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Autore: Stella cadente    06/07/2015    7 recensioni
Francia, 1482:
Parigi è una città che nasconde mille segreti, mille storie, mille volti e mille intrecci.
Claudie Frollo è un giudice donna che tiene alla sua carriera più di ogni altra cosa al mondo.
Olympe de Chateaupers è una giovane ragazza da poco al servizio del giudice e, sebbene sia spavalda e forte, si sente sempre sottopressione sotto lo sguardo austero di quella donna cinica ed esigente.
Nina è una semplice ragazza di quindici anni, confinata nella cattedrale a causa di un inconfessabile segreto..
L’arrivo di Eymeric, un giovane ramingo gitano, sconvolgerà le vite di queste tre donne, in un modo diverso per ognuna.
Ma alla fine, di quali altri segreti sarà testimone Parigi?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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La fuga
 
 
Eymeric
 
  
Restai a guardare la ragazza per un po’, senza riuscire a dare un perché a quell’insicurezza e quella confusione sul suo viso roseo – senza riuscire a dare un perché nemmeno al senso di vuoto che sentivo io.
Olympe aveva ragione: che diavolo stava succedendo?
«Non lo so» riuscii solo a dire. «Scusami. Non avrei dovuto. Mi dispiace, Olympe.»
«Oh, no, non è quello, è solo che… »
«Non preoccuparti» sorrisi appena. «Ho capito.»
Avevo capito cosa voleva dirmi: stava accadendo tutto troppo in fretta. E aveva ragione.
«Amici come prima?»
Lei sorrise, disegnando sul suo volto quell’irresistibile linea ironica che mi piaceva tanto.
«Ci sto» disse, contenta.
Suonava come una specie di giuramento. Sorrisi, felice: non c’era stato nessun malinteso e nessun rancore come avevo temuto.
«Eymeric! Olympe!» sentimmo urlare dalle scale della torre della cattedrale.
Io e lei ci voltammo contemporaneamente.
Fu un richiamo che, lo percepii subito, era carico di allarme e significava solo una cosa: pericolo.
Che cosa succede?
Era Nina.
Arrivò tutta trafelata, guardandomi con i suoi occhioni blu, con il respiro affannato e una faccia sconvolta.
«Eymeric» fece, con la voce intrisa di panico «Frollo. Ha messo una guardia ad ogni porta. Sa che sei qui… ci ha scoperti.»
«Che cosa?»
Per qualche istante il silenzio calò su tutti e tre: nessuno di noi aveva metabolizzato la notizia.
Fu Nina a romperlo e a renderci davvero consapevoli della cosa.
«Devi scappare» disse. «Subito.»
E capii che avrei dovuto fare appello a tutta la mia astuzia per sfuggire a quella donna.
Anche se sapevo già in partenza che, in un modo o nell’altro, ce l’avrei fatta.
 
 
 
«Attraversa il sotterraneo, dove ti ho portato l’altra volta» stava dicendo Nina, concitata. «In questo modo non ti vedrà nessuno.»
Stavamo scendendo le scale della torre velocemente: sapevamo che il tempo era nostro nemico. Cercai di fare mente locale, di ripercorrere con la memoria la strada del sotterraneo, ma c’era il vuoto.
Nel frattempo eravamo arrivati all’interno della cattedrale, e Nina stava correndo, seguita da me e da Olympe.
«Il passaggio è nella cappella di Sant’Eligio, ricordi?» mi disse, di sfuggita.
«Veramente no» risposi.
Si voltò di nuovo e, veloce, arrivò ad una bassa recinzione in ferro. Dietro di essa, su un muro, stava una grande statua di Gesù in croce. Sembrava guardarci con i suoi occhi fissi, che in quel momento erano come vivi.
«Eccoci» Nina si fermò di un botto. Scavalcò la recinzione e si chinò.
Fu allora che mi venne in mente.
Certo! C’era una botola, qui!
La ragazza, infatti, sollevò un coperchio incastrato nel pavimento, e mi indicò il passaggio.
«Passa da qui. Fa’ attenzione.»
Mi sentii colmare da un senso di gratitudine.
«Ti ringrazio, Nina» dissi solo, guardandola intensamente.
Lei mi fissò con affetto.
«Non ti dimenticherò mai, Eymeric» sussurrò, in un modo che mi fece venir voglia di abbracciarla.
Le sorrisi, poi mi rivolsi ad Olympe.
«Signorina de Chateaupers » dissi. «Spero di vederti di nuovo, in futuro. Anche se sei la recluta di Frollo più pazza che io abbia mai incontrato» aggiunsi, ridacchiando.
«È stato un piacere anche per me, zingaro» ricambiò lei, calcando ironicamente sulla parola “zingaro”. «Ma io non dovrei unirmi a te?»
Arrossì: forse si era accorta del doppio senso che aveva fatto.
«No» la fermò Nina, «non puoi. Frollo non deve sapere che sei qui. Ammesso che non lo sappia già» disse cupamente. «Comunque è meglio non correre rischi.»
Olympe sembrò delusa, ma alla fine si fece da parte.
«Bene, ehm… allora, buona fortuna» mi disse.
«Grazie.»
Poi mi rivolsi anche a Nina:
«Spero di ritrovarvi, un giorno.»
E cominciai a scendere lungo le ripide scale a chiocciola della botola, mentre sentivo Nina dire «Mi dispiace» e Olympe rispondere con uno stizzito «No, non è vero.»
 
