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Autore: soweirdd    15/07/2015    2 recensioni
Faith è una normalissima diciassettenne di Manhattan che ha perso i genitori in un incidente quando aveva soltanto tre anni. Ora vive con la vecchia zia Madelyn e tutte le sere lavora in un locale per pagarsi gli studi. La sua vita è monotona e ordinaria, così la definisce, e spesso si ritrova a fantasticare su nuovi mondi, creature fantastiche e luoghi misteriosi rifugiandosi in quello che più ama, disegnare.
Quello che non sa è che quelle fantasie, ciò di cui sono fatti i suoi sogni, potrebbero diventare inaspettatamente realtà e travolgere la sua vita.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Il bar era finalmente rimasto deserto, l’orologio segnava le due di notte appena scoccate. Questa sera toccava a me chiudere il locale mentre il resto del personale aveva abbandonato la baracca già da mezz'ora.
Mi infilai la giacca di pelle e mi misi la familiare borsa di velluto viola a tracolla, dopodiché spensi tutti gli interruttori rimanendo nell'oscurità più totale.
Mi sfilai il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e usai la luce dello schermo per farmi strada fino alla porta, una volta uscita diedi tre giri di chiave alla serratura e lasciai cadere il mazzo di chiavi nella borsa.
Fuori l’aria era decisamente fredda e pungente e per quanto mi stringessi nella giacca di pelle, la sensazione di gelo non se ne andava.
Odiavo quella strada. Non c’erano rumori, le macchine non passavano e regnava il silenzio più totale, sentivo solo i tacchi dei miei stivali che sbattevano sul cemento e rimbombavano tutt'intorno. C’era un lampione circa ogni venti metri, così appena ne sorpassavo uno sprofondavo nel buio.
Non che io avessi paura del buio, in realtà non avevo paura di niente o almeno di nulla che mi venisse in mente.
Mi sentivo sempre così sola e annoiata dalle persone, dalle cose, dalla vita, che spesso mi ritrovavo a desiderare di provare qualcosa di nuovo, di affrontare qualcosa di più forte, persino la paura.
 Non mi ero mai sentita parte di questo mondo e mi ritrovavo a sognare luoghi magici e sconosciuti, creature misteriose, luci e tenebre. Tutte cose chiaramente impossibili e frutto della mia immaginazione, ma che preferivo mille volte di più a ciò che mi circondava.
Mi imbattei in una lattina accartocciata e la calciai con la punta dello stivale facendola risuonare nella strada deserta, poi sentii un rumore che mi fece immobilizzare. Mi guardai intorno ma, a parte i piccoli cerchi di luce dei lampioni, tutto era immerso nell'oscurità e non riuscivo a vedere niente.
Magari era solo un gatto, pensai e ripresi a camminare.
Dopo qualche minuto, però, risentii lo stesso suono, ora più chiaro, come lo scampanellio di un cristallo.
D’istinto afferrai la borsa e me la strinsi sotto l’ascella mentre aumentavo il passo, camminando più svelta.
Poi lo sentii ancora e ancora e a quel punto ero quasi certa che provenisse da dietro di me quindi iniziai a correre, la borsa stretta sotto al braccio.
Correvo all'impazzata con l’intenzione di seminarlo, chiunque fosse il soggetto da cui stessi scappando, i lampioni mi sfrecciavano di fianco a tutta velocità mentre percorrevo la strada cercando di raggiungerne la fine. Correvo e correvo ormai senza fiato mentre mi calcavo la borsa contro le costole, mi voltai in dietro senza smettere di correre per controllare se mi stesse inseguendo e fu proprio in quel momento che andai a sbattere contro qualcuno.
Per il contraccolpo e la sorpresa caddi all'indietro, poi due mani mi afferrarono per le braccia e mi tirarono in piedi con forza -Ciao, bellezza- disse quando riuscii a vederlo in viso.
Era un ragazzo giovane dai capelli neri lucenti, gli occhi anch'essi neri e un ghigno malvagio sulle labbra.  In un’altra occasione mi sarei soffermata sulla bellezza del suo viso ma ora il suo aspetto non faceva che inquietarmi così come la sua voce di ghiaccio.
Ma da dove era spuntato?
Cercai di divincolarmi ma la sua presa era salda sulle mie braccia, allora iniziai a dare calci a destra e a manca cercando di colpirlo, ma lui rimaneva immobile, per niente scalfito dai miei colpi.
-Cosa vuoi da me?! Lasciami andare!- gli urlai.
Ma tutto ciò che ottenni fu una sbuffata infastidita.
Poi una risata bassa e agghiacciante squarciò l’aria alle mie spalle, un suono sinistro, come vetro crepato e subito dopo due mani mi coprirono il naso e la bocca da dietro e un odore dolcissimo di fiori, forse rose, mi inebriò i sensi, il primo istinto fu quello di mordergli la mano, ma poi le gambe iniziarono a cedermi, la testa ad annebbiarsi e in un attimo mi feci avvolgere dall'oscurità.

 
 
   
 
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