzone ha ragione, sembra impossibile che tutto sia finito così, che lui se ne sia andato per sempre, ma è successo.

È successo e la sola cosa che Benedetta può fare è riprendersi, cercare di reagire.

Deve farlo, deve farlo per lui, per Massimiliano, il suo Massy.

Lui non vorrebbe vederla così, ridotta ad un ombra triste di sé stessa, non vorrebbe saperla triste per colpa sua, per lui sarebbe come morire, morire una seconda volta e quello è un affronto peggiore della morte, un torto che non può fargli, gli deve troppo, non può!

Con un piccolo sorriso lei riappoggia XAM e prende fra le mani il piccolo quaderno, quaderno che fino a pochi mesi prima era di Massy.

Piccolo rifugio segreto dei suoi pensieri e delle sue parole, piccolo spazio privato dove lui liberava tutto sé stesso e le sue emozioni, dove conservava i suoi ricordi, le sue paure e i suoi dolori.

Parte nascosta della sua anima che, innamorato follemente, aveva condiviso solo con lei e a lei, la sua amata, lui aveva lasciato quel quaderno assieme ad altri ricordi, ad altre cose tutte chiuse nel pacco che le era arrivato pochi giorni prima, quel pacco di un paio di chili dove era contenuto l’anno e mezzo più bello della sua vita, dove era contenuto il ricordo del suo primo amore, dove era contenuto il ricordo dell’uomo che lei aveva amato senza mai pentirsi di un solo giorno o rimpiangere una sola delle cose di cui si era privata.

Sdraiandosi di nuovo sul letto Benedetta apre il diario, una pagina a caso.

Purtroppo, o per fortuna, la pagina giusta e quella sbagliata allo stesso tempo.

Una conchiglia è incollata e vicino ci sono una foto, una cartolina e una piccola didascalia: Monterosso, Liguria 2005.

Sotto la foto un’altra scritta, la grafia semplice e ordinata di Massimiliano: io e Benny sulla via dell’amore; e ancora più sotto: sai di essere l’amore della mia vita piccola vero?!

Era la stessa frase, la stessa che lui con un pennarello aveva scritto su un sasso di quella strada fra le colline, quella strada dove migliaia di giovani innamorati avevano lasciato i loro messaggi d’amore e loro, giovani ed innamorati lo erano, quindi perché non lasciare un segno di quell’amore? Un segno di quanto profondo era il loro sentimento? Massimiliano l’aveva fatto per entrambi, aveva espresso in una frase quello che provava e sotto, vicino ai loro nomi aveva messo la data di quando si erano conosciuti.

Aveva passato ore davanti a quella scritta solamente l’anno prima, da sola.

Sola perché lui c’era, ma non con il corpo.

Sola perché lui l’avevano portato via.

Sola perché il suo Massy l’aveva portato via il suo secondo grande amore: il mare.

Il mare…la sua passione e il suo secondo amore…le veniva ancora da ridere se pensava alla sera del loro anniversario quando lui in mezzo a piazza di Spagna le aveva detto con un sorriso:<< Amore, sali in macchina, ti devo portare in un posto >> lei l’aveva guardato titubante e dubbiosa come sempre quando Massimiliano sfoderava quel sorriso da delinquentello:<< E dove? >> lui l’aveva sollevata fra le braccia e l’aveva portata fino alla macchina:<< Quanto sei curiosa, abbi fede nel tuo ragazzo >> lei lo aveva guardato con occhi innamorati:<< Certo come no…tu mi hai distrutta…hai rovinato tutto quello che ero fino all’anno scorso, non mi riconosco più nemmeno io… >> lui le aveva sorriso e le aveva baciato la punta del naso:<< E ti dispiace quello che sei diventata adesso? >>

Come poteva mentirgli prendendolo spudoratamente in giro? Come poteva non aprirgli il suo cuore come sempre?

<< No…amo quello che sono >> e sorridendo gli aveva stretto le braccia al collo nascondendo il viso nella sua spalla e nei propri capelli lunghi.

Il viaggio era stato come al solito scandito da uno dei cd di Fabrizio Moro…

La dolce canzone Parole, rumori e giorni a scandire il corso dei suoi pensieri, persi dietro alla bellezza senza pari di Massimiliano e alle sue mani sicure che stringevano sicure cambio e volante.

