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Autore: WibblyVale    18/07/2015    3 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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“Non è il suo usuale modo di ordinare una missione, signore.” Fece notare Kakashi all’anziano capo villaggio seduto di fronte a lui al tavolo della sua cucina.
“Non lo è, perché questa non è una missione come le altre.” Una ruga all’angolo degli occhi dell’uomo anziano si fece più marcata.
Il Copia-ninja sospirò. “E cosa dovrei fare con la mia squadra?” domandò, preoccupato per i suoi allievi.
“Comportarti come sempre. In fondo, si tratta solo di un lavoro investigativo fuori dagli orari di lavoro. Potevo dare questa missione solo a uno dei miei migliori Anbu.”
“Pensa che adulandomi mi farà accettare con più facilità? Ha idea del rischio che comporterà? Potrebbero colpire persone a me vicine. Per di più non sono più un Anbu da molto tempo.”
“La scelta sta a te.” Rispose semplicemente.
Il ninja si dondolò sulla sedia. L’offerta dell’Hokage era piuttosto interessante per quanto pericolosa. Gli mancava il genere di lavoro che faceva una volta, ma non poteva di certo dire che ne sarebbe valsa la pena. Quelle sarebbero state ore in più di lavoro e avrebbe dovuto fare tutto senza insospettire nessuno e continuando a svolgere le sue normali attività. La sedia gemeva sotto il suo peso, minacciando di farlo cadere. Si rimise in posizione composta e socchiuse leggermente gli occhi.
“Perché non qualcun altro? Qualcuno che fa ancora parte delle forze speciali.”
“Avevi detto di non voler essere adulato.” Gli ricordò l’uomo più anziano.
“Non è per questo che gliel’ho chiesto.”
“Perché sei davvero il migliore in queste cose. Hai l’intuito giusto. Inoltre, sei uno dei pochi ninja di cui io mi fido ciecamente.” Il jonin fece una smorfia. “Non l’ho dimostrato spesso, è vero, ma lo credo fermamente. Poi hai un fervente sostenitore tra uno dei ninja della cui lealtà non potrei mai dubitare.”
Kakashi sorrise. “Jiraiya-sama è sempre fin troppo sicuro delle mie capacità.”
“Stai cercando di dirmi che quindi non accetti?”
L’uomo più giovane si alzò prendendo dalla credenza una bottiglia di sakè ed un paio di bicchierini. Non facendosi vedere diede una sfuggente ma attenta occhiata alle due foto che aveva sulla mensola: quella con Shiori e quella con i suoi tre allievi. Accidenti li avrebbe messi in pericolo, ma era anche per permettere a loro di avere un futuro migliore che avrebbe dovuto accettare.
“Questa missione valicherà i confini del villaggio… Non avrò giurisdizione se avrò a che fare con un ninja straniero.” Tornò a sedersi di fronte al suo capo.
“Allora sai che cosa devi fare in quel caso.” Affermò risoluto l’uomo anziano.
Certo che lo sapeva e non gli piaceva per niente.
“Perché darsi tanta pena. In fondo, il Paese del Fuoco ci da più problemi che altro. Lasciare che si autodistrugga da solo non sarebbe la soluzione migliore?” chiese cinicamente, anche se lui stesso non avrebbe mai permesso che una cosa del genere accadesse.
“Per quanti problemi il resto del mondo ci dia, dobbiamo ricordarci che siamo un'unica grande famiglia. Dovremmo riuscire ad aiutarci l’un l’altro. Per questo cerco di aiutare anche se in segreto il Damyo. Per questo cerco di mantenere rapporti amichevoli con lo Tsuchikage e il Raikage, per quanto uno sia talmente testardo da mettere in discussione chiunque gli proponga qualcosa, e l’altro talmente iroso da litigare con sé stesso. Per la stessa ragione mantengo rapporti cordiali con la Nebbia, nonostante i suoi difetti. Infine, è per questo che ho stipulato un’alleanza con la Sabbia, nonostante i numerosi segreti del Kazekage.” Prese un lungo respiro. “Voglio che tu capisca perfettamente tutto ciò. Mi aspetto che tu faccia grandi cose nella tua vita, Kakashi.” Concluse.
Il Copia-ninja chinò la testa, lusingato da quelle parole.
“Signore, accetto la missione. Spero di poterla portare a termine nel migliore dei modi.” Detto ciò, versò il sakè nei bicchierini e brindò con l’Hokage al futuro dell’intero mondo ninja.

