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Autore: TheEldestCosmonaut    20/07/2015    2 recensioni
Una rielaborazione del mondo fantastico ideato da Leandro Consumi e Gianfranco Enrietto, e sviluppato da Giochi Preziosi ©.
In una un tempo sperduta e sconosciuta isola del Grande Golfo, situata alle porte dell’inesplorato Mare dei Serpenti, un anziano maestro nato e cresciuto qui, dal passato oscuro e dall’identità misteriosa, noto a tutti, fuorché la moglie, come semplicemente il Cronista, riunisce ogni mattina i giovani del suo Popolo di appartenenza, il Popolo della Foresta. Il Cronista insegna ai cuccioli della sua etnia la storia lunga della razza che domina l’Isola di Gorm: in particolare, è arrivato il momento per il Cronista di narrare le vicende degli ultimi cinquant’anni circa dei gormiti, i più intensi e sanguinari, quelli che maggiormente hanno sconvolto le usanze, la filosofia, la scienza, e in generale la realtà intera dell’isola, e che hanno aperto i suoi abitanti alle altre razze del Grande Golfo.
Mappe:
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Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Carrapax e Barbataus continuavano a colpirsi senza tregua, con tecniche corpo a corpo ed elementali. Il Signore del Mare non era semplicemente bagnato, ma sudato, e pieno di lividi e graffi rossi. Barbataus non era messo meglio: pieno di tagli anche lui, molti di più, e insudiciato dalla linfa che gli usciva dalla ferite.
Alla faccia del gormita anziano, debole e che aveva paura per la propria salute! Barbataus stava davvero dando prova del suo valore meglio di qualsiasi altro gormita della sua età che aveva lottato su quell’arena. Forse però avrebbe fatto meglio a riflettere, e a smettere: tutto ciò non gli avrebbe fatto bene.
“Lui ha detto che io ho talento.” diceva orgoglioso Elios a quelli seduti di fianco a lui, che lo guardavano storto, seccati, senza capire.
“Per favore, smettila.” lo rimproverò Falcosilente con una gomitata.
Barbataus sembrava ancora capace di grandi cose, pareva aver ancora energia nel suo corpo raggrinzito, nonostante tutto.
Rimessosi in piedi dopo che Carrapax lo aveva gettato lontano, spalancò la mano dinanzi a sé, mirando al Signore del Mare. Un palo di legno appuntito emerse celere dal suo palmo, con lo scopo di trafiggere Carrapax.
“La tecnica del Getnomtrengend! Il Getnomtrengend! - sbraitava incredula Sentraan - Barbataus riserva ancora sorprese! Ma non sarà troppo distante Carrapax per questa tecnica?”
Invero, c’erano troppi piedi tra il Signore della Foresta e quello del Mare perché il Getnomtrengend potesse centrare il bersaglio. Tuttavia, benché potesse, Carrapax non si mosse. Bensì, afferrò tra le due chele il palo di legno e con una brusca tirata lo strappò dal controllo della mano di Barbataus, che rimase scioccato: aveva commesso un grande errore.
Con la nuova arma inconsciamente donatagli da Barbataus, Carrapax aveva la vittoria in pugno.
Con vigore e agilità – e grugniti di fatica - il Signore del Mare bastonò Barbataus con il lungo e levigato palo ligneo, fino a romperlo, finché questo non fu ridotto a numerosi pezzi scheggiati.
E calò il buio.
La luna verde Greemerald completò infine la sua rivoluzione attorno al mondo di Gorm. La sua sagoma nel firmamento blu si sovrappose al disco solare, oscurando l’Isola di Gorm e prendendo per sé tutta la sua vitale luce.
L’oscurità avvolse ogni cosa, tutto divenne nero e cupo, i gormiti furono stravolti dall’improvvisa scomparsa della calda luce del giorno e dalla calata fulminea della frescura notturna.
Ma i loro occhi, le loro carni, il loro udito, olfatto, ogni loro senso non poteva perdersi nell’oscurità, e rimase attento, più attento che mai, al centro dell’Arena, dove Carrapax sferrava l’ultimo colpo contro Barbataus.
Questi cadde sulle ginocchia, sfinito, quasi morto. La vittoria era di Carrapax. La profezia si era conclusa: il Principe di Gorm era stato rivelato.
***
Paludis corse nel mezzo dell’arena, ignorando le grida e il tripudio e il Principe di Gorm, per raccogliere il suo Signore Barbataus. Necessitava cure mediche, riposo…aveva dato il meglio di sé, e anche troppo: ora doveva riprendere le energie. Il Popolo della Foresta avrebbe apprezzato quella fatica, quell’impegno da parte sua, anche se alla fine aveva perso. Considerando le sue idee iniziali sul Torneo, c’era da elogiarlo per come aveva combattuto. Lo prese, tra le sue braccia minute piene di liane, e lo trascinò fin dentro la sua stanza. Nonostante Paludis fosse un piccolo gormita e Barbataus uno con una certa stazza, il Saggio riuscì quasi senza fatica a condurlo al sicuro!
Carrapax non aveva tempo per curarsi di Barbataus. Gli importava eccome, ma non poteva distogliere la sua attenzione da ciò che stava accendo attorno a lui. Tutti si alzavano, tutti applaudivano, ogni gormita lo acclamava con gesta, grida, esultanze sfrenate.
Che fosse della Terra, dell’Aria, della Foresta o persino del Vulcano, anziano o solo un cucciolo, ogni singolo spettatore del Torneo si alzava per elogiare il vincitore, il gormita che trionfò su tutti, il Principe di Gorm della profezia dell’eclissi. Aveva dimostrato il suo valore, il suo diritto di possedere lo straordinario titolo Principe, e i gormiti lo accettavano, e lo congratulavano.
Carrapax cadde sulle proprie ginocchia, fiaccato anche lui, sulla sabbia calda, impregnata della forza e della fatica dei combattenti che hanno lottato su di essa. E sulla sabbia, inginocchiato, con le chele al viso, incredulo e orgoglioso, lasciò cadere qualche lacrima, dando vita a piccoli puntini scuri nel mare color nocciola, effimeri e proni ad asciugarsi in pochi secondi.
Aveva vinto: dopo il fortunato scontro con Kolossus, Carrapax era riuscito a sconfiggere anche l’anziano ed esperto Barbataus, in una lotta dissanguante che provò entrambi gli sfidanti.
Ma alla luce dell’oscurità, Carrapax era riuscito a dare meglio di Barbataus, a stremarlo e a vincerlo. Aveva vinto! Lui era il Principe di Gorm!
Esatto, il Principe di Gorm. Si rialzò: non poteva piangere in un momento come quello. Ora lui era il gormita con più autorità su tutta l’Isola, la sorte dei gormiti, il futuro dei Popoli di Gorm dipendevano da lui, dalle sue decisioni.
L’acclamazione del pubblico era immensa, incessante. Carrapax si stupiva di come tutti i gormiti si agitavano sui loro posti, correvano per gli spazi liberi, saltavano sui propri compagni in esagerate esultanze. Erano davvero tutti così fiduciosi in lui? Si scosse quei timori dalla testa, mentre correva, ancora ferito e sudato, per tutti gli spalti, con una chela al cielo che agitava vigorosamente, dove tutti i gormiti ai livelli più bassi allungavano le proprie mani, chele, tentacoli, qualsiasi cosa per accarezzarlo, abbracciarlo, alcuni addirittura lo baciarono.
Terminato il suo giro, si posizionò intorno al centro dell’arena, di fronte alla postazione di Sentraan e dei Saggi del Torneo, seduti e soddisfatti, mentre si guardava meravigliato attorno a sé gli spettatori ancora in tripudio. Non era ancora il Principe di Gorm, non ufficialmente: doveva ricevere la benedizione dei Saggi, e farsi consegnare la pergamena, firmata dagli ora Saggi Tasarau Fegri, Gheos Massas, Poivrons Legheri, Noctis Emarant e Lavion Magmadoni, che avrebbe potuto conferire a Carrapax enormi poteri su tutti i Popoli.
