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Autore: MorganaSanders    01/07/2015    1 recensioni
Dal capitolo 3
«-Beh... ti va di fare sesso?-
-Cosa?- chiedo, incredula.
-Hai detto anche tu che ti manca fare sesso...-
-Sì, ma... con te? Cioè, siamo amici.-
-Appunto per questo. Non siamo legati poi tanto sentimentalmente. Siamo amici e possiamo renderci conto quando fare certe cose e quando non farle. Saremo passionali e controllati proprio come due amici che fanno sesso per... passare il tempo, diciamo così. Allora: cosa ne pensi?-
-Niente sentimenti?-
-No.-
-Niente coccole dopo averlo fatto?-
-No.-
-Niente parole dolci?-
-No.-
-Solo e soltanto sesso?-
-Esattamente.-
-Ci sto.-»
Tratto dall'omonimo film.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6











 

Brian’s pov
















Trascorse una settimana dalla discussione che ebbi con Aileen.
Ripensando a tutto quello che ci dicemmo, mi sembrava ancora tutto inverosimile, tanto assurdo quel litigio che c’era stato fra di noi.
Eravamo amici e i diverbi sono frequenti tra amici, ma non ce ne erano stati mai di così forti...
Soprattutto, Aileen non mi aveva mai detto di preferire non avermi come amico... almeno fino allora.
Sbuffai, cercando di capirci qualcosa fra tutto il caos che pervadeva la mia stanza.
Sì, perché dopo quello che successe quel pomeriggio, Leen mi buttò letteralmente fuori di casa e io mi dovetti arrangiare, trovando una camera in un piccolo Bed&Breakfast appena fuori città.
Sicuramente non era il massimo di ciò che si può desiderare nella vita, con un letto sgangherato e una finestra che lasciava passare il freddo e teneva fuori i raggi del sole, ma almeno avevo un posto in cui dormire, un tetto sulla testa e un pasto caldo ogni giorno.
In più, non costava nemmeno molto, perciò potevo ancora togliermi qualche sfizio, anche se i soldi cominciavano a scarseggiare.
Una mattina andai in aeroporto a prendere mio padre, che arrivava dalla contea di St. Lawrence per lavoro e aveva deciso di fare un salto da me, per controllare come me la cavavo.
-Papà!- urlai, per farmi sentire da lui.
-Figliolo!-
Venne verso di me e, posando la sua borsa a terra in cui, probabilmente, aveva tutti i suoi vestiti, mi abbracciò, dandomi delle pacche sulle spalle.
-Allora? Come te la passi?- mi chiese.
-Mah, bene...-
-Bene bene o bene ‘na merda?-
-Complimenti. Indelicato, come al solito.- sbottai.
-Cosa succede?-
-Nulla.-
Non avevo voglia di parlarne con lui, soprattutto per il fatto che era sempre così irruento e irriguardoso nel porgere le domande e nel rispondere, perciò... no, preferivo di gran lunga non dirgli della situazione che si era creata.
Iniziai a camminare verso l’uscita e lui mi seguiva.
-Aspetta, ma Aileen?-
Eccolo, il mio punto dolente, quella circostanza che volevo nascondere, quella domanda che volevo sicuramente evitare.
“Ma Aileen?”.
Solo al sentire il suo nome, il mio cuore iniziava a galoppare ed iniziavo ad avvertire l’affanno prendere il sopravvento su una respirazione normale, mantenuta da una persona normale, una persona che non soffre per una contingenza che non era mai stata sua intenzione creare.
-E che cazzo, ti ho fatto una domanda! Rispondimi almeno!-
-Aileen non c’è.- dissi solamente.
-Lo vedo che non c’è... Ma dov’è?-
-Ma tu proprio non ci arrivi?-
Mi fermai di colpo, guardandolo dritto negli occhi, quegli occhi che erano tanto simili ai miei, sia per colore dell’iride, che per taglio.
Ritornai a camminare, prendendo una sigaretta dal mio inseparabile pacchetto di sigarette che avevo sulle tasche sul retro dei jeans che continuavano a strapparsi sull’orlo, a causa del mio calpestamento al di sopra di essi ogni volta che camminavo.
La portai alle labbra, mentre cercavo di prendere l’accendino, anch’esso nel pacchetto, per bruciare la cartina ed il resto della sigaretta, che subito sprigionò del fumo che mi colpì in pieno viso per via del vento che si alzò all’orizzonte e che percepii una volta uscito dall’aeroporto.
Aspirai un paio di volte e già sentii che cominciai a sbollire i nervi.
-Avete litigato?- mi chiese mio padre, appena mi raggiunse.
Io mi limitai a poggiarmi ad un corrimano che notai sulla mia destra e guardare altrove, pur di non incontrare il suo sguardo curioso, ma, al tempo stesso, rimproverante.
-Avete litigato.- affermò lui, riuscendo a capire al volo.
-Cosa è successo, però, me lo puoi dire?- chiese, ancora, dopo un po’.
-Ti va di andare a mangiare fuori?- domandai, invece.
-Ehm, sì...-
Io annuii e, aspirando un’ultima volta del fumo, gettai la sigaretta sull’asfalto e andai verso la mia auto, seguito da mio padre.
Il tempo di decidere a quale ristorante andare a mangiare e arrivammo.
Ci sistemammo al tavolo che la cameriera del locale ci aveva indicato: di forma quadrata, abbastanza minuto, ma affacciava su una finestra che dava direttamente alla strada ed era l’unica via di fuga da tutto questo.
-Allora? Mi vuoi raccontare, sì o no?- mi chiese, spazientito.
-Se ti rispondessi di no, ti accontenteresti?-
-Ovviamente no!-
-Appunto... Nulla, abbiamo solamente litigato.-
-Ed è per questo che hai quella faccia?-
-Ma questa è la mia faccia.-
