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Autore: Lucyvanplet93    17/07/2015    2 recensioni
Sequel/prequel di "Insieme.", estratto della storia che mi sono decisa solo ora a pubblicare per intero.
Riprendo dalla fine del secondo film Di Captain America, con James impegnato nel recuperare i suoi ricordi e la sua vita passsata.
Durante una delle sue innumerevoli fughe dall'Hydra Il Soldato si imbatte in una curiosa ragazza che come lui sembra aver perso la memoria e che presto si rivela essere molto più intelligente e "pericolosa" di quel che sembra.
Insieme intraprenderanno un viaggio nel tortuoso ed insidioso sentiero dei ricordi, recuperando pezzi di loro stessi e completandosi a vicenda.
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Storia forse dall'inizio un pò banale, ma che mi sono impegnata a rendere il più "intricata" possibile.
CAPITOLO 9 DI AVVISO. AVVISO CHE VERRA' RIMOSSO NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO.
Genere: Azione, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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James si svegliò spalancando di scatto gli occhi, cercò di muoversi, ma la spalla e la parte bassa dello stomaco urlarono di dolore.
Con la vista appannata e il fiato corto si lascio ricadere nuovamente sui cuscini, cercando di regolare il respiro e di ricordare cosa fosse successo.
Si ricordava di essere scappato a quei soldato che lo cercavano e che si era intrufolato in una delle case che lo circondavano entrando dalla finestra aperta, ma poi?
Cos'era successo dopo?
Gli sembrava di ricordare vagamente un ragazza che voleva portarlo all'ospedale e  forse che lui gli aveva chiesto di non farlo, solo non sapeva dire se gli avesse dato retta o meno. Si guardò intorno cercando di capire dove si trovasse. Quella non sembrava di certo una camera d'ospedale, niente pareti bianche e puzza di disinfattante si toccò la ferita ora perfettamente bendata e la spalla sana bloccata in modo da non farla muovere troppo.
Si sentiva una straccio.
Studiò l'ambiente circostante, era una stanza abbastanza accogliente, il letto ad una piazza e mezza occupava gran parte dello spazio, sulle pareti dipinte di celeste c'erano appesi diversi quadri, ma nessuna foto. Sul lato destro c'erano un armadio e una cassettiera in legno chiaro, sotto la finestra c'era una poltroncina verde con un paio di cuscini bianchi e infine in fondo al letto affiancata alla porta c'erano una scrivania e una piccola libreria.
Fissò il soffitto bianco panna e si domandò perché quella misteriosa ragazza che doveva averlo medicato e che con ogni probabilità gli aveva salvato la pelle non lo avesse scaricato in un ospedale o non avesse avvertito la polizia.
Cercò di nuovo di muoversi, ma sta volta più lentamente e a fatica riuscì a mettersi seduto e con una dose non indifferente di dolore si mise in piedi, gli sembrava all'improvviso la gravità in quella stanza fosse amentata di colpo.
Era talmente debole che il suo corpo sembrava appesantito di qualche tonnellata.
Si, era fortunato ad essere vivo.
A fatica iniziò a mettere un piede davanti all'altro iniziando finalmente a sentirsi meno intorpidito e riacquistando lentamente la sensibilità alle gambe.
Uscì nel corridoio della casa percependo l'odore del caffè che si diffondeva per tutta la casa. Con cautela entrò in cucina preparandosi ad incontrare la padrona di casa.
"Finalmente ti sei svegliato..." Si bloccò all'istante sul posto irrigidendo ogni muscolo del corpo. Come diavolo aveva fatto a sentirlo? E non si era nemmeno voltata nella sua direzione. Era sicuro di non aver fatto nessun tipo di rumore. Lui non faceva mai rumore.
"Tranquillo... Non ho nessun super potere, questo parquet fa un rumore particolare quando qualcuno vi cammina sopra..." 
James era certo di non aver sollevato nemmeno un granello di polvere. Studiò la sua espressione con aria scettica non riuscendo a dissimulare in alcun modo la sua espressione dubbiosa.
"Fidati... È normale, solo io che vivo qui ho imparato a sentirlo."
Restarono in silenzio per diversi minuti studiandosi a vicenda, la ragazza non sembrava spaventata anzi, sembrava trovarsi perfettamente a suo agio in quella situazione. Era vestita in modo semplice con un paio di jeans chiari, un maglione di lana verde, e i lunghi capelli castani erano raccolti in un ordinata coda di cavallo. Sembrava innocua.
