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Autore: effe_95    15/07/2015    6 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 
18. Vero, Pigiama a pois e Alley-oop

Novembre
 
Oscar era arrabbiato.
Catena non aveva bisogno di una sfera di cristallo per capirlo, se ne stava appoggiato con la schiena alla ringhiera della terrazza, con le braccia incrociate al petto e un sorriso tirato sulle labbra. Catena si morse freneticamente il labbro inferiore, non era mai stata brava ad ingannare la gente, Giasone l’aveva scoperta immediatamente a causa della sua reazione, e probabilmente aveva riportato tutta la loro conversazione ad Oscar.
Lei ne era più che sicura, perché lui non le aveva rivolto la parola per due giorni di seguito. Quella mattina però le aveva mandato un messaggio, immediatamente dopo la prima ora: “ Vediamoci all’uscita sul terrazzo”.
Catena aveva aspettato quel momento per tutta la mattina, ma lo sguardo di Oscar le aveva fatto immediatamente cambiare idea, in quel momento non desiderava altro che il tempo potesse tornare indietro per fuggire da quegli occhi.
<< Ehi Catena … >> La chiamò Oscar, mentre lei se ne stava ancora sull’ingresso, Catena trovava innaturale quel sorriso stizzito che increspava le labbra del fidanzato, sembrava appartenere ad un’altra persona << Frugare così nel passato degli altri … che schifo >> Catena sentì il sangue nelle vene gelarsi completamente, si immobilizzò sul posto e realizzò che non avrebbe più percorso quei pochi metri che la separavano la lui.
Quel sorriso così incattivito le stringeva il cuore.
<< Mi … mi dispiace >> Si ritrovò a mormorare, stringendo convulsamente le mani sullo stipite della porta, il legno rovinato le pizzicò leggermente la pelle con le sue piccole schegge, ma Catena non se ne rese nemmeno conto.
Il viso di Oscar si tese quando la vide con gli occhi lucidi, le mani pallide, seminascosta dietro la porta che dava al terrazzo della scuola.
<<  So che ti dispiace, ma non mi basta >>
Cos’altro voleva che gli dicesse? Catena non ne aveva la più pallida idea, non si era mai sentita così in colpa in via sua, ma tutto sommato non credeva di avere torto solo lei.
Tutto quello non sarebbe successo se Oscar avesse parlato prima.
<< E cosa vuoi che ti dica? Lo so benissimo che ciò che ho fatto è orribile. Non avrei dovuto ingannare Giasone in quel modo, ma questo non sarebbe successo se tu … >>
<< No! >> Oscar la bloccò bruscamente prima che lei potesse terminare la frase, alzò talmente tanto la voce che Catena sobbalzò, rischiando di inciampare nei suoi stessi piedi. Oscar trasse un respiro profondo, come se dovesse riprendere il controllo di se. << Non azzardarti a dire che è colpa mia, che non l’avresti fatto se ti avessi raccontato tutto >>
Catena spalancò leggermente la bocca e lasciò finalmente andare lo stipite della porta, mentre la rabbia prendeva il posto del rimorso.
<< Certo che non l’avrei fatto! >> Sbottò scandalizzata, alzando anche lei il tono di voce, Oscar puntò gli occhi castani su di lei, sorpreso per quel cambio repentino di atteggiamento.
<< Ma comunque cosa importa? Perché sei così testarda?! Perché avrei dovuto raccontartelo, è una cosa che appartiene al passato ormai! Non ha più importanza per me! >>
Replicò Oscar con tono concitato, agitando le braccia, Catena trovò la forza per fare un passo avanti e mise finalmente piede sul terrazzo, accorciando i metri che li separavano.
<< Bugiardo! >> Gridò pestando un piede a terra, Oscar si zittì improvvisamente, guardandola incredulo, Catena era rossa in viso e una sola lacrima le solcava la guancia destra << Sei un bugiardo. Se davvero per te non avesse avuto più alcuna importanza, allora me l’avresti detto eccome Oscar. Ma tu non l’hai fatto >>
Oscar tacque, guardando Catena come se gli avesse appena tirato una coltellata, ma quella coltellata Oscar se l’era tirata da solo, perché Catena aveva ragione.
Aveva sempre avuto ragione, ma lui come poteva ammetterlo?
<< Era con un altro >> Oscar le sussurrò quelle parole.
<< Come? >> Catena fece un altro passo verso di lui, credeva di non aver sentito bene.
<< Era in macchina con un altro quando hanno fatto l’incidente, con il suo ex. >>
Catena sentì tutta l’aria nei polmoni svanire improvvisamente, come risucchiata da un aspirapolvere velocissimo.
<< E’ per questo che non volevo dirtelo. Non mi piace ricordarlo, tutto qui. E’ che … non è affatto bello provare rancore per una persona che non c’è più, no? >> Oscar sollevò nuovamente lo sguardo su di lei, notando con sorpresa che si era fatta più vicina mano a mano che la conversazione era andata avanti. << Ed è per questo che ho scelto te. Perché tu non mi tradiresti mai, vero? >> Catena lesse così tanta disperazione e desiderio di salvezza in quella domanda che le gambe le si mossero da sole. Cancellò con pochi passi quei pochi metri che ancora li separavano e affondò la faccia nel suo petto, stringendolo tra le braccia.
<< Vero >> Mormorò, poi si alzò sulla punta nei piedi per poterlo baciare.
Oscar ricambiò quel bacio quasi immediatamente, stringendola tra le braccia.
Il tempo della timidezza era passato da un pezzo per entrambi.
 
