Roma.
Piazza
di Spagna, una calda giornata di metà giugno.
Da
una finestra lasciata aperta per far entrare qualche raggio di sole si
sente la
musica leggera di una chitarra, poi la voce di un cantante…
La
canzone è sempre la stessa, delicata ma forte allo stesso
tempo: Libero, di Fabrizio Moro.
Stesa
sul suo letto, gli occhi chiusi e i capelli sparsi sul cuscino rosso,
c’è una
ragazza che canticchia piano e sorride.
La
piccola stanza rispecchia perfettamente il carattere della sua
proprietaria: le
pareti arancioni sono quasi tutte coperte da poster di luoghi esotici e
dei
suoi cantanti preferiti, la piccola scrivania in legno è
ingombra di fogli,
disegni e penne sparse un po’ ovunque,
c’è solo un piccolo spazio per il
computer portatile e accanto una foto di due ragazzi, un ragazzo e una
ragazza.
La
foto è stata scattata in una giornata di sole, entrambi sono
lì, belli, felici
e sorridenti con tutta la vita davanti.
Erano
ragazzi normali, desiderosi di correre, vivere,
sognare…avevano migliaia di
progetti, l’università, il lavoro, viaggiare,
girare il mondo e vedere un sacco
di città; poi fra tutti c’era il LORO sogno,
quello più bello, fulgido, quello
a cui tenevano particolarmente: andare a vivere insieme, lontano da
Roma,
lontano dalla città, dal caos.
Ricordava
ancora quando lui l’aveva convinta, quando l’aveva
portata in macchina in quel
lungo viaggio pieno di pazzia e le aveva mostrato la loro futura
casa…avevano
percorso tutta l’autostrada fino all’uscita di La
Spezia…ricordava tutto di
quel pazzo viaggio che all’inizio aveva preso come un gioco,
ricordava anche la
prima volta che lui l’aveva portata sulla spiaggia di
Monterosso al tramonto e
stringendola fra le braccia le aveva detto:<< Ti amo
Benny, ti amo e non
smetterò mai di dirtelo >>
Infatti
non aveva smesso di dirglielo, glielo aveva ripetuto fino
all’ultimo giorno,
fino al giorno della sua morte, anche pochi istanti prima di lasciarla
per
sempre.
Benedetta
si alza piano dal letto, gli occhi velati dalle lacrime, ricordarlo le
fa
ancora un po’ male, ricordare Massimiliano le fa molto male.
Poi
quasi senza pensarci il suo sguardo corre a quella foto, scattata un
pomeriggio
a Villa Borghese, solo pochi giorni prima che accadesse la tragedia,
solo pochi
giorni prima che lui sparisse per sempre dalla sua vita.
La
canzone del cd finisce lasciando spazio a quella successiva, Sembra
Impossibile…<< Non male questa canzone
>> le aveva detto Massy una
volta…poi ancora un’altra
lacrima…quella era la loro canzone!
Mi
ricorderò di noi
mentre gli anni
passeranno,
passeranno in
fretta e poi...
altri amori
svaniranno.
Le
parole che rispecchiano perfettamente la loro storia, la nostalgia e il
vuoto
che lei sente nel cuore e che più che mai ora senza di lui
non riesce a
colmare.
All’improvviso,
come un flash, come un lampo a ciel sereno la sente di nuovo, la sua
risata.
Calda,
dolce e roca come lo era sempre la sua voce, poi a seguire subito il
ricordo,
il più bello di tutti, il loro primo incontro.
A
dir la verità la loro prima litigata.
Era
cominciata così, per una parola di troppo, per una risata al
momento sbagliato.
Era
iniziata male, ma era stata la storia più bella della sua
vita, il suo primo
amore.
Era
il suo compleanno, il 13 gennaio e, dio non ci credeva, ma compiva 19
anni!!!
19!!!
Già
ai suoi 18 era stato un delirio, quell’anno sarebbe stato
peggio.
Come
sempre le sue amiche l’avevano portata al bar in Piazza
Campidoglio e, ridendo
come matte avevano cominciato a bere birra e a fare scommesse sceme e
assurdi
giochetti tipo obbligo o verità.
Malauguratamente
Benedetta, dopo la seconda birra aveva detto la parola
magica:<< Obbligo
>> era stato in quel momento che a Marina, la sua
migliore amica, era
venuta l’idea…il lampo di genio.
<<
Vai da quei bellissimi a quel tavolo e fatti dare il numero da quello
biondo, è
carinissimo e voglio conoscerlo >> Benedetta aveva
guardato di traverso
il tavolo in fondo al locale, un gruppo di ragazzi sui 25-26 anni stava
bevendo
e ridendo allegramente, erano tutti molto belli, il biondino che aveva
colpito
Marina indossava una maglietta senza maniche con scritto ARMANI JEANS e
parlava
fitto fitto con il suo amico seduto accanto a lui.