 
Non mi ricordavo i sotterranei così bui.
Illuminati appena dalla luce delle fiaccole, i corridoi sembravano tutti uguali. L’ambiente era anche abbastanza inquietante, in più faceva un freddo cane.
I sotterranei di Notre-Dame non mi erano sembrati così labirintici, quando era stata Nina a condurmi attraverso di essi per portarmi nella Chiesa senza che nessuno mi vedesse.
Non credevo che mi sarei perso, ma probabilmente ci avrei messo il doppio del tempo per uscirne. In fin dei conti, Nina conosceva la cattedrale come le sue tasche: era perfettamente normale che sapesse dove andare.
Sospirai: non ero ancora in salvo, comunque. Frollo poteva aver piazzato benissimo dei soldati anche nei sotterranei, per quel che ne sapevo, quindi non avevo tutto il tempo del mondo.
Meglio essere prudenti.
Continuai a camminare, sperando di trovare un’uscita al più presto.
 
 
 
Avevo fatto ricorso alla mia memoria per ricordare il più in fretta possibile quale fosse la strada per arrivare all’uscita, e adesso sentivo l’odore di aria aperta. Fresco, invitante.
Era ancora abbastanza lontano, ma almeno si sentiva un pochino, sopra quello stantio del buio e dello spazio chiuso in cui mi trovavo. Feci una smorfia quando prestai maggiore attenzione all’odore opprimente della pietra: mi ricordai che quando l’avevo sentito la prima volta mi aveva dato la nausea. Come si poteva anche solo camminare in un posto del genere?
Sembrava di stare in una gigantesca bara.
Mentre ero perso in questi pensieri, un rumore pesante mi colpì l’udito, come di... una botola che si chiudeva.
Qualcuno è entrato nel sotterraneo.
Tesi le orecchie, ma non sentii più nulla. Non un respiro, non un rumore di passi.
Forse me lo sono soltanto immaginato.
Ma come potevo immaginarmi che qualcuno fosse entrato?
Eppure adesso non c’era nulla. Non si sentiva volare una mosca.
Aumentai il passo: dovevo uscire il prima possibile da quel posto.
 