...siamo fatti per sbagliare, e poi tornare indietro e desiderare sempre quello che sta dietro al vetro... e lei? Lei aveva avuto quello che stava dietro al vetro? Aveva avuto Massimiliano che in quel momento era la cosa più bella che avesse mai potuto sognare, un ragazzo fantastico e unico sotto ogni punto di vista.

Stare con lui la faceva sempre sentire bene, lui le dava quella sicurezza che con altri non trovava, quella voglia di vivere e quei valori che da sempre le erano mancati.

Ricordava di aver chiuso gli occhi sulle parole della canzone, con la dolce voce di Fabrizio Moro in sottofondo…

...parole, rumori e giorni attese speranze e sogni lontani...vicini...chi lo sa...chi lo sa...

Aveva dormito per gran parte del viaggio, svegliandosi nel parcheggio buio di un autogrill, erano fermi nel parcheggio e Massy le stava accarezzando il viso piano per svegliarla:<< Amore…scendi, facciamo due passi e mangiamo qualcosa >> lei si era guardata intorno un po’ spaesata:<< Ma dove siamo? >> lui le aveva sorriso con amore:<< All’autogrill all’uscita di La Spezia, siamo quasi arrivati, devi avere ancora un po’ di pazienza >> lei lo aveva guardato spalancando gli occhi dalla sorpresa:<< La Spezia? Ma dove vuoi andare Massy? >>

Tre ore dopo, quando erano giunti nella piazzetta di Monterosso all’alba, aveva avuto la risposta a quella domanda.

Il sole era sorto da non più di cinque minuti e l’intero abitato era illuminato dalla luce fioca del mattino.

<< Ti piace? >> le aveva chiesto vedendo il suo sguardo estasiato nell’ammirare il mare  d’argento che si intravedeva all’orizzonte:<< È bellissimo amore, splendido…ma che ci facciamo qui? >> << Ho comprato una casa qui qualche anno fa…con i soldi che mi ha lasciato mio padre prima di morire…c’è anche la mia barca, così finalmente imparerai ad andare in barca a vela tesorino >> lei lo aveva abbracciato stretto senza bisogno di parole, con Massy era sempre stato così, molto spesso le parole erano inutili.

Avevano passato tutta la settimana a Monterosso a giocare, amarsi e ridere di ogni cosa come due bambini.

Ricordare quella parte la fa stare davvero male, ma poi il suo sguardo cade sulla foto della barca a vela che lui aveva comprato, la Folgore, lo stesso nome di quella del Corsaro Nero, quante volte l’aveva preso in giro per quel nome?

Quante volte aveva maledetto quella barca per non averlo salvato?

Quante volte aveva pensato di bruciarla per non avere altri ricordi di quel terribile giorno?

 E poi cosa ne aveva fatto?

L’aveva tenuta, l’aveva lasciata là in attesa di trovare il coraggio per salirci ancora e ricordarsi di lui, lui che le aveva insegnato ad andare in barca a vela.

La mattina in cui Massimiliano era uscito in mare era un po’ nuvolosa, si ricordava di avergli chiesto di restare con lei in spiaggia, ma lui aveva sorriso e le aveva risposto:<< Vedi là in fondo, sta già uscendo il sole, tornerò nel primo pomeriggio, tu intanto abbronzati e aspettami >>

Non del tutto d’accordo aveva cercato di ribattere ma inutilmente, il mare era la grande passione di Massy, lui amava il mare e amava la barca a vela; non c’erano possibilità di fargli cambiare idea e lei lo sapeva bene.

Per più di un anno si era detta che era stata debole, che aveva ceduto troppo in fretta e che a lui non era mai stata in grado di dire di no, ma poi aveva capito che non sarebbe cambiato niente, anzi sapeva a che soluzione sarebbero arrivati.

L’avrebbe seguito, sarebbe andata anche lei e così in quella maledetta tempesta sarebbero morti entrambi.

Per quanto orribile la prospettiva non le sembrava male, se ne sarebbero andati insieme, stretti l’uno all’altra, insieme fino alla fine.

Si sarebbe spenta anche lei fra i flutti e non l’avrebbe lasciato solo in quell’agonia, in quella morte lenta e solitaria.