-Ma sei hai due occhiaie nere come se ti fossi tinto col carbone! Sembri ancora più scavato in viso... E quegli occhi rossi e gonfi... Ti sei mica fatto una canna?-
-Papà...-
-Troppo leggero, eh? Vai deciso, tu?-
-Papà! Non mi drogo, va bene? Semplicemente, sto dormendo poco in questo periodo, tutto qua.-
-Cosa c’è? Aileen ci dà dentro?-
-Ma se ti ho appena detto che abbiamo litigato!-
-E allora perché dormi poco?-
-Perché da quando mi ha sbattuto fuori di casa, non riesco più a dormire decentemente, non riesco più a chiudere gli occhi senza vedere il suo volto! Capisci?- alzai la voce, beccandomi delle occhiatacce e degli “Shhh” da parte del resto dei commensali.
Io sbuffai.
-Aileen ti ha cacciato?-
Io mugolai, in cenno di assenso.
-Che cazzo hai combinato per farti cacciare fuori da una santa come quella ragazza?-
Io lo guardai di sbieco, nero in volto, con la tentazione di dirgliene quattro, ma mi trattenni.
-Ha sentito me e McKenna parlare...-
-E’ stata McK a mettere zizzania fra di voi? Quando torno a casa mi sente, quella pettegola che ho come figlia!-
-No, papà, lei non c’entra nulla... Ha soltanto parlato con me...-
-... E...?-
-Ed Aileen non ha preso bene quello che abbiamo detto. O meglio... quello che io ho detto.-
-Che cosa vi siete detti?-
-McK credeva che fra di noi ci fosse del tenero...-
-Cosa che ho pensato fin dall’inizio anch’io!- ammise.
-Già... E mi ha chiesto delle delucidazioni... Peccato che io abbia detto le prime cose senza pensarci... E peccato che Leen abbia ascoltato tutto!-
-Stava origliando?-
-Uhm.-
-Cattiva ragazza!-
Io mi lasciai sfuggire un sorriso.
-Signori, volete ordinare?- chiese una cameriera.
Sembrava giovane, aveva i capelli biondi raccolti in una coda alta e gli occhi color nocciola.
-Uhm, sì... Per me un Mission-style Burrito e...-
-Un Chimichanga.- chiese, mio padre.
-Mh-mh. E da bere?-
-Due birre alla spina.- risposi in fretta.
-Bene, a tra poco.-
-Ti manca già la California, eh?- mi chiese.
-Cosa?-
-Hai preso il Burrito tipico della California...-
-E tu uno dell’Arizona, e allora?-
-Va beh, ho capito. Lasciamo stare...-
-Ecco, lasciamo stare.- conclusi, già nervoso.
-Che cosa hai detto tu, riguardo a...-
-Non nominarla, ti prego.-
-... Lei?-
-Che ha un casino assurdo in testa, che è una pazza e che... non è assolutamente il mio tipo.-
-Uhm, però, ci sei andato giù pesante.-
Io scossi la testa, infastidito.
-Hai parlato con lei?-
-Sì.-
-E...?-
-E mi ha mandato al diavolo.-
-Uhm... Lei prova qualcosa per te?-
-Credo di sì...-
-E tu? Provi qualcosa per lei?-
Io lo guardai.
“Cosa rispondo adesso?”
-Io... Io non lo so...-
-Sicuro che non lo sai o non vuoi semplicemente ammetterlo?-
-Non lo so... Non so più nulla, ormai...-
-Ecco a voi.-
La cameriera ci portò le nostre birre e i piatti fumanti, per poi augurarci “buon appetito”.
-Sai...- cominciò mio padre –Quando ho conosciuto tua madre, credevo che fosse la donna della mia vita. L’amavo, l’amavo davvero tanto... Ma eravamo piccoli ed ingenui... Non capivamo un cazzo, in sostanza! E ci siamo sposati, così, in fretta, senza pensarci più di tanto a cosa sarebbe successo dopo... Ma non eravamo fatti per stare insieme, questo era palese.-
-Ricordo ancora tutti i litigi fra di voi... Io e Brent eravamo piccoli, non capivano bene, ma non possiamo comunque dimenticarlo.-
-Già... E così avevamo deciso che era meglio se ognuno prendesse la sua strada, senza farci ancora del male...-
-Che cosa stai cercando di dirmi, papà? Che devo lasciarla andare?-
Lui scosse la testa.
-Ti stai già rispondendo da solo, alla domanda di prima...-
-Ossia?-
-Se provi qualcosa per lei... Hai detto di non saperlo, ma dici anche di non volerla lasciare andare. Due più due, da me, fa...-
-Non fa un cazzo, papà.- lo interruppi.
-Credevo di non poter mai più trovare la persona giusta per me, quella persona che ti riempie il vuoto dentro soltanto incrociando i suoi occhi...-
-E poi hai incontrato Suzy...-
-Sì... E lì ho capito che, per essere felice, mi bastava essere al suo fianco. Lei è tutto ciò di cui avevo ed ho tuttora bisogno...-
Io guardai in giro, mentre lui mi parlava, come se non avessi la forza di guardarlo in faccia.
Ma poi i miei occhi si posarono su una ragazza.
Sembrava avere la stessa età di Leen, solo che era molto meno impacciata di lei, anzi... Sembrava essere a proprio agio soltanto sulle gambe di qualche porco, che le strusciava le mani sulle gambe nude con desiderio perverso.
-Ancora non riesci a capire a cosa voglio andare a parare?-
Mi voltai verso di lui.
-Se ci tieni a lei, non mollare. Se ci tieni a lei, chiedile scusa per essere stato un coglione e dille chiaramente ciò che provi.-
-Ma io non so cosa provo...-
-Sì, che lo sai. Devi soltanto scavare un po’ più a fondo.-
-Dove le hai trovate queste frasi? Nella carte dei cioccolatini?- chiesi, scherzando.
-Ma quali cioccolatini... Questa è tutta farina del mio sacco!-
E scoppiammo a ridere.
-Dai, su... Mangia, che si fredda. E poi andrai da lei.- mi guardò e mi fece l’occhiolino.
Io annuii e gli sorrisi, ringraziandolo, anche se in silenzio, di essermi stato accanto.








































