Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Sofyflora98    05/07/2015    2 recensioni
Sofia è una ragazza apparentemente comune, ma un incidente avvenuto in un pomeriggio di settembre, dopo la scuola, le svelerà la sua vera natura: lei è un'Astral, una persona che riesce a rendere reale ciò che non esiste. E' stato in seguito a quell'incidente che venne coinvolta nell'Astral project, l'associazione che gestisce e tiene sotto controllo questo strano fenomeno. Tra maggiordomi diabolici, dei della morte fiammeggianti e creature mostruose, Sofia scoprirà un mondo interamente nuovo, iniziando a comprendere meglio la vera natura della fantasia umana e dei sentimenti che si può provare per qualcosa che non esiste. O almeno, che fino a poco prima non esisteva.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grell Sutcliff, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'urgente mansione che necessitava il mio intervento, risultò essere la rimozione di un ragnetto dalla cornice di una finestra. Il suddetto aracnide era non più grande dell'unghia del mio pollice, con zampette corte ed esili, e non stava facendo altro che attendere che una qualche mosca fosse talmente idiota da appiccicarsi alla sua piccola tela sottile e tremolante.
Eppure, quella creaturina così innocua e insignificante aveva causato una crisi isterica, due o tre urla lancinanti e diverse incitazioni ad ucciderla.
Non mi stupii, per qualche bizzarra ragione, nello scoprire che ad avere lanciato “l'allarme” era stata Violet. La maledissi mentalmente: mi aveva interrotta mentre stavo coccolando il mio ragazzo solo perché aveva trovato un ragno minuscolo sulla finestra?! Dio, quanto mi irritavano le ragazze schizzinose! Comunque, io avevo ignorato le sue suppliche che mi dicevano di schiacciarlo, e l'aveva preso in mano per trasportarlo da qualche parte dove non corresse rischi. Anche lui aveva il diritto di farsi la casetta, e a me i ragni piacevano molto, perché si nutrivano di mosche e zanzare, oltre ad essere a loro modo carini.
Passai il pomeriggio a discutere con gli altri Astral tattiche e strategie di lotta e guerra, in previsione di un futuro scontro aperto contro Black Lady. Avevamo convenuto all'unanimità che la cosa migliore era farla uscire allo scoperto. Da come si muoveva era indubbiamente una macchinatrice dedita a complotti e movimenti nel buio più che ad attacchi diretti, quindi o non aveva un gran numero di guerrieri abili dalla sua parte, o aveva qualche capacità particolare che non avrebbe potuto usare in battaglie caotiche.
Grell se ne fregò altamente delle nostre discussioni, ma ciononostante mi seguì per tutta la giornata, facendo suo il posto vicino a me ogni volta che mi sedevo.
A cena mi domandai se Sebastian li avesse davvero imparati, gli usi e costumi umani. O per meglio dire, le dimensioni del nostro stomaco. Onestamente, come poteva pensare che riuscissimo a mangiare tutto quello che preparava senza avanzar nulla?! E io non ero una di quelle ragazze che a malapena mordicchiavano due carote e si mettevano sempre a dieta, per nulla.
Non parlai più dell'allucinazione che avevo avuto, gli Astral inglesi ne erano ignari. Avevo preferito tenere la cosa segreta tra quelli della mia squadra, non ci tenevo a sembrare una pazza visionaria davanti a gente che non conoscevo.
Dopo rimasi nel salotto a leggere uno dei libri di Ciel, per passare il tempo. Era in inglese, ovviamente, ma me la cavai abbastanza bene, considerato che era pure un inglese più antico.
Feci questo fino a che non ricevetti un segnale piuttosto chiaro, o che almeno per me lo fu.
Stavo leggendo da quasi un’ora, e Ciel se ne era già andato a nanna, con l’aiuto immancabile del perfetto ed efficiente maggiordomo in nero, e altri tre Astral erano con me. Gli altri non sapevo se stavano già dormendo o cosa, e onestamente non m’importava. Ciò che conta è che Grell si era posizionato sul bordo della porta, e tamburellava nervosamente sulla maniglia in metallo. Mi sentivo il suo sguardo fisso sulla nuca, quindi diedi un’occhiata alle mie spalle per vedere cosa stesse facendo. Non stava facendo assolutamente nulla, tranne che fissarmi insistentemente.
Fece un lieve cenno con la testa, come ad invitarmi ad uscire e andare con lui. Non mi ci volle più di una frazione di secondo per intuire le sue intenzioni. Non che fosse difficile capirlo, in generale. Era abbastanza un libro aperto, lo shinigami.


