Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
Segui la storia  |       
Autore: L_Fy    19/01/2009    16 recensioni
"Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant'è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v' ho scorte." Dante Alighieri, La Divina Commedia
Genere: Commedia, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Recensione di Kyaelys, fatta il 19/01/2009 - 12:39AM sul capitolo 1: Prologo - Firmata

Capitolo 1: Convocazione

Ma io, perché venirvi? o chi 'l concede?
Io non Enëa, io non Paulo sono;
me degno a ciò né io né altri 'l crede”

 

Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto II

 

“L’autobus è in ritardo.” gorgogliò la voce del vecchio sotto la pensilina quando Eva si fermò davanti alla fermata facendo ondeggiare incurante il suo lungo impermeabile sotto la pioggia.

“Magnifico.” ringhiò, pensando fuggevolmente che sarebbe stato inutile cercare un riparo, con quella cazzo di pioggia ormai era già bagnata fradicia.

*          *          *

Che palle, meditò Eva cupamente. In piedi davanti alla fermata, con la sola silenziosa compagnia di un vecchio incartapecorito e tremebondo rannicchiato sotto la pensilina e di un gatto randagio che sembrava sul punto di tirare le cuoia da un momento all’altro, Eva non era esattamente di umore gioioso e il tempo infame non la aiutava di certo. La sera avanzava grigia mentre la pioggia si abbatteva con deprimente costanza sul selciato, portando via il giorno nei rivoletti marroncini che si infilavano nelle fogne. Gran cosa le fogne, meditò Eva con sguardo aggrottato mentre gocce di pioggia le rigavano il viso apparentemente indifferente al clima impietoso. Le sarebbero tornate buone se quel cavolo di autobus non fosse arrivato alla svelta: Cornelia non amava i ritardatari e se Cornelia era irritata era davvero meglio avere una buona via di fuga, un piano B da tirar fuori dal cilindro nel momento in cui si cominciava a sentire odore di zolfo. Gli Angeli non avevano ancora capito che l’odore di zolfo portava guai: doveva essere proprio qualcosa a livello organico, qualche sensore mancante, qualche gene difettoso. D’altra parte, anche escludendo quella deficienza congenita, difficilmente gli Angeli scorgevano quei segni piccoli ma fondamentali che segnalavano l’arrivo di una bella crisi demoniaca. Eva aveva imparato a riconoscerli piuttosto alla svelta, invece, ed era in grado di capire se Cornelia stava per dar fuori di matto con sufficiente anticipo da potersela dare a gambe. Farla fuori, nemmeno a parlarne: Cornelia era un pezzo grosso e nessuno, tantomeno quella mozzarella di Giacinta, si azzardava a stuzzicarla. Sotto sotto, Eva non era convinta che Giacinta e Cornelia fossero i personaggi più indicati per coordinare la lotta fra bene e male in una città difficile come Modena; Cornelia era un Demone arguto e spietato, sì, ma aveva l’incazzatura troppo facile e siccome ogni incazzatura di Cornelia comportava la dipartita di una decina di anime, non era facile far digerire i suoi colpi di testa al Comitato di Sorveglianza. Più di una volta Cornelia era stata ufficialmente ripresa dalle alte sfere (o basse sfere, nel suo caso, ha ha) e ricevere una strapazzata da un emissario infernale non era esattamente paragonabile a bere un tè al Country Club. In un paio di occasioni, Cornelia ci aveva quasi rimesso gli artigli, ma poi si era sempre ripresa, dando la prova del vecchio detto che l’erba cattiva non muore mai. D’altra parte, nemmeno Giacinta, l’Angelo della fazione opposta, si era dimostrata all’altezza dell’incarico; era giovane, mancava d’esperienza e più di una volta Eva aveva sospettato che Cornelia non l’avesse ancora fatta fuori solo perché le faceva comodo la sua abissale ignoranza. Beh, in fondo era sempre stato così: gli Angeli erano più forti, ma anche più tonti ed era grazie a questa precaria alchimia che si manteneva l’Equilibrio.

