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Autore: LittleDreamer86    02/07/2015    0 recensioni
Cosa succederà dopo Last Christmas? Il Dottore e Clara si sono ravvicinati e partono per nuove avventure. Il sentire tra i due si è più approfondito, e sono cadute alcune barriere che avevano creato tra loro per paura di ferirsi l'un l'altro. Adesso sono pronti a viaggiare di nuovo assieme, diversi, più uniti di prima.
[ Colore della storia varierà man mano che la scrivo.]
Genere: Fluff, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Clara Oswin Oswald, Doctor - 12, Missy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Di nuovo in viaggio,
nello spazio e nel tempo,
di nuovo insieme.
Mai mi stancherò di questo,
pianeta dopo pianeta,
nel passato e nel futuro,
perchè ci sei tu.
Tu sei magnifico,
e ogni giorno mi riempi di meraviglia.


[On the road again,
in time and space,
together again.
I never get tired of all this,
planet after planet,
in the past and the future,
because you're here.
You are magnificent,
and every day fills me of wonder.]
Clara Osward

 


3. Chi al posto di PE ?

Nel Tardis.

Un ragazzino. Quel Danny, PE, Educazione Fisica, aveva mandato indietro dall’Altrove uno stupido ragazzino.
Era poco più alto di un metro. Un metro e 20-25 centrimetri per l’esattezza. Magro. Capelli scuri, neri, un po mossi e occhi bruni, scintillanti.
Occhi strani. Molto strani. Il Dottore gli si avvicinò, con un balzo, incrociando le mani dietro la schiena e sporgendosi avanti.
Accennò un mezzo sorriso, per rassicurarlo. Ancora gli era difficile sorridere, cambiando il suo stato perennemente serio e corrucciato. E un istante dopo, appoggiò il capo su quello del ragazzino, appoggiando le proprie mani sulle sue spalle. E fu nella sua mente. Nei suoi ricordi.
Una serie di immagini di guerra, sparatorie, fughe. Una volta una bomba l’aveva quasi ucciso. Persone che si succedevano davanti agli occhi senza alcuna importanza. Poi una porta che si apre, un uomo dalla carnagione scura in mimetica. Terrore. Uno sparo e più nulla. Era stato Pink, ad ucciderlo. E poi riportarlo indietro dall’Altrove, col braccialetto del Maestro…Missy.
Clara. Adesso c’era la sua faccia. Clara. Facce di Clara. Clara che rimbocca le coperte. Clara che da il bacio della buonanotte. Clara che prepara la colazione. Clara che lo sgrida perché deve fare il bagno. Andare a scuola insieme a Clara. Clara in classe che spiega gli autori inglesi. Clara che lo abbraccia. Clara che sorride. Clara. Clara con una faccia corrucciata. Clara. Sempre e solo Clara.
Si allontanò un poco, continuando a squadralo. Niente genitori. Strano.
< Dove sono i tuoi genitori? > chiese.
< Non mi ricordo…ho provato a sforzarmi, ma non ricordo nulla. Clara ha detto che puoi aiutarmi… > rispose, piano, la giovane voce. I suoi occhi si fecero più liquidi, lì, fermandosi al limite, poco prima delle lacrime.
Twelve lo notò, e si fece molto scuro in volto. Lo avrebbe sgridato, se si fosse messo a piangere. Non sopportava i pianti, soprattutto quando inutili. Era un uomo d’azione. No di pianti. E nemmeno d’abbracci. Se lo ripeteva in continuazione. Forse per convincere più se stesso, che altro.
< Non ti ci mettere anche tu! Niente pianti qua dentro. Al Tardis non piacciono i mocciosi… soprattuto se piagnucolanti. > In realtà era più a lui che non piacevano. Alzò l’indice della destra verso l’alto, guardando alternativamente il bambino e poi il soffitto della macchina del Tempo.
< Si. > Lui rispose annuendo col capo mentre si sfregava gli occhi con la manica della maglia.