Mi ero alzata tranquillamente, dopo aver visto il suo gesto, e con finta disinvoltura avevo augurato la buonanotte agli altri presenti nella stanza, e mi ero avviata verso l’uscita. Appena fummo fuori dalla loro vista, gli afferrai la mano, e affrettammo il passo. Molto probabilmente avevo un sorriso idiota stampato in faccia, ma non credo che lui se ne fosse accorto.
Andammo nella mia stanza, che poi era anche la sua, a quel punto.
Strinsi più forte la presa sulla sue dita, e mi stupii di sentirle fremere d’impazienza ma anche di dolce insicurezza. La cosa contribuì a rassicurare me, invece. Mi decisi a dare un taglio a quel momento d’imbarazzo, e lo afferrai per il colletto della camicia alzandomi in punta dei piedi, per baciarlo. Dapprima delicatamente, poi con più impeto.
Grell si sedette sul bordo del letto, cosicché non dovesse chinarsi e io non dovessi torcere il collo. Gli afferrai il viso tra le mani, quel viso così bianco, e liscio e perfetto… che nessuno al di fuori di me avrebbe mai più toccato. Provai un moto di orgoglio all’idea. Lui era, almeno ai miei occhi, quanto mai desiderabile e attraente una persona potesse essere. Delizioso, da far girare la testa. Ed era mio.
Ciò che avvenne poco dopo è un ricordo molto vago, che si è inciso nella mia mente come idea di meraviglioso, in una sequenza di immagini sfuocate.
In qualche maniera che il mio cervello aveva rimosso, avevo fatto sparire chissà dove i suoi vestiti. Qualcuno aveva scostato la tenda per far filtrare la luce della luna. Forse ero stata io, ma non era importante al momento. Pensai che non potesse esistere qualcosa di più bello, in tutto il mondo, del suo corpo nudo. La sua pelle, oh la sua pelle, era così vellutata e diafana, sembrava quasi riflettere la luce argentata proveniente da fuori. Si era alzato in piedi, strategicamente di fronte alla finestra, spartendo i capelli in due masse cremisi che si era portato sulle spalle, le quali ricadevano morbide sul petto.
Mai come in quel momento fui certa che l’essere che mi si stava donando era veramente una divinità, tanto pareva irreale ed etereo, in quel chiarore bianco e argenteo soffuso, nella notte. Com’era possibile che una tale creatura ultraterrena potesse aver scelto di dare il suo amore ad una comune ragazza umana mortale?
Pensai questo, e piansi di gioia.
Il seguito mi apparve sempre più magico e sfumato.
Niente a che vedere con i racconti delle ragazze che conoscevo, o con ciò che si vedeva nei film. Ma naturalmente, nessuno a parte me aveva Grell, quindi nessuno poteva vivere un’esperienza simile alla mia. Amore, adorazione, tenerezza, estasi, tutte cose che si alternavano nel mio stato d’animo a ripetizione.
Due cose ricordo più chiaramente. Lui sdraiato sul letto, i capelli sparsi attorno alla sua testa come rivoletti di sangue, gli occhi chiusi ed un’espressione estasiata. Lui sopra di me, che mi guardava languidamente, sussurrando che mi amava.


 

Mi ero svegliata abbastanza di colpo, gli occhi sbarrati, già completamente lucida.
- Non ci credo – dissi ad alta voce, rivolta a me stessa. Beh, avevo poco da non crederci. Mi bastava girare la testa di qualche centimetro per avere la prova tangibile di ciò che era successo. Ed io la girai, la testa.
Grell era accoccolato vicino a me, o più precisamente addosso a me, con la testa sulla mia spalla e le labbra pericolosamente vicine al mio orecchio destro. Oh, cavolo! Oh… cavolo! Continuai a pensare ininterrottamente, indecisa su che fare al momento.
Svegliarlo? Oppure restare a guardarlo dormire facendo un piccolo ghigno, da vera maniaca pervertita? Se avessi optato per la seconda, la “dolce e candida” Angelica della mia classe sarebbe stata privata del suo titolo di “Ragazza più maniaca in circolazione”. Sarebbe stato divertente andare a raccontarle l’accaduto, e gustarsi la sua espressione invidiosa. Purtroppo c’era il fattore imbarazzo ad impedirmi di raccontarglielo.