Sentraan la cronista, non del tutto soddisfatta dell’esito dello scontro ma ugualmente meravigliata e col fiato sospeso, zittì e calmò il pubblico esaltato.
“Fratelli e sorelle gormiti, silenzio, per favore!” disse, cercando di non apparire autoritaria. Poi si schiarì la voce, chiuse gli occhi. Preparò il discorso finale del Torneo dell’Eclissi, il discorso più ricco, più importante.
La folla si acquietò, e prese nuovamente il proprio posto a sedere, con gli occhi bene aperti su Carrapax che guardava in alto e le orecchie ben attente a ogni singola parola della cronista.
“L’eclissi ha scelto il Signore più valoroso che ha lottato su quest’antica Arena di Astreg. – cominciò - Di fronte a centinaia di gormiti il Signore vittorioso ha dimostrato proprio valore, vincendo i suoi avversari. Che parli ora chi ritiene che costui non sia adatto al titolo di Principe di Gorm!”
La folla tacque timorosa. I vulcanici bofonchiarono qualcosa silenziosamente, ma nessun’altro rumore giunse dopo il silenzio della richiesta di Sentraan.
“Carrapax Danul, siete voi quel Signore, e siete voi il Principe di Gorm. I Saggi vi consegneranno a breve la sacra pergamena del Principe di Gorm. Con essa, avrete tra le mani il futuro dei gormiti e di questa Isola. Scegliete con attenzione cosa farne. Prima che ciò accada, permettete che tutti noi ci inchiniamo di fronte a voi, in segno del vostro valore e della vostra supremazia.”
Come un sol gormita, Carrapax osservò Sentraan, dall’alto della sua postazione, i Saggi sulla loro tribuna, e tutti gli spettatori, gormiti del Vulcano compresi, lasciare i loro seggi e piegarsi in doverosi e rispettosi inchini. Elios, con le grandi ali avvolte ma ancora maestose, fece un inchino davvero magnifico, degno della sua figura e della sua bellezza.
Kolossus si piegò nell’inchino d’onore del Popolo della Terra, molto più profondo: la sua fronte toccò terra. Barbataus era ancora nella sua stanza con Paludis.
Carrapax ammirava tutto ciò, si sentiva orgoglioso. Ma più di tutto, si sentiva umile e voleva che i gormiti cessassero l’inchino, ma li lasciò fare. Sapeva perfettamente cosa fare del titolo di Principe di Gorm. Murena avrebbe approvato, tutto il Popolo del Mare avrebbe approvato.
I Saggi furono i primi ad alzarsi dal loro inchino. In fila, uno dopo l’altro, riccamente vestiti, con due Saggi del Mare a capo, primo dei quali Delos, il padre adottivo di Carrapax, con la dorata pergamena arrotolata sul palmo della mano e della chela, scesero dalle scalinate della loro tribuna, lentamente. Sentraan, ogni gormita tra il pubblico, i Saggi, Carrapax, erano tutti ammutoliti.
Il Signore del Mare deglutì.
Improvvisamente il cielo si fece scuro. Già lo era, a causa dell’eclissi che a breve avrebbe lasciato nuovamente il posto al giorno. Ma il cielo sopra Astreg si incupì, più nero della notte.
Oscure e paurose nuvole si ammassarono in fretta e furia sopra l’Arena, promettendo poco di buono.
I gormiti non badarono a quel curioso fenomeno, né Carrapax o i Saggi, imperterriti nella loro calma discesa dei gradini.
Un forte tuono, un fragore estremo, e gli occhi e le attenzioni di ogni gormita si rivolsero verso il cielo, dove scoprirono dunque l’insolito rannuvolamento, scosso da tuoni e temporali. I Saggi si fermarono un attimo a guardare anche loro le nubi nel cielo nero, disturbati dal frastuono.
Carrapax fu anche lui portato ad osservare il cielo nuvoloso di temporale. Nell’attimo in cui volse lo sguardo in alto, notò alcuni gormiti del Vulcano nella folla con strani sorrisi stampati sul volto.
Cominciò poi a piovere. Prima scarse, deboli e pesanti gocce presero a picchiettare la sabbia e la pietra, poi la pioggia si fece più forte.
Non era una normale pioggia: era una pioggia di fuoco.
“Proteggete la pergamena!” gridò disperato uno dei Saggi, piombandosi giù dai gradini, arraffando il rotolo di carta dorata e coprendolo nel suo mantello.
Per tutta l’Arena regnava il caos e la disperazione: la pioggia di fiamme non risparmiava nessuno, tutti cercavano di difendersi come potevano da quell’avvenimento spaventoso e inaudito.
Il fiato sospeso, il tripudio, la soddisfazione, il sollievo, la generale serenità che regnava per l’Arena fino a pochi attimi fa scomparve come una goccia di pioggia nel mare.
Non sembrava esserci alcune spiegazione per ciò che stava accedendo. Ma quando i pochi gormiti del Vulcano presenti, per nulla intimoriti dalle fiamme che cadevano dal cielo, si alzarono dai loro seggi, grossi e immovibili, per bloccare tutte le uscite, trattenere tutti i gormiti ai loro posti, passando senza pensarci due volte alle maniere forti, se non brutali.
Il Vulcano non si era affatto arreso! Non si era nascosto nella sua Valle, dopo la guerra. Aveva solo atteso il momento giusto per scatenare nuovamente la sua furia distruttrice. Ma a che scopo? Cosa contavano di fare quei soldati del Vulcano, con quella pioggia infuocata, quando tutti gli altri spettatori erano chiaramente in numero maggiore? C’erano anziani e bambini, vero, ma ciò avrebbe solo reso i gormiti più agguerriti, più cauti e letali, per proteggere i più deboli e i propri cari.
Carrapax, nonostante non al massimo delle forze e scombussolato da quella bizzarra e pericolosa svolta degli eventi, si mise subito a correre per aiutare i gormiti a liberarsi dai prepotenti vulcanici, che impedivano a chiunque di lasciare l’arena, con mura di fuoco, mentre la pioggia era cessata.
Non appena mosse il piede per voltarsi, vide una figura appoggiarsi sopra la postazione del cronista.
Una figura snella, mostruosa, quasi scheletrica. Era magro, ma le sue braccia e le sue gambe, protette da un’armatura sottile grigia e gialla dalle decorazioni di fiamma, erano muscolose.
Il suo torace era sottile e triangolare, con un petto massiccio, nudo.
Al braccio destro aveva un cannone lavico grigio, non coperto da corazza, composto da innumerevoli, sottili e appuntite membrane grigie.
Sulla sua schiena liscia e rossa come il sangue spuntavano due ali di ossa. Erano assurdamente scheletriche e piccole: mai avrebbero permesso a un gormita di volare. Forse erano finte, forse erano state bruciate e rose fino all’osso…ad ogni modo, sembrava avere abbastanza esperienza nell’uso della forza magica per volare e volteggiare senza problemi, come Carrapax poté notare quando saltò giù dalla postazione del cronista.
Infine, il suo volto era un terrificante teschio grigio, ruvido, apparentemente privo di pelle, contornato da due corna gialle che risplendevano come fulmini nella notte. I suoi occhi erano lucenti stelle morenti.
Carrapax trasalì alla vista di quel gormita nella sua interezza, di quel volto. Fu lui a parlare, puntando un indice accusatore verso Carrapax.
“Sono Orrore Profondo, Signore del Vulcano! E’ mio diritto lottare per il titolo di Principe di Gorm!” affermò rabbioso, in una voce talmente roca ma acuta da sembrare forzata, quasi innaturale.
Si alzò in un volo magico e, con la mano aperta in avanti, volò a tutta forza contro Carrapax, diretto al suo collo.
Il Signore del Mare non riuscì a evitare l’assalto o  a fermarlo, e si trovò la mano del misterioso vulcanico stretta attorno alla gola.
Ma l’intenzione del guerriero alato non era quella di strangolarlo, bensì buttarlo a terra. E non ci era riuscito, capace di spostarlo solo di mezzo piede.
Allora, con la mano ancora alla gola di Carrapax, lo fece ribaltare con una poderosa ondata di forza.
