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Autore: innominetuo    19/07/2015    11 recensioni
Joe Yabuki ritorna sui suoi passi, dopo un anno di dolore e di rimpianto. La morte di Tooru Rikishi lo ha segnato profondamente. Ma il ring lo sta aspettando ormai da tempo.
E non solo il ring.
…Se le cose fossero andate in un modo un po’ diverso, rispetto alla versione ufficiale?
Storia di pugilato, di amore, di onore: può essere letta e compresa anche se non si conosce il fandom e quindi considerata alla stregua di un'originale.
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Questi personaggi non mi appartengono: dichiaro di aver redatto la seguente long fic nel rispetto dei diritti di autore e della proprietà intellettuale, senza scopo di lucro alcuno, in onore ad Asao Takamori ed a Tetsuya Chiba.
Si dichiara che tutte le immagini quivi presenti sono mero frutto di ricerca su Google e che quindi non debba intendersi il compimento di nessuna violazione del copyright.
Si dichiara, altresì, che qualsivoglia riferimento a nomi/cognomi, fatti e luoghi, laddove corrispondenti a realtà, sono puro frutto del Caso.
LCS innominetuo
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bianche Ceneri'
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Al Tange Boxing Club
 
Non fu facile per Joe ricominciare con la routine quotidiana di preparazione sportiva.

Gli allenamenti imposti e diretti dal vecchio Danpei prevedevano andare a letto presto, alzarsi di buon mattino, fare attenzione all’alimentazione ed alle bevande- per rispettare il rigido limite di 72,480 chili previsto dalla categoria dei pesi medi cui Joe apparteneva – osservare un preciso training, fuori e dentro il ring, senza poter mai sgarrare di una virgola. In un certo senso, la vita di un pugile professionista aveva quasi un che di monastico, dato che il conseguimento di una determinata forma fisica pretendeva molti sacrifici e molta dedizione, senza tempo e spazio per… distrazioni di vario genere. I primi giorni successivi dal ritorno a casa non furono una passeggiata. Spesso Joe si ritrovò a sbuffare ed a spazientirsi di fronte agli ordini imperiosi di Tange. Dopo aver assaggiato di nuovo la libertà in giro per il Giappone, con ogni giorno uno scenario diverso, per un po’ provò una sorta di straniamento.

Eppure, Joe era felice di essere ritornato da Danpei e di aver rinunciato ad un po’ di quella libertà… che, comunque, non lo aveva reso veramente appagato ed in pace con se stesso. Successivamente a più di un anno di vagabondaggi frammisti a lavoretti saltuari in tutto il Giappone, Joe non aveva disdegnato neppure di boxare come teatrante, negli spettacoli di boxe recitata che, all’epoca, erano molto diffusi nelle città di provincia. I finti pugili, alla stregua di artisti circensi, si esibivano nelle piazze principali dei posti più sperduti, seguendo un copione stabilito dal loro impresario: venivano decisi i colpi da sferrare, chi dovesse finire al tappeto, per quanti rounds dovesse durare un incontro… e così via. Finito lo spettacolo, la compagnia risaliva sullo sgangherato pulmino per partire alla volta di un’altra cittadina. I fasti e gli echi di Tokyo erano ben lontani, all’epoca… Ma quei tempi erano finiti, finalmente.

A seguito dell’ennesimo pugno sferrato per finta, Joe aveva cominciato a provare una profonda vergogna. Dopo aver saputo dare tutto se stesso contro Tooru in quell’unico loro incontro ufficiale al Korakuen Hall, Joe aveva ricominciato a risalire la china del rimorso e del senso di colpa in cui era sprofondato dopo la morte dell’amico. Tooru non poteva e non doveva essere morto invano. Soprattutto non dopo essersi autocostretto ad una dieta massacrante per discendere di ben due categorie di peso così da poter combattere contro il suo antico rivale del riformatorio: l’unico che sinora avesse seriamente messo in discussione la sua abilità come campione di boxe.