Alla fine decisi di svegliarlo. Premetti piano sulla sua guancia con il dito, sperando che fosse sufficiente: ero sempre a disagio quando mi capitava di dover svegliare qualcuno, che fosse un’amica o mia mamma, quindi figurarsi con il giovane con cui avevo… ah, solo a pensarci mi sentivo il viso in fiamme.
All’inizio pensai che fosse ancora assopito, e stavo già pensando di scuotergli la spalla. Dovetti ricredermi quando le sue braccia mi avvolsero la vita. Probabilmente era già sveglio da prima, e fingeva solo di dormire, realizzai.
- Cucù, tesoro! – mi salutò, e finalmente aprì gli occhi.
- Ehm… ciao – risposi nervosamente. Lui sembrò confuso, forse dal modo in cui avevo parlato. E per farmi sputare il rospo fece quella faccetta da cucciolo bastonato, che sapeva fosse il modo più efficace per sciogliermi la lingua. Approfittò del fatto che mi fossi alzata per sedermi con la schiena dritta, e si tuffò ad abbracciarmi stringendosi di più a me, e guardandomi dal basso verso l’alto. – C’è qualcosa che non va? – mi chiese con tono così lacrimoso che mi venne un’improvvisa voglia di coccolarlo.
- Ah… no, va tutto bene. Ovviamente. Sì, beh… meglio di così non potrebbe andarmi, tenendo da parte Black Lady. È che… come dire… - cominciai a maledirmi da sola. Non mi capitava quasi mai di essere così impacciata con le parole, e quello non era proprio il momento giusto.
- Prima volta. In un altro mondo. Con un dio della morte – schematizzò Grell per me. Io annuii, e dovetti fare un enorme sforzo per non afferrare un cuscino e nasconderci la faccia.
- Hai dimenticato “imbarazzo” – conclusi io. Lui sorrise, e si alzò a sedere. Portò un braccio a circondarmi le spalle, e chinò la testa per baciarmi. Io, quando avvertii il contatto con le sue labbra, alzai di più la testa, per baciarlo più profondamente.
- Non credere che io sia… tranquillo – prese ad attorcigliarsi una ciocca di capelli – Sai… prima volta con una ragazza –
- Cosa? Credevo che Madame Red… -
Lui scosse la testa. – No, invece no. Assolutamente nulla –
- Quindi posso considerarmi una privilegiata, eh? – non potei evitare di sghignazzare. Di nuovo ricevetti segno di assenso.
- Ma lo sai che ti amo? – mi sussurrò all’orecchio. Sì, lo sapevo, ma un promemoria non faceva per niente male. Io gli sorrisi, e allungai una mano a sfiorargli il petto. Avevo ufficialmente deciso che la sua pelle mi piaceva un sacco, liscia e chiara com’era. Alla vista sembrava porcellana, al tatto pareva seta. Mi prese la mano, guardandola come se fosse stata chissà quale gioiello prezioso, quasi con venerazione, e se la portò alla bocca. La baciò una, più volte. Mi andò a fuoco quasi subito.
La ritrassi con uno strillo, fissando allibita le mie falangi. Lui all’inizio sembrò ferito, ma poi sgranò gli occhi in un’espressione sbalordita, indicandomi. – Stai brillando, Sofia! Stai brillando! – esclamò.
Io mi guardai le braccia, arrotolando le maniche della camicia da notte. Sì, stavo brillando di una lieve luce di un pallido colore dorato. E avevo un prurito insopportabile dalle dita fino ai gomiti, anzi, un vero e proprio bruciore, come se avessi messo le braccia nel fuoco.
- Ma che… - di nuovo quella strana sensazione agli arti, solo molto più intensa. L’ultima volta era stata con la visione su Alicia. Adesso, qual era la ragione?
La porta si aprì, mentre una voce sensuale diceva - È permesso, lady Sofia? –
Ovviamente Sebastian. Non sembrò sorpreso nel vedere Grell con me. Lo sembrò invece di vedermi brillare.
- Mai, chiedere prima di entrare, eh? – commentai. Lui non proferì parola per un bel po’, invece, apparentemente assorto in chissà quali diabolici pensieri. Aveva assunto un colorito ancora più cadaverico del solito, e non riusciva a staccarmi gli occhi di dosso, come se fosse turbato da ciò che vedeva. Gli ci volle un bel po' prima che si decidesse a sputare il rospo.
- Legame – mormorò, corrugando le sopracciglia. Gli rivolsi uno sguardo interrogativo. Di che accidenti stava parlando? Grell sembrava perplesso quanto me di fronte a quell'inaspettata reazione.