Deglutendo
un po’ a fatica lei si era alzata, aveva guardato ancora quel
gruppo di quattro
ragazzi che un po’ le mettevano paura e si era diretta verso
il bancone del
bar.
<<
Ehi Mirko… >> e aveva chiamato il
barista:<< Dimmi Benedetta
>> sì, la conoscevano tutti in quel bar, tutti
sapevano chi era.
Non
a caso era una delle ragazze più popolari e, ora se ne
rendeva conto,
superficiali di tutta la sua scuola e di tutto il suo quartiere.
<<
Senti ho fatto una scommessa con Marina, devo andare a quel tavolo e
parlare
con quello biondo, ti prego… >> lui sorride e
la guarda ridendo:<< Va
bene, tieni stavo giusto per portargli le ordinazioni >>
Era
arrivata al tavolo con il vassoio, decisa e sicura, li aveva squadrati
tutti,
il biondino, un ragazzo alto con i capelli castani, uno rasato e poi
lui, moro
con i capelli lasciati spettinati con un po’ di gel.
Gli
occhi scuri di un caldo marrone cioccolato che la guardavano allegri.
<<
Ehi, da quando questo posto ha una cameriera così carina?
>> aveva
replicato quello rasato e tutti erano scoppiati a
ridere:<< Beh…grazie…
>> aveva balbettato Benedetta imbarazzata, dio non era da
lei, non aveva
mai balbettato davanti a nessuno!
Prendendo
tutto il suo coraggio aveva alzato gli occhi e con molta nonchalance
aveva
detto:<< Scusatemi, ma le ragazze a quel tavolo mi hanno
chiesto se… >>
il biondino e quello rasato si erano voltati velocemente in direzione
delle
ragazze:<< Ah, le tue amiche >> aveva
replicato il biondo:<< Di
chi vuoi il numero?! >> era una presa in giro e lei
l’aveva capito più
che bene.
La
risata del moretto e dei suoi amici era arrivata pochi istanti dopo, si
era
sentita malissimo, umiliata e nervosa allo stesso tempo.
Non
ci aveva pensato e, prendendo una delle birre, l’aveva
versata addosso al
biondino e al moretto che erano seduti vicini lavandoli da capo a piedi.
<<
Ehi, ma che diavolo fai? Sei pazza?! >> e lui si era
alzato, bellissimo
nel suo metro e ottantacinque.
Bellissimo
anche arrabbiato com’era, bellissimo e con due occhi profondi
e
irraggiungibili.
Avevano
discusso e poi non si sa bene come il tutto era finito con un invito a
cena,
lui l’aveva invitata fuori e lei aveva detto di sì.
<<
Mi devi ripagare la camicia rovinata e quindi sei in debito con me
>>
aveva usato quella scusa banale e lei senza sapere bene
perché aveva detto di
sì.
…Cambieranno
le mie convinzioni,
la tecnologia e
le canzoni...
Sembra
impossibile però..che tu vada via!
Sembra
impossibile però..ma questa è già
nostalgia!...
La
canzone continua e altre migliaia di ricordi le invadono la mente come
un fiume
in piena.
Il
primo appuntamento, quella cena.
Solo
il giorno dopo averlo conosciuto.
Non
sapeva nemmeno come, ma se l’era ritrovato sotto casa ad
aspettarla.
Era
splendido, appoggiato alla portiera della sua macchina, una Civic nera
tirata a
lucido; quella macchina tirava tranquillamente i 180-200 km/h e lei lo
sapeva
bene.
Quanto
tempo avevano passato a bordo di quella macchina in
quell’anno e mezzo? Quante volte
avevano guidato per il raccordo sopra il limite consentito? Oramai
troppe per
contarle.
Ad
ogni modo la prima sera che lo vide lui era calmo, bello e rilassato;
quasi come
se la sera prima lei non l’avesse lavato da capo a piedi con
una mezza pinta di
birra!
Già…quasi…Massimiliano
era così, faceva tanto il carino ma non perdeva occasione
per prendersi le sue
piccole soddisfazioni.
Gli
bastava una frase, una sua parola era come una
stoccata…sapeva toccare i tasti
giusti con ironia e sarcasmo.
Esattamente
come era successo quella sera:<< Tieni, te l’ho
comprata nel caso avessi
voglia di rovinarmi anche questa camicia >> e le aveva
messo tra le mani
una bottiglia di Guinness:<< Sai
com’è…preferisco le scure
>> e
l’aveva guardata da capo a piedi con
quell’allusione nella voce; il suo non era
solo un riferimento alla birra e lei l’aveva capito solo
molto dopo!