Stanco di provare disgusto per quella vita errabonda in compagnia di finti pugili, infatti, Joe se ne era andato definitivamente dal teatro ambulante, dopo essersi fatto consegnare dall’impresario, non senza averlo preso per i bavero, il compenso di quanto a lui spettante: quella vecchia volpe, infatti, in nome di un non meglio precisato contratto, pretendeva di trattenere Joe contro la sua volontà. Ma Joe non era il tipo da prendere ordini da nessuno: dopo una bella scazzottata, questa volta vera, contro alcuni aiutanti dell’impresario chiamati da quest’ultimo per dargli man forte, aveva afferrato le banconote, le aveva cacciate a caso dentro la sua vecchia sacca e se n’era andato. Per qualche settimana aveva quindi lavorato in risaie e fattorie come bracciante, in modo da mantenersi sino al suo ritorno a Tokyo, dato che le distanze non erano di certo brevi e dato che i treni costavano troppo.

Era bello ora poter respirare, di nuovo, gli odori di quella che poteva definirsi casa sua: quella piccola e sgangherata palestra sotto il Ponte delle Lacrime era tutto ciò che possedesse al mondo. Oltre, ovviamente, all’affetto di un vecchio sfregiato mezzo orbo, all’amicizia fraterna del buon Nishi Kanichi ed alle grida di giubilo dei monelli del ghetto. I bambini, già… I suoi ex “soci” di marachelle e truffe di oltre due anni orsono: le piccole pesti, di età miste tra i dieci e i tredici anni, in persona di quattro maschietti e di una bambina, erano quasi impazziti di gioia quando Joe aveva fatto ritorno alla palestra e spesso marinavano la scuola per stargli appiccicati, Saki soprattutto. La piccola era infantilmente infatuata di Joe e diceva sempre che aspettava “di crescere ancora un po’ per poterselo sposare”, cosa che suscitava l’ilarità incontenibile degli altri bambini e, soprattutto, del diretto interessato.

Il ritorno di Joe aveva reso molto felice pure un’altra persona, Noriko Hayashi, la figlia dei droghieri del quartiere. La ragazza dimostrava la sua pura gioia portando spesso alla palestra piccoli doni e squisitezze cucinate da lei. Ansiosa di captare anche solo un fugace sguardo di Joe, gli si rivolgeva sempre con un dolce sorriso sul suo bel visino. Joe le parlava con gentilezza e le faceva qualche complimento, soprattutto per le sue abilità culinarie… ma a parte questo, ignorava - o fingeva di ignorare - qualsiasi timido approccio della ragazza nei suoi confronti. Ogni volta che Noriko tornava a casa era sempre più abbattuta: felice all’andata al pensiero di rivederlo, e triste di ritorno alla sua drogheria.

°°°°°°°


“Ehi vecchio, a quando il prossimo incontro?” sbottò una sera Joe, dopo aver finito di cenare “Ieri sera Nishi ha avuto il suo match. A quando il mio?”

Danpei finì di asciugare i piatti e le stoviglie appena lavati, per darsi il tempo di rispondere.

“Calma, ragazzo. È da un po’ che sei fuori dal giro e per organizzare un incontro decente occorre tempo. Mica gli altri clubs se ne sono rimasti ad aspettare te, eh, cosa credi. Devi avere pazienza… presto avrai il tuo incontro, non ti preoccupare.”

In realtà Tange non era completamente tranquillo, come invece voleva dare a vedere: per questo tergiversava tanto nel procacciare uno sfidante per Joe. Non che non volesse farlo combattere, è chiaro: solo che se prendeva tempo era solo per uno scrupolo di prudenza.

Voleva vederci chiaro.

Da alcuni giorni, dopo aver osservato attentamente i suoi due ragazzi in allenamento e soprattutto quando l’un l’altro si facevano da sparring partner*, gli era parso di notare una cosa che gli aveva dato parecchio da pensare… una cosa che da allora gli ronzava nel cervello e che cercava invano di scacciare, come una mosca molesta ed insistente. Magari si sbagliava. Magari aveva avuto solo una vaga impressione. Ma c’era qualcosa che non andava bene negli attacchi di Joe: qualcosa che mancava.

“Beh, vado a farmi un giro.” disse Joe, cacciandosi il berretto in testa e distogliendo il vecchio dalle sue riflessioni.