La mattina dopo si dedicò completamente ai suoi allievi. Li allenò, provando alcune possibili tattiche basilari da usare in missione. Il pomeriggio li inviò a completare una missione all’interno del villaggio, dandosi appuntamento di nuovo alla sera al campo d’addestramento. In questo modo ebbe la possibilità di incontrare il suo contatto.
Dopo che la notte precedente l’Hokage aveva lasciato il suo appartamento aveva pensato incessantemente alla missione che gli era stata affidata. Vi era qualcuno che stava boicottando la maggior parte delle azioni del Paese del Fuoco, che fossero commerci o trattati politici di vario genere. Il suo compito era quello di scoprire chi voleva veder crollare l’intera nazione e fermarlo.
Lo spogliatoio delle donne nella sede delle Anbu era vuoto a quell’ora del giorno. Le kunoichi preferivano usare quello sul lato nord, vicino al campo di addestramento, perché più comodo, doto che era più vicino all’ufficio dell’Hokage. Si sedette su una panchina, percependo la presenza del suo contatto, che appena lo vide entrare uscì dall’ombra. Un uomo di media statura con una maschera da gatto lo salutò con la mano.
“Devo pensare che ti vergogni di me?” chiese togliendosi la maschera. “Potevamo uscire a bere qualcosa.” Aggiunse Tenzo sorridendo.
“Sarebbe stato bello, ma ti ho chiamato per una questione di lavoro.”
Il ninja si fece subito serio e si sedette di fronte al compagno pronto ad ascoltare. “Di che si tratta?”
“Non posso andare nei dettagli…”
“Ma ci andrai.”
“Ten…” lo implorò.
“Questo è il mio prezzo.”
Alla fine acconsentì. In fondo era per quello che aveva chiesto un incontro con lui, sapeva che lo avrebbe aiutato in qualunque modo e che si poteva fidare. Dopo che ebbe finito la sua spiegazione, lo shinobi più giovane rimase sovrappensiero.
“Il mese scorso io e il team abbiamo accompagnato uno dei nobili del paese ad un incontro. Era una cosa seria, comportava lo scambio di documenti segreti. Siamo stati attaccati da un gruppo di ninja. Non avevano simboli, ne segni che li contraddistinguevano. I volti ovviamente coperti. Li abbiamo affrontati e battuti. Li abbiamo legati pronti per interrogarli, ma non ci eravamo accorti del cecchino. Era uno dei loro compagni. Li ha uccisi tutti assicurandosi che non parlassero.”
“E il cecchino?” lo interruppe l'altro.
“Sparito nel nulla. Come se non ci fosse mai stato.”
“Hai visto qualcosa? Qualcosa che possa ricollegare questa faccenda a qualcuno?”
Il castano scosse la testa, bloccandosi ad un tratto.
“Ti è venuto in mente qualcosa.” Gli fece notare l’amico. “Ora concentrati. Cos’è?”
“Io… Una cosa strana è successa in effetti.” Il ragazzo si grattò la testa quasi confuso. “Il nostro cliente ci ha chiesto di non riferire l’accaduto al momento dell’incontro. Doveva incontrare il capo delle forze armate del Paese del Fuoco, ma gli ha taciuto un evento del genere. Al momento non ho pensato fosse importante, ho creduto che fosse per non allarmare nessuno. Entrambi avevano portato le loro famiglie, con loro c’erano le mogli e i figli. Mi è sembrato naturale che volessero evitare argomenti spiacevoli. Poi, non ho più pensato alla faccenda. Ho tante cose per la testa con gli esami che si avvicinano e tutto il resto.”
“Gli esami?” chiese preso alla sprovvista il Copia-ninja.
Tenzo si diede una pacca sulla coscia, quasi per ammonirsi a tenere la bocca chiusa. Ma non poteva farci niente, per lui Kakashi sarebbe sempre stato il suo capitano e avrebbe risposto a qualsiasi sua domanda.
“L’Hokage farà l’annuncio ai jonin istruttori tra poco. Ha intenzione di indire gli esami dei chunin proprio a Konoha. Stiamo controllando la sicurezza del Villaggio a partire da ogni suo più remoto angolo.”
“Gli esami dei chunin hai detto?” Kakashi incrociò le braccia pensieroso.
Il castano notò lo scintillio nel suo unico occhi visibile. “Non starai pensando di…”
“Perché no?” fece lui con un’aria innocente.