Se quella non era una trappola... Quella ragazza era decisamente strana.
"Chi sei?" Domandò non riuscendo in alcun modo a mitigare il tono inquisitorio.
Contro ogni sua aspettativa, Alexis sorrise ironica.
"Dovrei essere io a farti questa domanda!"
James iniziava ad irritarsi.
"Perché mi hai aiutato? Perché  mi hai salvato la vita? Avrei potuto ucciderti senza problemi!"
"Oh, non c'è di che!"
"Non sono in vena di scherzare."
"Nemmeno io credimi." La osservò posare la tazza di caffè sul bancone della cucina mentre gli voltava tranquillamente le spalle e apriva il frigorifero.
"Vuoi sapere chi sono? D'accordo, ma non ho granché da raccontarti, posso dirti che mi chiamo Alexis, che lavoro all'ospedale, che ho ventotto anni, e che non ricordo niente degli ultimi venticinque."
Lo stava prendendo in giro? Quante probabilità c'erano di finire in casa di una persona con il suo stesso problema.
"Amnesia retrograda hanno detto..." La ragazza riprese a parlare senza degnarlo di uno sguardo mentre teneva gli occhi puntati verso la finestra senza realmente vedere il panorama fuori da essa. "Mi sono svegliata un giorno in un letto d'ospedale senza sapere chi fossi, dove mi trovassi, senza nessuno accanto. Sola. Mi avevano detto che la memoria sarebbe anche potuta non tornare, anche se i casi non erano molto frequenti. A quanto pare io sono uno di quelli. Nessuno mi ha mai cercato e io non mai scoperto molto sul mio conto."
"Non hai risposto all'altra mia domanda." Distolse lo sguardo dalla finestra per rivolgere a lui tutta la sua attenzione.
"Perché mi hai aiutato?" Scrollò le spalle.
"Mi sono sentita in dovere di farlo. Non so dirti il perché."
"Avrei potuto ucciderti."
"Ma non l'hai fatto. E poi tutti dobbiamo morire presto o tardi." Non c'era nessuno tipo di inflessione particolare nella sua voce.
"Sei strana..." Si lasciò sfuggire pensando a voce alta.
"Disse l'uomo con un braccio di metallo." Alexis sorrise ancora.
"Hai fame?"
James guardò fuori dalla finestra e si accorse del colore rossastro che inondava le pareti della stanza.
Era notte quando stava scappando dai suoi aguzzini ed ora era il tramonto.
"Per quanto ho dormito?"
"Beh... Ora sono quasi le sei, perciò più sedici ore ormai. Forse avresti avuto bisogno di una trasfusione, per la debolezza intendo, ma visto che non volevi essere portato all'ospedale..." Lasciò la frase in sospeso.
Aveva davvero dormito per tutto quel tempo?
"Senti... Io fra poco ho il turno in ospedale, nel frigo c'è da mangiare e se vuoi... Puoi restare qui tutto il tempo che vorrai oppure puoi andartene anche ora, ma se ti serve un posto sicuro dove stare... Per me non fa differenza."
James restò in silenzio osservandola incredulo. Era tutto così assurdo, doveva essere una trappola per forza, non c'erano altre spiegazioni.
"Senti..." Iniziò Alexis alzando ambo le mani in segno di resa. "Non ti sto mentendo e non sono una minaccia. Posso farti leggere la mia cartella clinica se vuoi, ma ti assicuro che casa mia è meglio di una delle basi dell'Hydra."
A quelle parole Il soldato scattò, con un paio di falcate le si avvicinò fronteggiandola. La superava di diversi centimetri in altezza e nonostante la spalla bloccata e la ferita allo stomaco non risultava meno pericoloso con quel braccio di metallo che terminava con la mano stretta a pugno. Indurì la linea della mascella puntando il suo sguardo di ghiaccio nei suoi occhi grigi con fare minaccioso. Come faceva a sapere che era l'Hydra a cercarlo?
"Cosa ne sai tu dell'Hydra?" Domandò stagliandosi su di lei. Fatto sta che la ragazza non indietreggiò ne sembrò intimorita.