Durante
tutto il tragitto in macchina Massimiliano aveva acceso il lettore cd e
dopo
pochi istanti una canzone che non conosceva, però il
cantante l’aveva
riconosciuto, aveva partecipato al festival di San Remo, era Fabrizio
Moro.
<<
Cos’è quella smorfia? >> e lui si
era messo a ridere guardandola per un
istante:<< Quale smorfia? >> non si era
nemmeno accorta di aver
arricciato il naso, molto probabilmente Massimiliano non lo sapeva, ma
quello
non era esattamente il suo genere di musica!
<<
Quella che ti si è dipinta sul viso tesorino…
>> poi con una risata a
quello stupido nomignolo e probabilmente all’ennesima smorfia
che lei non si
era accorta di avere sul viso aggiunse:<<
Ah…ad ogni modo io sono
Massimiliano, ma puoi chiamarmi Max >> lei lo aveva
guardato con un
piccolissimo sorriso:<< Benedetta >> non
aveva commentato subito,
aveva assimilato il suo nome come se fosse una parola strana e mai
sentita
prima poi sempre con quel suo sorriso irresistibile aveva fermato la
macchina
davanti ad un locale e le aveva detto:<<
Benedetta…Benedetta…vedremo se
anche di fatto o solo di nome >> poi senza darle altre
spiegazioni era
sceso dalla macchina e aveva fatto il giro per aprirle la portiera.
Quella
frase, come molte altre di Massimiliano le aveva capite solo in
seguito, solo
quando purtroppo era già troppo tardi…anche se a
dire il vero molte aveva
dovuto spiegargliele lui!
La
loro prima cena era stata a dir poco comica.
Massimiliano
che, da ottimo buongustaio come amava definirsi, ordinava i piatti
più
disparati e casarecci, lei che si limitava a una bistecca ai ferri e ad
un’insalata scondita.
<<
Dimmi che hai intenzione di mangiare qualcosa di un po’
più sostanzioso
>> le aveva detto mezzo serio e mezzo divertito quando
lei gli aveva
detto cosa voleva ordinare:<< No…cosa
c’è di male nel mangiare qualcosa
di sano? >> << Sano? E a te un
po’ di carne e qualche foglia d’erba
senza condimento pare mangiare sano? >> lei lo aveva
fulminato con gli
occhi:<< Se tu vuoi mangiare come un maiale e ingrassare
od ostruirti le
arterie di colesterolo sono fatti tuoi, io non ci tengo
>> poi sempre più
stizzita aveva cominciato a guardarsi intorno cercando di ignorarlo il
più
possibile.
Ci
era riuscita talmente bene che non si era nemmeno accorta del cameriere
venuto
a prendere l’ordine e del fatto che Massy aveva ordinato
anche per lei…e non
certo la sua insalata scondita!
<<
Come pensi che possa mangiarlo?! >> gli aveva chiesto
scandalizzata
quando il cameriere le aveva portato il piatto di gnocchi alla romana
della
casa:<< Come vuoi mangiarli?! Prendi la forchetta, ci
metti un po’ di
cibo e te lo metti in bocca >> e ridendo per prenderla
spudoratamente in
giro cominciò a mangiare un po’ dei bucatini alla
amatriciana che si era
ordinato; erano il suo piatto preferito e lei per farlo felice aveva
imparato a
cucinarglieli.
Cinque
minuti dopo lei non aveva ancora toccato cibo e Massimiliano, senza
troppi
problemi aveva avvicinato la sua sedia a quella di lei, aveva preso in
mano la
forchetta con un po’ di gnocchi e aveva cominciato ad
imboccarla con
gentilezza:<< Vedi che non è così
difficile >> le aveva fatto
notare quando lei, quasi senza accorgercene aveva finito
l’interno piatto.
<<
Dovrò andare a correre per ore domani per smaltire una cosa
del genere >>
l’ennesima risata...cavolo cominciava a piacerle quando
rideva così anche se
rideva di lei.
Quando
poi l’aveva riportata a casa avevano passato almeno
mezz’ora in macchina a
parlare e a scherzare.
La
bottiglia di Guinness aveva rischiato di finire nuovamente sulla
camicia di
Massimiliano, ma poi l’aveva guardato in quegli occhi di
cioccolato fuso e si
era sciolta.
Era
troppo bello.
Non
poteva lavarlo un’altra volta, non se lo meritava.
A
quell’uscita ne erano seguite altre, una più
divertente dell’altra, persino i
brutti ricordi ora diventavano belli, come la loro prima litigata, ad
un mese e
mezzo dal primo appuntamento.
Lei
era a casa da sola, i suoi erano al lavoro e così aveva
chiesto a Massimiliano
di passare a trovarla, di venire a farle compagnia e magari di cenare
insieme
gustandosi un bel piatto di bucatini davanti ad un film.