Beatrice stava mangiando uno yogurt quando aprì la porta di casa e si trovò davanti Enea.
Il cucchiaino le penzolava dalla bocca, i capelli ricci erano legati in un codino morbido e indossava un pigiama a pois. Non riusciva davvero a spiegarsi perché il ragazzo si fosse presentato a casa sua di venerdì sera, soprattutto considerato che quella mattina non si erano nemmeno rivolti la parola.
Enea tossicchiò leggermente e si portò un pugno chiuso sulla bocca per trattenere una risata, quel gesto fece immediatamente sbloccare Beatrice, ancora sorpresa sulla porta, la ragazza si tolse il cucchiaino dalla bocca e lo affondò nello yogurt ancora mezzo pieno.
<< Cosa ci fai qui?! >> Sbottò irritata, senza lasciarlo entrare in casa.
Enea cercò di darsi un contegno, trattenendo la risata per se si schiarì la voce e appoggiò una spalla allo stipite della porta. Beatrice cercò di non guardarlo troppo, di non soffermarsi sul viso affilato, le labbra carnose, gli occhi chiari e taglienti, di non notare come quel piumino nero gli stesse ben e di trattenere l’impulso di aggiustargli la sciarpa che se n’era caduta malamente di lato.
<< Sono venuto a provare le parti con te. Siccome mercoledì mi hai piantato e ieri non ti sei presentata al corso, ho pensato che incastrati fosse la soluzione migliore >>
Enea la guardava con il solito sorriso ironico sulle labbra, lei invece aveva le sopracciglia aggrottate, si infastidì, strinse troppo lo yogurt e lo fece traboccare sporcandosi tutte le mani. A quella vista, Enea non riuscì più a trattenersi e diede libero sfogo alle risate.
<< Maledizione! >> Brontolò Beatrice fulminandolo con lo sguardo, aprì maggiormente la porta ed entrò in casa lasciando il ragazzo sulla soglia, Enea lo prese come un invito ad entrare. Si chiuse l’uscio alle spalle e la raggiunse in cucina, trovandola con le mani sotto l’acqua, la coda che danzava a destra e sinistra e l’aria ancora imbronciata.
L’ambiente era caldo, così non ci pensò nemmeno due volte a sfilarsi la giacca e la sciarpa e lasciare il tutto sul una sedia.
Quando Beatrice si girò con lo strofinaccio tra le mani, lo trovò seduto su uno sgabello dell’isola, con il copione in mano a sbirciare le parti che ancora dovevano ripetere.
Sembrava immensamente a suo agio, nonostante quella fosse effettivamente la prima volta che andava a casa sua. Beatrice si rese conto che probabilmente la cosa avrebbe dovuto darle fastidio, ma Enea gli sembrava perfetto in quella cucina.
<< I tuoi genitori? >> Domandò lui senza sollevare lo sguardo, Beatrice si riscosse e lo raggiunse, mettendosi seduta di fronte a lui.
<< Sono medici e il venerdì hanno il turno di notte. >> Enea sollevò distrattamente lo sguardo su di lei, appoggiò un gomito sul ripiano e lasciò una guancia sulla mano, per scrutarla meglio, Beatrice tossicchiò in imbarazzo.
<< Sei figlia unica? >> Lei annuì frettolosamente per poi strappargli il copione dalle mani. Enea sorrise divertito nel vederla stizzita, non capiva esattamente cosa gli stesse succedendo, Beatrice non era il tipo di bellezza che faceva girare la testa, era troppo magra, non aveva forme, sorrideva raramente e aveva sempre un cipiglio nervoso.
Eppure lo attirava come una calamita, con tutte le sue imperfezioni.
<< Che c’è? >> Brontolò lei, sentendosi osservata.
<< Stavo notando che … quel pigiama a pois ti sta davvero bene >>
Enea scoppiò a ridere e Beatrice diventò rossa come un pomodoro, arrotolò il copione e lo colpì violentemente sulla testa, appiattendogli un po’ il ciuffo.
<< Ohi! >> Replicò lui ridacchiando e parandosi con il braccio ogni volta che lei cercava di colpirlo, era la prima volta che Beatrice gli stava così vicino di sua spontanea volontà senza nemmeno accorgersene, Enea notò che aveva le guance arrossate, gli occhi erano anche screziati di azzurro e inoltre profumava di vaniglia.
Quel particolare gli fece letteralmente perdere la testa, bloccò velocemente con una mano l’ennesimo colpo e afferrò Beatrice per un braccio, lei boccheggiò presa di contropiede.
Enea l’avrebbe anche baciata se Beatrice non avesse fatto un passo indietro incespicando nelle sue stesse pantofole, scivolò e finì con i sedere per terra, trascinando Enea e tutto lo sgabello. Il rumore del tonfo fu talmente disastroso, che per un momento Beatrice pensò si fosse sentito in tutta la città, sperò vivamente che la sua vicina di casa non venisse a bussare, era una donna impicciona a cui sua madre l’aveva affidata quando avevano i turni di notte.