*          *          *

“Tempo da lupi, eh?” gorgheggiò il vecchio con voce tremante.

Eva aveva voglia di fare conversazione come di rimanere sotto la pioggia al freddo bagnandosi anche le mutande, e cioè meno di zero. Rimase ostinatamente girata dall’altra parte, maledicendo Cornelia e i suoi perfidi mezzi di trasporto.

*          *          *

Già, l’Equilibrio. Eva sogghignò tra sé e sé ricordando quello che aveva detto Alfredo, il suo maestro di Mortalità, a proposito dell’Equilibrio a Modena, e cioè che era stabile come il culo di un ippopotamo in bilico su uno stuzzicadenti. Gli unici che ci tenevano davvero all’Equilibrio erano gli Angeli; Cornelia, se ne avesse avuto la forza, di sicuro avrebbe preso volentieri l’Equilibrio e l’avrebbe usato per sodomizzare Giacinta fino a spiumarle le sue belle ali bianche e ordinate. Il che poteva essere quello che era successo a Gioele, il predecessore di Giacinta, un Angelo anziano e svaporato che si era affidato alla pace e all’amore una volta di troppo. Eva aveva il fondato sospetto che il sorriso birichino che spuntava sul viso di Cornelia ogni volta che parlava di Gioele fosse parecchio sospetto, ma nella vita aveva imparato a tenere la bocca ben chiusa su quello che poteva vedere. Un’infanzia passata sballottata da un istituto psichiatrico all’altro le aveva insegnato il preziosissimo valore del silenzio. D’altronde, arrivata a venticinque anni, ne aveva imparate talmente tante di cose da poterci scrivere un’intera biblioteca di libri.

*          *          *

“L’autobus è tremendamente in ritardo.” borbottò il vecchio tra sé e sé.

Eva gli lanciò una breve occhiata scocciata, registrando a malapena una gobba rivestita da un pullover celestino senza maniche, un cranio bitorzoluto coperto da tenera peluria bianca e occhialoni di corno modello “se ci vedo è per miracolo”.

“Arriverà” rispose anche se il commento del vecchio non sembrava volere una risposta “Abbia fede, nonnetto, sarà qui tra poco.”

*          *          *

Fede, meditò intanto con amara consapevolezza: una parola che non aveva nessun senso per lei e per quelli (pochi) come lei. La fede significa credere senza prove materiali, credere senza vedere: ma tutti i Mezzi, Eva e i Sanguemisto come lei vedevano, eccome. La questione fede, per loro, non era mai stata presa in considerazione perché non avevano nessun bisogno di credere: loro sapevano. Loro vedevano.

Vedevano ogni giorno, ogni minuto, ogni schifoso secondo della loro vita, che di solito risultava essere breve e infelice. Vedevano ogni sorta di orrore, dai Demoni Antropomorfi, quelli un pochino più digeribili, agli Striscianti, quelli decisamente da vomito; vedevano la bellezza abbagliante dei Serafini in transito e rimanevano devastati dalla magnificenza del Canto Divino che ogni tanto filtrava dalle Porte; vedevano Sussurratori, Custodi, Dannatori e Salvatori, Viziosi e Beati e chi più ne ha più ne metta.

Vedevano di tutto specialmente lì a Modena, cacofonica cittadina emiliana per gli Umani all’ascolto, ma ufficiosamente anche sede di un importante Nodo Ultraterreno. A Modena una come Eva non poteva fare dieci passi senza incappare in una qualche manifestazione Demoniaca o Divina. Era una bella rottura, anche perché la sua presenza non veniva accolta con favore né da una parte né dall’altra. Agli Ultraterreni non piaceva essere Visti. Al massimo capitava loro di essere intuiti, dai bambini, dagli anziani con un piede nella fossa o dalle persone baciate dall’Incomparabile Dono del Sesto Senso; ma essere visti, Visti davvero al di là delle spoglie mortali dentro cui si nascondevano come se fossero una qualunque mezza sega umana, quello non capitava quasi mai. Eva riusciva sempre a leggere lo sconcerto nelle loro pupille, che fossero quelle tonde e celesti degli angeli o quelle gialle e verticali dei Demoni. Lei, che d’aspetto sembrava in tutto e per tutto umana, riusciva a suscitare qualche secondo buono di immobile incredulità nel soggetto che si metteva a fissare, e quella era cosa tremendamente buona e giusta visto il mestiere che faceva.