Purtroppo
però a rovinare quell’atmosfera c’era
stato il provvidenziale arrivo anticipato
di sua madre che aveva trovato lei e Max abbracciati sul divano.
Sconvolta
le aveva urlato dietro di tutto e Massimiliano, colto sul vivo da
quelle
parole, era uscito da quella casa con il dolore nel cuore e la rabbia
nel petto
che ruggiva come un leone.
Non
ci aveva pensato un attimo ed era corsa dietro di lui in strada, aveva
parcheggiato a qualche palazzo di distanza e stava camminando lungo il
marciapiede con la testa bassa e le mani nelle tasche.
<<
Max! Massy! Fermati ti prego! >> l’aveva
rincorso nonostante lui non
accennasse a fermarsi continuando per la sua strada come se lei non
esistesse.
<<
Maledizione vuoi fermarti?! >> e correndo
l’aveva raggiunto afferrandogli
con la mano il braccio coperto dalla giacca di velluto che
indossava:<< Che
cosa vuoi? >> non l’aveva mai visto
così cattivo e arrabbiato, doveva
essere proprio deluso:<< Massy, ti prego lasciami il
tempo di spiegare
>> << Spiegare cosa? >> le
aveva chiesto acido:<< Che
tua madre mi ha appena chiamato figlio di… >>
ma fermò la voce prima di
imprecare:<< Non ce l’aveva con te…
>> aveva cercato di
giustificarsi:<< Ah no? Sai com’è
oltre a te in quella stanza c’ero solo
io >> la rabbia dominava il suo istinto e la sua voce, le
aveva spiegato
solamente in seguito il turbine di emozioni che si agitava nel suo
cuore,
rabbia, passione, desiderio, amore, odio, paura, voglia di andare
avanti.
<<
Mamma ha paura per me >> paura? E di cosa? Non li aveva
mica trovati a
letto insieme, solamente abbracciati sul divano a guardare un film,
quasi come
due amici, non c’era niente di brutto in quello che stavano
facendo.
<<
Ma paura di cosa? >> le aveva chiesto non capendo quel
discorso; e come
poteva capirlo? Lui non c’era quando era successo, non
c’era quando aveva
passato i mesi più brutti della sua vita.
<<
Due anni fa avevo un ragazzo >> Massy era rimasto in
silenzio guardandola
e aspettando che continuasse:<< Avevo un ragazzo che
frequentava la mia
stessa scuola, aveva un anno in più di me; siamo stati
insieme per quasi un
anno, ma è stato terribile, era geloso…mi seguiva
ovunque e, a volte, arrivava
perfino ad alzare le mani… >> i singhiozzi
avevano cominciato a bloccarle
le parole, ma aveva trovato la forza di continuare negli occhi scuri di
Massimiliano che la guardavano con amore:<< Una sera mi
ha costretta ad
andare a casa sua, io volevo lasciarlo, lui invece no…mi ha
costretta ad andare
a letto con lui >> <<
Piccola…vieni qui… >> e senza
più
remore lui l’aveva stretta sé accarezzandole i
capelli, così Benedetta aveva
continuato:<< Due mesi dopo ho scoperto di essere rimasta
incinta, mia
madre l’aveva denunciato, lui era scappato e io ero sola, non
sapevo cosa fare,
non riuscivo a credere che era successo a me >> lui si
era seduto su un
muretto e prendendola in braccio aveva preso a cullarla
piano:<< Cos’è
successo poi al bambino? >> le aveva chiesto in un sibilo
timoroso:<<
Ho avuto un aborto spontaneo, è stata una gravidanza
difficile >> non
c’era stato bisogno di parole, il suo abbraccio aveva parlato
per lui, il
battito del suo cuore impazzito d’amore per lei
l’aveva calmata e colmata più
di qualsiasi rassicurazione.
<<
Non ti farò soffrire, non ti farò mai soffrire
così amore mio, sappilo >>
<< Non mi lasciare Massy, non mi lasciare, ho troppa
paura di perderti
>> lui le aveva baciato la fronte:<< Non ho
alcuna intenzione di
andarmene…nessuna >> e l’aveva
guardata con tutto l’amore che provava per
lei, fulgido e puro amore che niente voleva se non essere ricambiato
allo
stesso modo.
Benedetta
aveva chiuso di nuovo gli occhi lasciandosi cullare da lui e
lasciandosi
avvolgere dal suo profumo maschile, quel profumo di cedro che
caratterizzava la
sua acqua di colonia.
Lo
stesso profumo che ora sente tenendo fra le mani uno dei maglioni di
Massimiliano, quello che lui aveva lasciato a casa sua prima di partire
per il
mare, prima della loro vacanza al mare, quella splendida e ultima
vacanza che
era rimasta indelebile nella sua mente.