“Con la situazione incasinata che c’è ora? Poi, i tuoi allievi sono appena usciti dall’Accademia. Per non parlare del fatto che nel tuo team hai il Jinchuriki e l’ultimo degli Uchiha. Ah si e sarà Ibiki a organizzare la prima prova.”
Il ninja dai capelli argentati ammiccò leggermente. “I miei ragazzi sono abituati ai test psicologici. Poi, una piccola lezione di umiltà non guasterebbe. Vedere che anche altri coetanei, e non, se la cavano bene, ricorderà a loro di non potersi permettere di sedere sugli allori.”
L’altro scosse la testa, pensando che dopotutto il suo amico non era cambiato poi molto. Anche se notava che non era solo una lezione quella che voleva dare ai suoi allievi, lui credeva saldamente nella possibilità che loro potessero farcela.
“Ten?”
“Mmm.”
“Come si chiamava il tuo cliente?”
“Non dovrei dirtelo…” esitò. “Lord Fujita, l’ambasciatore.”
“Grazie.” A quel punto si alzò. Avevano perso fin troppo tempo.
“Kakashi, cerca di non cacciarti nei guai.” Gli intimò Tenzo.
“Tranquillo, me la caverò.”
Il castano sparì in una nuvola di fumo, mentre il Copia-ninja uscì silenzioso come un’ombra dallo spogliatoio.

La sera i suoi allievi lo incontrarono al campo di addestramento per fare rapporto sulla missione. Avevano aiutato un povero nonnino con il suo raccolto, cosa che li aveva tenuti occupati tutto il pomeriggio.
“È stato divertente dopotutto.” Commentò Naruto. “Io ho raccolto più di Sa’ske.”
Il moro sbuffò. “Perché tu non avevi quello stupido cavallo tra i piedi!”
“Tutte scuse.” Rise l’altro.
“Non era una gara, Naruto!” esclamò Sakura per difendere l’Uchiha.
Kakashi li guardava scambiarsi battute finché con un impercettibile movimento della mano ordinò loro di fermarsi. “Bene ragazzi. Ora dobbiamo concentrarci sugli allenamenti, quindi domani ci ritroviamo qui alla stesa ora. Siate puntuali.” Ordinò, allontanandosi.
“Dice a noi siate puntuali!” sentì borbottare il Jinchuriki.

Qualche sera dopo, Kakashi si trovava sotto una villetta appena fuori dal villaggio. Si era vestito con larghi pantaloni marroni, una maglietta stropicciata, al posto del solito tessuto nero si era messo una bandana rossa per coprire il volto, infine sull'occhio aveva una semplice benda. Lanciò un sasso contro la finestra del secondo piano, tentando di metterci la minor forza possibile per evitare di rompere il vetro. Una testa di lunghi e ricci capelli castani si affacciò alla finestra. Era notte fonda quindi non poteva vedere il volto della donna che si era affacciata se non i suoi contorni.
“Sono io.” La informò con tono gioviale.
“Che ci fai qui?” chiese lei tra il sorpreso e il preoccupato.
“Avevo voglia di vederti.”
“Mi metterai nei guai!” esclamò non troppo convinta.
“Non è quello che volevo. Forse è meglio che me ne vada.” Fece deluso, voltandosi per tornare al suo appartamento.
“Aspetta! Scendo subito!”
Kakashi si rilassò appoggiandosi allo stipite della porta. Qualche minuto dopo questa si aprì e ne uscì una donna avvolta in una vestaglia e con un sorriso smagliante. Era molto carina, nonostante fosse stata svegliata nel bel mezzo della notte. Si era leggermente truccata e pettinata, per apparire più in ordine. La vestaglia lasciava volutamente, e in modo fin troppo studiato per i gusti dell'uomo, intravedere qualche strategico lembo di pelle.  
“Allora come mai sei qui?” la voce indicava una certa eccitazione dovuta alla curiosità.
“Te l’ho detto. Mi andava di vederti.” Rispose, prendendola per mano.
La ragazza si chiuse la porta alle spalle, riponendo al suo posto lo strano sigillo. Lui la portò a sedere sull’erba e le accarezzò dolcemente il braccio.
“Allora come è andata la tua giornata.”
“Papà era nervoso e urlava contro tutti noi. Io quando gli ho portato il tè al pomeriggio sono riuscita a tirarlo un po’ su però.” Raccontò tutta soddisfatta. “La guardia alla porta stasera mi ha detto che per merito mio lui si era calmato e mi ha regalato un fiore.”