Dopo aver finito di pranzare, portai mio padre nel B&B, in cui lo lasciai a sistemare la propria roba in camera sua, mentre io uscii per due passi.
Il tempo sembrava essere cambiato di colpo, lasciando spazio a questo vento che soffiava tra i miei capelli, scompigliandoli, e che mi colpiva accanitamente il volto, dandomi difficoltà a tenere ben aperti gli occhi.
Camminavo per le strade, senza avere una meta ben precisa, senza rendermi conto dove i miei piedi mi stavano portando in realtà.
Il rumore del traffico, però, sembrava essere sparito ad un tratto, per lasciar spazio ad una calma intensa e qualche schiamazzo, accompagnato dalle risate giovani dei bambini.
Alzai il capo che tenevo coperto nel mio giubbotto di pelle e mi guardai intorno, ritrovandomi nel bel mezzo di un parco.
Potevo addirittura sentire l’odore della terra bagnata dalla pioggerellina che era venuta giù poco tempo prima.
Decisi, per cui, di andare a sedermi su una panchina, lontano da tutte quelle persone che stavano godendo dei momenti di tranquillità e di gioia che la vita ha offerto loro.
Dalla mia postazione, però, potevo vedere gran parte di quello che succedeva intorno a me.
Mi girai verso destra, scorgendo una coppia di adolescenti essere appartati, abbastanza lontani da tutti gli altri.
Erano due ragazzi, potevano avere sì e no sedici anni.
Uno indossava un paio di jeans scuri, con una maglietta di un gruppo metal ed una felpa nera a coprirlo; l’altro aveva semplicemente il completo di una tuta larga.
Si baciavano di continuo, incuranti del resto del mondo che, probabilmente, non li accettava, dimostrando tutto il loro amore.
A sinistra c’era, invece, un’altra coppia.
Aveva sui trentacinque anni lui e sui trenta lei.
La donna era addirittura incinta, aveva proprio un bel pancione, e il suo compagno era lì che le accarezza il ventre dolcemente, sorridendole di tanto in tanto, per poi posare delicatamente le labbra sulla sua mano sinistra.
Di fronte a me, ancora, potevo vedere una coppia di anziani settantenni, mentre discutevano animatamente.
La signora aveva una croccia di capelli bianchi proprio sulla testa, vestita con una gonna larga che le arriva sotto il ginocchio e un maglioncino, coperta da un cappotto pesante, mentre lui avevi dei semplici pantaloni, con una camicia grigio chiaro e sopra una giacca.
Parlavano, a volte li vedevo addirittura scambiarsi occhiatacce e minacciare di picchiarsi, soprattutto la moglie col marito, ma poi si sorridevano, lui le metteva un braccio intorno alle spalle e la proteggeva dal freddo pungente, mentre guardavano i propri nipotini rincorrersi nel parco, sull’erba verde appena tagliata.
Mi guardavo ancora intorno e potevo scorgere dei ragazzi di diciotto o venti anni, al massimo, con un cartone di birra in mano, che sorridevano felici.
Sicuramente l’avevano rubata da qualche negozietto, facendola poi franca.
Ricordai anch’io quando lo facevo con i miei amici.
“Ah, quanto mi mancano quei tempi...” pensai.
Mentre dalla parte opposta c’erano due signori cinquantenni che parlano fra loro, probabilmente dei problemi nel mondo, la guerra nei paesi asiatici, le malattie del continente africano, come l’ebola, o più semplicemente di come avevano giocato l’ultima partita gli Yankees e i Red Sox o ancora di che cosa si ciberanno una volta tornati a casa dalle proprie mogli, dai propri figli, e, perché no?, dai loro animaletti domestici.
Scossi il capo, liberando la mente da tutti i pensieri, mentre cacciavo dalla tasca del mio chiodo in pelle il pacchetto di sigarette, le Marlboro, ovviamente, a cui ero tanto affezionato.
Ne tirai via una, per poi accenderla.
Ma poi ripensai alla scena che mi ritrovai di fronte.
“Cos’è per me, Aileen?”
Non lo sapevo bene, ma una cosa era certa: lei per me era importante e non avevo alcuna intenzione di perderla.






