 
Finalmente avevo trovato le scale. Si ergevano davanti a me come una salvezza.
Libertà, pensavo. Liberà, libertà, libertà.
Mi sentii prendere da una specie di frenesia che non riuscivo a contenere. Non mi sembrava vero che, da lì a poco, sarei stato di nuovo un gitano, di nuovo me stesso, di nuovo Eymeric, il ragazzo che balla in strada e che fa divertire la gente. Sarei tornato da Clopin, da Antea, da tutti gli altri miei amici alla Corte dei Miracoli.
Non mi sembrava vero.
La luce lugubre del sotterraneo d’un tratto mi sembrò rassicurante, la promessa della libertà che avevo sempre desiderato disperatamente in quei giorni di reclusione. Quella libertà che mi sembrava impossibile, eppure era lì. A pochi passi da me e senza che nessuno la notasse, per giunta.
Ancora non ci credevo: per ora, ero salvo.
«Credevi di avermi messa nel sacco, vero? Oh, ma io sono una donna paziente, zingaro, dovresti saperlo.»
Quella voce risuonò dietro di me come una reclusione nuova, raggelante.
Per un attimo mi immobilizzai; poi capii che dovevo affrontarla. Non avevo niente da perdere. E in fin dei conti, ero l’unico in grado di tenerle testa.
Ecco chi era, prima.
La faccia pallida di Claudie Frollo era illuminata dalle fiaccole, che lanciavano bagliori inquietanti sulla sua immagine spettrale. Stava avanzando piano verso di me, con un sorrisetto che non preannunciava nulla di buono. Aveva l’aria di chi ha già la vittoria in tasca, ma non gliel’avrei data vinta, già lo sapevo. Avrei lottato con tutto me stesso, pur di non darle soddisfazione.
«Eravate voi, prima» sibilai io con rabbia.
«Certo che ero io, mio caro» replicò lei, calmissima. «A dir la verità» continuò «credo di aver saputo già da un po’ che eri nascosto qui. O meglio, avevo dei sospetti, che» sorrise, sollevando un angolo della bocca «ovviamente erano fondati. Me lo sentivo che né Nina né Olympe mi dicevano la pura verità, come invece avrebbero dovuto fare.»
Le ultime parole della frase erano intrise di una rabbia così cupa e profonda che mi fece rabbrividire. Qualcosa mi disse che anche le mie amiche erano in grave pericolo insieme a me.
«Ad ogni modo, finalmente eccoci qui» quella che traspariva dalla sua voce era una gioia fredda, strana. «A pensarci bene, ragazzo, non avresti potuto nasconderti per sempre. Prima o poi ti avrei scovato, non credi?»
Si avvicinò a me e mi trafisse con quei suoi occhi di ghiaccio: non li avevo mai visti così da vicino e non mi ero mai reso conto di quanto... di quanto fossero potenti. E tormentati. Tormentati da un qualcosa di oscuro e invisibile, qualcosa che, lo sentivo, mai il giudice avrebbe pronunciato ad alta voce.
Follia.
Follia allo stato puro.
«Perché siete così ossessionata da me?» sputai, con rabbia.
Frollo aggrottò le sopracciglia fini e mi scrutò.
«Perché sei il primo ad essermi sfuggito clamorosamente tra le mani dopo aver commesso insubordinazioni nei miei confronti – per più di una volta, oltretutto. Ed io non posso accettarlo» disse, seria e glaciale.
Poi il suo sguardo gelido si posò sul mio collo.
Cosa sta pensando?
«Sarebbe... affascinante, una corda attorno a questo bellissimo collo, non trovi?» chiese, accarezzando le parole una ad una con la voce e sfiorandomi appena il collo con le dita lunghe e bianche come l’alabastro. «Ma sarebbe anche un tale spreco...»
La guardai meglio. Era vicinissima stavolta, come mai lo era stata nei miei confronti. In pochissimo tempo aveva cambiato espressione: da morbosa pazzia era passata ad una rabbia profonda. Mi uccideva con lo sguardo, il volto affilato a pochi centimetri dal mio. I capelli scuri come le penne di un corvo erano raccolti in una stretta acconciatura da signora d’alto rango sotto il copricapo da giudice, e la pelle diafana faceva da sfondo ad un’espressione fin troppo austera, che non lasciava trasparire nemmeno un briciolo di umanità. Sembrava che non riuscisse a smettere di guardarmi.
D’un tratto mi sembrò di capire.
C’era qualcosa che la legava a me, anche se non sapevo cosa.
Così scelsi l’arma più letale, l’unica che avevo a disposizione in quel momento. L’avrei disorientata sicuramente.
La baciai all’angolo della bocca, di getto, sicuro che così avrei avuto il tempo di scappare.
Ma quando, a quel contatto, sentii qualcosa agitarsi nello stomaco, rimasi impietrito.
 
 
 
Bene Eymeric, hai fatto la tua. Ma come ti è saltato in mente?
...okay, ora torno a parlare con voi. Scusatemi, pensate pure che sono malata mentalmente, ma questa storia mi ha risucchiata. È come se fossi lì con loro.
Eccoci! Come vi avevo detto, un altro colpo di scena irrompe a “Paris”. Ve lo immaginavate? Io no, ma per qualche oscuro motivo è andata così.
Non mi stupirei se adesso vi steste chiedendo “ma che diavolo succede qui?” Eh già, adesso la situazione comincia a diventare un po’ complicata. Sono ipercuriosa di vedere le vostre recensioni.
Come sempre, nonostante tutto, spero vi sia piaciuto :)
Alla prossima,
Stella cadente
  
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