“Non fare tardi: lo sai che qui si va a letto presto…” cominciò a brontolare Tange.

“Sì, mammina. Vado solo a sgranchirmi le gambe per un’oretta o due… e poi torno. Ciao.” disse, schivando  per un pelo la pentola che Danpei, inferocito all'appellativo di "mammina", gli aveva appena scagliato contro.

Non si limitò a gironzolare per il quartiere: anzi, prese la metro.

Il palazzo del Korakuen Hall gli si stagliava davanti, con la sua architettura di stampo eminentemente occidentale. A quell’ora era quasi tutto spento, a parte solo i primi piani della dirigenza, dato che per quella sera non erano previsti incontri di pugilato. Gli fece un certo effetto tornarvi, dopo tanti mesi, dato che il match di Nishi della sera prima non si era disputato lì, ma al Tokyo Dome. Contemplò in silenzio il palazzo per qualche minuto, per poi soffermarsi sulla figura sottile che apparve in prossimità delle porte scorrevoli di vetro. Yoko aveva appena concluso un'importante riunione di affari con il direttore del Korakuen.

“Joe…”

“Ciao Yoko, come stai? Ti trovo in forma.”

Si fissarono per qualche secondo. Yoko aveva la gola secca. “Non sapevo che fossi tornato… da quando sei a Tokyo?” mormorò lei a voce un po’ incrinata, avvicinandoglisi.

“Non da molto, neppure due settimane. Scusa se non sono passato a salutarti, Presidente. Congratulazioni ed auguri anzi, per la tua nuova carica.” celiò lui, ma senza malignità.

“No, figurati, nessun problema. E grazie per gli auguri..” riuscì a replicare Yoko con assoluta calma, ignorando di proposito la freddura e rendendo finalmente ferma la voce “Sei di passaggio o intendi rimanere?”

“Sono tornato a Tokyo per combattere.”

Yoko annuì, con fare convinto. “Mi fa piacere. Sei un bravo pugile.”

“Uhmmm… soprattutto, non devo farmi pregare a restarci, sul ring… giusto?” I profondi occhi neri di Joe perforarono Yoko, la quale provò un forte senso di imbarazzo.

“Joe… so a cosa stai alludendo. Ma io non pensavo seriamente a quello che ti dissi, l’ultima volta che ci siamo visti… ero sconvolta per la morte di Tooru, non ero in me. Sono stata dura con te, anche troppo. Mi dispiace… Mi dispiace, davvero. Credimi.” sussurrò la giovane donna, ad occhi bassi.

Joe sentì una strana morsa allo stomaco, senza capire il perché. Era la prima volta, quella, che Yoko Shiraki assumeva con lui quel tono così dolce ed umile. Notò che era più pallida e magra, rispetto ad un tempo.

Ma pur sempre la donna più bella su cui avesse mai posato gli occhi.

Pure il suo tono si addolcì. “No, tranquilla. Non ti rinfaccio nulla. È stato difficile, per entrambi. Ora però non pensiamoci più: Tooru non lo vorrebbe. Devo andare. Ci si vede…”

“Sì Joe. Ci si vede.”

Lo guardò allontanarsi, con le mani in tasca e la schiena leggermente curva, suo solito, per poi decidersi a chiamare un taxi.


°°°°°°°°

Qualche settimana dopo...

Finalmente arrivò il giorno del ritorno di Joe sul ring.

Era stato organizzato da Tange un buon incontro al Korakuen Hall con un pugile di tutto rispetto. Tony Duran era un giovane che si stava facendo conoscere ed apprezzare per le sue abilità di discreto out-fighter**, sopperendo con una accurata strategia alla mancanza di potenza nei diretti: infatti, su quattordici incontri sinora disputati ne aveva vinti ben dodici, dieci ai punti e due per k.o.

Joe era galvanizzato, non riusciva a stare fermo: dopo aver giocato tutta la mattina con i bambini del quartiere, prima del controllo del peso di routine, pensò bene di incontrarsi con una persona…

Fischiettando, se ne rimase seduto, o meglio, stravaccato su un morbido divanetto nella hall.