*          *          *

“Le sette e un quarto” sospirò all’improvviso la vocetta querula e tremebonda del vecchietto sotto la pensilina “Ormai non passa più.”

Eva non rispose, ma pensò con rimpianto ai bei vecchi tempi, quando i vecchi non rivolgevano la parola alle giovani estranee dall’aria poco raccomandabile ferme sotto la pioggia.

*          *          *

Lavoro, lavoro, lavoro. Non c’era molta scelta per i Sanguemisto, meditò amaramente aggrottando di nuovo le sopracciglia sotto la pioggia: non erano come i Mezzi. I Mezzi erano creature nate dalle rarissime unioni tra Umani e Ultraterreni ed erano state impiegate sul quel Piano col preciso incarico di vigilare sui mortali, vivendo al loro livello. I Sanguemisto erano i figli di Mezzi di natura diversa che ereditavano la parte Ultraterrena da entrambi i genitori, caso che per volontà divina non accadeva quasi mai. Se i Sanguemisto sopravvivevano alla contaminazione nei primi anni di vita, rimanevano così, né carne né pesce, né Angeli né Demoni, destinati per la loro stessa promiscua natura a non riuscire mai a stare da una parte o dall’altra. Erano un po’ di tutto e non erano nessuno: potevano interagire indifferentemente con Angeli, Demoni, Mezzi e Umani. Per questi e altri motivi, erano le figure ideali per svolgere la difficile ma strapagata attività di Recupero dei Perduti, coordinati dal famigerato Comitato di Sorveglianza. Ovviamente, i Sanguemisto non erano contemplati nei Trattati di Divisione delle Competenze. Non esistevano ufficialmente, e quella forse era l’unica cosa che metteva d’accordo tutti. Ufficiosamente, invece, esistevano eccome: sì, era raro che un Ultraterreno si accoppiasse con un Umano dando vita a un Mezzo e sì, era raro anche che due Mezzi si accoppiassero tra loro, dando vita una volta su un milione a un Sanguemisto, ma succedeva lo stesso. A Modena, per esempio, erano in tre Sanguemisto a lavorare a tempo pieno. Un record, considerando che nel Nodo Primo, il più importante di tutta la Terra, erano solo in quattro. Gli Ultraterreni, ovviamente, odiavano i Sanguemisto; forse li vedevano come una evoluzione aberrante della loro natura… o forse, più prosaicamente, sapevano che era con loro che avevano a che fare se si Perdevano.

*          *          *

“Io devo andare a casa” pigolò la voce del vecchio, esausta “Non posso più aspettare.”

Eva sbuffò senza nemmeno provare a nascondersi, ma non rispose.