Il Dottore, si avvicinò di nuovo. Lo guardò più attentamente, piegandosi leggermente con la schiena verso di lui. Chiuse l’occhio sinistro mentre incerto continuava a cercare di capire e capire ancora perché gli apparisse familiare. Molto familiare. E quando avvicinò di nuovo il capo al ragazzino, fu di nuovo nei suoi ricordi. Ove il tempo è mescolato, ove nulla è definito. Incasellati dentro pacchetti, le situazioni, i momenti, corrono via, avanti e indietro dentro il corpo che li contiene, assieme allo spirito dell’essere che li ha vissuti. D’istante in istante tornò indietro per cercare qualcosa, qualcosa che potesse legare il ragazzino a qualcuno diverso da Clara. Una madre, un padre, una zia. Nulla. Tutto sembrava nebuloso più indietro della guerra in Afganisthan. Era come se tutto cominciasse da quel preciso momento. Perché? Perché non c’era un prima? O forse, qualcuno aveva tolto, ciò che prima vi era stato. Missy? No. Impossibile. E se invece l’avesse fatto? Riuscì a risalire al ricordo più chiaro. Una stanza piena di specchi polverosi, che lo riflettevano senza fine. Teneva in mano qualcosa, qualcosa che mancava di importanza. Poi l’immagine sfocò e il Dottore fu costretto a tornare dentro la propria sfera di consapevolezza nel Tardis.
Si scostò di nuovo indietro, mordicchiandosi appena il labbro inferiore, internamente. Più lo guardava quel ragazzino, più i loro occhi si incontravano, e più dentro il Dottore cresceva un senso di frustrazione nel non comprendere perché lo trovasse noto. Come l’esistenza di quel ragazzino fosse davvero importante lì con lui, sul Tardis, in quel preciso momento e punto dello Spazio-Tempo.
< Del tutto strano. Si. > disse, un poco incerto. < Strano. Hai un… odore, strano. Che ti ha fatto quella là? Mh? Confessa. Ti ha mandato lei, Missy? Perché Pink non è tornato e ha mandato te? Eh? Eh? > Estrasse il cacciavite sonico dalla tasca interna della giacca e glielo puntò contro facendo un balzo teatrale all’ indietro. < Dillo una volta per tutte! Chi sei tu in realtà? >
In tutta risposta, il ragazzino, si imbronciò e scappò a nascondersi dietro la gonna verde, a pallini bianchi, di Clara. Era appena entrata nella sala di comando, sbucando da un corridoio.
< Dottore, basta spaventare John! E quel cacciavite sonico…mi pare di ricordare che non fosse un arma!!! > Lo ammonì, mettendo le mani strette a pugno sui fianchi, per darsi un tono.
< Quale spaventare? Lo sto solo studiando! >
< A si? E lo fai, rimproverandolo? >
< Lo spronavo a ricordare. >
< Mh… >
< Ha qualcosa di strano, oltre ad avere un comportamento poco adulto per la sua età, sia chiaro!!! > Affermò allargando le braccia.
< Ha solo dodici anni! > Ruotando il busto di poco, accarezzava il capo del ragazzino.
< Come fai a essere certa che ne abbia dodici? > Alzò le spalle, dopo averle lanciato uno sguardo di sbieco. < Tanto non capiresti! >
< Me l'ha forse detto lui? > Emise un sospiro, quasi disperato. Ogni tanto quel Signore del Tempo, la faceva davvero arrabbiare. Eccolo. Di nuovo, che ricominciava a fare il misterioso. Sbuffò ancora,Clara e poi si ricompose. Un leggero sorriso divertito sulle labbra. Mai aveva riflettuto sul fatto che nonostante fosse vecchio di duemila anni, ancora reagisse in alcuni casi come un adolescente. Il suo Dottore.
Twelve tornò alla console, prendendo ad armeggiare con una serie di pulsanti e leve. Di tanto in tanto guardava lo schermo, si fermava, pensieroso, fissandolo e nel contempo portava la mano sinistra chiusa a pugno sotto il mento, mentre la mano destra sorreggeva il gomito della sinistra.
Clara intanto si era voltata completamente verso John, le aveva detto che si chiamava così, e piegandosi sulle ginocchia si voltò verso di lui per dargli un bacio su una guancia. < John, caro, non preoccuparti del Dottore. E’ un burbero vecchietto, ma dentro di sé è così gentile e generoso. Su, su, va a giocare. >
< Si. > Ma continuava a tenere con la mano un lembo della sua gonna. Il volto imbronciato, e particolarmente triste.