“Devo essere geloso?” fece scurendosi in volto.
Lei gli toccò il naso con fare scherzoso. “Quanto sei sciocco, Arata. È stato gentile solo perché mio padre ha passato il resto della giornata senza urlargli addosso.”
Kakashi si passò una mano tra i capelli, tirando un sospiro di sollievo. “Ho tutte le ragioni per essere geloso.” Disse posandole un bacio sulle labbra.
Atsuko fece un risolino felice, sciogliendosi tra le braccia del ragazzo. Kakashi la fece sdraiare accanto a sé, indicandole le stelle.
“Tu conosci i loro nomi?” chiese.
“No.”
“Io si.” Mentì. “Vuoi che te li dica?”
La ragazza annuì.
Mentre lui inventava qualche nome e qualche storia dietro ogni costellazione inventata, si sentiva sempre più male per la donna che stava pendendo dalle sue labbra. Aveva scoperto qualche giorno prima che Lord Fujita si trovava ancora a Konoha. L’unico problema era che non voleva incontrare nessuno, e di certo non un ninja qualsiasi come lui.
Inoltre, entrare nella residenza era praticamente impossibile: porte e finestre avevano un sigillo di sangue che non permetteva a nessun estraneo alla casa di entrare. Aveva quindi pensato di corrompere i servitori, ma questi erano praticamente segregati dentro le mura della villa e controllati a vista dalle fedelissime guardie del lord.
Date queste premesse, aveva fatto l’unica cosa che gli sembrava sensata. La figlia di Fujita era l’unica che poteva entrare e uscire come voleva accompagnata sempre da una dama di compagnia e una guardia, ma per Kakashi non fu difficile avvicinarla. Ormai era qualche giorno che le faceva una corte serrata e la donna si era invaghita quasi subito di lui.
Era più grande dello shinobi di qualche anno, ma molto più infantile di qualunque altra ragazza della sua età. Il padre l’aveva costretta ad una vita quasi reclusa e lei, nonostante gli volesse un gran bene, amava gettarsi in qualunque avventura le capitasse a tiro solo per indispettirlo. Kakashi era una delle tante.
Aveva usato il suo fascino per far invaghire di sé la ragazza. Sapeva che, con la sua dolcezza e i suoi occhi innamorati, sarebbe stato una ventata di aria fresca per lei, che aveva conosciuto solo uomini rudi e autoritari. Per questo Atsuko avrebbe fatto qualunque cosa lui le avesse chiesto. Non era molto onorevole da parte sua, ma doveva accelerare i tempi prima che l’ambasciatore ripartisse.
“Vedi quei due gruppi là?” indicò de serie di stelle che stavano vicine tra loro, senza sapere se tra di esse ci fosse un vero collegamento.
“Si.”
“Quelle di destra rappresentano una giovane dama e quelle di sinistra il suo amato. Lui era di umili origini e non avrebbe mai potuto sposarla. Però il loro amore era così forte che non potevano resistere l’uno al richiamo dell’altra. Una notte si incontrarono nelle stanze della principessa. Lì consumarono il loro amore, ben sapendo che forse non avrebbero più potuto incontrarsi. Fu una notte felice e triste allo stesso tempo per la coppia.
Uno dei nobili, però, aveva sentito la principessa accordarsi con il ragazzo e avvertì il re. Questi li scoprì e fece giustiziare il povero giovane. Prima di morire lui disse che avrebbe vegliato su di lei per sempre. La principessa non potendo sopportare la perdita dell’amato, qualche tempo dopo si suicidò.
Gli dei colpiti da questo grande amore permisero ai due amanti di ascendere al cielo sotto forma di stelle e di incontrarsi ogni notte per potersi amare ancora.”
Atsuko guardava Kakashi con gli occhi gonfi di lacrime. Stronzo! Si disse lui. Ma doveva arrivare fino in fondo.
“È una storia magnifica, Arata. Mi ricorda un po’ la nostra.” Disse con voce sognante.
“Non dire una cosa del genere.” Si infiammò lui. “Io non sono egoista come quel ragazzo. Non farei mai nulla che rischiasse di farti soffrire.” Stronzo! Ripeté a sé stesso.