*          *          *

Perdersi. Avesse potuto lei Perdersi, meditò con sotterraneo livore, ma a lei mancava la parte umana in tutto e per tutto e forse era proprio questo a preservarla dal fare cazzate come i normali Mezzi. A loro capitava spesso, invece: dopotutto, erano ultraterreni solo per metà, e la metà umana portava inevitabilmente tutto il suo carico di meschinità e incertezza. Eva, in soli dieci anni di onorata carriera, aveva dovuto occuparsi di almeno un migliaio di casi di Perduti. All’inizio si era occupata principalmente di recuperare Mezzi Angeli. Le era sembrato più facile, che illusa!! Quei Perduti nella maggioranza dei casi erano stati traviati da qualche Demone o da qualche Mezzo in vena di seminare zizzania. Avendo avuto personalmente a che fare con alcuni di loro, Eva capiva perfettamente quanto fosse facile cadere nelle loro reti: un solo Mezzo Lussurioso, se particolarmente dotato, era capace di fiaccare le resistenze di un intero esercito di Mezzi Angeli visto e risaputo che, ahimè, la lussuria e l’amore percorrevano strade così vicine. Per lo stesso motivo, però, poteva succedere che qualche Mezzo Demone sbagliasse rotta e si trovasse suo malgrado perdutamente innamorato di qualche Umano o di qualche Mezzo Angelo che aveva tentato di traviare. Ma se i Mezzi Angeli recuperati potevano sempre contare nel Perdono Divino, i Mezzi Demoni non potevano dire la stessa cosa; la politica degli Inferi sul perdono era un tantino intransigente… i trasgressori, semplicemente, venivano rispediti al mittente e sbattuti nell’ultimo girone, quello dei Dimenticati, senza nemmeno passare dal via.

Da cui, ecco perché i rari Sanguemisto bazzicavano spesso nei luoghi terrestri prossimi ai Nodi; più Mezzi in giro, più lavoro, più lavoro, più privilegi. Ed ecco perché Eva, che col suo lavoro si era fatta parecchi nemici a Modena, girava sempre con un impermeabile lungo fino alle caviglie sotto il quale nascondeva una pistola sempre carica (per i malintenzionati Umani), una boccetta d’Acqua Santa (per i malintenzionati demoniaci) e una discreta serie di lame di svariate forme e dimensioni (per tutti gli altri salomonicamente, malintenzionati e non).

*          *          *

“Dovrei prendere un taxi” continuò il vecchio querulo “Se solo avessi abbastanza soldi da pagarlo! Sono così stanco.”

“Piantala, nonno” ringhiò Eva con il suo peggior tono da ragazzaccia “Adesso arriva, ti ho detto.”  

*          *          *

A Eva non piacevano un granché gli Umani. Benché ne avesse l’aspetto, fondamentalmente la natura instabile degli Umani la inquietava. Persino i Sanguemisto, trattati come paria dagli Ultraterreni, erano più comprensibili degli Umani, almeno agli occhi disincantati di Eva: nel suo personale schifometro, gli Umani erano saldamente piazzati al quarto posto, subito dopo la puzza di putrefazione, il cavolfiore bollito e la terribile accoppiata mammina e papino. Quei due disgraziati, pensò Eva con rabbia improvvisa: nonostante sapessero benissimo come funzionavano le cose, si erano Persi o, come dicevano loro, innamorati. Secondo lo scettico parere di Eva, avevano scambiato per qualcosa di più elevato e spirituale un improvviso prurito di natura prettamente fisica, ma la sua opinione postuma non aveva nessun peso, a conti fatti. Mammina era un Mezzo Demone della categoria Lussuriosi, bella da prendersi a schiaffi e cattiva come un esercito di formiche rosse infilate nelle mutande; papino era un Mezzo Angelo belloccio e svaporato, tutto peace & love come un cannarolo figlio dei fiori. Cosa ci avessero trovato l’uno nell’altra, non lo sapeva nemmeno Dio. Fatto sta che si erano Perduti, si erano accoppiati, avevano messo al mondo uno scherzo di natura sfidando qualsiasi calcolo delle probabilità e l’unica cosa che avevano fatto di comune accordo, a parte fornicare, era stato di dare al nascituro un nome che non fosse né sacro né profano. Così, con un erculeo sforzo di fantasia, l’avevano chiamata Eva, come il primo essere umano della Terra. Avevano vissuto insieme per un po’, l’allegra e bizzarra famiglia ultraterrena: poi, li avevano trovati. Mammina era stata fatta fuori da un Recuperante che l’aveva trasformata in un mucchietto di briciole sanguinolente e papino era stato mandato a spurgare i suoi peccati suonando l’arpa in mezzo ai Cori Angelici. Fine dell’allegra e bizzarra famiglia e voilà, riassunto in due parole il perché del terzo posto di mammina e papino nello schifometro. La diffidenza per i mortali era nata da lì: non era stato d’aiuto il fatto che l’infanzia di Eva passata fra gli Umani, prima di essere addestrata dagli Ultraterreni, fosse stata costellata da incomprensione, ottusità e bugie. Ma d’altronde, nessun Umano poteva capire la Vista. I dottori che l’avevano avuta in cura, gli psicologi che avevano tentato di plasmarla, le suore che l’avevano creduta indemoniata, le maestre che avevano scambiato la sua prodigiosa intelligenza con genio da sfruttare a loro favore… il segno umano che le era rimasto addosso non era buono e a volte ancora le doleva. L’unico essere umano di cui Eva si fidava ciecamente e totalmente era Gino: l’aveva conosciuto nell’ultima clinica psichiatrica dove era stata rinchiusa prima di essere presa in addestramento, quando avevano lei dieci e lui dodici anni e da allora non si erano mai separati. Gino, ufficialmente, era un pericoloso psicopatico e schizofrenico che aveva tentato di uccidere i suoi nonni a colpi di accetta, credendoli invasati dagli alieni. Per Eva, invece, Gino era il più fedele e il più meraviglioso degli amici: bizzarro, a volte, e propenso all’omicidio involontario, ma con lei e per lei non avrebbe esitato a rimetterci la vita, mai. Il resto dell’umanità, però, non era altrettanto amato: Eva preferiva trovarsi da sola con un Demone che sputava fiamme dalle narici piuttosto che con un apparentemente innocuo e disarmato Umano. Almeno, da un Demone sapeva cosa aspettarsi e non aveva problemi a conficcargli una croce in fronte. Invece gli Umani avevano la bruttissima abitudine di essere imprevedibili; erano ottusi, limitati, lenti di comprendonio, incapaci di mantenere un’idea più a lungo di dieci secondi. Non era convinta che il fatto di non Vedere fosse la risposta a tutte le loro manchevolezze.

