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Autore: Bolide Everdeen    07/07/2015    2 recensioni
[Storia ispirata alla fan fiction interattiva "500".
Distretto 8, Who Powell.]
Gli enormi occhi marroni di lei si soffermarono sulle guance dell'impacciato Chuck. Lui aveva pensato addirittura di regalarle qualcosa? Per un attimo, una sensazione totalmente estranea a lei la avvolse. Si sentì... speciale, per una persona, lei che non era stata quasi considerata neanche dai suoi genitori.
[...]
Se solo quella paura così acuta non l'avesse conquistata, non l'avesse impaurita della gente, e dello splendore e del buio che trascinava con la sua apparizione.
[...]
Fuori dalla finestra, la vita nell'8 scorreva con l'estenuante normalità di tutti i giorni.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Altri tributi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '500 - Behind the scenes'
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Everyday

Fuori dalla finestra, la vita nell'8 scorreva con l'estenuante normalità di tutti i giorni. Alla ricerca degli ultimi residui di una ripetitiva colazione a base dei rancidi cereali concessi dalle tessere, Who osservava con la solita indifferenza chi si affannava per trascinare i figli a scuola, per non ritardare al lavoro, per non desistere agli ordinari appuntamenti che lei tentava di immaginare. Quel signore dall'aria ligia e il costoso vestito recentemente pulito, una visione inusuale nel suo distretto, il quale proseguiva con circospezione probabilmente era un dirigente che si affannava per raggiungere la sua fabbrica per un importante incontro di lavoro, ma con un'aura spaventata che non poteva derivare altro dalla mancanza di abitudine nell'attraversare le strade del quartiere più miserabile. Quella donna voltata verso un punto invisibile agli occhi della ragazza, con le mani impegnate in due pugni e la figura incurvata, non poteva essere altro che una madre inferocita nei confronti dei suoi figli, i quali sprecavano il loro tempo in chiacchiere o in giochi.

Con un sorriso accennato sul suo volto statuario, Who compatì sia lei che loro. In effetti, non c'era tempo. Bisognava guadagnare ogni residuo di minuto per tentare di sviare dalla propria quotidianità, concentrarsi su pensieri differenti dai soliti obblighi che assalivano la mente e inibivano delle preoccupazioni più personali, sentimentali. Ma Who aveva già compreso che quei secondi sarebbero stati di un'inutilità statica e desiderosa, e perciò, nella sua compassione, nascondeva uno spirito con un'ombra di contrarietà. Per lei, il problema era quasi l'opposto. Doveva occupare la mente con delle reali e concrete riflessioni, senza cercare di imbrogliarla constatando (e non immaginando, perché era sicura dei suoi accorgimenti, conosceva in un modo troppo fine la monotona melodia del distretto 8 per errare) gli avvenimenti della vita degli altri.

Aveva concluso di mangiare, quando suo zio Stewart si affacciò nella cucina. Lei posò la scodella prima che lui potesse raggiungere la stanza, per non dimostrare di fronte a lui quella strana fame che sembrava averla assaltata quel mattino per raschiare il piatto, dopo aver avvertito lo scricchiolio dei piedi contro il legno. Puntò gli occhi verso la porta, incrociandoli a tempo debito con quelli dello zio. Lui non si lasciò conquistare dallo stupore non appena si accorse che sua nipote era già pronta per qualsiasi colloquio lui avesse voluto annunciare, abituato dalla prontezza di riflessi di lei. E, senza eccessivi indugi, iniziò a parlare:«Oggi è il tuo compleanno, Who.»

Lei non deformò il suo volto in alcun modo, nonostante non ricordasse neanche di quell'avvenimento.«Oh.» Rifletté un secondo su quell'affermazione, e poi constatò che non avrebbe variato assolutamente nulla nella sua vita. Avrebbe dovuto ritirare le razioni donate dalle tessere, la sua età sarebbe scattata da sedici a diciassette anni, ma lei sarebbe stata composta dalle stesse parti del corpo del giorno precedente, e di quello seguente. Il paesaggio del distretto 8 non si sarebbe neanche soffermato un secondo su quest'affermazione, ma anche se avesse rispettato quest'immaginazione, si sarebbe dimenticato di quell'azione dopo qualche minuto di ordinaria vita. Perciò, non concluse altro che con un “Oh” fra lo stupore per la cadenza della sua memoria e l'indifferente, e si alzò, avvicinandosi al pigro lavabo spesso fuori possibilità di uso ed afferrando uno strofinaccio per donare una superficiale pulita alla scodella. Poi, la posizionò nel solito scaffale. Ma, quando tentò di varcare la soglia della porta, suo zio la bloccò in un abbraccio.«Tanti auguri, Who.»