 

Morgana's corner




Salve a tutti! Non so come mi sia venuto in mente di pubblicare un capitolo di una mia vecchia storia, dopo così tanto tempo... Sono stata assente per molto tempo, ma chi studia, come me, sa bene di cosa parlo; soprattutto quando hai deciso di andare all'università e di intraprendere gli studi di una facoltà che, di certo, facile non è, tra i professori che non vedono l'ora di metterti sotto torchio e l'ansia che ti uccide ogni giorno. In questo periodo ci sono state delle persone, in particolare due, che mi sono state tanto vicine, ed una è proprio fra di voi, che sa tutto di me ormai, e sa anche quanto siano stati difficili per me tutti questi mesi. E credo che la mia assenza sia dovuta anche a questo. Ma oggi pomeriggio ho deciso di rileggere questo capitolo che ho scritto tempo fa, e devo dire che mi ha emozionata come quando lo scrissi, tra i monologhi introspettivi del povero Brian, i discorsi col genitore (e so quanto sia difficile parlare di queste tematiche con un padre o una madre haha), o le scene che si ritrova davanti, dalla coppia gay che lotta contro il mondo (e quale momento migliore di questo per parlare dell'amore omosessuale?! Ci cade a pennello!), ad una coppietta di anziani che, dopo tanti anni, sono ancora innamorati l'uno dell'altra, o ancora alla semplice amicizia. Sono sincera, non so quando ritornerò, forse domani, o fra un mese, o tra un anno, o addirittura mai. Ma oggi sentivo fosse il momento giusto per pubblicare questo capitolo, quindi... eccolo, tutto per voi. Concludo il discorso, forse è meglio haha. Un bacio e un abbraccio.


MorganaSanders







  
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