Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Stella cadente    19/07/2015    6 recensioni
Francia, 1482:
Parigi è una città che nasconde mille segreti, mille storie, mille volti e mille intrecci.
Claudie Frollo è un giudice donna che tiene alla sua carriera più di ogni altra cosa al mondo.
Olympe de Chateaupers è una giovane ragazza da poco al servizio del giudice e, sebbene sia spavalda e forte, si sente sempre sottopressione sotto lo sguardo austero di quella donna cinica ed esigente.
Nina è una semplice ragazza di quindici anni, confinata nella cattedrale a causa di un inconfessabile segreto..
L’arrivo di Eymeric, un giovane ramingo gitano, sconvolgerà le vite di queste tre donne, in un modo diverso per ognuna.
Ma alla fine, di quali altri segreti sarà testimone Parigi?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
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XII.
Iudex ergo cum sedebit, nihil inultum remanebit – parte I
 
Eymeric
 

«Per un giorno alloggerai qui. Verrò a prenderti domani all’alba per cominciare il tuo percorso di pentimento. Intanto credo» sorrise «che una notte di meditazione non possa nuocerti, amico mio.»
Frollo mi aveva condotto nelle profonde cantine del suo appartamento, e adesso mi trovavo in una grande stanza vuota in pietra, con appena una finestrella che lanciava tristemente i restanti bagliori del giorno sul pavimento.
Non c’era molta differenza con una prigione. Mi sentivo come murato.
«Ci vediamo domani» concluse, senza attendere una mia risposta.
E se ne andò.
 
 
 
 
Le cantine di Frollo potevano quasi far concorrenza ai sotterranei di Notre-Dame in quanto a luminosità. Riuscivo appena a distinguere dove mi trovavo.
Ma d’altronde, non potevo sperare in un alloggio diverso. Per lei ero una sorta di esperimento; già il fatto che non mi avesse spedito nelle prigioni e che non mi avesse condannato alla forca doveva significare molto.
Sospirai. Attendevo la visita del giudice con una certa impazienza.
Mi chiedevo spesso perché mi avesse risparmiato, se ci fosse qualcos’altro oltre al fatto che volesse palesemente umiliarmi.
Del resto Claudie Frollo era famosa proprio per il suo essere fredda, spietata, sadica. Era abbastanza anomalo il fatto che si fosse limitata a rinchiudermi nelle cantine del suo appartamento.
E poi, quello che era successo nel sotterraneo…
Cosa mi era passato per la mente?
Dovevo essere temporaneamente impazzito, in quel momento.
I miei pensieri vennero interrotti dal cigolare della porta della cantina.
«Buongiorno, Eymeric» fece Frollo, chiudendosi la porta alle spalle.
Era già passato un giorno? Avevo finito col perdere la cognizione del tempo.
Sollevai gli occhi verso di lei. Mi aveva dato il buongiorno con una certa ironia, ma come sempre si conservava assurdamente elegante. Fin troppo. Avanzava verso di me con quella sua andatura lenta, paziente, da regina più che da giudice.
«Come andiamo?» chiese, sempre con quel tono che mi dava tanto ai nervi.
Non risposi; sapevo che mi stava solo provocando e non intendevo darle soddisfazione.
La donna per un attimo sembrò delusa, ma subito dopo riprese quella sua espressione altezzosa che da sempre la caratterizzava e disse solo, glaciale:
«Seguimi. Ci sono delle cose riguardo alle quali devi essere assolutamente informato.»
 