Carrapax fu spinto indietro, ma ancora non cadde. Si mise in posizione difensiva, pronto a combattere nonostante la stanchezza ancora dominante.
Tante domande gli ronzavano in testa: cosa voleva, perché fare tutto ciò, come contava di ottenere i suoi obiettivi ma l’unica cosa che gli uscì di bocca fu: “Orrore Profondo? Che razza di nome è?”
Il Signore del Vulcano non apprezzò affatto quella domanda e lo guardò storto, le labbra piegate dalla rabbia a mostrare i denti gialli.
“Che sfacciataggine! Chiedilo ai miei genitori, non a me.” replicò scontroso.
Sfacciataggine! E la sua cos’era, piombarsi nel mezzo dell’arena dopo aver avviato un attacco e chiedere il titolo di Principe di Gorm.
Ancora in volo, Orrore Profondo guizzò in avanti, piantando entrambi i piedi sul petto di Carrapax.
Con una capriola, mentre il gormita marino agitava invano le chele per acchiapparlo, si ritrovò dietro Carrapax, e lì ripete il calcio in aria, sulla schiena. Carrapax gemette prima di cadere a terra.
Non ancora soddisfatto, Orrore prese una chela del Signore del Mare, e strattonandolo lo rialzò.
Volteggiò di fronte a Carrapax, schivò lateralmente un goffo pugno della sua chela e, nello spazio liberato dal braccio, il Signore del Vulcano alzò la sua gamba per sferrargli una vigorosa ginocchiata nello stomaco, che fece rovesciare in avanti il volto e il busto al vero Principe.
Con la sua testa vulnerabile, Orrore ne approfittò per bombardarla con un calcio e un pugno, e infine, ficcò due dita nei suoi occhi.
Era ora del colpo di grazia. Atterrato, Orrore indietreggiò di qualche passo, tese il braccio con la mano. La mano era chiusa a pugno, con eccezione per l’indice e il pollice.
Dall’estremità dell’indice prese forma una minuscola sfera di fuoco, non più grande dell’occhio di Orrore o di Carrapax, ma il suo colore rosso sangue così intenso e il rumore che provocava la sua continua seppur lieve crescita la rendeva molto più potente di quanto le dimensioni potessero presagire.
Mezzo cecato, in un ultimo momento di coscienza dei suoi sensi e con un ultimo sforzo, Carrapax gettò una ventata d’acqua che spense il globo di fuoco in un mare di fumo.
“Nessuno sfugge alla Palla di cannone!” gridò Orrore stizzito, riprendendo immediatamente la posizione per il suo attacco. La sfera, più piccola di quanto egli desiderasse, fu di nuovo sull’indice di Orrore.
Abbassò il pollice. Come una freccia scagliata da un arco teso al massimo, la sfera si staccò dalla mano ad una elevata velocità, sibilando feroce. La velocità e il sibilo furono di poca durata.
La sfera esplose su Carrapax, riuscito all’ultimo secondo a porsi le chele davanti al corpo e al viso.
Le sue mani ne uscirono orribilmente mutilate, sanguinanti, doloranti. Carrapax cadde per l’ultima volta a terra, piangendo e respirando a fatica per tutto quel dolore.
Orrore Profondo fu soddisfatto di quella tortura, e sorrise maniacalmente.
Si voltò verso i Saggi sconvolti, mentre ancora i suoi vulcanici esercitavano il suo volere – non senza fatica - sugli spalti dell’Arena.
“Ho sconfitto il vincitore Carrapax! - ammise - Sono io il vincitore, adesso! - disse ridendo, con un dito puntato verso di sé - Sono io il Principe di Gorm! Consegnatemi la pergamena, Saggi!”
Davvero sfacciataggine: sconvolgere tutti i presenti nell’Arena di Astreg con quell’attacco e la mobilitazione dei suoi uomini. Colpire Carrapax quando meno se l’aspettava, quando era ancora stravolto e al minimo della forze dal recente scontro con Barbataus.
Ora esigeva di essere dichiarato Principe di Gorm, di fronte a tutti –e tutti sapevano cosa avrebbe fatto del titolo - e di farsi dare la pergamena. Non era di grande valore per lui o per i vulcanici. Ma dopotutto c’era anche la firma di Lavion quando era ancora Signore: significava qualcosa. E se gli altri gormiti la consideravano così importante, allora lo era anche per lui.
“Q-Questa è pazzia! - sbottò uno dei Saggi - E’ una vergogna! Non ti daremo mai il titolo!”
“Siete sicuri, Saggi?” li provò Orrore, sogghignando.
“Sicurissimi. Siamo pronti anche a bruciare questa pergamena.”
“Non lo farei, se fossi in voi. - lo avvisò Orrore sibilando - E non cambierà minimamente le cose. Ma forse possiamo contrattare, che ne dite?”
Orrore voltò le spalle ai Saggi, per avanzare nel mezzo dell’Arena e da lì alzarsi in volo, visto e udito da tutti.
“Scegliete, gormiti! - cominciò glorioso - Che i Saggi mi diano la pergamena del Principe di Gorm e con essa il comando di Gorm con mezzi pacifici, oppure li costringerò a farlo. Ho forze schierate in tutti i maggiori centri dell’Isola, pronte a gettare delle bombe a mio ordine!”
Alzò al cielo una sfera veggente – dove la teneva? - , poco visibile bel buio di Astreg ma rilucente di una luce propria.
“Non esiteranno a lanciarle, anche a costo della loro vita. E credetemi, la forza di quelle bombe è potente.”
Era vero quello che stava dicendo? Bombe e forze vulcaniche nelle città di Gorm? Se così fosse, erano in pericolo centinaia, migliaia di vite e non solo, e l’unica cosa che le teneva in vita era la volontà di Orrore Profondo, l’unico Signore del Vulcano. Avrebbe davvero ritirato le sue forze se avesse avuto il titolo di Principe?
Stava letteralmente tenendo in ostaggio intere città per avere quel titolo, e usarlo per ottenere il controllo assoluto dell’Isola di Gorm e di ogni singolo abitante. Stava davvero dicendo la verità?
“Sta a voi, gormiti, Signori, Saggi. - riprese - Consegnatemi la pergamena e la carica di Principe di Gorm, o passerò alle maniere forti.”
La folla era muta, paurosamente muta. Cosa fare? Cosa pensare? Era tutto profondamente ingiusto. Orrore Profondo non aveva il diritto di avere quel titolo, né di muovere le sue forze e minacciare i centri con attacchi terroristici. Non potevano prendere decisioni avventate, né potevano sapere che Orrore stesse dicendo la verità o fosse solo una finzione. Avrebbero potuto dargli quel dannato titolo, così le città sarebbero state salve – forse - per poi ribellarsi in seguito. Erano in numero decisamente maggiore, dopotutto. Ma se il Vulcano disponesse di quelle terribili armi in grandi numeri? Se il Vulcano, giunto a dominare l’Isola, ponesse tali bombe in ogni centro, ogni villaggio, per tenere a freno la rabbia, pronte ad essere usate in caso di ribellione?
No, il Vulcano non poteva avere quel titolo, quel dominio sull’Isola di Gorm. Ciò gli avrebbe permesso di mettere le mani sull’Occhio della Vita, e usarlo per espandere il suo tirannico dominio su molte altre pacifiche lande. Ciò non doveva accadere. Il Vulcano non doveva vincere.
Tutti i gormiti rimasero in silenzio, rabbiosi e intimoriti. Non avrebbero dato alcuna risposta.
“Esitate, dunque? - constatò Orrore Profondo - Molto bene. Non volevo passare a questo…ora vedremo se esiterete ancora.”
***
Le forze della Terra resistevano ancora contro l’imponente armata del Vulcano, la cui vista si perdeva per i meandri dei tunnel. Erano stati spinti fin quasi alle porte della Città Sotterranea, e le perdite erano state enormi.
Ora, una sola piccola svolta, ancora qualche passo indietro, e il cancello della Città Sotterranea, coperto dal Masso, sarebbe stato in vista a tutti.
Contro ogni timore per le bombe e le frecce, una volta abbastanza vicini all’entrata erano stati mandati dei messaggeri ad avvisare la città e Roscamar dell’incombente minaccia.