< Lo sapevi che il Tardis ha una stanza piena zeppa di modellini, aerei, auto, treni, barche, navi. Poi abbiamo anche una grossa biblioteca, un piscina, un giardino…ah, quante stanze! Vero, Dottore? > Chiese, alzando il tono della voce in quelle ultime due parole con una certa nota di rimprovero, aggiunta giusto nel caso lui avesse evitato di risponderle. Poi voltò il capo dietro, scorgendolo seduto, poco distante dalla console, le dita incrociate tra loro a fissare in direzione opposta a quella in cui lei e il ragazzino si trovavano.
< Si, vai a giocare ragazzino… > disse Twelve, senza nemmeno farci caso. I suoi pensieri erano concentrati su altro, in quel momento.
< Jhon…si chiama così, ricordi? > Clara sbuffò di nuovo per il suo atteggiamento, volutamente menefreghista,lui potè sentirlo chiaramente.
< John…certo, si… > senza badare alle parole.
< Io, vado, Clara… > John parlò piano, timoroso lanciando uno sguardo impaurito verso Twelve.
< Vai e divertiti, capito? > disse Clara gentile, dandogli un buffetto su una guancia.
Il piccolino, annuì col capo e scappò via come un razzo, sparendo in un corridoio.
Risalì i gradini metallici della sala di comando.
< Dottore, cosa c’è che ti preoccupa? Non sarai geloso per il fatto che abbia un nome che qualche volta ti capita di usare? > chiese, sbucando all’improvviso col capo alla destra del Dottore, con la schiena piegata. I capelli scendevano morbidamente a circondarle il volto da bambola,un po impertinente in quel momento.
< Niente, niente. > Qualcosa lo preoccupava. Era palese.
Si inginocchiò accanto a lui, andando a stringere con la propria destra, le mani del suo Dottore. Lui non respinse quel contatto. Senza rendersi conto, mise una delle due mani, sopra quella di lei, finendo per racchiuderla tra le proprie. Stretta. Sua. Mai si sarebbe potuto spingere oltre. Mai. Se lo ripeteva in continuazione. Anche in quel momento.
Lei, spostò lo sguardo dalla propria mano, al suo volto. Si fissarono per qualche istante restando in silenzio, e poi arrossirono, entrambi, come due ragazzini. Fin quando Clara, riprese il controllo della situazione, togliendo la mano lentamente.
< Sei preoccupato. Credo sia una di quelle volte in cui qualcosa ti sfugge… >
< Centro, Clara. Colpito…affondato. > le fece l’occhiolino, sorridendole, per poi rifarsi scuro e serio in volto, un istante dopo.
< Non ho trovato nulla nei suoi ricordi. Come se fossero stati cancellati…o…o…oscu… >
< Oscurati? > Le uscirono le parole di bocca, senza che avesse pensato. Lui se la guardò alquanto turbato.
< Ti metti a completare quello che dico, adesso? >
< Si, scusa, scusa…Dottore. Provavo ad aiutarti… >
< Ascolta, Clara. Primo punto. >
 Tornò in piedi, raggiungendo con ampi passi la Console di Comando, parlando. < Mi sembra strano dirlo, ma anche se tutto appare caotico, quel tutto ha un suo particolare senso, una sua importanza precisa in questo universo. Quel ragazzino senza ricordi ha un suo motivo di esistere. Dobbiamo scoprirlo. >
Clara, si sollevò in piedi, rimanendo tuttavia accanto alla sedia metallica occupata in precedenza da Twelve.
< E cosa faremo? > Il tono che aveva usato, era come se lo avesse pregato di parlare, di rivelarle ogni suo pensiero, tanto la voce le uscì tesa.
Il Dottore, rimase in silenzio per diversi istanti. Dietro le sue spalle, Clara restava, senza nemmeno sfiorarlo, passando il proprio peso su piede e poi l’altro. Attendeva, la sua voce.
Clara. Era molto brava ad ascoltare, nonostante tutto, ed aveva molta pazienza con lui, soprattutto in quest’ultima generazione. Ne aveva probabilmente molto bisogno, adesso, più che mai. Dopo aver passato tutti quei decenni su Trenzelore.
< Punto secondo. Quel ragazzino mi è familiare. Perché? Nessuna idea. Forse duemila anni hanno consumato la mia memoria senza che me ne rendessi conto. Ma…mi è familiare. Più come…è giusto, anzi…> si voltò verso Clara < anzi, è come fosse di vitale importanza che lui sia qui. Forse perché lui deve essere qui! > Concluse, fissandola dritto negli occhi scuri.