In quel momento, lei fu realmente sorpresa. Si abbandonava alle braccia di altre persone in momenti rari, e suo zio ne aveva conquistato un altro. Ripudiava l'affetto, per un timore serio e malato, ossessivo, della perdita di qualcuno. Già la sua vita conteneva troppi falli, quello dei suoi genitori. Se si fossero manifestati altri, la sua tristezza l'avrebbe divorata fino a diventare l'ombra di sé. Però, per una volta, gli concesse l'onore di un abbraccio. Forse, lui riteneva che il suo compleanno fosse un evento da celebrare, o da ricordare. Lo lasciò alle credenze, fino a quando non riuscì ad essere libera da quell'intralcio ed annunciò, con una solennità quasi estranea al momento:«Devo andare a lavoro.»

Aveva abbandonato la scuola l'anno precedente, quando la sua età non aveva raggiunto il vertice di quel giorno, per dedicarsi al lavoro. Era consapevole che l'istruzione veicolata da Capitol City non conteneva altro che una fittizia ed elaborata rete di dogmi, ed allora si era dedicata a ciò che era veramente utile: i soldi, il sostentamento. Era impiegata in una delle tante fabbriche di tessuti di quella zona, come suo zio. E, conoscendo le regole, sapeva anche che i ritardi erano sopportati a malapena dai dirigenti.

In realtà, era superflua come affermazione, forse solamente un metodo per guadagnare del tempo, perché spesso lei e suo zio si riversavano nelle strade del distretto nello stesso momento, avendo la stessa meta. Lo attese, mentre lui raccoglieva gli ultimi strumenti, e poi si affrettarono insieme a raggiungere in un pensieroso silenzio, quasi rituale, la fabbrica. Altri operai attenderono, e i due seguirono il flusso quando i cancelli si spalancarono dinnanzi a loro. Accederono, si posizionarono alle loro postazioni, e cominciarono con il loro mestiere.

Who si dedicava completamente al suo mestiere, in quelle ore. Lo stipendio era identico per chi eseguiva il lavoro in maniera errata e chi invece si dedicava con impegno eccessivo, ma i tappeti venivano accomunati in una pila poi esaminata come il risultato di tutti gli impiegati. Se veniva raggiunta una certa percentuale di tessuto inutilizzabile, lo stipendio veniva abbassato ad ogni lavoratore. Perciò, in un certo modo, Who si sentiva persino responsabile per gli altri, e riteneva di non aver suggestioni da spendere durante l'orario di elaborazione. La sua bocca era serrata, come quelle degli altri, i pensieri si concentravano nelle sue mani e non osavano uscirne. Poteva ritornare ad essere se stessa e non un ordinario fantasma impiegato solamente nell'ora di pranzo, quando Chuck la raggiungeva.

Chuck era forse il suo unico amico, dell'età di sei anni, aiutante della madre. Who sospettava che in realtà lei lo trascinasse lì per tenerlo d'occhio, perché l'allegria del bambino poteva essere deleteria in quel mestiere. Ma Who non aveva la conferma, dato che durante il suo lavoro il mondo era un estraneo non consultabile. Però, durante la pausa, era possibile parlare.

«Ciao» squittì lui, appena giunto accanto a lei che morsicava il suo misero panino, osservandola con i suoi enormi occhi.«Ciao» replicò lei, donandogli appena uno sguardo, e dedicandosi al suo pranzo. In un certo senso, gli stava insegnando la diffidenza, e l'indifferenza. Le armi e gli scudi più utili della vita.

«Oggi è il tuo compleanno, giusto?» domandò lui, ed allora gli occhi della ragazza si catalizzarono su di lui. Quando glielo aveva rivelato? Però, doveva essere accaduto. Ed allora lo confermò, voltandosi definitivamente verso di lui.«Sì. In effetti, sì.»