Alcuni dei messi furono colpiti e fermati, altri riuscirono a passare.
Ciò nonostante, la catapulta armata più vicina non gettò sui terricoli la sua letale granata.
Cosa avrebbero fatto? Avrebbero forse atteso l’uscita dei rinforzi, o l’entrata nella Città Sotterranea?
Gheos sperava vivamente che i rinforzi dalla Città arrivassero in fretta, e che ci fosse tra di loro qualcuno che avesse in mente qualche stratagemma per fermare le bombe, qualora fossero state lanciate, e magari respingerle sulle truppe vulcaniche.
Finalmente, le forze terricole, continuando ad essere spinte dai vulcanici, completarono la svolta, e si trovarono davanti al cancello nord - occidentale.
Il Masso era stato riposto a lato dell’entrata, il cancello spalancato, rinforzi terricoli bene armati correvano a piedi a soccorrere Gheos e gli uomini rimasti.
Sembrava che la situazione si fosse completamente ribaltata: anche se tardavano ad arrivare, gli uomini armati della Città Sotterranea erano chiaramente in numero superiore a quello dei soldati di Magmion e del misterioso cavaliere. Ma il problema e il terrore delle bombe rimaneva. Cosa aspettavano ad usarle, se davvero non temevano di morire loro stessi nell’usarle?
Gheos lottava ancora contro Magmion. Lo colpì al petto con una pietra, facendolo cadere all’indietro.
“Stai perdendo, Magmion. - rise Gheos trionfante. Magmion sollevò il capo, irato, con un ringhio.
- E non solo tu: l’esercito della Città Sotterranea e di Roscamar stanno arrivando, e per i tuoi mystica sarà finita.”
“Questo lo credi tu. - lo fece ricredere Magmion, strofinandosi il mento con la mano e rimuovendo un rigolo di sangue - I tuoi sporchi terricoli pagheranno con la vita la loro mancanza di paura delle mie bombe.”
Avanzò furioso verso Gheos, ancora riluttante a dare l’ordine di tagliare la corda – della catapulta.
L’ex-Signore della Terra fu pronto ad accogliere e a respingere ulteriori attacchi dal vecchio Signore vulcanico.
Quando una voce nuova e terribile pervase l’area attorno a Gheos e Magmion. Era una voce roca in cui i suoni aspri di lettere coma la t, la r, la z venivano resi ancora più duri. Non sembrava provenire da alcuna presenza tangibile lì intorno. Gheos non la conosceva…che fosse Magor?
Magmion invece, appena ne udì le prime parole, scattò subito sull’attenti, si immobilizzò e guardò in alto, come se chiunque stesse comunicando potesse vederlo o sentirlo meglio.
“I gormiti esitano, Magmion. - pronunciò malignamente - Che paghino per questa riluttanza. Lancia la bomba sulla gente della Città Sotterranea.”
Un sorriso diabolico deformò il volto di Magmion, che osservò un’ultima volta Gheos, prima di voltarsi e correre a dare l’ordine.
“No!” vociò Gheos spaventato, buttandosi con tutta la sua forza su Magmion che correva.
“Lanciate la bomba! Al cancell-off.” Magmion stramazzò al suolo, investito da Gheos, ma non prima che il suo ordine giunse a destinazione, chiaro e incancellabile.
Il vulcanico addetto obbedì. Estrasse la sua sciabola dal fodero e, con un fendente rapido e netto, recise la corda che teneva il tiratore della catapulta teso.
Fu un attimo, un sibilo. La catapulta scattò, la pietra letale fu scagliata con forza, lontano, nella traiettoria del cancello nord - occidentale. Crepitò rapida sopra gli sguardi scioccati e le bocche spalancate degli uomini di Gheos e poi dei soldati della Città Sotterranea, prima di toccare il suolo pochi piedi oltre il cancello.
Qualcuno che gridava “No!”, e poi un fragore assordante, un boato indescrivibile. L’esplosione, il fuoco. Corpi gettati in aria, mutilati, infuocati. Pietre, travi di legno, ciottoli sparati nel caos. Un rombo che scosse la terra e il soffitto, e rovesciò sulle forze della Terra e anche del Vulcano una pioggia di stalattiti.
***
“Il popolo della Città Sotterranea vi ringrazia, gormiti di Astreg! - esclamò Orrore Profondo, alzando al cielo ora nuovamente luminoso e soleggiato la sua sfera veggente - Grazie alla vostra esitazione, ora centinaia di gormiti della Terra sono morti, travolti dal fuoco e dalla roccia.”
“Tu menti!” gridò Kolossus, incredulo, coi denti di fuori.
“Siete liberi di non credermi, sciocchi. Ma quando tornerete alle vostre case devastate allora capirete di aver fatto la scelta sbagliata! Ho ordinato solo alle forze che assediano la Città Sotterranea di usare la bomba: ho ancora uomini nella Foresta e diretti a Picco Aquila, che attendono solo un mio ordine!” e alzò in bella vista la sfera veggente. Una mossa discutibile.
Grifon, il Saggio dell’Aria tese la sua mano artigliata senza essere notato, e con grande forza e concentrazione, prese sotto il suo controllo la sfera veggente e la strappò via dalla stretta di Orrore Profondo, gettandola fuori dall’Arena.
Quando Orrore sentì che la sua sfera non era più nella sua mano, si infuriò.
“Chi è stato? Chi è stato?! - gridò disperato - Chi si è opposto al Principe di Gorm?! E va bene. Non temete per le vostre città, forse temerete questo!”
Diede una rapida occhiata ai gormiti trattenuti sui seggi dell’Arena, scegliendo con cura la sua vittima…il suo primo bersaglio. Volò rapido verso una famiglia di forestali. Essa lo vide arrivare, volare verso di loro con quello sguardo malvagio, tentò la fuga, la difesa. Ma gli uomini di Orrore impedirono loro qualsiasi tentativo di evitare la volontà del Signore del Vulcano.
Prese per la gola la bambina del Mare che era con loro che, con un grido acuto di paura, fu strappata dalle mani dei suoi genitori e portata nel mezzo dell’arena.
Senza alcuna grazia o pietà, Orrore Profondo pose forte il suo piede sul petto della bambina, tenendola immobile sulla sabbia. Puntò il dito indice contro di lei, forgiando la Palla di cannone.
“Rendetemi Principe di Gorm, ORA! - esigette - O le farò saltare la testa!”
La folla era terrorizzata, non aveva idea di come agire.
“Sarà solo la prima delle teste che cadranno, se non vi spicciate!” li avvisò tutti, mentre la cucciola della Foresta frignava e singhiozzava.
“I miei soldati saranno pronti a uccidere. Avete davvero commesso un grande errore a lasciarli entrare!”
“Adesso avete paura, eh? Ipocriti! - seguitò Orrore Profondo - Non avete avuto timore per le dozzine di morti che ricoprono ora i tunnel della Città Sotterranea, così lontani da voi, e ora tremate per una sola vita, per una sola bambina! Siete pessimi!”
Barbataus si era svegliato, dopo essere stato medicato mentre Carrapax veniva acclamato e ascoltava il discorso di Sentraan. Nonostante l’età e le brutte ferite riportate, si era ripreso piuttosto velocemente, cosparso di bende e cerotti e riempito di energia, forse da Paludis.
Avevo riaperto gli occhi solo quando l’eclissi scomparve e ritornò la luce che disturbò il suo sonno.
Osservò e sentì Orrore Profondo lottare con Carrapax, vincerlo, ed esprimere le sue richieste e i suoi ricatti. E ora minacciava la vita di una piccola gormita della Foresta.
La posa di Orrore Profondo, la sua minaccia, l’incombenza della morte sulla giovane figlia del bosco, il suo tono, la sua rabbia, facevano riaffiorare oscuri ricordi da tempo sepolti nella mente di Barbataus, che riempivano il suo legno di nuova paura, ma anche ira ed energia.