“Joe. Come mai qui?”

Yoko lo fissava, un po’ stupita: quando il suo segretario le aveva detto che un certo Yabuki-san la attendeva all’entrata dello Shirali Boxing Club, credeva che l'uomo avesse capito male e che non potesse trattarsi di Joe. Ma quel benedetto ragazzo aveva sempre la capacità di sorprenderti, in un modo o nell’altro...

Joe si alzò in piedi con calma, dopo averla valutata per qualche minuto.

“Niente di particolare. Son qui a sincerarmi che il vecchio ti avesse fatto avere il biglietto per l’incontro di oggi.”

“Sì, certo, l’ho ricevuto, grazie… già da qualche giorno.” replicò lei, un po’ freddamente, sebbene fosse turbata dallo sguardo di lui. Uno sguardo cupo, bruciante, nonostante le labbra fossero incurvate in un leggero sorriso, suo solito.

“Bene. A dopo, allora. Voglio che tu ti goda lo spettacolo del mio ritorno sul ring. Ciao.” Con un cenno della mano, le voltò le spalle e se ne andò, lasciandola interdetta.

°°°°°°°

Korakuen Hall, ore 21.00

Nulla poteva confrontarsi all’atmosfera esaltante di una sala immensa illuminata e gremita di gente.

Al suo ingresso, annunciato dall’altoparlante, si levarono grida, cori, anche qualche fischio: a quanto pare, nonostante la sua lunga assenza, non era stato affatto dimenticato.

“Allora, mi raccomando: niente improvvisazioni. Non sprecare il fiato e le energie. È uno stratega che si tiene lontano. Tu costringilo ad avvicinarsi e poi colpiscilo in modo incisivo.”

“Non ti preoccupare. Un minuto solo di questa manfrina e ce ne torniamo a casa.”

Mentre Tange, brontolando suo solito sulla cialtroneria di Joe, gli cacciava il paradenti in bocca e Nishi gli controllava i guantoni, il giovane fece scorrere velocemente lo sguardo alle prime file.

Eccola.

Vestita di celeste e compostamente seduta accanto a nonno Shiraki. Si fissarono per qualche secondo. Pur con il paradenti le sorrise, mentre lei continuò a sostenere il suo sguardo un po’ accigliata. Il suono del gong interruppe il contatto visivo. Duran si pose al centro del ring, ove Joe lo raggiunse. Finiti i convenevoli dell’arbitro, l’incontro ebbe inizio (“Fight!”).

“Avanti bello. Fammi vedere se sei più bravo a boxare di come ti fai tatuare!” lo provocò Joe, alludendo ai numerosi tatuaggi che percorrevano un po’ tutto il corpo di Duran.

“Razza di stronzo, ora vedi!” ringhiò Duran, cominciando con la sua serie da tre di jab*** di potenza media: dolorosi, sì, ma non particolarmente incisivi. Joe se la rise: era abituato a ben altre carezze, lui. Eppure continuò con la sua recita, fingendosi dolorante e lasciandosi spingere verso le corde. Fu un atto voluto, il suo: a differenza di Duran, Joe era un asso nelle distanze ravvicinate, oltre che un buon incassatore, nonostante la sua muscolatura allungata e non possente.

“Adesso ballo io.” gli sibilò, sorridendo. Abbassandosi leggermente, schivò l’ennesimo diretto destro per caricare una serie di potenti ganci allo stomaco del suo avversario. L’ultimo fu talmente forte da far sussultare tutto il corpo dell'altro: ritirato il pugno, Duran si afflosciò a terra come un sacco di patate. Sopraggiunse l’arbitro che allontanò Joe: non fu necessaria la conta, constatate le condizioni del pugile accasciato a terra privo di sensi, nonostante gli occhi tenuti sbarrati.

Knock-out! Vince Yabuki-san!” urlò, sollevando il braccio di Joe.

Gli spettatori erano in delirio: Joe aveva vinto Duran dopo poco più di un minuto della prima ripresa! Sia Nishi che Tange si precipitarono dentro il ring per sollevare Joe portandolo in trionfo: il primo ebbro di felicità, il secondo…

Il secondo per mettere a tacere una vocina che continuava ancora a ronzargli nel cervello sempre più insistentemente.