- Saresti così gentile da spiegarci cosa ti sta rodendo il cervello? - gli chiesi, col tono più sarcastico che mi riuscì.
Lui sospirò, e posò il vassoio con la colazione ai piedi del letto. - È una cosa che succede a volte, quando si crea, ehm... un rapporto piuttosto particolare tra un Astral ed un Esterno -
Alzai gli occhi al cielo. Infatti con quella spiegazione avevo capito, eh! Gli dissi di essere più preciso e di piantarla di preoccuparsi della forma e della correttezza della sua parlata. Non sembrò felice di sentirselo dire.
- Esiste tra Esterni ed Astral un indice chiamato “affinità”, che determina quanto le anime dei soggetti siano in grado di adattarsi l'una all'altra, fondersi, completarsi a vicenda per lavorare insieme. Più alta è l'affinità tra due persone e meglio si capiscono tra di loro. Anche il combattimento di coppia ne risente: se l'affinità è alta possono avere una sincronia maggiore ed risultare un duo più affiatato -
Grell fischiò in segno di apprezzamento. Di canto mio, non avevo mai sentito nulla di simile, e non riuscivo a capacitarmi di come avessero potuto tralasciare di dirmi una cosa così importante. Sebastian riprese il discorso, non senza scoccare uno sguardo infastidito allo shinigami. Più tardi, mi dissi, glielo avrei fatto rimangiare, quello sguardo.
- Quando l'affinità oltrepassa un certo livello, come nel vostro caso... - e ci scoccò un'occhiata allusiva – si può creare il “legame”. Si tratta, per l'appunto, di una specie di legame tra i due, che incrementa in maniera spaventosa gli effetti dell'affinità. Si comincia a capirsi solo con brevi contatti visivi, a sviluppare nuove tecniche magiche e di lotta altrimenti impossibili, a volte si arriva persino ad una lieve forma di telepatia. Ci si può percepire a distanza, e condividere alcuni poteri -
A sentire tutto quello ero rimasta quasi incantata. Okay, detto in quella maniera poteva sembrare il solito power-up dei cartoni animati, ma pensando a cosa avrebbe comportato nella realtà, era a dir poco stupefacente. Guardai il mio splendore rosso con un sorrisetto timido. Già, per quanto strano da parte mia, all'improvviso mi sentivo timida. Se era davvero come diceva Sebastian, si trattava di qualcosa di molto intimo, che mi ricordava la maniera in cui i miei genitori si intendevano tra loro senza parlare, anche se privi di poteri magici.
Dopo mi stupii di me stessa, perché era assurdo arrossire parlando di telepatia, ed essere solo poco più imbarazzata pensando alla sera prima. Mi lasciai sfuggire una risatina compiaciuta. Imbarazzo a parte, tutto questo era il massimo che una fangirl otaku potesse sognare, e non saranno state più di una ventina in tutto il mondo ad aver realizzato il desiderio di stare assieme al proprio amore fantastico idealizzato.
- E che altro implica, questo legame? - domandai.
Sebastian sorrise – Poteri amplificati, come ho già detto. Con il legame è quasi impossibile non riuscire ad aprire portali, mia lady -
Aprire portali, aveva sul serio detto aprire portali? Ma se era così, allora...
Spalancai la bocca, incredula. E io che credevo non ci sarei mai riuscita prima di mezzo secolo! Se ne avessi aperto uno, se avessi imparato a farlo, saremmo potuti tornare a casa! Oh, finalmente avremmo scoperto perché Black Lady ci aveva spediti in questo mondo, e che aveva combinato dall'altra parte nel frattempo.
- Sebastian, vai a svegliare gli altri, subito! - gli ordinai, già su di giri. Lui non se lo fece ripetere, e dopo un breve inchino corse a chiamare il resto della combriccola, probabilmente ancora persi nel sonno. In effetti ero piuttosto mattiniera.
Quando fummo di nuovo soli, Grell si mise a ridere. Era una risata limpida, che gli illuminava il volto dandogli un aspetto candido e sincero, non come quelli inquietanti che invece faceva spesso prima di diventare reale. Si alzò in piedi, trascinando fuori anche me, e prendendomi per le braccia iniziò a girare in tondo, per poi fermarsi e concludere quella danza bizzarra dandomi un bacio. Venne da ridere anche a me.
- Ehi, che ti prende, testa rossa? - esclamai, contagiata dalla sua allegria. Lui per tutta risposta strofinò il naso sul mio.
- Ce la farai, e torneremo a casa – disse.