…Ti
ritroverò così,
nei miei gesti e
negli odori,
nella radio o
dentro a un film,
nel silenzio e
nei rumori,
Senza
nemmeno rendersene conto Benedetta si alza dal letto della camera e si
avvicina
alla libreria dove, su una mensola quasi vuota spiccano due oggetti: un
quaderno pieno di citazioni, disegni, fotografie e, accanto, un piccolo
peluche
grigio come il fumo dei camini, un piccolo topolino dall’aria
buffa con un
pezzo di formaggio fra le zampe, il suo primo regalo. XAM,
l’aveva chiamato
così perché era l’acronimo di MAX,
l’aveva chiamato così inizialmente per
scherzo, ma adesso tenerlo fra le mani le faceva ricordare il momento
in cui
lui gliel’aveva regalato e quel nome prendeva un significato
del tutto diverso.
Erano
sei mesi che stavano insieme, che uscivano e che si frequentavano; sei
mesi in
cui lei era cambiata: frequentava molto meno pub e discoteche, usciva
un po’
meno con le sue amiche, aveva cominciato a mangiare come una persona
normale –
mettendo su anche un paio di chili che non le avevano fatto che bene
– e, cosa
più importante, non era più la 19enne
superficiale e snob di quando si erano
conosciuti.
Doveva
ammetterlo: Massimiliano l’aveva cambiata; quando stava con
lui tutto
acquistava un senso nuovo, vedeva le cose sotto un’altra
luce, ora era più
riflessiva e apprezzava ogni piccolo piacere della vita non dando mai
niente
per scontato.
Anche
i momenti con lui erano diventati preziosi e ogni volta che si
separavano era
come se il suo cuore restasse accanto a Massimiliano per non volerlo
lasciar
andare, mai.
Il
pomeriggio dell’arrivo di XAM lui l’aveva portata
in un parco vicino a Villa
Borghese; si erano seduti su una coperta che avevano steso
sull’erba e avevano
cominciato come al solito a parlare e ad ascoltare musica, oramai
Fabrizio Moro
lo adorava anche lei.
Massy
le aveva fatto ascoltare la sua discografia completa, ma la canzone che
lei continuava
ad amare era sempre e solo una: Sembra
impossibile.
Le
piaceva perché parlava di loro, le piaceva perché
anche per lei era impossibile
vivere senza Massimiliano vicino e perché come nella canzone
non ce l’avrebbe
fatta nemmeno lei.
Infatti
come sempre, puntuale come ogni volta che uscivano, lui le dava le
cuffie
dell’iPod e le faceva ascoltare quella canzone restando in
silenzio a guardarla
mentre lei, con gli occhi chiusi e rapita dalla musica, canticchiava le
parole.
<<
Perché ti ostini a guardarmi mentre la ascolto?
>> gli aveva chiesto una
sera curiosa:<< Sei bellissima, ecco perché
>> poi con un sorriso
aveva aggiunto:<< Benedetta di nome e di fatto, ho fatto
bene ad avere
pazienza con te >>
La
sola cosa che mancava per rendere tutto perfetto era un bacio,
contrariamente a
quanto si potesse pensare Massimiliano non l’aveva ancora
baciata, in sei mesi
che uscivano insieme e che lei era la sua ragazza lui non
l’aveva ancora
baciata una volta sulle labbra e, maledizione, non capiva il
perché!
Mentre
era stesa sulla coperta assorta a cantare, aveva sentito qualcosa di
peloso e
di soffice vicino al collo, nell’incavo della gola.
Preoccupata
ma ridendo allo stesso tempo per il solletico aveva aperto gli occhi e
si era
guardata: accanto a lei, dolce e carinissimo con un piccolo fiocco
rosso al
collo c’era quel peluche.
Quel
topo peluche che con i suoi dentoni l’aveva fatta subito
sorridere:<< Ti
piace? >> le aveva chiesto lui con la solita
dolcezza:<< Sì! È
dolcissimo! A cosa devo tutte queste attenzioni? >> lui
l’aveva guardata
felice:<< Oggi sono sei mesi che siamo insieme, sei mesi
che la mia vita
ha ricominciato ad avere dei colori, sei mesi che mi sento in Paradiso,
volevo
trovare qualcosa che ti facesse ricordare come mi fai
sentire… >> lei lo
aveva guardato sorridendo scettica:<< E lui dovrebbe
aiutarmi? >>
Massy aveva annuito in silenzio:<< Sì, quando
lo guardi ti viene da
sorridere vero? >> stavolta era stata lei ad
annuire:<< Tu a me fai
lo stesso effetto, ogni volta che ti guardo mi viene da sorridere di
gioia, mi
sento come un bambino, ma accanto a te sono l’uomo
più felice del mondo
>> e
con un sorriso meraviglioso e
carico di felicità si era avvicinato ed era successo.
