Un graffio
sul cuore
Freddo, sento molto freddo,
ora che la pioggia è
divenuta più insistente e frusta la visiera del casco
integrale, producendo un
ticchettio monotono. Il cielo è plumbeo come il mio cuore da
un mese a questa
parte. Mi chino ancora di più sul serbatoio della mia
fiammante R1, quasi a
richiedere un abbraccio a quel freddo metallo, che sembra incandescente
confronto
al gelo che ho dentro ed accelero per sentire ancora più
violente su di me le
gocce che cadono dal cielo.
Le gomme ruotando alzano
l’acqua dall’asfalto: so
che a questa velocità potrei perdere il controllo da un
momento all’altro a
causa del fondo bagnato, ma non mi importa. Niente è
più importante. Tiro
la manopola della frizione per cambiare
marcia, ma la sollecitazione del braccio mi causa ancora un
po’ di fastidio
alla spalla.
Ho tolto il tutore solo ieri,
il giorno del mio
compleanno.
“Koshi, in garage
c’è il nostro regalo.” Non ho
nemmeno ringraziato mia madre e, benché fosse il mio sogno
possedere una moto
come questa, vedere un tale gioiello rosso fiammante, decorato da una
coccarda
e un cartello con scritto “Buon compleanno”, mi ha
lasciato del tutto
indifferente.
Perché non era
così che doveva andare.
Perché scambierei
questo dannatissimo mezzo con il
sorriso che Sanae rivolge al capitano della squadra di calcio.
Di nuovo, come un riflesso
condizionato, la spalla
sinistra inizia a dolere, proprio lì dove Ozora mi ha
colpito. Sento il viso
bagnato, ma non è la pioggia: sono le lacrime, che
nonostante l’orgoglio, non
riesco a trattenere. La colpa è mia, ero troppo sicuro di
averla vinta,
invece…invece sono stato proprio io a riunirli: che ruolo
ingrato!
Ad un tratto mi riscuoto e
all’ultimo momento freno
per accompagnare la curva, ma la moto si ribella a me. Le gomme
scivolano
scaraventando me e il mezzo sul bordo della strada.
Riapro le palpebre e con la
coda dell’occhio vedo
la ruota posteriore che continua a girare. Sforzandomi,
perché non c’è un solo
punto del corpo in cui non senta dolore, riesco a slacciare il casco e
togliermelo per respirare meglio. La pioggia bagna il mio volto ora e
rimango
così, inebetito a fissare lo scrosciare delle gocce che
pesanti mi colpiscono
la pelle. Di nuovo spalle a terra, come quel giorno e come a rievocare
la
stessa scena, sento le mie risate isteriche confondersi con il rombo
del motore
ancora acceso. Continuo a ridere, ma dai miei occhi le lacrime si
mischiano
all’acqua piovana.
Non so da quanto sono qui,
indolenzito e
intirizzito dal freddo. Muovendomi piano, tento di rialzarmi. La mia
giacca
fradicia è sporca di terriccio e qualche foglia è
rimasta attaccata al tessuto,
ma non me ne preoccupo: la pioggia laverà via tutto. Non
senza fatica, rialzo
la moto e la spengo. Col piede abbasso il cavalletto e ve la poggio. Mi
abbasso
per vedere l’entità del danno e scopro che la mia
incoscienza ha procurato tre
bei graffi paralleli sulla carena del mio regalo di compleanno.
Sconfitto e amareggiato per la
mia stessa idiozia,
mi siedo a fianco della moto. Sto gettando tutto al vento: ho rischiato
di
farmi seriamente del male e allora sì che avrei dovuto dire
addio alla boxe.
Perché, Koshi
Kanda? Per una ragazzina che non ti
ha voluto.
Sbatto violentemente il pugno
sul terriccio
bagnato, poi passo la manica del giubbotto sul viso per asciugarmi.
Riprendo il
casco e lo rindosso, un po’ infastidito perché i
miei capelli sono
completamente intrisi di pioggia. Riaccendo la moto e avverto il
tremolio del
motore sotto di me. Badando bene alla strada, ritorno verso casa,
questa volta
con moderazione.
In garage, prendo un panno e
asciugo il metallo
puntellato di gocce, poi prendo un telo per coprire la moto. Mi sento
in colpa
per non averne avuto la minima cura e spero che i miei genitori non
vedano quei
graffi: appena potrò la porterò da un
carrozziere. Mi dirigo in camera mia e mi
infilo sotto la doccia calda. Ne esco più rilassato e senza
pensarci su, prendo
dall’armadio il mio borsone e lo riempio di tutto il
necessario.
Vedendomi uscire con quel
carico sulla spalla, mia
madre mi chiede dove stia andando.
- Ricomincio
l’allenamento da oggi.- dichiaro con
fermezza. Aperta la porta di casa, noto che ha smesso di piovere e un
timido
spiraglio di luce si sta facendo spazio tra le nuvole. Prima di uscire,
mi
volto a guardare mia madre negli occhi e sorridendo le dico:
- Grazie del regalo, mamma.-