"Non molto... Dopo tutto il casino che avete fatto alla torre di Washington, qualcuno ha diffuso in rete tutte le informazioni riguardanti l'Hydra e lo S.H.I.E.L.D.. Prima che il governo insabbiasse tutto sono riuscita a leggere qualche fascicolo. E c'eri anche tu."
"Quindi sai chi sono e cosa sono capace di fare."
"Tu chi credi di essere?" Domandò in risposta la ragazza fissandolo negli occhi.
James non rispose, preso in contropiede da quella domanda diretta.
"Dimmi il tuo nome." Riprese. "Chi ti senti di essere?"
"James." La ragazza parve quasi soddisfatta.
"Allora James, io ti sto solo offrendo il mio aiuto. Niente trucchi, niente inganni. Ma ti ripeto che sei libero di fare quello che vuoi, puoi andartene o restare, a te la scelta. Io voglio solo aiutarti."
"Perché?"
"So che vuol dire svegliarsi un giorno senza ricordare, so che vuol dire essere soli, so che significa non sapere da dove ricominciare a ricostruire la propria vita. Io ti sto offrendo questo. Un punto di partenza, ma sta a te decidere."
Alexis restò in silenzio continuando a guardarlo negli occhi prima di sospirare ed avviarsi verso la porta per andare a lavoro.
Prima di uscire però la sentì bloccarsi sulla porta e quando la sua voce gli giunse di nuovo alle orecchie le lanciò un occhiata sbieca da sopra la spalla.
"Se decidi di restare... Domani vorrei portarti in un posto." Sorrise e dopo avergli rivolto un cenno del capo richiuse la porta alle sue spalle.
 
Alexis si sentiva inqueta. Nonostante avesse fatto di tutto per non mostrare timore davanti a James la verità era che aveva avuto paura di lui. E tanta.
Vedeva qualcosa di profondamente disperato nei suoi occhi, qualcosa nel suo sguardo che le suggeriva di non abbassare mai la guardia.
Per un attimo aveva seriamente pensato che l'avrebbe uccisa. C'era stato un momento, quando aveva nominato l'Hydra, in cui aveva colto una scintilla di follia nei suoi occhi.
Nonostante la paura però il suo istinto le diceva che non le avrebbe fatto niente, e così era stato.
Chissà cosa gli avevano fatto per farlo diventare il freddo e spietato mercenario che era.
Si strinse la borsa al petto quando un passeggero della metro la urtò scusandosi. Doveva liberarsi al più presto di quella che c'era dentro.
Tutto ciò che aveva usato per medicate James ora si trovava all'interno della sua borsa. Aveva deciso che gettare tutto nella comune spazzatura di casa sarebbe stato un errore, probabilmente si stava facendo delle paranoie inutili e sarebbe bastato gettare via tutto in un cassonetto a pochi isolati da casa sua e non portarseli dietro fino al posto di lavoro. Era certa però che fosse meglio non rischiare e poi quale posto poteva essere migliore dei rifiuti dell'ospedale per liberarsi di tutto quel sangue?
Quando finalmente getto il sacchetto svuotandone il contenuto nel bidone sul retro dell'ospedale le sembrò di essere diventata più leggera, richiuse con il coperchio il secchio e con un sospiro secco si avviò verso l'entrata.
L'ingresso dell'ospedale era abbastanza semplice il pavimento di un celeste chiaro ravvivava le pareti color grigio perla e le finestre leggermente aperte rendevano l'aria più respirabile e gradevole dall'odore di disinfettante che sembrava aleggiare sulla sua testa, si avviò alla sua postazione scomparendo nella stanzetta adibita a spogliatoio dietro il banco delle informazioni. Indosso la t-shirt a maniche corte con il logo dell'ospedale ed appese il cartellino con nome e cognome sulla parte destra del petto, risistemo il maglione all'interno della borsa e prima che riuscisse a sistemare tutto all'interno dell'armadietto, una voce alle sue spalle la riporto alla realtà facendola sobbalzare.
"Ehi smemorata, da quand'è che la mattina non si saluta?"
"Sharon! Mi hai fatto prendere un colpo!" Esclamò portandosi una mano al cuore.
"Scusa smemorata, di solito non sei così sulle nuove!"