“Oh Arata, come sei dolce.” Sussurrò, avvicinando il volto al suo e baciandolo al di sopra della bandana rossa che gli copriva il volto. Lui le accarezzò la schiena, portandola sempre più vicino a sé, finché ad un tratto lei si scostò da lui, quasi sul punto di mettersi a piangere. “Domani devo partire. Non voglio lasciarti.”
Lui le accarezzò il viso. “Devi. Io sono solo un uomo comune, non appartengo al tuo mondo.”
“Non mi importa delle convenzioni io ti amo!”
Kakashi pensò alla facilità con cui quelle parole erano uscite dalla labbra della ragazza. Non si conoscevano da tanto e anche se lui aveva fatto di tutto perché lei cadesse tra le sue braccia, ora si pentiva di esserci riuscito così bene. Inoltre, in quel momento lui avrebbe dovuto rispondere a quella dichiarazione con parole che gli parevano così importanti da non poter buttare via.
“Anche io Atsuko, ma proprio per questo è meglio se ti lascio andare.”
“Scappiamo insieme!” propose lei.
“Io ho mia madre e i miei fratelli a cui badare.” Le ricordò.
“E allora che facciamo?” chiese sull’orlo della disperazione.
“L’unica cosa che ha senso fare.” Rispose guardandola con occhi ricolmi di tristezza e amore. “Ci godiamo questi momenti insieme più che possiamo, poi ci separeremo, sperando in tempi migliori, in cui il mondo non sarà così pieno di ostacoli per due persone che vogliono stare insieme.” Sciolse la bandana che gli copriva il volto, tornando a baciarla dolcemente.
“Resta con me stanotte.” Suggerì lei a fior di labbra.

L’ufficio di lord Fujita era avvolto nell’oscurità, illuminato leggermente solo dai raggi argentati della luna. Atsuko dormiva profondamente, ignara di tutto. Aveva dovuto rispolverare le sue vecchie tecniche per poter attirare il suo interesse, ma ora si sentiva veramente in colpa. Si sedette sulla comoda poltrona davanti alla scrivania e cominciò a frugare nei cassetti.
Con una tecnica, imparata anni prima, copiò velocemente il contenuto dei vari documenti. Sembravano tutti riguardanti il lavoro di ambasciatore, ma forse avrebbe potuto trovare qualcosa di interessante. Il suo occhio sinistro captò qualcosa di strano nella libreria. Un tomo intonso e non ricoperto dallo stesso spesso strato di polvere che ricopriva gli altri.
Con passi felpati raggiunse gli scaffali e ne tirò fuori il grosso volume porpora con rifiniture dorate. Ne sfogliò le pagine ad una ad una, ma non trovò nulla. Il suo istinto però gli diceva che c’era qualcosa di interessante in quel libro che non riusciva a capire. Decise quindi di cominciare a leggerlo quando notò che non trattava di metodi per avviare buone trattative diplomatiche, come diceva il titolo, ma era un insieme di strane lettere scritte in codice.
Aveva probabilmente trovato la più importante delle prove, il problema è che non sarebbe mai riuscito a portarla fuori da quella casa e per copiarla tutta il più velocemente possibile, avrebbe dovuto dare fondo a tutte le sue energie, usando lo Sharingan. In ogni caso non poteva tirarsi indietro. Così estrasse altri fogli dal suo zaino e cominciò a copiare ogni singola pagina.

Più tardi, dopo aver lasciato un messaggio ad Atsuko, dicendole addio, uscì dalla casa barcollando. Percorse le strade buie di Konoha strisciando per i muri come un ubriacone. Lo zaino sulle sue spalle, nonostante fosse solo pieno di carte, gli sembrava pesante come un’intera montagna. Sapeva di aver bisogno di una bella dormita, ma non era sicuro di essere in grado di raggiungere il suo appartamento. Non sarebbe stato affatto facile spiegare come mai si trovava svenuto per la strada vestito come un contadino.
Degli urli di incitamento provenivano da davanti a lui. Avrebbe dovuto spostarsi, ma ormai le voci lo stavano raggiungendo. Due persone camminavano sulle mani contando in coro ad ogni loro passo. Quello che stava più avanti lo notò giusto in tempo per deviare a destra per schivarlo. Fatto ciò saltò in piedi e si mise a fissare lo shinobi.
“Hey? Stai bene?” domandò, non riconoscendo Kakashi nell’oscurità. Questo invece aveva capito benissimo di chi si trattava. Poche persone giravano per il villaggio camminando sulle mani.