Andando avanti con le pagine Benedetta riguarda tutte le foto e i pensieri di Massimiliano durante quella splendida ed ultima vacanza, pensieri che si interrompono proprio in quella data 1 luglio 2005.

La data della sua morte.

L’ultima pagina scritta è quella dove lei ha inserito l’articolo di giornale sulla tempesta e sulla morte dell’uomo che amava, dell’uomo che ancora ama e che mai smetterà di amare.

Nitido come non mai poi le ritorna alla mente il ricordo più bello: loro due, al tramonto su quella scogliera di Monterosso la sera prima della tempesta, prima della morte di Massimiliano.

Loro due stretti in quell’abbraccio interminabile, felici e inconsapevoli del destino crudele che già li aveva segnati.

Lei felice e raggiante davanti allo spettacolo mozzafiato dei giochi d’acqua e alla bellezza senza pari del suo compagno.

Lui gioioso come sempre per la fortuna di averla trovata e di averla accanto, poi di nuovo quella frase, quelle parole che le tornano in mente, la prima volta che ha trovato il coraggio di dirglielo:<<  Ti amo Benny, ti amo e non smetterò mai di dirtelo >>

La prima volta che le aveva detto di TI AMO.

L’aveva detto e il giorno dopo era morto, che destino crudele si era preso gioco di lei e del suo povero cuore innamorato?

Aveva passato l’Inferno, poi aveva capito, doveva riprendersi, doveva farlo per lui, doveva farlo per Massimiliano.

Lui l’aveva cambiata nel corso di quell’anno e mezzo, lui aveva dato tutto sé stesso per renderla migliore e lei non poteva certo buttare al vento tutti i suoi sforzi.

Continuando a sfogliare il quaderno Benedetta scorge un foglio ripiegato in fondo nascosto dall’ultima pagina.

È una lettera.

La grafia sottile ed elegante è quella dell’uomo che ama e il nome sulla busta è il suo, è per lei quella lettera.

Senza pensarci troppo la apre desiderosa di leggere le ultime parole di quell’uomo che tanto le ha dato e al quale deve quello che è diventata.

Comincia a leggere, comincia ancora a farsi invadere dai ricordi, le lacrime calde le scivolando ancora sulle guance, le si mozza la voce e intanto la canzone finisce.

 

…Sembra impossibile però..che tu vada via!

Sembra impossibile però..ma questa è già nostalgia!

Sembra impossibile però...

Sembra impossibile però...

 

Benedetta, amore mio…non so nemmeno io perché ti sto scrivendo questa lettera, tu sei qui, in acqua davanti a me e sei bellissima.

Ogni volta che ti guardo mi chiedo come posso essere stato così fortunato da incontrarti e da meritarmi di averti e di avere il tuo amore.

Sono stato un folle fin dall’inizio della nostra storia un anno fa; sono stato un pazzo e tu hai sopportato ogni cosa, tutto perché ti sei innamorata di me, perché hai voluto giocare il tutto e per tutto, scommettendo su qualcosa che, forse proprio perché è successo per caso, è unico e meraviglioso.

So che non dovrei pensarci, so che non è giusto e me l’hai ripetuto milioni di volte, ma sai anche tu che c’è una sola cosa di cui ho paura: se mi succedesse o ti succedesse qualcosa.

Se per pura disgrazia io dovessi andarmene, se tu non fossi più accanto a me nel giro di un battito di ciglia e peggio ancora se fosse colpa mia.

Sono ossessionato da questo incubo e tu lo sai amore mio, sei l’unica che ha accesso al mio cuore; l’unica a cui ho lasciato il diritto di leggermi l’anima e di scoprirne i segreti più nascosti.

Sei la metà della mia esistenza che mi rende completo, sei il cuore che mi batte nel petto.

Vorrei davvero che non ci succedesse niente, ma nella vita non si può mai sapere.

La vita è come le onde del mare, imprevedibili e per questo ancora più pericolosa; se mai io dovessi andarmene ti prego di non rovinarti per me, tu sei una persona speciale, unica e che merita di vivere felice e serena tutto quello che l’esistenza può offrire.

Ti chiedo, egoista come sono, solo una cosa: ricordami.

Ricordati di me se non ci sarò più, ricordati di quanto ti amo e tieni chiuso nel tuo cuore il nostro amore come un dono prezioso che ci è stato concesso di condividere.

 

Massimiliano.

   
 
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