Sharon se ne stava appoggiata alla porta con aria spensierata come al solito e la osservava con i suoi grandi occhi azzurri, resi ancora più vivaci dal taglio corto e sbarazzino dei suoi capelli. Era una ragazza sveglia ed intelligente, superava di un paio di cm buoni il metro e settantacinque, di fianco a lei che non arrivava nemmeno al metro e sessantacinque sembrava un gigante.
Sharon era diventata praticamente la sua migliore amica, era una delle infermiere che si erano prese cura di lei durante la sua convalescenza ed era l'unica che non la guardava con quel senso di pietà e tenerezza che tanto la mandava in bestia. Non che si lamentasse di nessun altro, erano stati tutti straordinari con lei solo che a volte le sembrava che la trattassero in un modo diverso soltanto perché faceva loro pena e invece Sharon non era mai stata così con lei, l'aveva sempre trattata come tutti gli altri prendendola in giro e sgridandola anche a volte, non dimeno le aveva anche affibbiato quel soprannome, da quando aveva riaperto gli occhi e si erano conosciute lei non aveva smesso un attimo di chiamarla smemorata.
"Scusa non ti ho visto arrivare!" Rispose con un sorriso prima di seguirla all'esterno tornando dietro la parete di vetro che divideva la sua postazione dal resto del corridoio di ingresso.
"Ma come? Ti avrò chiamata almeno tre volte!!"
"Sul serio?"
"Certo!"
"Scusa... Ero distratta!"
"Ho notato... Qualcosa non va?"
"No..." Mentì. "Tutto apposto."
Sharon assottigliò il suo sguardo.
"Non è che per caso hai conosciuto un ragazzo?" Mormorò maliziosa pungolanle un braccio.
Per poco non le cadde di mano la graffatrice che aveva appena usato per sistemare il plico di moduli per le richieste.
"Io? Ma ti pare?!"
In effetti in parte Sharon c'aveva preso.
Anche se incontrato non era esattamente il temine per descrivere la situazione che le si era parata davanti diverse ore prima... Aveva trovato un uomo. Mezzo morto sul suo letto e con un buco nello stomaco.
Oh, Ed un braccio di metallo ovviamente, come dimenticarlo.
"Non me la racconti giusta..."
"Come avrei fatto ad incontrare qualcuno? Sono sempre qua e quando non sono qua resto a casa e se non sono ne a casa ne qui sono con te."
"Sei troppo sulla difensiva..."
"Non ho conosciuto nessuno sul serio."
Sharon sembrò valutare la sua espressione. "Mh..." Mormorò. "Se lo dici tu... Ma sappi che non ti credo." E le diede un pugnetto sul braccio. Alexis sorrise incoraggiante. "Ora devo andarmi a cambiare, fra pochi minuti ho inizia il mio turno. Ci vediamo più tardi." La salutò Sharon con un cenno della mano prima di recuperare le sue cose ed avviarsi al suo reparto.
Alexis sistemò un po' del disordine che la collega prima di lei aveva disseminato per tutto il tavolo, prima di sistemarsi alla sua postazione di fronte al computer. Stampò un po' di moduli per il ricovero che erano quasi terminati, sistemo la pila di richieste archiviate e rispose alle domande di chi era alla ricerca di un medico o di un altro e passò una buona mezz'ora facendo avanti e indietro dalla sua postazione alla fotocopiatrice.
Una volta smaltita la fila di persone che attendevano impazienti di pagare il ticket per le visite mediche private, cioè dopo un paio d'ore buone, si concesse di divagarsi lasciando libera la mente di rimuginare liberamente.
Guardo l'orologio appeso alla parete bianca dietro di se: Segnava le nove.
Erano più di tre ore che era fuori casa, e i suoi pensieri tornarono senza via di scampo a James. Chissà se se ne era andato?
Si ripromise di sgraffignare un paio di vestiti da uomo dal guardaroba in magazzino, nell'eventualità che James avesse deciso di accettare la sua proposta aveva bisogno di un cambio, non poteva portarlo in giro vestito come l'aveva trovato a casa sua, con il braccio di metallo in bella vista e quella specie di divisa da guerra.
Sospirò domandandosi per l'ennesima volta perché ci tenesse tanto ad aiutarlo. Non era di certo obbligata. Eppure non aveva potuto farne a meno aveva letto di lui in quei fascicoli, si era sentita in un certo modo vicina lui anche se poteva solo immaginare quella che aveva dovuto provare nel ritrovarsi nelle mani di quei pazzi esaltati dell'Hydra, ma questo le bastava per capirlo.