 
****
 

«Gradirei che tu prestassi attenzione a ciò che dico, zingaro» sentii dire dalla voce gelida del giudice.
Mi aveva portato nel suo studio, in una torre del Palazzo di Giustizia. Tutt’intorno c’erano libri e arazzi; quella stanza metteva soggezione.
Un po’ come lei.
Avvertii un brivido – non seppi dire se di paura o altro. Frollo mi fissava con quegli occhi ghiacciati, che scorrevano su di me in un’espressione di snervante superiorità. Eravamo soli, ad affrontarci testa a testa.
«Oh, sì» dissi, mio malgrado.
«E gradirei anche delle scuse» aggiunse, con un sorrisetto lugubre appena accennato.
Mi accigliai; mi stava prendendo in giro?
«Sto attendendo» disse ancora, inarcando un sopracciglio.
Sibilai uno “scusate” tra i denti e lei ghignò, soddisfatta.
«Ottimo; così va meglio» disse, vittoriosa. «Detto ciò, sei deciso a pentirti dell’imperdonabile atto lussurioso che hai commesso?» mi chiese, assottigliando minacciosamente gli occhi chiari.
Atto lussurioso?
Ma cosa diavolo stava dicendo?
La guardai con fare interrogativo; non capivo un’acca di quello che voleva comunicarmi.
Il giudice cominciò a passeggiare lungo la stanza, dandomi le spalle.
«Non so se possiedi una qualche… reminiscenza di ciò che è accaduto» si schiarì la voce «nel sotterraneo.»
Si voltò e mi guardò, senza però vedermi davvero.  La sua carnagione pallida aveva preso leggermente più colore.
Annuii impercettibilmente.
«Molto bene» asserì lei. «Allora sarai cosciente del fatto che io, come già ti ho accennato ieri, dovrei averti spedito direttamente alla forca per una tale insubordinazione. Ti sei fatto beffe di me, zingaro, ed io non posso far sì che tutto ciò rimanga impunito, capisci? Ciononostante, ho deciso di essere più indulgente con te.»
Silenzio.
«Vedi, recentemente ho avuto qualche… problemino con uno dei miei servitori, perciò adesso è, come dire... fuggito.»
Rabbrividii di nuovo: preferivo non sapere che cosa fosse successo in realtà a quel disgraziato. Il sorrisetto sadico sulla faccia diafana di Frollo la diceva già abbastanza lunga.
«Avrai pertanto il suo incarico fino a nuovo ordine» sentenziò. «Inoltre ti inizierò personalmente al sapere religioso, in modo che tu venga a conoscenza di quanto sarà minorata la tua anima, se continui con queste pratiche oscene.»
Cosa?
Il modo in cui parlava mi disorientava: non conoscevo il significato preciso delle parole che usava, ma l’impressione che mi davano non era buona. Anzi, avevano un che di minaccioso.
«Se c’è qualche domanda che vorresti pormi, sono qui per ascoltarla» concluse, sempre scrutandomi con quegli occhi strani e tormentati.
«Voglio sapere perché siete stata così clemente con me» insistei, esattamente come il giorno prima. Non mi aveva ancora chiarito ciò che era successo e non intendevo demordere. Non che preferissi la prigione, ma non mi spiegavo la reazione che il giudice aveva avuto e quello strano slancio di – se così si poteva chiamare – gentilezza nei miei confronti.
«A quanto vedo, preferisci davvero la prigione. Se è così, non posso che accontentarti…» disse, beffarda, inarcando le scure e fini sopracciglia in quell’espressione di ironia cattiva che spesso aveva.
«No» mi affrettai a precisare. «Ma ho diritto a sapere il perché di questo trattamento, non trovate?»
Se un qualunque cittadino di Parigi mi avesse visto rivolgermi ancora in quel modo al giudice sarebbe inorridito; nessuno osava parlare così a Claudie Frollo, al temutissimo Inquisitore Supremo di Parigi. Ma non mi importava; dovevo andare in fondo a quella storia, a tutti i costi.
I lineamenti del viso della donna si irrigidirono ancora di più. Mi aspettai che esplodesse da un momento all’altro, invece disse, con voce tagliente:
«Dovremmo cominciare all’istante. Il lavoro da fare è infinitamente vasto.»
 


Salve, amici di Parigi (e scusate per il mio deplorevole ritardo...)!
Capitolo molto simile al precedente, questo, ma narrato dal punto di vista di Eymeric. Ho voluto fare in modo che si capisse anche come si sente lui al riguardo, e spero di esserci riuscita. Come possiamo notare, qualcosa non torna: abbiamo una Claudie Frollo estremamente evasiva, e giustamente il nostro carissimo gitano si fa qualche domanda. Eppure continua a “stare al gioco”... come andrà a finire?
Spero, come sempre, che vi sia piaciuto.
Alla prossima,
Stella cadente
PS Il titolo del capitolo è preso direttamente dal testo della canzone Sanctuary (che fa parte della colonna sonora del film), e significa – in traduzione libera: “Quando il giudice prenderà il suo seggio, niente rimarrà impunito”

 
  
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