*          *          *

“Se solo ci fosse in giro una persona di buon cuore disposta a sacrificare qualche soldo per un vecchio stanco e infreddolito.” mormorò la voce accorata del vecchietto sotto la pensilina e Eva decise finalmente di averne abbastanza.

Con una rapida occhiata in giro, si accertò che nessun Umano stesse osservando la scena, poi, ruotando su se stessa con la grazia leggiadra di una ballerina classica, si girò verso il vecchio sfoderando nello stesso tempo la corta e pratica Five-seveN 20 colpi e la puntò dritta dritta verso la fronte al vecchio.

“Adesso basta rompere i coglioni” sentenziò voce quasi annoiata “Non ho testimoni e nessuno sentirà la mancanza di un piccolo Mezzo che si diverte a fare il deficiente, chiaro?”

Il vecchio, che non aveva nemmeno avuto tempo di muoversi prima di trovarsi sotto tiro, era rimasto perfettamente immobile e curvo e fissava la bocca nera della postola puntata contro la sua faccia con una comica espressione di sorpresa. Per un attimo, Eva ventilò l’ipotesi di essersi sbagliata e di stare puntando una pistola carica in fronte a un innocuo vecchietto mortale; poi, un sogghigno mefistofelico arricciò le labbra rinsecchite del vecchio, scoprendo le gengive di una dentiera rosea.

“Cazzo” gorgogliò garrulo rizzando con noncuranza la schiena “Ormai non si può più nemmeno scherzare con te, dannata Sanguemisto. Stai diventando noiosissimamente noiosa!”

*          *          *

Nascondendo un sospiro di sollievo, Eva abbassò appena la pistola senza che una sola emozione trasparisse dalla sua faccia corrucciata: quel “noiosissimamente noiosa” la diceva lunga su chi si nascondesse dietro le spoglie rattrappite del vecchietto.

“Oreste” sospirò quasi contenta “Non ti avevano trasformato in letame di ovino l’ultima volta che hai Mutato forma senza permesso?”

