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Autore: stagionidiverse    10/07/2015    5 recensioni
E se quella sera a Tropicolandia fosse stata Ran a scoprire per puro caso il traffico degli Uomini in Nero?
Tratto dal capitolo 3
Tirò un buffetto sulla guancia della bambina. “I mocciosetti laggiù mi hanno detto che ti chiami Irene. Ti va di venire a cena da me stasera? Non ti nascondo che mi manca tanto mia figlia… e tu mi ricordi lei da piccola!” esclamò, prima di scoppiare in lacrime. Si asciugò le guance sulla manica del vestito. Irene, terrorizzata, si voltò verso il detective adolescente, il quale si teneva con fare sconsolato il volto fra le mani.
"Mi dispiace Goro, ma domani è il suo primo giorno di scuola e deve rip-"
“Un momento, detective da strapazzo che non sei altro! Non è che assomiglia così tanto alla mia adorata Ran perché in realtà è vostra figlia?”
A quelle parole Shinichi Kudo quasi svenne.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
Una giornata fantastica (non è vero?)
 


Ran guardò sorridendo l’amico che le passeggiava accanto. Teneva in mano un panino che ogni tanto prendeva a piccoli morsi. Aveva tutte le labbra sporche di senape.

“È stata una giornata fantastica, non è vero?”
“Sì, sì” rispose evasivo Shinichi. Sulle sue guance però apparve un lieve alone rossastro. Distolse lo sguardo imbarazzato, grattandosi leggermente la nuca.
Ran era felice. Aveva passato tutto il pomeriggio a Tropicolandia con Shinichi e il sentimento che provava per lui, ne era certa, ormai era sempre più profondo e sincero. Solo una cosa la turbava: non sapeva se il suo migliore amico provasse lo stesso. Certe volte l’aveva beccato a guardarla, come se si fosse incantato; richiamata la sua attenzione, lui si era giustificato dicendole che si era imbabolato mentre ripensava ad un vecchio caso. In cuor suo lei sperava che stesse mentendo, ma conoscendo bene Shinichi Kudo, poteva anche darsi che si forse perso davvero nelle sue elucubrazioni da detective narcisista.
Passeggiarono ancora un poco per il luna park. Ran aveva bisogno di un bagno. Lo cercarono per una buona manciata di minuti, ma senza risultati. Quindi decisero di fermarsi nella piazza grande e chiedere informazioni a un chiosco di gelati.
“Le vede quelle indicazioni laggiù? Le segua e sbucherà in un vicoletto. Lì ci sono i servizi delle signore”
Ran annuì, ringraziò e poi si rivolse all’amico. “Aspettami qua, faccio in fretta” Shinichi sbuffò. “Promesso” gli sorrise lei.
Era ormai buio e il cielo non era dei migliori: opaco e senza stelle, un po’ spaventò la ragazza, che affrettò il passo per arrivare in un ambiente illuminato e, sperava, frequentato nello stesso istante da altre persone. Si sentiva inquieta. Per un attimo considerò anche l’ipotesi di mettersi a correre fino alla toilette, ma la abbandonò quasi subito sentendosi ampiamente ridicola. Quell’anno avrebbe compiuto diciotto anni e ancora aveva paura del buio. Bambina.
Sussultò. Qualcuno alle sue spalle le stava parlando. O forse non stava parlando a lei? La voce era bassa, troppo perché lei potesse comprendere anche solo una parola: no, decisamente  la questione non la riguardava. Tirò un sospiro di sollievo.
Click.
E adesso? Non ne poteva più. Si appostò dietro un muretto di mattoni, cercando di reprimere la paura.
Ran, Ran. Sono solo dei passanti.
In un battuto di ciglia, capì che non lo erano. Sbarrò gli occhi terrorizzata. Un uomo tozzo con un grande borsalino nero stava passando una valigetta ad un altro individuo, che indossava un soprabito scuro. Il “click” di poco prima e i brividi lungo la spina dorsale che ne erano seguiti erano riconducibili tutti a quella ventiquattrore. Si tastò agitata il giubbotto.
Shinichi! Shinichi! Maledizione! Cellulare, dove sei?
 
Buio, di nuovo. 
Qualcosa le stava colando dalla bocca. Che sensazione opprimente: non riusciva a deglutire. Ci pensò qualcuno per lei. La sua mascella fu richiusa con violenza. Si trattava forse solo di un brutto sogno?

Impossibile, si disse, è stata una giornata fantastica, non è vero?



 
   
 
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