Rimuginò ancora per un po' fra quei pensieri cercando al contempo di scacciarli in un angolo del suo cervello e impedirgli di tornare ad affollarla almeno per un po'. Tuttavia fallì miseramente.
"Ehy Alexis ci sei?" Per la seconda volta in quella giornata venne scrollata dai suoi pensieri da una voce esterna.
"Scusa Violet, mi hai chiesto qualcosa?"
"Ehm in realtà si... Volevo sapere quando potevo avere un appuntamento con il dottor Smith."
"Oh certo, do subito un'occhiata!"
Violet la osservò mentre trafficava con il computer in attesa di una sua risposta.
"Il primo posto libero è fra due settimane. Prenoto?"
"Si grazie!"
"E' urgente? Posso scriverlo se vuoi nella richiesta!"
"No no, ti ringrazio cara, ma è solo una visita di routine!"
"Meglio così!" Sorrise.
"C'è qualcosa che non va?" Domanda la donna leggermente preoccupata.
"No tranquilla... Tutto apposto!"
"Lascia perdere Violet... La nostra Alexis ha conosciuto qualcuno e non vuole dircelo."
Come al solito Sharon fece la sua entrata in scena al momento meno opportuno e non perse occasione per farsi gli affari suoi.
"Sul serio?" Domanda Violet incredula e visibilmente sorpresa. "E lo conosco?"
"Non darle retta Violet! È da sta mattina che se ne esce con questa storia, non ho conosciuto nessuno!"
"Fa la misteriosa!" Sorrise ancora la sua amica lanciando uno sguardo eloquente alla donna di fianco a lei. Alexis ridacchiò a sua volta non rinunciando però a lanciarle uno sguardo ammonitorio nel porgere il foglio con l'orario dell'appuntamento alla donna delle pulizie.
"Grazie cara!"
"Violet, mi daresti un passaggio alla stazione? Ho un gran mal di schiena e non ho potuto prendere la macchina!"
"Ma certo, con piacere!"
Sharon sorrise grata prima di rivolgere nuovamente l'attenzione alla sua amica.
"Noi andiamo allora! Ci vediamo domani!"
"A domani!"
"Ciao Alexis!"
"Buona serata Violet!"
Osservò le due donne avviarsi verso l'uscita e quando finalmente fu di nuovo sola inizio a sistemare le sue cose e spegnere il computer.
Avrebbe dovuto chiudere alla dieci quella sera, ma l'ospedale sembrava deserto e dubitava che qualcuno si sarebbe accorto della sua assenza.
Alle nove e mezza aveva già recuperato le sue cose e si apprestava ad inchiavare la porta del suo ufficio.
Prese l'ascensore e pigio il tasto con su scritto S, seminterrato e attese pazientemente osservando i numeri sul display dell'ascensore che decrescevano, con un cigolio sofferto finalmente le portiere si aprirono e Alexis si avviò verso la stanza che conteneva gli oggetti smarriti. Quando l'avevano portata laggiù, ormai tre anni fa si era stupita della quantità di abiti che la gente si perdeva. Pazienti e famigliari dimenticava di tutto, magliette pantaloni sciarpe giubbetti ed addirittura biancheria, chissà se i proprietari si chiedevano mai che fine avessero fatto quegli oggetti, alcuni venivano a cercarli altri invece rimanevano li ad ammuffire.
Sgattaiolò velocemente davanti alla guardiola del custode vedendola vuota e per un attimo credette di essere riuscita a passare inosservata.
"Ehi Alexis!"
Beccata.
"Ciao Joe!" Joe era il custode del seminterrato, aveva 35 anni non era eccessivamente alto ed aveva occhi e corti capelli scuri. La cicatrice sul mento era resa più visibile dalla luce chiara ed artificiale della stanza. Le aveva raccontato di essersela procurata ormai diversi anni prima mentre cercava di aggiustare la caldaia, si erano conosciuti pochi giorni dopo che si era svegliata in quell'ospedale, le raccontò di essere presente il giorno in cui la portarono all'ospedale, lui come Violet l'andava a trovare regolarmente per farle compagnia e qualcuno -Sharon- le aveva detto che Joe aveva una specie di cotta per lei.
"Che ci fai qua a quest'ora?" Domandò l'uomo.