<< Enea, stai bene? >> Domandò immediatamente tirandosi in piedi, le faceva un po’ male il fondoschiena, ma quello con lo sgabello addosso era Enea, non lei.
<< Sei tremenda! >> Sbottò lui mettendosi seduto, stringeva tra le mani i piedi dello sgabello, aveva l’aria corrucciata e infastidita, il ciuffo era in completo disordine e sembrava un groviglio inestricabile. Beatrice si portò una mano sulle labbra e soffocò una risata, mentre lo aiutava a mettere a posto lo sgabello e tirarsi in piedi. << Lo trovi divertente ? >>
Borbottò Enea, passandosi distrattamente una mano tra i capelli castano-dorati.
<< Esattamente come tu trovi divertente il mio pigiama! >> Sbottò immediatamente Beatrice, dirigendosi con passo sicuro verso la cucina, Enea la osservò mentre lei gli dava le spalle, si mise nuovamente seduto sullo sgabello e si passò una mano sulla faccia.
Cosa gli era preso? Cosa gli era passato per la testa?
Ringraziò mentalmente Beatrice per essersi spostata, altrimenti avrebbe fatto la sciocchezza più grande della sua vita, ne era certo.
<< Comunque … >> La voce di Beatrice lo riscosse dai suoi pensieri. << … sono le otto di sera e io sto cominciando ad avere fame. Resti a cenare con me? >> Lei continuava a dargli le spalle mentre afferrava una padella e la metteva sul fuoco. Enea si morsicchiò il labbro inferiore e si passò una mano tra i capelli per la centesima volta, sapeva di dover rifiutare, ma non voleva, perché parlare con Beatrice lo tranquillizzava più di ogni altra cosa.
<< Beh, non abbiamo ripetuto nulla di Romeo e Giulietta! Non ho scelta mi sembra >>
Beatrice si voltò lanciandogli uno sguardo veloce, aveva messo delle salsicce in padella e stava preparando un’insalata veloce, trovò Enea seduto nuovamente sullo sgabello incriminato, con il copione stropicciato aperto a metà e i capelli un totale disastro.
<< Allora spero ti piacciano le salsicce >>
<< Si, basta che non le bruci! >>
Alla replica frettolosa di Enea, Beatrice afferrò una foglia d’insalata e gliela tirò in faccia.
<< Ohi! >> Sbottò Enea contrariato, Beatrice incrociò le braccia al petto e lo puntò con il dito indignata. << Che fai? Mi tiri il cibo addosso? >>
<< Piuttosto! Aiutami e metti un po’ di tavola! >>
Enea fece un po’ di storie all’inizio, ma dopo un’oretta si ritrovarono a ripetere con lo stomaco pieno, la cucina lucida e pulita e l’umore molto migliorato.
La stanza di Beatrice era molto sobria, Enea non l’aveva affatto immaginata così.
Le pareti erano tinteggiate di grigio, con dei ghirigori in rosa negli angoli, l’armadio era bianco e immacolato, nessun poster adornava le pareti, non vi erano foto di ragazzi mezzi nudi o di cantanti, solo una piccola libreria stracolma, il letto immacolato e la scrivania con i libri di inglese aperti sulla pagina di letteratura. L’ambiente profumava di vaniglia a sua volta, ed Enea si perse a contemplare le foto di Beatrice da bambina, appese alle pareti.
<< Possiamo anche appoggiarci a terra, il tappeto è caldo >> Commentò la ragazza indicando il pavimento, quasi completamente ricoperto da un tappeto peloso e grigio come le pareti. Lei si era già rannicchiata in un angolo, con la schiena poggiata contro il letto.
Enea la imitò, mettendosi esattamente di fronte a lei.
<< Non hai preso il copione Beatrice >> Le ricordò lui, notando l’assenza del blocchetto di carta, Beatrice si schiaffò una mano sulla fronte.
<< Puoi prendermelo tu? E’ sulla scrivania >>
Enea, che si era seduto esattamente accanto al mobile, allungò un braccio verso il bordo della scrivania e afferrò il copione trascinandolo malamente verso il basso, nel fare quel gesto, cadde anche un libro di poesie dal quale spuntò una piccola foto.
Era una foto stracciata a metà, e ritraeva un ragazzo dal sorriso strafottente, i capelli biondi come l’oro e gli occhi più scuri che avesse mai visto. Nella foto stava stringendo qualcosa o qualcuno, ma non era possibile affermarlo con certezza a causa della parte mancante, prima che Enea potesse chiedere qualsiasi cosa, Beatrice gli strappò la fotografia dalle mani e la gettò nel cestino, senza guardarlo negli occhi.
<< Era solo un segna libro da buttare. >> Ribatté immediatamente, aggiustandosi una ciocca di capelli dietro la nuca << Passami il copione >>.
Enea non replicò nulla, ma mentre le passava il blocchetto di carta con le battute sottolineate e i post-it colorati ai margini, provò una bruttissima sensazione.
La sensazione di aver perfettamente capito chi stesse stringendo quel ragazzo.
 
