Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: soweirdd    16/07/2015    0 recensioni
Faith è una normalissima diciassettenne di Manhattan che ha perso i genitori in un incidente quando aveva soltanto tre anni. Ora vive con la vecchia zia Madelyn e tutte le sere lavora in un locale per pagarsi gli studi. La sua vita è monotona e ordinaria, così la definisce, e spesso si ritrova a fantasticare su nuovi mondi, creature fantastiche e luoghi misteriosi rifugiandosi in quello che più ama, disegnare.
Quello che non sa è che quelle fantasie, ciò di cui sono fatti i suoi sogni, potrebbero diventare inaspettatamente realtà e travolgere la sua vita.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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 Qui è tutto così verde e magico, adoro la campagna.Il sole sta per tramontare là, oltre la collina.
Devo raggiungerlo, non ho mai guardato un tramonto, non ho mai visto il sole ritirarsi, nascondersi dietro la natura ed ora ne ho la possibilità.
Scavalco la staccionata di legno e  inizio a correre verso la collina, sento il vento che mi investe, l’aria frizzante che mi inonda il viso, l’erba alta che fruscia sulle mie caviglie.
Inizio a risalire la collina senza sforzi, mi sento così viva, così piena d’aria, potrei respirare all’infinito e non smettere mai di correre.
Arrivo in cima alla collina e finalmente lo vedo. Il sole, quella mezzaluna gialla che si tuffa sulla linea immaginaria dell’orizzonte. Muore qui per rinascere nel giorno di qualcun altro.
Il sole sparisce e lascia solo una scia violacea nel cielo, sposto lo sguardo in basso verso i piedi della collina e noto solo ora una distesa di rose rosse, una distesa immensa che non finisce mai. E’ un rosso scuro che scivola per tutta la valle come un fiume, sembra proprio che scorra ai piedi della collina.
Poi è un impulso, qualcosa che scatta, si sblocca, una luce che s’accende nel profondo della mia mente, che collega l’inconscio con la realtà.
Non è un campo di rose, è un fiume di sangue…
 
Aprii gli occhi di scatto e mi misi seduta, avevo la fronte imperlata di sudore e stavo ansimando. Era solo un incubo, pensai ancora frastornata da quelle immagini macabre che mi passavano silenziose nella mente.
Lasciai un sospiro di sollievo che però mi morii in gola. Non ero nella mia camera. Quello non era il mio letto. Mi sembrava di essermi svegliata in un’altra epoca. Mi trovavo in una camera dai soffitti alti, le pareti coperte di quadri dalle cornici antiche e dorate, davanti a me una finestra imponente era incorniciata da tende rosse di velluto ed era affiancata da un antico mobile in legno lavorato su cui era appoggiata una specchiera che sembrava risalire anche quella al 1800.
 
 
 
