Il gioco dell'imitazione
Prompt: È soltanto un'impressione di Harold o John sta davvero tentando di farsi piacere le cose che piacciono a lui? Dopo averlo beccato a ordinare un sencha green tea, l'ha visto mentre leggeva Dickens di nascosto. Non sa se essere inquietato o onorato dalla cosa.
Note: Nonostante il titolo, la flash non c'entra niente con il film su Turing.
John Reese era il primo a riconoscere che, sotto alcuni aspetti, lui e Harold Finch erano come il sole e la luna.
Harold probabilmente non avrebbe mai imparato a farsi piacere le armi da fuoco e John, forse, non avrebbe avuto il suo dono di hackerare un sistema informatico in due minuti, ma da quando avevano cominciato a lavorare insieme esisteva un tacito accordo secondo cui ognuno non doveva rinfacciare all'altro le sue mancanze.
O almeno, così fu fino al giorno in cui John pedinò Rebecca Johnson fino a un caffè.
«Tutto bene, signor Reese?».
«Certo» rispose John, convinto che Harold si stesse riferendo alla Johnson.
«Allora mi spieghi come mai avresti ordinato un sencha green tea?».
«Se ti dicessi che avevo voglia di cambiare un po', non mi credi?» sussurrò John ringraziando il cameriere che lo aveva appena servito.
«Se lo dici tu».
John sorrise e, attraverso una telecamera di sorveglianza nel locale, Harold lo vide cominciare a bere il suo tè, per poi mandarlo giù con una smorfia di disgusto puro che fece sogghignare l'informatico.
«Gesù, Harold, come diavolo fai a berti questa roba?» borbottò John e il sorriso di Harold divenne più ampio.
«Harold».
«Sì, che c'è?».
«Per te non è un problema se prendo uno dei libri della biblioteca, vero?».
Harold si voltò verso John alzando un sopracciglio: in due anni non lo aveva mai sentito fargli una domanda del genere. Aguzzò gli occhi e lo vide prendere un libro di... Dickens?
«Tranquillo, Harold, non lo userò per aggiustare il tavolo della cucina, se è questo che stai pensando» aggiunse John soppesando il libro con nonchalance.
«Non ho mai pensato una cosa simile, John, è solo...».
«Sì?».
«Stai cercando di imitarmi, per caso?».
«Perché? Ti preoccupa?».
«A dire il vero, non lo so» ammise Harold, riprendendo a sgombrare la lavagna di vetro da foto e appunti.
Erano passati trent'anni dall'ultima volta in cui Harold aveva mangiato la pizza.
Si convinse che fosse quello il motivo in cui fissava di sottecchi la pizza da asporto che John aveva mangiato a metà prima che la Macchina desse loro il nuovo numero. Non lo faceva mica perché la pizza con le olive era la preferita di John, sia chiaro!
«Come va con Dill Scott, signor Reese?».
«Una noia, ecco come va» si lamentò John, mentre dall'altro capo del telefono Harold allungava una mano verso un trancio di pizza e lo assaggiava.
«Harold, che stai facendo?».
«Uhm, niente, John».
«Non stai mangiando la mia pizza, vero?».
«Assolutamente no».
«...».
«...».
«Harold, sai che non mi offendo, vero?».
«Concentrati su Dill Scott, signor Reese».
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