All'inizio quella frase mi sembrò bizzarra. Dopo qualche secondo capii anche il perché: aveva detto “casa”, ma lui era originario dal mondo in cui eravamo in quel momento, quindi era fuori luogo, o almeno lo sembrava. Ah, ma ormai anche loro vivono con noi. Che sia per questo?
- Ho detto così perché il mio posto è dove sei tu – mi sussurrò con dolcezza.
Sgranai gli occhi. Come faceva a sapere che...? Oh! La nuova semi-telepatia. A quanto pareva, lui l'aveva già imparata ad usare, o semplicemente io ero impedita in questo. Ora che avevo chiarito quel punto, mi accorsi che ciò che aveva detto era estremamente bello, da sentirsi dire. Sì, una sensazione strabiliante. Ancora più sublime che amare qualcuno, era sentirsi amati da qualcuno. Non mi era mai capitato di sentirmi così, togliendo i genitori dal discorso.
Ma naturalmente rispondere con qualcosa di altrettanto romantico era fuori dalle mie possibilità, quindi come mio solito mandai l'atmosfera tenera a farsi friggere, con una frase delle mie.
- Ehm... ti rivesti? -
Ecco, clima disintegrato. La faccia che fece nel ricordarsi di non avere assolutamente nulla addosso mi causò un attacco di tosse. O meglio, una risata dissimulata con un attacco di tosse. Una delle cose che rendevano ovvio che non potesse essere che una persona inventata era proprio questa: poter essere dolcissimo e subito dopo tremendamente ridicolo. Probabilmente, però, le mie coetanee non otaku non avrebbero apprezzato una personalità simile alla sua. Beh, non è che avessi una grande opinione delle ragazze adolescenti medie. I loro gusti nei confronti del genere maschile erano non cattivi, ma proprio pessimi.
Tra un pensiero e l’altro, fu una piacevole visione quella di Grell che si affannava a cercare i vestiti, finiti chissà dove nella stanza. Magari anche la sparizione era stata merito mio. Non ne ero sicura, ma era probabile: succedono molte cose quando si è presi… dalla foga. Immaginai che piccoli vuoti di memoria come quello fossero la norma.
In qualche maniera riuscì a recuperarli e potersi rivestire. Era sul punto di spazzolarsi i capelli, quando gli bloccai il polso.
- No, no. Qui faccio io – intimai, prendendo possesso della spazzola e facendolo sedere. Mi divertii molto a sistemargli quella coltre vermiglia. Erano così incredibilmente fini che scivolavano tra le dita come fossero stati d’acqua. Leggeri, soffici e lisci. Profumati anche: emanavano una fragranza dolce e fresca, quasi fruttata. Non come i miei, che sapevano nettamente di shampoo con aromi sintetici. Grell emise un sospiro, e spinse il viso contro la mia mano, in cerca di carezze. Finii di togliere i nodi dai suoi capelli, prima di assecondarlo. Lasciai scorrere le dita lunga la sua guancia, mi fermai a saggiare la morbidezza delle sue labbra con i polpastrelli. Reclinò la testa all’indietro, poi cambiò idea, e si girò su se stesso, mi prese per le spalle e mi baciò, lentamente.
Fu lui a staccarsi, quando finì il fiato.
- Se permetti, ora mi vesto anch’io. Non intendo presentarmi in camicia da notte –
Presi di nuovo il vestito che avevo indossato il giorno precedente. Mandai a quel paese il corsetto, dato che non dovevo uscire di casa, ma non rinunciai alla sottogonna, che mi piaceva molto. Non solo dava volume alla gonna dell’abito, ma contribuiva a farmi aria sulle gambe. Lo shinigami non si lasciò perdere l’occasione, e si prese il compito di allacciarmi i nastri sulla schiena, con uno sguardo che mostrava un misto di ammirazione e invidia. Probabilmente gli sarebbe piaciuto indossarne uno anche lui. Chissà, magari a me sarebbe piaciuto vederlo mentre lo indossava. Una volta, mi dissi, avrei fatto in modo di mettergliene uno.


Quando ci riunimmo nel salotto, e Sebastian diede una breve spiegazione, inizialmente i più avevano la faccia di chi è appena stato buttato giù dal letto. Dopo aver sentito il suo discorso, e aver assimilato l’idea che presto forse saremmo tornati a casetta nostra, parvero molto più svegli di prima, anzi quasi freschi.