-Buon giorno dolce creatura, piaciuto il sogno?-
Quella voce. Un brivido profondo mi scosse dall’interno.
Mi girai di scatto verso la voce e improvvisamente sprazzi dei ricordi della notte precedente mi passarono davanti agli occhi, muti e velocissimi, mentre sentivo il cuore sprofondarmi nel petto come schiacciato da un macigno.
A poca distanza da me, seduto su una grande poltrona in stile vittoriano c’era quel ragazzo, ora potevo vederlo meglio grazie alla luce che filtrava dalle finestre. Era alto, perfino da seduto, dai muscoli delle braccia sembrava forte e robusto ma c’era qualcosa nel suo atteggiamento, nella sua postura, che lo rendeva leggero e aggraziato.
E il suo viso era perfetto, zigomi alti, labbra sottili e lunghe ciglia nere, lo stesso colore dei suoi occhi e dei capelli. Era uno di quei visi che mi sarebbe piaciuto disegnare.
In un altro momento.
Ero rimasta ad’osservarlo dimenticandomi dell’assurda e probabilmente pericolosa situazione in cui mi ero appena cacciata. Zia Madelyn a quell’ora' si era sicuramente già accorta della mia assenza e a quel punto avrebbe iniziato a dare di matto.
Mi guardai intorno alla ricerca della mia borsa di velluto viola dove tenevo le chiavi e il mio blocco da disegno che portavo con me ovunque e tirai un sospiro di sollievo quando mi accorsi di averla ancora indosso.
Cosa ci facevo li? Non mi aveva derubata ne violentata ne toccata in nessun modo, perciò che cosa poteva volere da me? Non ti ha ancora violentata ne toccata, disse una voce in un angolo della mia mente, ma scacciai subito quel pensiero.
-Che cosa ci faccio qui?- azzardai cercando di mantenere un tono fermo, ma la mia voce uscì tremula e incerta.
Mi sembrò di notare un luccichio nelle sue iridi e un sorriso malizioso si distese sul suo viso -Sei un’ospite-
-Un’ospite? Tu mi hai rapita.- e nel momento stesso in cui pronunciavo quelle parole mi ricordai che non era solo quella notte. C’era qualcun altro insieme a lui, qualcuno che mi aveva colto alle spalle mettendomi le mani sul volto.
-Sì beh all’inizio volevo rapirti, sai per divertirmi un po’-  si passò la lingua sulle labbra, quasi sovrappensiero  -ma poi Lugh ha dovuto fare il guasta feste, come suo solito, e ha detto che sei pericolosa, sai per il fatto che ci hai sentiti arrivare...-
-Io sarei pericolosa?!- scalciai le coperte di lino bianco di quel letto ottocentesco che non era il mio e mi alzai di scatto.
Lo vidi seguire i miei movimenti con un movimento lento del capo, senza scomporsi minimamente.
-Tu e chiunque altro fosse con te questa notte mi avete seguita, poi mi avete stordita con un’essenza di fiori o qualcosa di simile e mi avete portato in questo posto che sembra rimasto nel diciannovesimo secolo e infine tu mi dici che sono pericolosa perché ti ho sentito arrivare! Certo che ti ho sentito arrivare, non sono mica sorda!-
Una risata profonda gli uscì dalla gola -Sei proprio un bel tipo-.
Mi sentii la faccia andare a fuoco dalla rabbia, lui si stava prendendo gioco di me e io ancora non avevo idea di dove mi trovassi.
-Vedi, tu non puoi sentirci, nessuno può farlo e nella maggior parte dei casi non possono neanche vederci a meno che noi non scegliamo di mostrarci, ma questo è già più complicato. Sentirci però è proprio impossibile perché noi siamo circondati da un’aurea che emette delle onde sonore che nessun’essere umano è in grado di percepire e…-
-Morgan!- una porta che prima non avevo notato si spalancò di colpo e  un ragazzo alto e moro dalle sopracciglia folte e un’espressione dura in volto stava in piedi sulla soglia. -Che diavolo stai facendo?!-
-Le sto solo spiegando perché è qui, Llyr.- il ragazzo che ora sapevo chiamarsi Morgan incrociò le gambe con disinvoltura e intrecciò le mani sulle ginocchia mentre con lo sguardo soppesava il ragazzo sulla porta, il quale non mi aveva ancora degnata di uno sguardo.
-Lugh non è ancora sicuro che non sia un’umana, quindi evita di svelare la nostra natura a una comunissima mondana-
La loro natura? Una comunissima mondana? Ma di che diavolo stavano parlando?!
-Voi siete completamente pazzi!- in quel momento entrambi i ragazzi si voltarono verso di me che ero ferma in mezzo alla stanza coi pugni chiusi lungo i fianchi. Il ragazzo sulla porta che
Morgan aveva chiamato Llyr, sembrò notarmi per la prima volta e mi guardava con un sopracciglio alzato e  un’espressione di accennato stupore.
-Io mi chiamo Faith, ho diciassette anni, vado a scuola e la sera lavoro in un bar per pagarmi gli studi. Conduco una vita monotona e assolutamente ordinaria e non ho idea di cosa sia un’aurea e se questa vostra natura di cui parlate è un modo per dire che siete dei criminali allora sarei molto felice di andarmene. Adesso.-
-Vedi- disse a un tratto Llyr rivolgendosi a Morgan -Non sa niente, è una normalissima ragazza di Manhattan-
-Potrebbe mentire, oppure non sapere nulla, magari è una creatura delle ombre e non lo sa-
Spalancai gli occhi alle parole di quel Morgan, quei due erano completamente fuori di testa. Mi sembrava di vivere in uno dei miei sogni in cui immaginavo creature fantastiche metà luce metà ombra. Fantasie, non erano altro che fantasie e invece questi due ragazzi sembravano crederci veramente.
-Dannazione taci Morgan- Llyr sembrava esasperato, come quando si ha a che fare con un fratello minore. -Sa già troppe cose.-
-Se proprio non dovesse rivelarsi nulla di speciale potrei sempre ucciderla, se ti preoccupa così tanto che sappia di noi-  un sorriso sghembo si aprì sulle sue labbra.
Llyr sospirò alzando gli occhi al cielo e incrociando le braccia al petto.
Io invece ero sbiancata, la naturalezza con cui Morgan aveva menzionato la mia morte mi fece ghiacciare il sangue nelle vene e la gola mi si seccò.
Morgan dovette accorgersene perché fu scosso da una risata.
-State commettendo uno sbaglio, davvero io non sono nessuno, voglio solo andarmene da qui e se mia zia non mi trova da nessuna parte...-
-Io non mi darei del Nessuno tanto in fretta- Disse Morgan.
Llyr lo fulminò con lo sguardo e si rivolse a me per la prima volta -Dovrai solamente parlare con Lugh, lui si accerterà del fatto che non sei una minaccia e dopo ti lasceremo andare, davvero.-
Qualcosa mi diceva che si stesse sforzando di darmi una sottospecie di conforto.
Ero ancora convinta che fossero completamente matti, ma se parlare con questo Lugh sarebbe stato l’unico modo per farmi uscire di lì, allora dovevo farlo.
-D’accordo, ci parlerò.-
-Quanto siete noiosi- Morgan si alzò dalla poltrona in modo teatrale, poi mi si avvicinò e mi afferrò per un braccio cogliendomi di sorpresa, emanava un calore così forte che sembrava irradiarmi dall’interno. -Che stai facendo?-ringhiai puntando i piedi per terra.
-Ritira gli artigli, ti porto da Lugh- rilassai i muscoli di colpo, ma mi liberai comunque dalla sua presa -Ti seguo- dissi con decisione.
Colsi un sorrisetto formarsi sulle sue labbra prima che si voltasse per dirigersi otre la porta, mentre Llyr si spostava dalla soglia per lasciarci passare.
Stavo davvero collaborando con due sconosciuti che parlavano di creature delle ombre e auree misteriose, che mi avevano rapita in un vicolo e che ora mi stavano accompagnando a negoziare per la mia libertà con quello che doveva essere il loro leader o qualcosa del genere.
Sperai solo che non fosse troppo lontano da lì.
   
 
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