L’aveva
baciata.
Un
bacio sapiente, esperto e dolce.
Un
bacio dell’uomo che si era accorta di amare,
dell’uomo senza il quale non
poteva vivere.
Un
bacio del suo ragazzo, di quel ragazzo che le aveva appena regalato un
simpaticissimo topino di peluche.
Un
bacio.
Nient’altro
che un bacio.
Nulla
di più.
Ma
era la cosa più bella del mondo.
…Cambieranno
mode e ideali
e tutte le
teorie universali.
Sembra
impossibile però..che tu vada via!
Sembra
impossibile però..ma questa è già
nostalgia!
Già
sembra impossibile, più ci pensa e più quella
canzone ha ragione, sembra
impossibile che tutto sia finito così, che lui se ne sia
andato per sempre, ma
è successo.
È
successo e la sola cosa che Benedetta può fare è
riprendersi, cercare di
reagire.
Deve
farlo, deve farlo per lui, per Massimiliano, il suo Massy.
Lui
non vorrebbe vederla così, ridotta ad un ombra triste di
sé stessa, non
vorrebbe saperla triste per colpa sua, per lui sarebbe come morire,
morire una
seconda volta e quello è un affronto peggiore della morte,
un torto che non può
fargli, gli deve troppo, non può!
Con
un piccolo sorriso lei riappoggia XAM e prende fra le mani il piccolo
quaderno,
quaderno che fino a pochi mesi prima era di Massy.
Piccolo
rifugio segreto dei suoi pensieri e delle sue parole, piccolo spazio
privato
dove lui liberava tutto sé stesso e le sue emozioni, dove
conservava i suoi
ricordi, le sue paure e i suoi dolori.
Parte
nascosta della sua anima che, innamorato follemente, aveva condiviso
solo con
lei e a lei, la sua amata, lui aveva lasciato quel quaderno assieme ad
altri
ricordi, ad altre cose tutte chiuse nel pacco che le era arrivato pochi
giorni
prima, quel pacco di un paio di chili dove era contenuto
l’anno e mezzo più
bello della sua vita, dove era contenuto il ricordo del suo primo
amore, dove
era contenuto il ricordo dell’uomo che lei aveva amato senza
mai pentirsi di un
solo giorno o rimpiangere una sola delle cose di cui si era privata.
Sdraiandosi
di nuovo sul letto Benedetta apre il diario, una pagina a caso.
Purtroppo,
o per fortuna, la pagina giusta e quella sbagliata allo stesso tempo.
Una
conchiglia è incollata e vicino ci sono una foto, una
cartolina e una piccola
didascalia: Monterosso, Liguria 2005.
Sotto
la foto un’altra scritta, la grafia semplice e ordinata di
Massimiliano: io e Benny sulla via
dell’amore; e
ancora più sotto: sai di essere
l’amore della
mia vita piccola vero?!
Era
la stessa frase, la stessa che lui con un pennarello aveva scritto su
un sasso
di quella strada fra le colline, quella strada dove migliaia di giovani
innamorati avevano lasciato i loro messaggi d’amore e loro,
giovani ed
innamorati lo erano, quindi perché non lasciare un segno di
quell’amore? Un
segno di quanto profondo era il loro sentimento? Massimiliano
l’aveva fatto per
entrambi, aveva espresso in una frase quello che provava e sotto,
vicino ai
loro nomi aveva messo la data di quando si erano conosciuti.
Aveva
passato ore davanti a quella scritta solamente l’anno prima,
da sola.
Sola
perché lui c’era, ma non con il corpo.
Sola
perché lui l’avevano portato via.
Sola
perché il suo Massy l’aveva portato via il suo
secondo grande amore: il mare.
Il
mare…la sua passione e il suo secondo amore…le
veniva ancora da ridere se
pensava alla sera del loro anniversario quando lui in mezzo a piazza di
Spagna
le aveva detto con un sorriso:<< Amore, sali in macchina,
ti devo portare
in un posto >> lei l’aveva guardato titubante e
dubbiosa come sempre
quando Massimiliano sfoderava quel sorriso da
delinquentello:<< E dove?
>> lui l’aveva sollevata fra le braccia e
l’aveva portata fino alla
macchina:<< Quanto sei curiosa, abbi fede nel tuo ragazzo
>> lei lo
aveva guardato con occhi innamorati:<< Certo come
no…tu mi hai
distrutta…hai rovinato tutto quello che ero fino
all’anno scorso, non mi
riconosco più nemmeno io… >> lui le
aveva sorriso e le aveva baciato la
punta del naso:<< E ti dispiace quello che sei diventata
adesso? >>
Come
poteva mentirgli prendendolo spudoratamente in giro? Come poteva non
aprirgli
il suo cuore come sempre?