"Oh... Ehm... Ecco io ero venuta per recuperare un paio di vestita fra quelli smarriti..."
"E come mai?" Domandò perplesso avvicinandosi.
"Volevo ridipingere le pareti di casa mia e non mi andava di rovinare quei pochi vestiti che ho così ho pensato di cercare qualcosa qui!"
"È una buona idea! Vuoi una mano?"
No, non voleva una mano, voleva fare solo il più in fretta possibile.
"Oh, ecco io non vorrei disturbarti..."
"Nessun disturbo, figurati mi fa piacere!"
Alexis sfoggiò un sorriso tirato e lo segui all'interno dello stanzino in cui erano conservati i vestiti. L'odore di chiuso che le inondò le narici quando la porta fu aperta da Joe, le fece storcere il naso.
"C'è ancora più roba di quanta ne ricordassi!" Esclamò ina volta varcata la soglia.
"È già, sembra che ormai alla gente non importi più molto di ciò che si lascia alle spalle."
Alexis gli diede mentalmente ragione e facendo lo slalom fra gli scatoloni iniziò a frugare fra i vestiti, con la coda nell'occhio notò che anche Joe stava facendo lo stesso.
Scartò i primi tre paia di pantaloni capitatigli sotto mano e troppo piccoli, alla fine ne trovò un paio di colore beige con delle tasche ai lati delle gambe e decise che quelli gli sarebbero potuti andare bene.
"Che ne dici di questa? Potrebbe starti!" Joe le mostrò una maglia a maniche corte verde scuro della sua misura, ma decisamente troppo piccola per James.
"Si, ma cercavo qualcosa di comodo e anche se di un paio di taglie in più della mia va bene lo stesso!"
Joe annui tornando ad osservare la pila di vestiti davanti a se.
"Che ne dici di questa? Sta larga anche a me... Dovrebbe andare!" Le mostro una maglia a maniche lunghe nera, sarà stara almeno tre taglie in più della sue e sicuramente una in più di quella di Joe. Era perfetta.
"Si grazie! È perfetta." L'amico sorrise.
"Ti serve qualcos'altro?"
"Mhhh... Credo prenderò questa giacca!" Mormorò afferrando un giubbotto verde bottiglia decisamente troppo grande per lei.
"Ti perderai con quella addosso!"
Alexis non rispose limitandosi ad accennare un sorriso prima di recuperare una busta al lato della porta in cui sistemare il tutto.
Una volta fuori attese con calma che Joe richiudesse la porta prima di ringraziarlo.
"Grazie per l'aiuto Joe!"
"Figurati è stato un piacere!"
"Ora sarà meglio che vada, si è fatto tardi!" Lo salutò avviandosi.
"Fammi sapere com'è venuta la parete mi raccomando!" Esclamò a voce leggermente più alta per farsi udire da lei.
"Contaci!" E così dicendo sparì in fondo al corridoio.
 
Io lo so chi sei.




Angolo "autrice"
Si, sono in anticipo di un giorno, il che di per se è incredibile visto che sono una ritardataria cronica!!
Detto questo, c'è un motivo se ho pubblicato prima, cioè farvi un "regalino" se così si può definire pubblicando prima perchè purtroppo domenica devo partire per andare in campeggio e non avrò ne internet ne computer nel posto sperduto in cui andrò e perciò non potro pubblicare il quarto capitolo. Scusate, sono dispiaciuta, ma purtroppo questa notizia mi è arrivta all'ultimo e non ho potuto organizzarmi. (Consolatevi, morirò dalla noia isolata dal mondo!) Quindi il prossimo aggiornamento sarà il primo agosto! *Ci scusiamo per il disagio*
Bene detto questo, parlo un pò del capitolo, i due finalmente si incontrano, e si Alexis è strana, ma un motivo ce l'ha e poi a me piace così perciò se piace a me piace a tutti XD.
Nel titolo del capitolo c'è un indizio, anche se grande quanto in granello di sabbia e se lo stringete in una mano fugge via (??). Spero di non aver commesso troppi orrori ortografici, vi posso assicurare che ho riletto un sacco di volte e se ho tralasciato qualcosa vi chiedo scusa, seganale, provvederò a correggere.
Ora svanisco in una nuvola di fumo in stile ninja e vi saluto.
Alla prossima, baciotti coccolosi, Lucy <3

 
  
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