Trent’anni e più fa, Barbataus aveva assistito al più grande orrore della storia dei gormiti: il Grande Sacrificio, il genocidio di un’intera razza per le mani degli infuocati gormiti del Vulcano, una grande ed esagerata vendetta per secoli di discriminazione.
Barbataus era riuscito a salvarsi con la moglie, fuggire nei mari del sud dove aveva aiutato a costruire la città di palafitte e in cui aveva abitato per anni. Ma prima di essere capace di lasciare Gorm, aveva visto suo figlio morire, abbandonare la sua anima alle Somme Forze senza che Barbataus potesse fare nulla per aiutarlo.
Non sarebbe successo di nuovo: non avrebbe lasciato che un altro forestale morisse sotto i suoi occhi.
Alzò silenziosamente la grata, accompagnato dal vendicativo Paludis, e sempre muto come un pesce si avvicinava ad Orrore, che gli dava le spalle, e continuava a provocare la folla.
Con un vigoroso pugno nella schiena fece urlare e stramazzare Orrore Profondo, lontano dalla bambina, mentre la Palla di cannone sfumava in fiamme che si spegnevano nell’aria.
“Va’, corri!” intimò alla cucciola di gormita, con il volto rigato dalle lacrime e la forza che gli mancava per la paura. Riuscì ad ogni modo ad alzarsi e ad incespicare fino alla grata aperta da Barbataus.
Orrore ritornò subito l’attacco, assalendo Barbataus con un getto infuocato dal suo cannone. Il Signore della Foresta si ritrovò col petto in fiamme. Non avrebbe potuto combattere, non prima di aver spento quel fuoco che minacciava la sua vita. Paludis prese rapido il suo posto.
Il piccolo Saggio della Foresta si avventò con una furia sproporzionata sul Signore del Vulcano, bloccandogli il cannone a braccio con le liane del braccio sinistro mentre col destro lo tempestava di pugni e con la testa di cornate.
Sollevò dunque il corpo di Orrore Profondo – una vista davvero spettacolare - , stringendo per bene le liane alle sue braccia, e lo gettò sbattendolo al suolo. Gli saltò poi sulla schiena potentemente, e in seguito avvolse la sua testa con le liane, mentre tentava di strappargli le ali di ossa con le mani libere.
“Muori, figlio di puttana!” esclamava Paludis.
Orrore gemeva acute grida di dolore. Ma infine riuscì a capovolgersi, gettando il Saggio della Foresta nella sabbia e liberandosi delle sue dolorose morse.
Con un ringhio terribile, riversò su Paludis un getto di fuoco e pietra lavica senza fine. Anche Paludis fu dunque fuori combattimento, dovendo spegnere le fiamme che imperversavano su di lui.
Seguendo l’esempio dei due politici della Foresta, senza più alcun ostaggio per cui esitare, tutti i gormiti presero a difendersi veementemente dalle prepotenze dei vulcanici e a evadere dai loro sbarramenti.
Orrore Profondo non fu affatto contento di ciò che stava accadendo.
“Conteneteli, trattenete quei bastardi!” urlava, vedendo che i vulcanici in numero nettamente minore venivano sopraffatti dalla rivolta.
All’improvviso Orrore fu anche lui sopraffatto, ricevuto un forte colpo di nuovo alla schiena, che lo gettò con la testa nella sabbia. Era la carica di Kolossus.
“Puah, dannazione!” bofonchiava Orrore, rialzandosi e sputando sabbia. Caricò un colpo del suo cannone, solo per essere fermato e afferrato da un gormita in volo.
Elios lo afferrò per le braccia, volando rapido, e facendolo schiantare contro la parete dell’Arena.
“Chi è pessimo adesso?” lo provocò ridendo Elios, guardandolo soddisfatto mentre cadeva al suolo, con la schiena che strisciava sul muro.
“Bruciate, tutti quanti!” imprecò Orrore Profondo, mentre cercava di rialzarsi, riuscendo solo a inciampare. Stava andando in fumo. Non poteva dare ordini agli altri eserciti, non da lì. I suoi uomini stavano fuggendo. Non poteva più sperare di ottenere il titolo di Principe di Gorm, non più.
“Non è ancora finita! - urlò - Magmion, Lavion ed Electricon sono ancora là fuori! Raderanno al suolo le vostre insulse città!” e, con un ultimo briciolo di energia e l’incantesimo di trasporto rapido, sparì.
***
Mentre Barbataus, Paludis e Carrapax venivano medicati, Kolossus e Gravitus si preoccupavano per le sorti della Città Sotterranea e sugli spalti i vulcanici vinti tentavano la fuga – ora erano gli altri gormiti a impedire loro di scappare e a trattenerli sui seggi, riuscendoci molto meglio - la porta dell’Arena si spalancò.
A uscirne fu Tasarau Fegri, Saggio della Foresta. Aveva in spalla un corpo gormita avvolto da una rete da caccia.
Tutti – o quasi - i presenti si voltarono di scatto verso la porta, temendo un altro attacco. Furono sollevati ma quanto meno stupiti di trovarsi Tasarau.
Egli, imperturbabile dagli eventi che avevano scosso il Torneo e dal suo esito, avanzò deciso poco più avanti a sé, e si tolse di dosso pesantemente il peso rinchiuso nella trappola di corda, senza dare mostra di grande rispetto per esso, fosse vivo o morto.
Gettò forte a terra il corpo del gormita vulcanico spento, svenuto. Un panno gli teneva bloccata la bocca, delle manette gli mantenevano ferme e inutilizzabili mano e chela grigia. Quest’ultima pareva anch’essa priva di sensi come il suo ‘padrone’, se così si può dire –riguardo i sensi.
“Fegri, che cosa fate qui?” gli chiese uno dei Saggi del Torneo dell’eclissi, sorpreso come gli altri della sua apparizione e di quel vulcanico prigioniero, ma più che altro memore del giuramento che lui e gli altri tre Signori dei suoi anni avevano in fatto in riferimento al Torneo e ai combattimenti.
“E che cosa significa questo?” continuò mostrando ora turbamento per il ‘regalo’ che aveva portato ad Astreg, indicando Lavion svenuto.
Gli altri gormiti, pur impegnati in altre faccende quali la cacciata e la cattura dei nemici vulcanici, la cura dei feriti, la riflessione sulle parole di Orrore Profondo, pur senza rivorgerglisi direttamente, avevano la stessa domanda, e attendevano la risposta.
“Guidava un attacco vulcanico nella Foresta Silente. - rispose insolitamente freddo Tasarau - Un priore ci ha avvisato dell’arrivo con il suono della campana, e le forze della Foresta nascoste sono apparse per respingere il nemico…”
Qui fece una pausa e rivolse il suo occhio e la sua voce verso Kolossus in particolare, che da parte sua diventò molto interessato in ciò che aveva da dire Tasarau. Alla notizia di quell’attacco di Lavion, che Orrore aveva nominato tra i suoi sgherri prima di scomparire, fece trasalire tutti quanti, in particolar modo i terricoli, sì, ma anche gli altri, atterriti che le minacce di cui li aveva avvisati il Signore del Vulcano fossero altresì reali.
“…in uno dei cunicoli scavati dal Popolo della Terra, da cui Lavion era arrivato”
“Che cosa?!” pianse Kolossus, che si trovava ora il peso delle numerose vittime alla Città Sotterranea, cadute dall’attacco di cui Orrore lo aveva avvertito.
“Ho interrogato Lavion. - continuò Tasarau - C’è un gruppo di vulcanici diretto a Picco Aquila, dalla spiaggia di Dalarlànd sullo Stretto. Sono stato contattato da Noctis, e mi ha informato che il gruppo è stato intercettato. Gli ho fornito alcuni dei miei per aiutarlo a fronteggiarli: Orsol è al sicuro.”
“E del Mare? Che mi dite del Mare? - chiese Delos turbato - Vi ha detto qualcosa?”
“Le forze dirette alla Città Sotterranea e al Bazaar sono congiunte. Ma l’unica galleria accessibile che porta al Bazaar si dirama dalla Città Sotterranea. Se non è stata ancora presa, Bazaar è fuori pericolo…per ora.”