Il vecchietto sogghignò avvicinandosi con la saltellante scioltezza di un bambino di sei anni: l’effetto visivo era inquietante, come vedere una marionetta agitata da fili invisibili.

“Sei sempre la solita zitella acida e frustrata” cantilenò il Mezzo ammiccando mentre scrutava attentamente Eva da capo a piedi “Vedo che stai di merda, gioia. Problemi sul lavoro?”

Eva si strinse nelle spalle, ricambiando l’attenta analisi: sforzando la Vista, le era possibile mettere fuori fuoco l’innocua immagine del vecchietto col gilè di lana e concentrarsi sulle sfuggenti e liquide fattezze del Mezzo che lo animava, fin quasi a coglierne lo sguardo delle serafiche pupille verticali.

“Non più del solito. E tu?” rispose infine con noncuranza: mai, per nessun motivo, si doveva dare a un Mezzo la possibilità di sapere qualcosa di sé stessi, lo avrebbe invariabilmente usato per i propri scopi.

“Questa città non mi piace” sentenziò Oreste imbronciato riprendendo il tono lamentoso del vecchio “Tanta acqua, tantissimissima noia. Meno male che ti ho incontrata.”

Eva si ficcò le mani in tasca senza smettere di guardare il Mezzo negli occhi mentre le sorrideva con aria innocente.

“Che cazzo di fai qui?” chiese infine con voce secca, sollevando altera il mento.

Oreste sembrò vagamente offeso e divertito insieme.

“Uff, sei sempre così sospettosa! Acidissimamente acida, peggio di una vecchia striminzita che ha ingoiato un limone! Come se uno non potesse fare due passi in questa merdosa città senza che tu possa pensare che lo stia facendo solo per pestare i piedi a te!”

Eva mantenne lo sguardo fisso con tranquillità e dopo un’occhiata in tralice dalla quale dedusse che fingere non avrebbe portato niente di buono, il Mezzo tornò di colpo tutto cinguettii e sorrisi.

“Mi ha mandato Cornelia” capitolò con leggerezza saltellandole introno “Per essere sicura che ti ricordassi della convocazione. Ti ha fatto solo un favore, eh: con la gentaglia che c’è in giro, una giovane e bella ragazza come te tutta sola, di sera…”

Rise estasiato dalla sua stessa ironia mentre le sopracciglia di Eva si corrugavano appena: Cornelia che mandava un suo scagnozzo ad accertarsi che lei arrivasse sana e salva? Assurdo. Le sue antenne fremettero allarmate proprio mentre un autobus lento e ondeggiante sbucava dalla curva e si avvicinava alla fermata.

“Ecco qua!” esclamò Oreste felice, anzi, quasi… sì, quasi sollevato.

Nemmeno il tempo di respirare e il vecchietto si ritrovò afferrato per il bavero della camicia e sbattuto senza tante cerimonie contro la pensilina traballante.

“Che c’è sotto?” domandò calma Eva con la bocca a un centimetro dal suo orecchio e la canna della Five-seveN ficcata tra le costole del Mezzo.

“Merda, Eva!” rispose Oreste, più irritato che spaventato “Toglimi quel piombo di dosso, sai che non lo sopporto!”

Per tutta risposta, Eva lo sbatacchiò ancora contro la pensilina.

“Oreste.” ringhiò a voce bassa e il Mezzo capitolò.

“Uffa, uffa, uffa! Stronzi Sanguemisto! Che ne so io di cosa c’è sotto? So solo che Cornelia mi ha detto di cercarti e di essere sicuro che prendessi l’autobus. Punto e basta!”

Altra sbatacchiata contro la pensilina, proprio mentre l’autobus di fermava soffiando e gemendo alle spalle di Eva.

“Che intenzioni ha?”