“Gai sono io. Kakashi.” Rivelò all’amico che, a quel punto, cominciò a preoccuparsi e si avvicinò per sostenerlo.
“Cosa ti è successo?”
“È una storia lunga. Mi potresti riaccompagnare a casa?”
“Certo!” esclamò, e senza tante cerimonie prese il ninja e se lo mise sulle spalle. Poi, si rivolse al suo allievo. “Lee! L’allenamento è finito. Torna a casa riprenderemo domani.”
“Gai-sensei, sicuro di non aver bisogno di aiuto?”
“Si, me ne occupo io.”
“D’accordo. Buonanotte.” Urlò allontanandosi.
I due jonin, lasciati soli proseguirono in silenzio per qualche minuto, finché Gai non si decise a parlare.
“Non sei ubriaco, vero?”
“Perché dovrei essere ubriaco?” domandò l’altro retorico.
“Sei in missione?” Il Copia-ninja rimase in silenzio. “Ho capito.”

Arrivati a casa, lo fece sedere su una sedia e gli preparò qualcosa da mangiare.
“Posso sapere quanto hai usato lo Sharingan per ridurti così?”
“Tanto e il più velocemente possibile. Non che la velocità cambi le cose, ma è sfiancante.”
“Devo preoccuparmi?”
“Sono solo le solite ripercussioni dell’uso dell’occhio, niente di più.”
“Non mi riferivo a quello.”
“Lo so. Ma a quella domanda non so ancora rispondere. Anche se, data la mia esperienza, direi di si.”
Gli porse la ciotola di ramen precotto e si sedette di fronte a lui, guardandolo mangiare.
“Che c’è?” sbottò Kakashi, un po’ infastidito dallo sguardo fisso dell’amico.
“Niente. Hai qualcosa di strano.”
“Sono vestito in maniera ridicola.”
“Non è quello. Mi hai chiesto di riportarti a casa e ti sei lasciato prendere in spalla senza protestare.”
“Sono stanco.”
“Io credo che stare con quei ragazzini ti faccia bene.”
“Se lo dici tu.” Rispose lui con indifferenza.
Gai si alzò, rimettendo la sedia al suo posto sotto il tavolo.
“Il tuo allievo sembra diventare sempre più forte. Si allena anche a quest’ora di notte, ha molta tenacia.” Si complimentò Kakashi, scoprendo di voler tardare l’uscita dell’amico. Infatti, nonostante la stanchezza, aveva bisogno della compagnia di una altra persona per non dover affrontare i sensi di colpa che gli erano sorti nei confronti della ragazza che aveva usato.
“Si, è veramente bravo. Voci di corridoio dicono che alla riunione di domani l’Hokage annuncerà gli Esami dei chunin, penso che li farò partecipare.”
Il Copia-ninja ghignò sotto i baffi. Il giorno dopo avrebbe sorpreso l’amico, ma in quel momento non era intenzionato a rivelargli i suoi piani. “Sarà interessante vederli all’opera.” Disse semplicemente.
A quel punto Gai lo salutò e si diresse verso casa sua. Kakashi raggiunse la sua camera senza troppe difficoltà, gettandosi così com’era sul letto. Non appena toccò il cuscino l’affaticato shinobi si addormentò.

Il giorno dopo tutti i jonin di Konoha si trovavano in una delle grandi sale riunioni del Palazzo del Fuoco. Un leggero mormorio serpeggiava per la stanza. L’Hokage, come previsto, aveva annunciato gli esami dei chunin e tutti i jonin istruttori dei genin appena usciti dall’Accademia, sorprendendo tutti, avevano proposto i loro allievi.
Iruka, dopo la sfuriata iniziale, continuava a guardare il Copia-ninja con astio. Si era molto affezionato a Naruto e non voleva che gli accadesse nulla di male. Nemmeno Kakashi però voleva che i suoi allievi fossero nei guai ma, a differenza del maestro dell’Accademia, li aveva visti crescere e credeva che potessero avere delle buone chance.
Il Terzo fermò il brusio con un semplice gesto della mano.
“Sapete i rischi che si corrono durante questi esami, perciò sono sicuro che non mandereste i vostri allievi se non foste del tutto certi delle loro capacità. Quindi proponete pure loro l’esame. Se tutta la squadra accetterà potrete farli iscrivere.”
Kakashi, Asuma e Kurenai annuirono, sicuri che i loro allievi non si sarebbero tirati indietro. Presto avrebbero partecipato agli Esami dei chunin.
  
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