“E allora muoviamoci, dannazione! - sbraitò Kolossus esasperato, desideroso di vendicare i caduti, di far valere il suo stato di Signore e di impedire che altri terricoli cadessero morti per la follia del Vulcano - Dobbiamo andare alla Città Sotterranea e fermarli!”
“La fretta porta cattivi consigli, Kolossus. - lo fermò Barbataus, oculato e mai precipitoso - Non arriveremo mai in tempo alla Città, e inoltre ricordati di quelle bombe. Non puoi rischiare che le usino ancora, senza un piano.”
“Ma non possiamo rimanere qui! - gridò il Signore della Terra - La mia città, la mia gente, è in pericolo, e lo sarà anche quella del Mare se non interveniamo subito. Ci dev’essere un modo per fermare le bombe.”
“C’è eccome.” rifletté Tasarau, con una mano al mento, rimuginante.
“Fateci capire.” lo pregò Kolossus, riempito di speranza da quelle parole.
“Serve con qualcuno con esperienza, e precisione. Qualcuno abbastanza abile con magia e forza magica che possa, se lanciate, fermare la bombe per neutralizzarle, o rimandarle a quelli del Vulcano.”
Tra il pubblico, carico di odio e di vendetta – temperata dai sempiterni ideali di rappacificazione con il Vulcano, che però scemavano ad ogni loro insurrezione - per quell’azione così subdola, inclusi anche i giovani, di qualsiasi Popolo, desiderosi di farla pagare cara al Vulcano per quel colpo basso, emersero numerosi abili stregoni, che avrebbero offerto le proprie doti ed esperienze per salvare la Città Sotterranea dalla cattura e dalla catastrofe, e lottare insieme per il bene comune.
“Ci siamo, dunque. - esclamò sempre più convinto e speranzoso Kolossus - Ora ci resta solo il problema del trasporto.”
Ed era un gran bel problema: come portare alla Città Sotterranea, in breve tempo un numero abbastanza grande di gormiti da fronteggiare l’esercito vulcanico?
“Per fortuna porto sempre con me qualche accessorio, che gli déi siano lodati.” rise Tasarau, interrompendo la freddezza con cui aveva conversato fino ad ora, rovistando tra le sacche che teneva legate alle gambe a mo di tasche.
Era davvero un colpo di fortuna, talmente grande e puntuale che il Saggio della Foresta non potè trattenersi dal ridere della grossa, - scatenando un certo disappunto tra i gormiti attorno a lui - sussurrando ringraziamenti ai semidei per quel dono.
“E per fortuna non ho usato questi per venire qui.” terminò, estraendo  appoggiando a terra diversi cristalli e sacchetti pieni di polveri.
“Posso creare un varco spaziale per portarvi nei pressi della Città Sotterranea, ma qualcuno abbastanza forte dovrà restare indietro ad aiutarmi: sarà un varco bello grosso, e dovrà durare non poco. E io da solo non posso crearne uno abbastanza largo né farlo durare molto.”
I volontari non mancavano, anche se tutti preferivano di gran lunga soccorrere i terricoli alla Città e combattere contro i vulcanici che restare nell’arena, ma comprendevano che aiutare Tasarau con il varco spaziale era utile ed aiuto tanto quanto l’ausilio militare.
Il desiderio di dominio, di sopraffazione di un Popolo sugli altri, di conquistare Gorm, i disaccordi tra i Popoli, tutte queste cose che erano alla base di quel Torneo appena terminato sembravano essere svaniti nel nulla, di fronte alla minaccia comune del Popolo del Vulcano nei confronti delle loro case e dei loro cari.
Tasarau procedette, tracciando un largo cerchio sulla sabbia dell’arena, passando poi a disegnare numerosi linee rette di diversa dimensione all’interno, insieme a formare la caricatura di una stella a punte a multiple.
Sparse diverse polveri lungo i solchi di tali linee, pronunciando parole nella lingua magica ad ogni passaggio, proseguendo poi a collocare i cristalli appropriati in precisi punti del cerchio sulla sabbia, accompagnati da ulteriori formule magiche.
Il cerchio del varco spaziale era davvero enorme, coprendo poco meno di un quarto di tutta la sabbia dell’Arena –e non è poco, l’assicuro - permettendo a circa una dozzina di massicci gormiti di passare dall’altra parte.
Il materiale era pronto: mancavano solo le coordinate e l’attivazione finale dello squarcio spaziale.
“Dove credete sia meglio arrivare?” domandò, sempre pronto, Tasarau.
“Sconsiglio di porci dietro alle forze del Vulcano. - proruppe Gravitus al fianco di Kolossus - Non abbiamo idee precise di dove siano, e da dietro di loro avremo poca possibilità di fermare le bombe”
“Giusto. - concordò Kolossus - Allora li fermeremo dal davanti, e li spingeremo da dove sono venuti. Tutti d’accordo?” chiamò a gran voce. Le forze unite di Terra, Foresta, Mare e Aria vociarono all’unisono la loro approvazione per il piano, pronte a lottare.
Tasarau inserì allora le coordinate fornitegli da Gravitus. Affiancato da vigorosi gormiti pronti a passargli la loro energia.
Il fragore come di un tuono, di centinaia di tronchi che si spezzano.
Un disco nero, un’apertura sul vuoto. Nel mezzo dell’Arena di Astreg, laddove era stata disegnata la stella inscritta, ricca di cristalli e polveri luminose, comparve una breccia spaziale, una rottura nello spazio che collegava due luoghi tra loro lontanissimi.
“Coraggio, gormiti! - li incitò Kolossus, battendo due dei suoi pugni e sollevando in aria i restanti - Salviamo la città della Terra! Salviamo Gorm!”
Un coro di grida di battaglia provenivano dal profondo dell’anima di ogni gormita, anche degli aiutanti di Tasarau, terminò l’evocazione di Kolossus. Ognuno di essi bramava aver la propria personale vendetta per tutte le disgrazie che il Popolo del Vulcano aveva recato ai gormiti, e per fermarli da compierne l’ennesima.
“Non vedo l’ora di spaccare qualche testa.” disse sogghignando Paludis, pregustando gli arti che si sarebbero spezzati sotto la sua presa temprata da decenni di allenamento.
“Verrò anch’io.”affermò Carrapax risoluto, ponendosi al fianco di Kolossus, guida delle forze di Astreg, il primo che sarebbe saltato per la Città Sotterranea.
“Carrapax, no.” rifiutò Kolossus turbato, che sperava ardentemente di poter lottare fianco a fianco con il Signore del Mare dopo essere stato vinto nel Torneo, ma che ora era preoccupato per la salute del suo amico. Dopo essere stato massacrato da Orrore era stato riempito di energie e medicato grossolanamente – per quel torneo le riserve dell’Arena erano state rifornite meno del solito, e di certo i direttori non si aspettavano che la situazione potesse peggiorare a quel modo - , ma le sue chele, che avevano subito il danno peggiore, mostravano ancora vivide ferite che avrebbero impiegato diverse settimane prima di rimarginarsi completamente.
“Sei ancora stanco e ferito. Resta qui, aiuta Tasarau, se vuoi.” gli consigliò il Signore della Terra, premuroso.
“Posso combattere. - asserì Carrapax, indiscutibile - Voglio combattere”
“Datevi una mossa, per il becco di Praconrem.” li avvertì alterato Tasarau, che stava tenendo aperto il varco per niente, fino ad ora.
Kolossus non comprese le ragioni per cui Carrapax voleva unirsi a lui. Ciò nonostante, capì che fargli cambiare idea sarebbe stata una perdita di prezioso tempo, e accettò il suo aiuto.
“Grazie.” sussurrò Carrapax a Tasarau, prima di entrare nella rottura. Egli chiuse l’occhio, e annuì semplicemente.
***
Uno dopo l’altro, guidati da Kolossus e Carrapax, terricoli, forestali, aerei e marini a centinaia armati più che altro della propria pelle, si ritrovarono nella strada principale della Città Sotterranea.
Il cancello nord - occidentale, distrutto, ricoperto di cadaveri e macerie, era ben visibile.