Nel frattempo, il mio bruciore alle braccia si era calmato, così come lo scintillio della mia pelle. Meglio, mi dissi, non volevo ne sembrare piena di paillettes e ne sentirmi come se mi fossi ustionata.
Violet, però, sembrava poco convinta. Chissà mai perché.
- Ed esattamente da che l’hai capito che questi hanno un… legame? – chiese con voce strascicata.
Sebastian la guardò come se fosse stata un insetto. – Si può sentire nell’aria, lady, se si hanno delle sufficienti capacità di percezione. La maggior parte qui dovrebbero esserne in grado, ma in effetti non è detto che tutti abbiano raggiunto un livello abbastanza alto da farlo –
Vederla avvampare fu molto appagante. Una volta tanto anche il nostro Sebas-chan dispensava i suoi commenti insinuanti alla persona giusta, invece che accanirsi contro il mio shinigami. Tra l'altro, da qualche ora era diventato mio sul serio.
Violet, comunque, non sembrò soddisfatta di quella delucidazione, e non cambiò il suo cipiglio scettico. Fece anche una piccola smorfia. - E come facciamo a sapere che non stai dicendo una balla? Qualcun altro qui, a parte i due non umani è in grado di capirlo? -
Mi venne una gran voglia di prenderla a schiaffi. Non pretendevo che smettesse di essere dubbiosa, ma quel tono saccente poteva anche tenerselo per se. Per fortuna intervenne Kevin, miracolo vivente, che le mise una mano davanti al viso per dirle di calmarsi. - Lo posso sentire anch'io, Violet, quindi smettila. Non voglio che si creino discussioni in un momento delicato come questo. Forse torneremo nel nostro mondo presto, quindi non vedo ragione di parlare in quel modo -
Disse così, ma non sembrava molto felice, in realtà. Era un po' abbattuto, quasi triste, e non riuscivo a spiegarmene la ragione. Mi fu suggerita invece, me lo disse una voce nella mia testa. No, non proprio una voce. Più che altro una piccola pressione nella mia testa che sembrava suggerirmi che fosse geloso. Aggrottai la fronte, e mi guardai attorno. Grell stava ridacchiando. Si voltò a guardarmi.
- Quello lì è geloso – disse silenziosamente, muovendo solo le labbra. Allora capii cos'era accaduto: una piccola condivisione di pensieri, come diceva Sebastian. Una specie di grossolana telepatia, che non trasmetteva parole definite, ma impressioni generali, sensazioni. Interessante, molto interessante. Avrei dovuto lavorarci, magari si poteva affinare.
- Sentite – dissi – E se la smettiamo di chiacchierare e proviamo a vedere se riesco ad aprire un portale oppure no? -
Tutti tacquero.
Mi alzai in piedi, indecisa su come cominciare. Non avendolo mai fatto prima, non sapevo cosa fare esattamente. Magari bastava convincersi che ci fosse un passaggio, come per evocare gli oggetti. Mi sembrava complicato, però, convincersi di una cosa del genere. Non stavo semplicemente facendo apparire qualcosa, o trasportando qualcuno da un luogo ad un altro. Aprire portali significava creare una vera e propria porta fissa nell'aria, era estremamente complesso.
Gli altri che mi guardavano in attesa certo non aiutavano a rilassarmi. Ma dovevano proprio stare a fissarmi come degli avvoltoi? Al diavolo, avrei dovuto dimenticarmi di loro per un po', e pensare in santa pace. Per questo chiusi gli occhi, portandomi le mani alle tempie. Sarebbe stato possibile immaginare che ci fosse una vera e propria porta, che si aprisse nel nostro mondo.
Spalancai gli occhi, e ci provai.
Mi concentrai con tutte le mie forze, cercando di visualizzarla davanti a me. Strinsi i pugni così forte che quasi mi piantai le unghie nella carne, ma non ci badai. Quando vidi un lieve sfarfallio digrignai i denti, svuotai la mente da qualsiasi cosa non fosse il portale, ed una sagoma più consistente di una porta si era iniziata a definire. E si dissolse.
Emisi un gemito di delusione. Ce la stavo facendo, ci mancava ancora un altro po', e invece era sparita prima. Che avevo fatto che non andava? Ero concentratissima, non poteva essere stata una distrazione.
Diedi una sbirciatina agli altri. I più non avevano reagito in alcuna maniera, restando impassibili, ma Kevin mi stava dando un sorriso d'incoraggiamento. Non osai girarmi verso Grell, altrimenti non sarei più riuscita a svuotare la mente come prima, e già non era stato sufficiente. Violet, invece, sbuffò, voltando con fare annoiato il volto dall'altra parte.