<<
No…amo quello che sono >> e sorridendo gli
aveva stretto le braccia al
collo nascondendo il viso nella sua spalla e nei propri capelli lunghi.
Il
viaggio era stato come al solito scandito da uno dei cd di Fabrizio
Moro…
La
dolce canzone Parole, rumori e giorni a
scandire il corso dei suoi pensieri, persi dietro alla bellezza senza
pari di
Massimiliano e alle sue mani sicure che stringevano sicure cambio e
volante.
...siamo fatti
per sbagliare, e poi
tornare indietro e desiderare sempre quello che sta dietro al vetro... e lei? Lei
aveva avuto quello che
stava dietro al vetro? Aveva avuto Massimiliano che in quel momento era
la cosa
più bella che avesse mai potuto sognare, un ragazzo
fantastico e unico sotto
ogni punto di vista.
Stare
con lui la faceva sempre sentire bene, lui le dava quella sicurezza che
con
altri non trovava, quella voglia di vivere e quei valori che da sempre
le erano
mancati.
Ricordava
di aver chiuso gli occhi sulle parole della canzone, con la dolce voce
di
Fabrizio Moro in sottofondo…
...parole,
rumori e giorni attese
speranze e sogni lontani...vicini...chi lo sa...chi lo sa...
Aveva
dormito per gran parte del viaggio, svegliandosi nel parcheggio buio di
un
autogrill, erano fermi nel parcheggio e Massy le stava accarezzando il
viso
piano per svegliarla:<< Amore…scendi, facciamo
due passi e mangiamo
qualcosa >> lei si era guardata intorno un po’
spaesata:<< Ma dove
siamo? >> lui le aveva sorriso con amore:<<
All’autogrill
all’uscita di La Spezia, siamo quasi arrivati, devi avere
ancora un po’ di
pazienza >> lei lo aveva guardato spalancando gli occhi
dalla sorpresa:<<
La Spezia? Ma dove vuoi andare Massy? >>
Tre
ore dopo, quando erano giunti nella piazzetta di Monterosso
all’alba, aveva
avuto la risposta a quella domanda.
Il
sole era sorto da non più di cinque minuti e
l’intero abitato era illuminato
dalla luce fioca del mattino.
<<
Ti piace? >> le aveva chiesto vedendo il suo sguardo
estasiato nell’ammirare
il mare d’argento
che si intravedeva
all’orizzonte:<< È bellissimo amore,
splendido…ma che ci facciamo qui?
>> << Ho comprato una casa qui qualche anno
fa…con i soldi che mi
ha lasciato mio padre prima di
morire…c’è anche la mia barca,
così finalmente
imparerai ad andare in barca a vela tesorino >> lei lo
aveva abbracciato
stretto senza bisogno di parole, con Massy era sempre stato
così, molto spesso
le parole erano inutili.
Avevano
passato tutta la settimana a Monterosso a giocare, amarsi e ridere di
ogni cosa
come due bambini.
Ricordare
quella parte la fa stare davvero male, ma poi il suo sguardo cade sulla
foto
della barca a vela che lui aveva comprato, la Folgore,
lo stesso nome di quella del Corsaro Nero, quante volte
l’aveva preso in giro per quel nome?
Quante
volte aveva maledetto quella barca per non averlo salvato?
Quante
volte aveva pensato di bruciarla per non avere altri ricordi di quel
terribile
giorno?
E
poi cosa ne aveva fatto?
L’aveva
tenuta, l’aveva lasciata là in attesa di trovare
il coraggio per salirci ancora
e ricordarsi di lui, lui che le aveva insegnato ad andare in barca a
vela.
La
mattina in cui Massimiliano era uscito in mare era un po’
nuvolosa, si
ricordava di avergli chiesto di restare con lei in spiaggia, ma lui
aveva
sorriso e le aveva risposto:<< Vedi là in
fondo, sta già uscendo il sole,
tornerò nel primo pomeriggio, tu intanto abbronzati e
aspettami >>
Non
del tutto d’accordo aveva cercato di ribattere ma
inutilmente, il mare era la
grande passione di Massy, lui amava il mare e amava la barca a vela;
non
c’erano possibilità di fargli cambiare idea e lei
lo sapeva bene.
Per
più di un anno si era detta che era stata debole, che aveva
ceduto troppo in
fretta e che a lui non era mai stata in grado di dire di no, ma poi
aveva
capito che non sarebbe cambiato niente, anzi sapeva a che soluzione
sarebbero
arrivati.
L’avrebbe
seguito, sarebbe andata anche lei e così in quella maledetta
tempesta sarebbero
morti entrambi.
Per
quanto orribile la prospettiva non le sembrava male, se ne sarebbero
andati
insieme, stretti l’uno all’altra, insieme fino alla
fine.