L’esercito della Città Sotterranea era in movimento contro l’amalgama rossa e grigia che premeva oltre il cancello contro una minutissima forza gialla e bruna.
All’arrivo di quella truppa così variopinta, i civili e i soldati che andavano a ingrossare la schiera in movimento rimasero basiti. Non si aspettavano rinforzi, tantomeno provenienti dagli altri Popoli.
Kolossus, in carica di Signore della Terra, decise di dedicare loro qualche parole per incoraggiarli a scacciare gli invasori, mentre comandava le forze radunate ad Astreg verso il cancello devastato, osservando con rammarico e rabbia i corpi esanimi vittime della bomba.
“Oggi il Vulcano ha mostrato il peggio di sé, e ha mietuto numerose vittime: non ne mieterà altre, non oggi, è una promessa! I Popoli si sono riuniti, e il Vulcano non potrà opporsi più a noi con la stessa forza di un tempo! Non temete le loro armi, e abbiate a cuore una cosa sola: il bene di Gorm, oltre che di questa Città e dei vostri cari, la sicurezza dell’Occhio della Vita! Se falliremo, lo faremo con onore, resistendo con quanta forza abbiamo nell’animo di fronte alle avversità, macchiando queste gallerie dell’ignobile sangue del Popolo del Vulcano. Avanti!”
Quelle parole rincuorarono e infiammarono gli animi gli animi dei combattenti, e dei civili, diversi dei quali decisero di abbandonare le proprie abitazioni, aprire le proprie porte e unirsi alla valorosa marcia della vittoria.
Le parole, ripetuto ed echeggianti, giunsero alla piccola resistenza di Gheos e alle forze di Magmion e del misterioso cavaliere, che ora temevano per la riuscita del loro piano.
Gormiti vigorosi ed energici piombarono fuori dal cancello distrutto, forti della rinnovata alleanza tra i Popoli di Gorm.
La loro carica fu immane e devastante, molto più potente e sostanziosa della spinta che i vulcanici davano verso la Città Sotterranea, così vicina, vulcanici che avevano dalla loro parte solo il fuoco e la pietra, opposti dalla forza combinata di aria, acqua, roccia e legno.
“Maledetto Orrore!” sbraitava Magmion, che con quell’improvviso arrivo di rinforzi vedeva i piani del Popolo del Vulcano sfumare davanti ai suoi occhi.
“Come sono arrivati qui questi? Che diamine ha combinato all’Arena quell’incompetente?! Animo, soldati! Orrore ha fallito, ma non ci arrendiamo: abbiamo ancora tre bombe. I gormiti si pentiranno di non averne paura. Sganciatene un’altra!”
L’ordine fu ricevuto immediatamente, e non discusso, obbedito senza ripensamenti.
I vulcanici non avrebbero indietreggiato per nessuna ragione, non ora che le porte della Città Sotterranea distavano ormai poche decine di piedi, e avrebbero usato qualsiasi risorsa in loro possesso per raggiungere il loro scopo, e sarebbero giunti anche alla morte per difendere il loro onore.
La corda tesa fu recisa, la catapulta scattò in avanti, la bomba gettata in alto.
Il gruppo di Kolossus si era preparato come riteneva opportuno contro quell’evenienza, ma il terrore che scaturiva quella pietra così piccola per i danni che poteva arrecare, e non esser per nulla sicuri di essere in grado di fermarla né averla mai vista in azione era comunque alto.
Ma i gormiti non si dovettero preoccupare di nulla di ciò: la bomba fu sospesa a mezz’aria, mentre i gormiti tutti con il fiato sospeso, stupiti, perché nessuno di loro si era mosso a fermarla.
Apparso dal nulla, c’era il Vecchio Saggio, agguerrito, col bordone di legno puntato verso la bomba.
I suoi abiti e il bastone con lo smeraldo erano macchiati di sangue…ma non sembrava il suo sangue. Non presentava ferite visibili e i suoi panni erano intatti.
Senza pensarci due volte, una volta che la bomba smise di accelerare, dominata dalla forza magica dello stregone, il Vecchio Saggio la reindirizzò dietro di sé, verso i vulcanici ancora indietro nel tunnel. L’esplosione, le perdite, il fracasso furono immani. Ma anche la paura per il potenziale, oltre che per il frastuono, che quell’arma frutto dell’ingegneria e del progresso possedeva nonostante le sue dimensioni.
Dopodiché, con trasporti rapidi in successione, lo stregone elfo si pose di fianco a Kolossus, Gheos e il Principe di Gorm, a guidare insieme a loro la resistenza.
“Vecchio Saggio!” esultò Gheos, sorridente, sollevato dalla presenza dell’arcano stregone, la loro guida da anni.
“Dove eravate? Cosa vi è successo?” chiese poi, guardando con preoccupazione il sangue sui suoi vestiti.
“Lo Stregone di Fuoco mi ha tenuto occupato. - rispose sbrigativo - Nulla di importante, adesso. Ora sono al mio posto, al vostro fianco ad aiutarvi.”
Ora che anche il Vecchio Saggio si era unito al contrattacco, la forza dei gormiti alleati fu inarrestabile.
Magmion non era per nulla intimorito dalla maggiore forza numerica del nemico, né dal loro uso intelligente della loro bomba contro i suoi proprietari, e se lo era non lo dava a vedere. Avrebbe lottato fino alla fine. La fuga? La resa? Parole che non gli erano familiari, usate solo dai suoi avversari.
Ma l’altro capitano vulcanico, il cavaliere assassino di Lacamos, non era della stessa impressione.
“Magmadoni, richiamate i vostri uomini. - gli intimò - Qui abbiamo finito, abbiamo perso.” ammise con un tono per nulla turbato, quasi la sconfitta non lo toccasse.
“Taci! - ringhiò Magmion - Io non mi arrendo, combatterò fino alla fine!”
Il misterioso cavaliere gli menò una scappellotto col suo guanto metallico. Magmion fu sconvolto da quella mossa così inaspettata…così insolita e moderata, per un vulcanico. Quando uno voleva far valere la sua opinione, non esitava a passare alle maniere forti. Ma quel gesto, quel colpo, non rispondeva del desiderio del cavaliere in armatura di farsi valere sul Saggio Magmadoni. Bensì, sembrava più che altro un rimprovero, un invito a ragionare.
Ma qualunque fosse il motivo di quell’azione, Magmion non era tipo da farsi mettere le mani in faccia così facilmente. In un’altra situazione, Magmion avrebbe violentemente restituito il favore, che il suo nemico avesse una corazza oppure no. Ma quell’occasione fu diversa: non provò l’impulso di svitargli l’elmo e dargli un pugno in mezzo agli occhi – o all’occhio. Qualcosa lo tratteneva.
“Non fate  il babbeo, Magmadoni. - lo sgridò dunque - Nessuno vi ricorderà come eroe per esservi opposto a sconfitta certa, e aver guidato i vostri uomini allo stesso destino. La situazione non è vitale da agire in tal modo. Non possiamo rischiare di perdere altri uomini e di sprecare altre bombe: sapete bene quanto sono costate. Ma i soldati sono più importanti. Il Vulcano ha bisogno di un futuro.”
“Rimanete pure, se volete. - lo provocò infine, mostrando una certa critica per i metodi e le idee di Magmion, per il suo stesso personaggio - Ma non fate fare ai vostri soldati una fine così inutile.”
Magmion ruggì in disapprovazione. Ma per quanto fosse contro i suoi canoni, contro i canoni di ogni vulcanico che si rispetti, se non addirittura di ogni gormita fuggire da uno scontro, comprendeva che altre perdite, dopo quella bomba andata a vuoto, sarebbero state svantaggiose e poco onorevoli.
Alla fine, urlò: “Ritirata, ritirata!”
In successione, chi riluttante come Magmion, chi contento di tale decisione a seguito della piega che avevano preso gli eventi, le forze di Magmadoni e del cavaliere fecero rapido dietrofront, raccogliendo quanti più caduti potessero per render loro meritati onori funebri, mentre i gormiti alleati, continuavano ad attaccarli, senza però inseguirli e respingerli oltre.