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Ciao a tutti! Inauguro una rubrichetta per chi volesse curiosare nel mondo del pugilato, con qualche nozioncina spicciola su termini tecnici e regole di combattimento, senz’altro utili per meglio cogliere lo spirito di questa ff. Spero che vi piaccia! Oltre alle mie nozioni personali, dato che conosco le regole del pugilato e seguo gli incontri da quando avevo otto anni, ho perfezionato le diciture con Wikipedia. Comunque sia, come ho già esplicato in calce al prologo, a fine storia, con il postaggio dell'ultimo capitolo, sarà allegato alla ff un apposito link con credits e bibliografia completa, un po' come si fa con i libri, capitolo per capitolo, non solo per le nozioni sulla boxe ma più in generale. Così lo trovo molto più elegante e "professionale", se mi si passa il termine!


*In sport da combattimento, lo sparring è una libera forma di allenamento, non è una sfida. Applicabile con più varianti, è solitamente una lotta vincolata da regole e/o accordi informali per evitare infortuni e ferite. Lo sparring partner non è un avversario da affrontare, ma semplicemente una persona con cui sostenere l'allenamento. Lo sparring per antonomasia è quello pugilistico, come allenamento per un incontro ufficiale: è obbligatorio l’uso dei caschetti protettivi e di guantoni più pesanti, per rendere i colpi meno incisivi. Però lo si pratica anche in altre discipline da combattimento, come le arti marziali, per esempio.

** Ci sono vari generi di pugile, in base al loro stile ed alla loro personalità. L’out-fighter detto pure “stilista” (non chiedetemi il perché si dice così!) è uno di questi tipi di pugile e boxa rimanendo all'esterno della guardia dell'avversario e cerca di tenere a distanza l'antagonista, colpendolo con pugni veloci e che arrivano da lontano, distruggendo gradualmente la resistenza e le forze dell'avversario fino a ridurlo in propria balìa. Praticamente lo sfinisce anche a livello psicologico. A causa del loro affidarsi a colpi veloci ma non devastanti, gli stilisti tendono a vincere ai punti piuttosto che per KO, benché alcuni di essi presentino carriere con percentuali molto alte di incontri vinti prima del limite. Gli out-fighter sono spesso considerati i migliori strateghi del pugilato, grazie alla loro abilità di controllare l'andamento dell'incontro e di condurre l'avversario verso l'epilogo da essi pianificato intaccandone metodicamente le forze ed esibendo maggiore abilità e destrezza di un picchiatore. Questo tipo di pugile dev’essere dotato di un buon allungo, di velocità di braccia, di ottimi riflessi e di un buon gioco di gambe (cosa, quest’ultima, che funge pure da tecnica di difesa).

***Nella boxe i colpi fondamentali sono essenzialmente tre: Il jab (o diretto sinistro) è il colpo più importante e consente di controllare l’avversario. Il diretto destro è il colpo che viene sferrato sulla scia del jab (lo si fa dopo tre jab consecutivi). È un pugno molto potente ma non facile da eseguire nel modo giusto: infatti, va sfruttata pure la spinta dettata dalle gambe, non basta il torso e non bastano le braccia e le spalle. Poi c'è il mio pugno preferito, cioè il gancio, che sa essere davvero potente. Può essere portato alla testa o al corpo dell’avversario, ma è un colpo piuttosto difficile da imparare e pochi pugili sanno portarlo a bersaglio in maniera davvero da manuale: infatti, esso per essere impeccabile va sferrato tenendo il braccio in posizione parallela al terreno (cosa difficilissima da fare!). Preciso pure che il palmo della mano, nel momento il cui colpisce, deve trovarsi rivolto verso il basso. E dulcis in fundo... il re dei pugni! Il montante (il famigerato uppercut!)! Esso è sicuramente il colpo più spettacolare del pugilato, quello che resta maggiormente impresso nello spettatore, dato che viene sferrato da sotto in sopra, spesso alla mascella o al mento. Spesso chi lo riceve perde i sensi, è inevitabile!
  
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