Chuck frugò, con il volto affannato, quasi imbarazzato per non trovare la sua preda, nelle sue tasche. Erano esageratamente sproporzionate per le sue esili mani, essendo pantaloni ridimensionati, adattati a lui. Comprare un paio nuovo sarebbe stato eccessivamente costoso, Who ne era conscia. Però, la situazione la poneva comunque in uno stato di disagio. Gli abitanti del distretto non avevano neanche abiti che erano loro, solamente loro. Tutto era condiviso, il loro destino, la loro sciagura, la loro monotonia, i soliti giri del vento sopra il cielo del distretto. Who distolse lo sguardo per dissipare un poco del rossore sul volto di Chuck, ed attese, stringendo ancora il panino. E, finalmente, lui riuscì a cavare qualcosa, che gli porse stringendo con una cautela estrema, come se si trattasse di una minuscola reliquia.

«Mi dispiace di non poteri regalare qualcosa di meglio» spiegò, mentre appoggiava nella sua mano una ghianda.«È che...»

Gli enormi occhi marroni di lei si soffermarono sulle guance dell'impacciato Chuck. Non aveva concluso la frase, ma lei aveva inteso alla perfezione la conclusione: non aveva soldi per acquistarle qualcosa. Ma lei non l'aveva mai desiderato, e questo rese la ghianda qualcosa di prezioso, una minuscola goccia d'oro o di argento. Lui aveva pensato addirittura di regalarle qualcosa? Per un attimo, una sensazione totalmente estranea a lei la avvolse. Si sentì... speciale, per una persona, lei che non era stata quasi considerata neanche dai suoi genitori. Osservò la ghianda, contemplò il trofeo di quella nuova emozione, e non poté evitare di sorridere con sincerità, senza giudizio.«Grazie mille. È un pensiero bellissimo.»

Le gote del bambino si scurirono ancora.«Non è niente di che» smentì lui, evidentemente non arrivando a comprendere ciò che in quel momento l'aveva pervasa. Una voce, udibile nonostante il vocio di quella sala pranzo, conquistò l'attenzione di Chuck e portò alla sua bocca queste parole:«È mia madre. Devo andare.»

Lei annuì, e la salutò, rimanendo in solitudine con quel dono. Probabilmente, era uno dei pochi regali che aveva ricevuto nella sua vita. Tutto ciò che aveva era solo la normalità, nessun oggetto rappresentava l'emozione, si rispecchiava solo la freddezza che era stata programmata per essere la sua vita. Ma quella ghianda... sprigionava un calore, un potere devastante. Era sua. Era per lei. Non aveva utilità, ma era una testimonianza.

Qualcosa le annebbiò la vista, ma lei ripudiò quel qualcosa, considerandole lacrime.

Si era resa conto anche di un'altra cosa, riflettendo sulla calda fitta che l'aveva accolta.

Quella sensazione si sarebbe potuta ripetere in tante persone, se solo...

Se solo quella paura così acuta non l'avesse conquistata, non l'avesse impaurita della gente, e dello splendore e del buio che trascinava con la sua apparizione.

 

Spazio autrice

Lo so: probabilmente, questa è la peggiore one shot della serie. Mi dispiace; avevo in mente la scena, ma ho dovuta arricchirla di dettagli anche non presenti nella scheda di Who (non c'era scritto se lei andasse a scuola o a lavoro, se prendesse le tessere, ma ho ritenuto di sì) e di riflessioni anche inutili. Non so quante parti di questo testo siano incomprensibili o errate. Mi scuso ancora; non ho mai la più pallida idea di come aggiustare i miei testi.

Dopo questa introduzione, le indicazioni di rito di chi potrebbe aver letto la one shot senza alcun “collegamento”: questa storia è la quarta della serie (“500 – Behind the scenes”) dedicata ai tributi della storia interattiva “500”, dove viene descritto uno scorcio di vita di Who Powell, tributo del distretto 8. Più dettagli su di lei sono in essa. E... credo di non dover aggiungere nulla.

Ringrazio chi continua a seguirmi con così tanta pazienza, chi lascia una recensione anche occasionalmente e chi inserisce la storia fra le S.P.R (seguite/preferite/ricordate). E, con ciò, ho concluso.

Alla prossima,

Bolide

P.S.: avrei voluto chiamare la storia qualcosa come “Nessuna importanza nel distretto 8” in inglese, ma non mi attirava...

  
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