Giasone non aveva affatto immaginato che la palestra potesse essere così affollata.
Quando aveva accettato di andare a vedere quella partita di basket, non aveva idea di quanto fondamentale sarebbero stati quei biglietti, perché i posti a sedere erano finiti, le persone se ne stavano in piedi e loro avrebbero, molto probabilmente, fatto quella fine se non fosse stato per quei tre miseri pezzettini di carta. Tra l’altro, Giasone si accorse che avevano anche occupato i tre posti migliori della tribuna, dov’era possibile osservare la partita e i giocatori nel miglior modo possibile.
<< Ehi, ecco il tuo hot-dog >>
Erano arrivati alla fine del primo tempo, nella palestra c’era una confusione terribile e Ivan gli stava porgendo la sua cena con una certa insistenza. Giasone si rese conto che l’amico doveva essersi spazientito a causa della fila chilometrica al chiosco.
<< E vedi di fartelo bastare, perché io non ci torno lì! >>Lo rimbrottò a sua volta Oscar, seduto invece alla sua destra, anche lui contrariato, Giasone sospettava che la natura del nervosismo di Oscar fosse ben diversa, ma siccome aveva già combinato un bel pasticcio a causa di Catena, preferì non ribattere nulla.
<< Niente male comunque, la tua amichetta >> Commentò con noncuranza Ivan, mentre addentava voracemente il suo panino << Stanno stracciando le avversarie >>.
Giasone diede un morso all’hot-dog e annuì leggermente, dopotutto doveva ammettere che si stava entusiasmando moltissimo con quella partita, e Muriel non se la cavava affatto male come ala forte* della squadra.
<< Beh, comunque sono rimasto davvero sorpreso quando ho saputo che uscivi con una ragazzina. Non trovi che sia un po’ maschiaccia? >>
Giasone per poco non si strozzò al commento di Oscar, che scrutava distrattamente il campo, si diede un pugno sul petto e finì di ingoiare l’ultima parte del suo panino.
<< Ehi, ti ho già spiegato che non esco con quella piattola! E’ lei che mi perseguita, se avessi rifiutato mi avrebbe tartassato, e sarei stato costretto a venire a scuola a piedi tutte le mattine! >> Sbottò Giasone, per poi afferrare bruscamente la bottiglia d’acqua dalle mani di Ivan e vuotarla in un solo colpo, sotto lo sguardo scioccato dell’amico.
<< Ohi, quella era la mia bottiglietta d’acqua deficiente! >> Lo rimbeccò Ivan, colpendolo con un buffo dietro la nuca << E poi, hai accettato di venire solamente perché questo è il tuo sport preferito! >>. Al commento acido del suo migliore amico Giasone non seppe ribattere, anche perché in effetti aveva ragione, trovò le parole giuste da dirgli solamente quando ormai i dieci minuti di pausa erano terminati e le squadre stavano rientrando in campo per l’inizio del terzo quarto*. La partita durò altri venti minuti, venti minuti dove la squadra di Muriel stravinse per 105 a 45.
<< Ehi, Gias, quella tua amica è un piccolo mostro del basket, eh? >>
Il commento di Ivan giunse ovattato alle orecchie di Giasone, stavano tutti lasciando lentamente gli spalti e c’era una confusione terribile.
<< Si, quell’ alley-oop* finale è stato incredibile! Ma come ha fatto? Non è poi così alta >>
Anche Oscar era entusiasta, si fregava in continuazione le mani, Giasone ridacchiò a quelle parole, in effetti anche lui era rimasto piacevolmente sorpreso.
I tre ragazzi raggiunsero finalmente il bordo campo, mentre la gente defluiva lentamente verso le uscite, le due squadre erano ancora in campo, alle prese con gli allenatori, i redattori del giornalino della scuola e i parenti.
Muriel stava bevendo un energetico quando intravide Giasone al bordo del campo, il ragazzo le fece un leggero saluto con la mano alzata e lei si aprì in un largo sorriso.
Saltò immediatamente in piedi e, come se non avesse giocato una partita di quaranta minuti, corse verso di loro con la grazie di un ghepardo ancora pieno di forze.