“E che cazzo ne so io!” sbuffò Oreste ormai allarmato “Non mi ha chiesto di farti fuori, se è quello che pensi. Anzi, voleva davvero che tu arrivassi viva da lei…”

Eva cogitò per qualche secondo con gli occhi ben fermi in quelli sfuggenti di Oreste. L’autista dell’autobus fece una breve strombazzata col clacson sfiatato e la donna si lasciò convincere dall’istinto.

“Fammi strada, socio.” disse mollando il Mezzo all’improvviso e facendolo quasi planare in mezzo alla strada bagnata.

Oreste le lanciò uno sguardo furibondo poi si avviò verso l’autobus massaggiandosi il collo e mormorando sottovoce qualcosa di irripetibile. Eva lo seguì tranquillamente, le mani in tasca e l’espressione innocente. Pagò il biglietto e sorrise con aria di scuse al conducente, il quale rimase doverosamente abbagliato e ci mise un po’ a riprendersi.

“Sei proprio una stronza, fottuta Sanguemisto.” berciò Oreste sedendosi di schianto su un sedile, imbronciato.

Eva rimase in piedi al centro del corridoio mentre l’autobus ripartiva tra uno scossone e l’altro e fissò il Mezzo con aria quasi materna.

“Grazie, Oreste” tubò con un sogghigno “Anche tu mi piaci.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE DELL’AUTRICE:

Primi capitoli di presentazione: abbiate pazienza, abbiate pazienza…

 

Ed eccoci di nuovo qui, nel famigerato angolo dove l’autrice, sotto stretto controllo farmacologico, tenterà di dare risposte, ringrazierà chi se lo merita e ascolterà proposte, lamentele, critiche e quant’altro. Vista la splendida, meravigliosa, commovente, emozionante valanga di recensioni che sono piovute sul Prologo, sarò volutamente breve… ma sappiate che tutto ciò che non è scritto è comunque pensato, prima di tutto una gratitudine gonfia e sincera per tutti voi che, stando ancora qui, rinnovate un’amicizia che sarà anche virtuale, sarà superficiale, sarà puramente limitata e informatica, ma mi fa stare bene come l’abbraccio di un vero amico. Quindi, siorre e siorri, grazie infinite, col cuore.

Ed ora…

Kyaelys: Sono tornataaaa!! Gesù, che fifa di deludervi che ho addosso. Nonostante la storia sia finita, betata, impacchettata e approvata dalla mia fedele ammora Romina, ho paura di perdervi. Se dovesse prendere una piega vomitosa, prima di staccare la spima avvisami, ok? Mil besi

Lely1441: Piccola!! Ebbene sì sono tornata e anche io sono commossa… tutta questa bella jente adorabile, di nuovo intorno… sono davvero contenta. Sì, ammetto che pensare a Emule leggendo il Mulo è da sciroccati, mas essere un po’ pazzi non fa mai male…a presto, e grazie, tesoro mio…

Levsky: Buondì a voi, meravigliosa nuova lettrice!! Nuova per modo di dire, ho letto le tue recensioni e sono impazzita dalla joia e dalla contentanza! Spero anche io di risentirti alla prossima… vuol dire che la storia piace! Incrociamo le dita e… bacioni!

Killer: Tesoro!! La mia assassina preferita, come stai? Anche io ero emozionata al pensiero di risentirti, e sono davvero felicissima che la storia che ho scritto sia nelle tue corde sanguinarie. Mi piace questo lato del tuo carattere, così affine al mio… Questa storia non è allegra come Geometrie, in alcune parti sarà difficile da digerire… ma spero davvero che piaccia, perché mi è piaciuto un sacco scriverla. Non andare via, per favore, eh? Alla prossima!