< Tu > lei, allargò lo sguardo < credi che questo sia uno di quei punti fissi? Intendo, punti fissi nella  time-line? >
< Probabilmente. Ma…Clara, Clara, ho un altro punto, prima di dirti quello che faremo. E questo riguarda te. > Fece un mezzo giro attorno alla console, per calzare un bottone rosso, poi uno blu.
 < Me ? > Inclinò la testa di lato, alzando un sopracciglio ed incrociando le braccia davanti a se. < In che…senso…? > Balbettò una parola dopo l’altra, mentre ora piuttosto preoccupata continuava a fissarlo.
< Ha ricordi più di te che di chiunque altro prima. Oh Clara. Lui ti venera come una Dea. Gli piaci. > Un leggero sorriso comparve sulle labbra del Signore del Tempo. < Pensa continuamente a te. Molto anomalo. Mica sei sua madre. Troppo vecchia per il resto delle possibilità. Oppure no? > sollevò un solo sopracciglio, ruotando il capo verso di lei. Il sorrisetto divenne malizioso.
< Dottore!!! Perché devi dire queste cose?? > lo ammonì, arrossendo tutta.
< Perché sei spassosa, Clara Osward! > Affermò mentre si voltava completamente dalla sua parte, con un enorme sorriso, che palesò a Clara, la sua perfetta dentatura. Le mani andarono a rifugiarsi nelle tasche dei pantaloni di lana scura, mentre si appoggiava con la schiena dietro, al cerchio metallico del Tardis.
< Non sono spassosa! > Affermò, allargando le braccia.
< Guarda come sei rossa! > continuò lui, incalzandola.
< E’ perché dici queste cose! >
< Le cose in cui tu e quel dodicenne …. > lasciò intendere, di tutto di più, lasciando in sospeso la frase, e continuando a sorridere.
< E’ solo un ragazzino! >
< Invaghito comunque della sua Maestrina! >
< Dottore! Basta! > Lo ammonì, ancora un po rossa. Strinse i pugni, battendo il piede sinistro a terra. Quando faceva di tutto per farla arrabbiare, lei ci cascava sempre. Ed anche questa volta, per di più per una motivazione stupida. Ma era come se quello che avesse detto le importasse, le importasse profondamente. Lasciò andar via immediatamente quel pensiero, appena se ne rese conto.
< Va bene, va bene! Tornando seri…hai detto che PE ti chiedeva di trovarne i genitori. Perché quei ricordi sono introvabili? >
< Cancellati, da quella tua amica, direi. > Incrociò le braccia davanti al corpo Clara, piegando le labbra da un lato, sottolineando con la voce, la parola amica, in un modo del tutto astioso. Tono che non sfuggì a Twelve.
< Avanti, Clara…non essere acida. >
< Acida, io? > Allargò i suoi occhi castani, facendo un’espressione volutamente stupita.
< Dì, che non te la sei presa, per quello che ti dissi l’ultima volta che mi sono rigenerato! >
Aveva perfettamente capito a cosa si riferisse. Il coraggio di guardarlo negli occhi in quel momento, lei lo ebbe solo per un istante. Fuggì a quello sguardo di ghiaccio, freddo eppure in grado di ferirti e penetrarti dentro. Era vero. Le era dispiaciuta ogni singola parola che le aveva detto. Twelve aveva costruito un muro tra loro, perché sapeva che lei era innamorata. Innamorata della sua precedente rigenerazione. Dell’uomo con il farfallino. Del chiaccherone dal dizionario forbito. Si quelle parole l’avevano del tutto devastata. Era stato per quello, per quella necessità di nascondere ciò che provava per lui, per cancellarlo da quella parte di memoria di superficie, che aveva guardato altrove ed aveva trovato Danny Pink. Danny, così semplice, e così lontano da Eleven, rifletteva un aspetto del Dottore che accumunava tutte le rigenerazioni. Soldato e Uomo. Emanava un certo auto-controllo di sé stesso, nei suoi modi posati che pur tuttavia non gli impedivano di rimpiangere il passato e i propri errori. Sicuro, deciso, le aveva sempre comunicato un senso di protezione. Probabilmente furono questi aspetti a trascinarla inevitabilmente verso di lui. All’inizio era stato un gioco, per distogliere la propria attenzione da Twelve, da Eleven, poi la cosa era diventata seria.