Aveva i capelli corti tirati indietro da una fascia, il viso senza trucco era pulito e luminoso, affilato, la divisa le andava leggermente larga e si intravedeva la fascia che le ricopriva il seno. Era magra e atletica, Giasone non l’aveva ancora notato.
<< Ehi, sei stata spettacolare! >> Esordì il ragazzo una volta che lei lo ebbe raggiunto, Muriel si lasciò scappare un sorriso divertito, battendo il cinque che Giasone le stava porgendo.
<< Davvero, complimenti! >>
Si intromise Ivan, appoggiando un braccio sulla spalla dell’amico e rivolgendo alla ragazzina un caldo sorriso, che Muriel ricambiò con un po’ d’imbarazzo.
<< E quell’ alley- oop finale? Dove l’hai imparato? >> Domandò entusiasta Oscar, facendo un passo avanti, Muriel arrossì leggermente nel vedersi circondata da tutti quei ragazzi così alti e grossi, fece finalmente per rispondere quando qualcuno le mise una mano sulla spalla.
<< Cosa state dicendo alla mia giocatrice migliore per farla arrossire? >>
Alle spalle di Muriel c’era una ragazza, era alta, i lunghi capelli biondi erano legati in una coda alta e gli occhi verdi truccati e allungati da una matita. Oscar, Giasone e Ivan furono immediatamente attirati dalla sua voce calda, mentre Muriel si girava sorpresa.
<< Coach?! >> Esclamò sorpresa, arrossendo ancora di più.
<< Quando finiscono le partite puoi chiamarmi Livia, lo sai >> Commentò la nuova arrivata, ridacchiando, Giasone, Ivan ed Oscar si scambiarono uno sguardo accigliato.
<< Coach? >> Domandò Giasone, lanciando uno sguardo accigliato a Muriel.
<< Si, lei è la nostra allenatrice. Frequenta l’ultimo anno al nostro liceo, sezione C >>
Spiegò Muriel indicando la ragazza, che se ne stava ancora alle sue spalle con un sorriso bonario sulle labbra, i tre ragazzi spalancarono gli occhi sorpresi.
<< Alleni tu la squadra? Davvero? >> Giasone la guardava con gli occhi che scintillavano, Livia gli rivolse tutta la sua attenzione e sorrise cordialmente, lasciando andare finalmente le spalle di Muriel, che guardò la scena accigliata.
<< Si, ho giocato anche io per molti anni, ma ho avuto un infortunio, e così … >>
<< Ehi, lo schema che hai messo in campo era eccezionale, come hai … >>
Giasone e Livia si misero a parlare di cose che né Ivan né Oscar potevano capire, i due si lanciarono uno sguardo sorpreso sorridendo, poi si ricordarono che con loro c’era anche Muriel. La quindicenne aveva lo sguardo incollato su Giasone e Livia che parlavano entusiasti, con gesti concitati e sorrisi continui, poi si rese conto che con lei Giasone non aveva mai sorriso, ne aveva parlato così tanto e spontaneamente.
Ivan ed Oscar si lanciarono uno sguardo veloce, notando quanto l’espressione di Muriel fosse afflitta e di come stringesse forte tra le mani il bordo della maglietta, era pallida ma probabilmente non se n’era nemmeno accorta.
Quando li vide scambiasi i numeri di telefono, Muriel sentì una stretta sconosciuta allo stomaco, trasalì e fece un piccolo passetto all’indietro.
<< Ehi, va tutto bene? >> Era così turbata che ci mise un po’ a focalizzare la voce di Ivan, lui ed Oscar la guardavano con le sopracciglia aggrottate, Muriel sorrise nervosamente, continuando a torturare la maglietta.
<< Si … sono solo un po’ stanca. Vado agli spogliatoi, grazie per essere venuti >>
Fece un leggero inchino, indietreggiò leggermente e poi scappò come un razzo verso gli spogliatoi, Ivan e Oscar si guardarono a lungo, mentre Giasone e Livia si salutavano concitatamente.
Quando anche l’allenatrice se ne fu andata, Giasone si guardò attorno sorpreso.
<< Ma dov’è andata la piattola? >> Domandò ai due amici, Ivan chiuse gli occhi e sospirò profondamente, poi sollevò le maniche della giacca e gli tirò un pugno sulla spalla.
<< Se n’è andata idiota! >> Sbottò irritato, Giasone lo guardò indignato.
<< Ehi, perché mi hai colpito!? >> Oscar scosse freneticamente la testa e afferrò i due migliori amici per le braccia.
<< Andiamo a casa dai >> 