Si
sarebbe spenta anche lei fra i flutti e non l’avrebbe
lasciato solo in
quell’agonia, in quella morte lenta e solitaria.
Andando
avanti con le pagine Benedetta riguarda tutte le foto e i pensieri di
Massimiliano durante quella splendida ed ultima vacanza, pensieri che
si
interrompono proprio in quella data 1 luglio
2005.
La
data della sua morte.
L’ultima
pagina scritta è quella dove lei ha inserito
l’articolo di giornale sulla
tempesta e sulla morte dell’uomo che amava,
dell’uomo che ancora ama e che mai
smetterà di amare.
Nitido
come non mai poi le ritorna alla mente il ricordo più bello:
loro due, al
tramonto su quella scogliera di Monterosso la sera prima della
tempesta, prima
della morte di Massimiliano.
Loro
due stretti in quell’abbraccio interminabile, felici e
inconsapevoli del
destino crudele che già li aveva segnati.
Lei
felice e raggiante davanti allo spettacolo mozzafiato dei giochi
d’acqua e alla
bellezza senza pari del suo compagno.
Lui
gioioso come sempre per la fortuna di averla trovata e di averla
accanto, poi
di nuovo quella frase, quelle parole che le tornano in mente, la prima
volta
che ha trovato il coraggio di dirglielo:<< Ti amo Benny, ti amo e non
smetterò mai di
dirtelo >>
La
prima volta che le aveva detto di TI AMO.
L’aveva
detto e il giorno dopo era morto, che destino crudele si era preso
gioco di lei
e del suo povero cuore innamorato?
Aveva
passato l’Inferno, poi aveva capito, doveva riprendersi,
doveva farlo per lui,
doveva farlo per Massimiliano.
Lui
l’aveva cambiata nel corso di quell’anno e mezzo,
lui aveva dato tutto sé
stesso per renderla migliore e lei non poteva certo buttare al vento
tutti i
suoi sforzi.
Continuando
a sfogliare il quaderno Benedetta scorge un foglio ripiegato in fondo
nascosto
dall’ultima pagina.
È
una lettera.
La
grafia sottile ed elegante è quella dell’uomo che
ama e il nome sulla busta è
il suo, è per lei quella lettera.
Senza
pensarci troppo la apre desiderosa di leggere le ultime parole di
quell’uomo
che tanto le ha dato e al quale deve quello che è diventata.
Comincia
a leggere, comincia ancora a farsi invadere dai ricordi, le lacrime
calde le
scivolando ancora sulle guance, le si mozza la voce e intanto la
canzone
finisce.
…Sembra
impossibile però..che tu vada via!
Sembra
impossibile però..ma questa è già
nostalgia!
Sembra
impossibile però...
Sembra
impossibile però...
Benedetta,
amore mio…non so nemmeno io perché
ti sto scrivendo questa lettera, tu sei qui, in acqua davanti a me e
sei
bellissima.
Ogni
volta che ti guardo mi chiedo come posso
essere stato così fortunato da incontrarti e da meritarmi di
averti e di avere
il tuo amore.
Sono
stato un folle fin dall’inizio della
nostra storia un anno fa; sono stato un pazzo e tu hai sopportato ogni
cosa,
tutto perché ti sei innamorata di me, perché hai
voluto giocare il tutto e per
tutto, scommettendo su qualcosa che, forse proprio perché
è successo per caso,
è unico e meraviglioso.
So
che non dovrei pensarci, so che non è
giusto e me l’hai ripetuto milioni di volte, ma sai anche tu
che c’è una sola
cosa di cui ho paura: se mi succedesse o ti succedesse qualcosa.
Se
per pura disgrazia io dovessi andarmene,
se tu non fossi più accanto a me nel giro di un battito di
ciglia e peggio
ancora se fosse colpa mia.
Sono
ossessionato da questo incubo e tu lo
sai amore mio, sei l’unica che ha accesso al mio cuore;
l’unica a cui ho lasciato
il diritto di leggermi l’anima e di scoprirne i segreti
più nascosti.
Sei
la metà della mia esistenza che mi rende
completo, sei il cuore che mi batte nel petto.
Vorrei
davvero che non ci succedesse niente,
ma nella vita non si può mai sapere.
La
vita è come le onde del mare,
imprevedibili e per questo ancora più pericolosa; se mai io
dovessi andarmene
ti prego di non rovinarti per me, tu sei una persona speciale, unica e
che
merita di vivere felice e serena tutto quello che l’esistenza
può offrire.
Ti
chiedo, egoista come sono, solo una cosa:
ricordami.
Ricordati
di me se non ci sarò più, ricordati
di quanto ti amo e tieni chiuso nel tuo cuore il nostro amore come un
dono
prezioso che ci è stato concesso di condividere.
Massimiliano.