Stavo quasi per dirle qualcosa, ma qualcuno fu più rapido di me – Violet, pensi che se sbattessimo la tua testa sul muro si creerebbe un portale? -
Quasi mi andò di trasverso la saliva, dall'attacco di risa che mi sorse. Grell aveva un sorrisetto compiaciuto nel vedere come la ragazza s'infuriò senza poter dire nulla. Il capo del loro drappello aveva detto di non litigare, quindi ribattere l'avrebbe fatta rimproverare. Lo shinigami, a quel punto si rivolse a me.
- Sofia, credo che ad essere sbagliata fosse l'idea. Per ogni persona suppongo sia diverso, il modo migliore di utilizzare la magia da Astral. Tu ovviamente ti sarai concentrata sulla convinzione che un portale si sarebbe aperto. Ma secondo dovresti fare diversamente -
Gli rivolsi uno sguardo interrogativo. Lui si schiarì la voce. - Perché invece che pensare all'apertura in sé di un portale, non ti concentri sull'idea che tu possa aprire un portale? -
Annuii. Tentare non costava niente.
Così provai a pensarci, senza sforzarmi, lasciando che quell'immagine scorresse fluidamente. Io tendevo una mano, e il portale si apriva. Ne ero in grado, naturalmente. Io ero la White Maiden, figuriamoci se non ne ero capace. Mi vidi tendere le dita per stiracchiarle, sorridere, e poi agitarle nell'aria, dare una sferzata come con una frusta. L'aria che avevo toccato brillava. Lì c'era una vaga ed evanescente immagine della sala grande della sede dell'associazione.
Stavolta riaprii gli occhi lentamente, respirando piano. Sentii subito la tensione degli altri, ma non ce n'era bisogno: io sapevo aprire i portali, in fondo.
Aprii le dita della mano, le stirai, le intrecciai tra di loro, come se stessi giocando. Poi tesi il braccio le agitai come una frusta. Anche il rumore che fece sembrò quello di una frustata. Un sibilo, e poi un suono che mi ricordò quello di una lama nell'atto di tagliare qualcosa. Mi arrivò una folata di aria fredda in pieno viso. Sentii qualcuno attorno a me trattenere il respiro, e qualcun altro esclamare “Wow!”. Alzai lo sguardo di fronte al mio viso.
Come nella scena che mi ero immaginata, c'era un brillio, uno scintillare nell'aria. In mezzo a quello scintillare c'era quello che sembrava uno squarcio fatto direttamente in aria. Non potei nascondere la meraviglia. Ci ero davvero riuscita? Mi sporsi in avanti, e guardai attraverso quella lama luminosa. Vidi un ambiente completamente bianco, che era indubbiamente l'associazione, ma era anche diversa da come avrebbe dovuto essere. Da lì non vedevo bene, ma c'era come del... disordine. Era come se ci fosse della sporcizia, e delle cose rovesciate a terra, che non vedevo bene. Il luogo però, era quello giusto.
- Chi attraversa per primo? - chiesi, emozionata.
Nessuno si fece avanti. Me l'aspettavo, in effetti. Come al solito toccava a me fare queste cose. Stessa storia che a scuola: nessuno voleva essere il primo a mostrare i propri dipinti, o a fare la valutazione degli esercizi di ginnastica, e finivo sempre per cominciare io. Pazienza, ormai ci ero abituata.
Provai a far passare una mano attraverso il varco. Era differente da quelli che avevo visto fin'ora, probabilmente la mia stessa tecnica era fuori dalla norma. Le parti di pelle toccate dalla linea del taglio le sentivo come se fossero state immerse in una terrina di fagioli. Quando lo attraversavano, però, tornavano normali. Affondai allora tutto il braccio, e infine ci entrai completamente. Anche il passaggio era diverso: prima di arrivare a destinazione, mi sembrò di cadere in un tunnel argentato, ma che guardando da fuori non era visibile.





Arrivai con i piedi a qualche centimetro da terra, e il piccolo salto mi fece girare la testa. Barcollai un istante prima di rimettermi in piedi correttamente, e per poco non inciampai sulla voluminosa gonna da lady vittoriana. Mi venne da ridere. Afferrai la gonna e iniziai a lacerarla, prima rimuovendone la parte esterna, poi facendo a pezzi la sottogonna, fino a che non rimase alcuno straccio si tessuto dal ginocchio in giù.