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Effe_95

*ala forte ( o ala grande) :  è un ruolo standard del basket. L'ala forte gioca molto spesso di spalle al canestro e soprattutto in attacco. Di solito segna la maggior parte dei punti.

*terzo quarto: nel basket, una partita è divisa in quattro quarti ciascuno di dieci minuti. I primi due quarti compongono il primo tempo, gli altri due, il secondo. 

*alley-oop: è una giocata estremamente spettacolare, solitamente si effettua tra due giocatori. 
Un giocatore effettua un passaggio alto verso il canestro, mentre un compagno salta, afferra la palla al volo e la schiaccia nel canestro. 

Buongiorno a tutti :)
Prima di cominciare le note mi sembrava doveroso spiegare alcune cose che credo la maggior parte di voi non conoscesse, quindi spero di essermi spiegata bene. 
Per qualsiasi cosa chiedete pure :)
Allora, la prima parte di questo capitolo mi ha letteralmente fatta penare, volevo assolutamente che le cose fossero chiare, che si capissero, che si capisse perchè Oscar facesse così tanta fatica a parlare di quella storia. Ovviamente non è tutto lì, c'è molto altro da dire ma questo è solo un inizio e spero di aver fatto un lavoro quantomeno decente.
Per Enea e Beatrice lascio commentare voi, mentre nella terza parte spero che quei piccoli riferimenti tecnici non vi abbiano confusi e vediamo l'entrata in scena di un altro personaggio.
Lo so che Giasone è tremendo in questo capitolo xD
Grazie mille a tutti come sempre.
Alla prossima spero.

 
  
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