Fu il silenzio e le rosse labbra di lei serrate, quando rifuggì il suo guardo, a comunicare a Twelve la risposta alla sua domanda.
< Perdonami, Clara, se sono stato brusco con te…ma lo sai perchè.>
Gli bastarono due soli passi a raggiungerla. E stringerla sé. In un abbraccio. Forte. Caldo. Il massimo che avrebbe fatto. Lei, stupita fu costretta a sciogliere le braccia incrociate ed appoggiare le mani proprio sopra la maglia nera che il Dottore indossava, proprio sopra i suoi due cuori, che in quell’istante battevano all’impazzata. La destra di Twelve sul suo capo, tra i capelli, le spinse dolcemente il volto di più verso di lui, fino a quando la sua guancia toccò il suo petto.
Sollevò di poco lo sguardo. E lo guardò, sorridendo, come una bambina a cui hanno appena fatto un regalo.
< Non è vero che gli abbracci sono solo un altro modo per nascondere i propri volti… >
Lui aprì le labbra per ribattere in qualche modo, ma rimase bloccato a guardarla. Il suo dolce viso, gentile e i suoi grandi occhi bruni.
< Già… > Riuscì a balbettare, a malapena con la voce che gli uscì sporcata, roca. E subito dopo scappò, voltandosi di nuovo verso la console. In quel momento avrebbe voluto solo trovarsi molto lontano dai suoi due cuori. Battevano furiosamente.



Pianeta Terra: Afganistan, Provincia di Helmand, 21 Luglio 2009

< Dottore, ricordami, perché siamo venuti, per favore!!! >
La sera era calata. E il silenzio. Lontano sopra l’orizzonte si estendeva ancora una rossa luminosità reduce della discesa dell’astro solare oltre la linea del visibile. Solo le macerie erano rimaste a vigilare complici su quel luogo dimenticato dai vivi, regno ormai solo di corpi. Cioè che era avvenuto alcuni giorni prima, era ancora testimoniato dai cadaveri ai lati delle strade della piccola città. Cadaveri di soldati in mimetica, di entrambe le parti. Britannici e talebani. E anche qualche civile. Alcuni avevano il corpo solo in parte integro. Probabilmente a causa di bombe a mano, o mine. La guerra nessuno è in grado di risparmiare, e spesso nemmeno gli innocenti, quelli che mai avrebbero voluto essene attori, ne scampano. In braccio, qualcuno teneva ancora il proprio fucile, probabilmente rimasto senza proiettili. Proiettili vuoti e sangue. Polvere da sparo, nell’aria e il puzzo di sangue secco, molto simile a quello di carne arrostita, le fecero venire la nausea, mentre tentava di seguire nel passo Twelve, davanti a lei.
< Per capire, Clara! Dobbiamo vedere il luogo dove Pink ha sparato a John. Trovare il cadavere del ragazzino. Potrebbe esserci qualche indizio. > Dopo aver saltato a terra il corpo senza vita di una giovane donna dalla pelle scura, si voltò verso di lei. < La guerra è questo, Clara. Morte… nessuno vince, tutti perdono. Ma voi umani ancora non l’avete capito. >
< Vero… > sussurrò Clara.
< E nemmeno alcuni Signori del Tempo l’avevano capito… >
 Si voltò di nuovo, dando le spalle alla ragazza che continuava a seguirlo. Proseguirono per quella via, per un centinaio di metri, prima che il Dottore si fermasse, estraendo il proprio cacciavite sonico e sonicizzando l’entrata di un vecchio edificio di due piani.
Senza dire una parola, Twelve entrò seguito dalla ragazza.
L’interno era completamente buio e c’era un odore cattivo di chiuso misto a marcescenze. Clara accese la pila che si era portata con se, estraendola dalla tasca posteriore dei pantaloni. Il raggio artificiale prese ad illuminare il corridoio nel quale si trovavano.