Il secondo ad attraversare fu Grell, che però atterrò con più grazia di me. Forse davvero avrei dovuto nascere maschio. Efebico, però. Non avrei potuto sopportare di essere un maschio spigoloso o massiccio. Efebico, invece, sarebbe stato perfetto. Delicato e dal viso tendente all'androgino. Non c'era niente di più bello.
Il resto del gruppo non ci mise molto, dopo l'esempio dei primi due. Perlomeno, non ero stata la più maldestra. Una ragazza degli Astral inglesi, con folti ricci color carota, era inciampata in maniera ammirabilmente plateale. Sebastian fu l'ultimo ad arrivare, portando Ciel in braccio, e come prevedibile nemmeno fece caso al dislivello tra qui e lì, facendo la sua apparizione dritto e composto come sempre.
- Grande! Sei grande! - esultò Grell, e quasi mi stritolò. Mi sollevò anche di almeno trenta centimetri da terra, cosa che nemmeno mio padre (un metro e ottantacinque per novanta chili, che come lavoro trasporta bancali da venti o trenta chili di libri) riesce a fare con tale disinvoltura. Non sono leggera, per niente. Se fosse stato un essere umano, con la sua statura non molto elevata e la corporatura abbastanza minuta per un uomo, non sarebbe stato possibile.
Ora eravamo tornati, finalmente. Però, mi accorsi, le cose non dovevano andare affatto bene nemmeno in questo mondo. All'inizio stavano tutti parlottando sollevati, felici per essere riusciti a tornare a casa, ma poco dopo tacquero, guardando in giro, invece. L'associazione era sempre gremita di gente che andava e veniva, e anche nelle ore in cui gli Astral giovani non potevano venire, c'erano comunque i membri adulti che ci lavoravano. Invece, ora era completamente deserta.
Non un'anima viva, nessun suono. Sentivo l'eco dei nostri passi, dal silenzio che c'era. Mi chiesi che cosa fosse successo nel frattempo, perché se ne fossero tutti andati. Tutti i dispositivi erano spenti, l'unica cosa ancora accesa era la luce. E non del tutto, perché diversi lampadari erano parzialmente rotti. Andai più avanti, nel primo corridoio. C'erano macchie di fango un po' ovunque a intaccare il candore di muri e pavimento. In diversi punti l'intonaco si era crepato e spaccato, con delle forme che mi sembravano colpi di martello o qualcosa di simile. Sentii la tensione, mia e dei miei compagni, farsi sempre più pressante.
I computer della segreteria erano rovesciati e spaccati. Vidi anche chiazze più o meno grandi di sangue rappreso. Mi avvicinai ad una di esse, e la scrutai da più vicino. Era quasi completamente secca, e aveva un diametro di circa una mia mano. Significava che qualunque cosa fosse successa, erano passate diverse ore, e per probabilità supposi che fosse stato subito dopo la nostra scomparsa. Black Lady aveva fatto un attacco alla sede?
- Sofia... - lo shinigami richiamò la mia attenzione.
Sul pavimento, qualcuno aveva scritto qualcosa con quello che seppi dire se era sangue, fango o inchiostro. Era stato scritto con le dita, ma non molto in grande, ed era semi nascosto da una scrivania in legno chiaro rovesciata.
Siamo ai colori. La vernice è difficile da lavare”
- Che diavolo è? - sbottò Ciel, attivando la sua personalità arrogante.
- Un messaggio di Black Lady su dove ha portato i nostri compagni? - disse Kevin, preoccupato. Io scossi la testa. Non era stata Black Lady a scriverlo: era quasi nascosto, scritto in maniera ambigua, e sul pavimento. A lei sarebbe bastato creare un messaggio con la magia, che io trovassi subito.
- Questo non è un messaggio di Black Lady, ma di qualche membro dell'associazione -
Mi guardarono sbalorditi – E che vuole dire? -
- Mi dice dove sono andati. Ovvero nella fabbrica di vernici dove ho trovato Grell -


 


 


 


**************

Note:

Sempre supponendo che ci sia qualcuno a leggere queste righe, confesso che non sapevo come scrivere la scena di Grell e Sofia, che nel progetto originale avrebbe dovuto essere più piccante ma che alla fine non sono riuscita a fare così. Il problema è che non sapevo proprio come fare a farla come pensavo prima, quindi ho dovuto ammorbidire per adattarla. Le vie di mezzo mi riescono difficili, lo ammetto.
Grazie a chiunque legga o recensisca!
Baci!
Sofyflora98

   
 
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