Missribellina92: Ma ciao anche a te, o mia giovanissima lettrice!! Sto notando adesso che forse quel 92 del tuo nick è l’anno di nascita… un brivido mi percorre la schiena: potresti essere mia figlia!! Aiutoooooo, sono vecchia, sono un dinosauro, un pezzo di modernariato, un residuato bellico!!Ok, dopo lo sfogo… no, i Demoni non sono tutti come il Mulo. Vedrai, vedrai… he he he

Fante: Caro carissimo!! Tu, Rik e lo Skifizzero siete gli unici uomini rimasti in circolazione e mi mancava un po’ di maschilità in giro. Bentornato, anche voi mi siete mancati… e per quanto riguarda la tua supposizione sulle mie eroine romantiche… fosse vero!! Più che una parte di me, sono una parte di come vorrei essere. Soprattutto fisicamente, ehm…

White shadow: Dolcezza!! Entriamo subito in confidenza, tanto è come se ci conoscessimo già, no? Sono felice di averti qui, in questo covo dei pirati (o, per meglio dire, questo reparto psichiatrico…)Lusingata di essere un’autrice apprezzata e spero fervidamente che questa storia non deluda nessuno. Se il tempo tiranno me lo permette, passerò senz’altro a sbirciare le tue storie, ma meglio non parlarne qui, si rischia l’Okkio Vigile del Comitato… eh eh eh!! Besos

Lauraroberta87: Qualsiasi cosa tu pensi di me, qualsiasi sostanza stupefacente e stupefatta circoli nel mio apparato sanguigno, non potrei mai scordarmi di te. E di Sahid, il panettiere: quanti bei panini, eh, quanti ricordi… Anche io lovvo iù, stellina: aspetto solo la tua definitiva conversione per instaurare un love affaire. Come sto? Dunque… figliame sta bene, la gatta si è riprodotta (la zoccola!) Osvaldo non lo vedo da secoli und seculorum…e tu? Ho sentito che hai sedotto a destra e a manca neanche fossi fatta di feromoni concentrati… il segreto, presto!!!!

Ellemyr: Non ci credo… ma ciao!! Anche tu qui!!! Che joia e che gaudio sentire che non sei ancora emigrata in Cile… sempre se ne avevi l’intenzione… se invece sei propensa per la Finlandia, fammi un fischio, sai che per i biondi, ehm… Baci ricambiatissimi!!

Krisma: Tesoro mio!! Quando ho aperto le recensioni mi è saltato agli occhi il tuo “bocciolo!” e tra un po’ scoppio a piangere dalla commozione. Che donna smidollata e di bassa tempra morale che sono: ma ritrovare la tua amicizia e il tuo entusiasmo intatti dopo tanto tempo mi ha sinceramente commosso. A presto, un bacione!!

Tartis: Saruzza bella di mamma tua!! Meno male che il genere A&D riuscite a digerirlo tutti… e sono davvero commossa e felice di ritrovarti qui, scoppiettante, in forma e sciroccata come non mai!! Mi siete mancati tantissimo, quasi quasi scrivevo e pubblicavo la lista della spesa pur di risentirvi. Beh, più o meno… ma no, vedrai, questa storia ha persino una trama!!! Eh, miglioro a ogni storia, jente… besones, alla proxima!

MarzyPappy: Sweetey!! Dov’eri finita? Ti davo ancora dispersa in quei di Lido di Spina… è da una mezza vita che non ti sento. Come stai? Studio, amore, capelli… tutto ok? Lusingatissima che tu sia qui solo per me… mi fa sentire orgogliosissima e anche un po’ in ansia: spero di essere all’altezza, joia, l’ultima cosa che voglio è deluderti.

ReaderNotViewer: Amore mio. Luce dei miei occhi. Donna d’un pezzo fatto di mille pezzi diversi e meravigliosi. Non so perché, ma le tue parole hanno il dono di essere penetranti come lame e dolci come balsamo… sono un balsamo laminato, in poche parole. Mica da poco! Mi auguro con tutto il cuore che questa storia ti piaccia: non sarà poetica, sarà dura, volgare e a volte sin scriverla mi è pesato. Ma spero che tu, come solo tu sai fare, vedrai oltre… perché se c’è vera poesia, è nel modo in cui tu leggi. Ti bacio e ti ringrazio profondamente.

  
Leggi le 16 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni / Vai alla pagina dell'autore: L_Fy