< Controllo al piano superiore, tu resta qui… >
< Ma…voglio venire anche io... >
< Niente ma! Vedi se riesci a trovare il corpo. >
Allargò le braccia sbuffando, contrariata. Non aveva voglia di rimanere al buio in quel posto e per giunta da sola. Le dava una certa inquietudine, pensare a quanto successo lì, qualche giorno prima. E poi, non voleva lasciare lui solo. Mentre il Dottore stava già salendo al piano superiore, si infilò nella prima stanza a destra. La luce che teneva in mano, illuminò l’interno. Un grosso mobile in legno fracassato, e a terra piatti spezzati, teiere, bicchieri, qualche posata. Al centro del locale, un tavolo era stato rovesciato completamente sul fianco. Lo aggirò, e proprio lì dietro, lo vide. Il corpo senza vita di John, riverso su un fianco. Si inginocchiò accanto e lo voltò, per guardarlo meglio. John era vivo, eppure il suo corpo era anche lì morto. Tocco la guancia del ragazzino coi polpastrelli della mano libera, e una lacrima solitaria scese a rigarle il volto di tristezza. Quanti innocenti morti in quella guerra? La morte l’unica incontrastata vincitrice di questo universo. Un solo istante e la sua mente corse al Dottore, a lui. Alle parole che mai gli avrebbe detto e al giorno in cui se ne sarebbe andata per sempre, senza avergliele potute dire perché sapeva in se stessa che lui, non le desiderava sentire. La sua vita sarebbe terminata un giorno, e lui non aveva intenzione di soffrire ancora una volta. Dopo River, dopo Rose.
Guardò quel ragazzino, e pensò che un giorno anche lei sarebbe stata esattamente così. Un contenitore vuoto. Scosse il capo più volte per rassicurare se stessa, e scacciare quei cattivi pensieri. Evitare di pensare a quell’inevitabile conclusione del suo viaggio, fatto di una sola unica vita.
< Clara, concentrati…> espirò tutta l’aria e poi prese un profondo respiro.
< Allora, vediamo un po se troviamo qualcosa…e questo… cos’è? >
Persa nelle proprie considerazioni, gli era sfuggito in quel momento che il ragazzino avesse in mano qualcosa. Una specie di strano dispositivo circolare fatto di un materiale simile al vetro, col grigio scuro, connesso ad una piastra di poco più grande sulla quale vi era un solo ed unico pulsante di colore giallo fatto di uno strano materiale gommoso. Face attenzione nell’evitare di premerlo mentre sfilava quello strano oggetto dalla mano ormai irrigidita. Se lo rigirò fra le dita con estrema attenzione, chiedendosi cosa fosse. Era come se in realtà ne avesse già visto uno identico. Ma com’era possibile? Mentre era solo un eco del passato del Dottore, probabilmente, si disse. Lo appoggiò a terra, e senza sapere perché si mise a frugare nelle tasche dei pantaloni del ragazzino morto. C’era qualcosa, qualcosa che doveva trovare. Tirò fuori il contenuto di una tasca. Vi erano due caramelle dall’incartamento giallastro, una pallina di gomma, un foglietto ripiegato.  ed una targhetta metallica, collegata ad una catena dello stesso materiale. 
La prima cosa che fece fu il foglietto. Qualcosa cadde a terra. Era una medaglietta metallica molto sottile, collegata ad una catenina dello stesso materiale. Tornò a porre attenzione al foglietto e lesse < Trova ispirazione nel vedere e nel vivere! E poi sceglilo! > In che linguaggio fosse scritto non lo sapeva, ma riusciva grazie al tardis a leggerlo.
< Sceglilo… > ripetè tra sé. < Chissà a cosa si riferisce... > Se lo mise nella tasca dei pantaloni, quella dove aveva tenuto la pila elettrica. Prese la medaglietta in mano. Forma rettangolare. 4 x 1 cm di dimensioni. Una strana vibrazione, prese a percorrerle il corpo non appena il metallo toccò il palmo. Molto sottile, molto lieve. Era quel metallo, come se fosse vivo. Le venne in mente il Tardis. Forse era metallo vivo, come ciò che costituiva il Tardis. Vi erano diversi disegni sopra. Cerchi, prevalentemente. Cerchi che si intersecavano. Alcuni piccoli, dentro altri più grandi. Alcuni si toccavano in tangenza. Spirali che si chiudevano su un cerchio, e altre si originavano da più di uno, per contenerne diversi. Un disegno molto suggestivo, in uno spazio molto piccolo. 
< Clara! Qui, IMMEDIATAMENTE! >
  
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