***
Un numero esagerato di gormiti, mai visto prima in quel luogo, si ammassava su Iustinsula, giunto con grandi e maestose e raffinate navi. Le imbarcazioni recavano le insegne di ogni Popolo, meno quelle di Monte Vulcano.
Ad accompagnare i Signori dei Popoli e il Principe di Gorm il Vecchio Saggio e numerosi gormiti di ogni ceto e classe, disposti a pagare un’esigua quantità di sale nero e i più veloci a procurarsi i permessi per poter partecipare a quell’evento così esclusivo. Una cerimonia davvero straordinaria, ma Iustinsula era davvero piccola, e non poteva ospitare tante persone.
Vi erano numerosi Saggi, riconoscibili dalle loro vesti lunghe e dai preziosi ricami, tra cui tutti quelli che avevano lavorato come direttori del Torneo dell’eclissi.
Parecchi altri gormiti, provenienti da ogni Popolo, stavano ultimando i lavori di restauro della Rocca di Iustinsula. Le erbacce, i rampicanti che in quegli anni di disuso l’avevano completamente conquistata venivano rimossi. Il pavimento veniva spolverato, le mattonelle riparate, le pareti risanate e ridipinte. Per tutto il giorno precedente operai e maniscalchi erano stati mobilitati su Iustinsula per rimettere in sesto la rocca, e oggi terminavano il lavoro.
Fuori dalla Rocca, dalla parte opposta di dove Signori e gormiti attendevano di entrare per la cerimonia, erano ammucchiati carri, carriole, pacchi di legno, contenenti statue, quadri, pergamene di dichiarazioni del passato, collezionate dai maggiori centri di cultura di Gorm, come la Biblioteca Silente, il Rifugio della Rugiada, l’Armeria di Roscamar. Dagli esperti scultori di Orsol e di Colle Tempesta era stata costruita un’imponente scultura finemente dipinta di Carrapax, Principe di Gorm, insieme a un’altra statua, decisamente di uno stile più astratto, che doveva rappresentare il Principe di Gorm dei tempi andati.
La Rocca di Iustinsula sarebbe d’ora in poi servita come museo e come luogo d’esposizione dei grandi trattati stipulati tra i Popoli di Gorm.
Come luogo definito neutrale da tutti i maggiori capi durante la Grande Guerra, qualsiasi gormita era libero di recarvisi e in totale sicurezza, compresi i gormiti del Vulcano, mentre la rocca sarebbe stata tenuta in ordine periodicamente da una congrega di gormiti di diversi Popoli.
Non c’era da aspettarsi che i vulcanici rispettassero la neutralità e la pace di Iustinsula, anche se per tutta la guerra era stato così. Ma dopotutto, quando ognuno degli attacchi sleali del Vulcano fu sventato, Orrore Profondo fu obbligato a firmare una pace con gli altri Signori, in cambio di vulcanici, tra cui Lavion e diversi altri presi ad Astreg, che i gormiti tenevano in ostaggio.
Nulla di concreto: i vulcanici non si sarebbero fermati di fronte alla carta, ma per il titolo di Principe lo avevano fatto, e sarebbe stato così anche in questa occasione, giacché nel trattato di pace era stabilito che se il Vulcano avesse rotto la pace entro il tempo stabilito – intorno ai due anni - , i Popoli non avrebbero esitato a unirsi contro di lui e ad attaccarlo, qualunque fosse stata la presa di posizione del Principe di Gorm nei confronti dei poteri di quel titolo.
Infatti, dopo la rivelazione degli oscuri tranelli tesi dalla gente di Monte Vulcano e dalla rapida mobilitazione dei gormiti riuniti ad Astreg in aiuto alla Città Sotterranea, né il giorno seguente, non vi era mai stato il tempo di tenere la cerimonia esclusiva e immancabile che avrebbe conferito ufficialmente a Carrapax la carica di Principe di Gorm, la cui pergamena sarebbe stata poi privata di qualsivoglia attribuzione di potere e inquadrata, insieme al trattato di pace.
Quel giorno, quando gli operai e tutti i facchini diedero segnale di lavoro terminato con sonore scampanellate, la cerimonia si sarebbe tenuta.
Carrapax abbandonò la folla che lo accerchiava, che lo aveva ringraziato, adulato, interrogato fino a quel momento, per seguire i Saggi del Torneo nell’entrata della Rocca e nel salone.
Lì, Delos con il rotolo dorato nella mano e gli altri Saggi si posero su un piedistallo, da cui poterono vedere dall’alto l’umile Carrapax, inchinatosi sulle ginocchia, col volto chino. Dietro di lui, Barbataus, Elios, Kolossus, lo stregone e tutti i gormiti, che attendevano in silenzio la fine della cerimonia e l’inizio del banchetto celebrativo, che si sarebbe tenuto per motivi di spazio fuori dalla rocca, in tavoli preparati per l’occasione.
“Carrapax Danul, Signore del Mare. - cominciò Delos solenne - Avete sconfitto valorosamente e con abilità gli altrettanto valorosi ed abili avversari che vi siete trovato davanti durante il sacro Torneo dell’Eclissi. Il Signore della Terra Kolossus, il Signore della Foresta Barbataus, il Signore dell’Aria Elios, noi Saggi del Consiglio, e spero molti dei gormiti qui presenti che non si sono sognati di perdere questo magnifico momento, siamo testimoni della dimostrazione della tua virtù, e del tuo diritto di salire alla prodigiosa carica di Principe di Gorm.”
“Come pattuito tra Lavion Magmadoni, Noctis Emarant, Tasarau Fegri, Gheos Massas e Poivrons Legheri, Signori di Gorm a loro tempo, e stabilito in questo consacrato foglio, spetta a voi la decisione di come assumere questo titolo, questa responsabilità. Volete voi assumere il totale comando dei Popoli dell’Isola di Gorm e riunire fino alla fine dei vostri giorni il governo nei territori del Popolo del Mare, oppure desiderate ignorare questa possibilità, e assumere solamente una carica spirituale e simbolica per i gormiti vostri pari? Avete avuto il tempo di riflettere, Signore del Mare: prendete ora la vostra decisione.”
“Non assumerò il comando di gente su cui non ho alcun diritto di comandare.” espresse sonoramente e sicuro di sé. Molti tra la folla dietro di lui, tra cui Elios, che aveva altri progetti in mente, furono molto stupiti di quella decisione. Tutti gli altri, compreso il Vecchio Saggio, condivisero invece la visione delle cose di Carrapax e la sua decisione.
“Se io dovessi, scatenerei il malcontento tra la gente che abita nella Valle del Vulcano. - spiegò poi, ancora col capo chino e sulle ginocchia - E il malcontento tra i Popoli alleati, che si troveranno costretti a prendere le armi contro Monte Vulcano. Non spingerò la mia gente, i miei cari, ad un’altra guerra.” Qui alzò il capo e sciolse l’inchino, più convinto e irriducibile che mai.
“La mia decisione è di diventare guida simbolica e spirituale. A tutti dispenserò consigli, di tutti sarò l’umile servo; a nessuno negherò il mio aiuto.”
“Così sia, Principe di Gorm. - replicò Delos, accondiscendente e soddisfatto della scelta del figlio
- Le vostre decisioni non saranno obiettate. Ora siete ufficialmente ciò che avete desiderato di essere: guida simbolica. Questa carta non ha ora più alcun valore materiale.” disse, sollevando in aria e srotolando il foglio dorato, prima di farlo passare in mano a tutti i Saggi alla sua destra e a un operaio forestale, che procedette a infilarlo in una tela di quadro, e ad appenderlo a una parete.
“Che i semidèi proteggano il Principe di Gorm ed ogni abitante di questa meravigliosa isola.” dissero infine in coro tutti i Saggi sul piedistallo
“Che il banchetto abbia inizio, e che Gorm possa prosperare!”
***
“Tutto per colpa di Lavion! - gridava, triste e iroso allo stesso tempo, camminando in torno nella sua stanza, alta all’interno del Monte Vulcano, il Saggio Magmion - Se ci fossi stato io lì non mi sarei comportato così!”
Con un grido disperato sferrò un pugno al muro. “E abbiamo pure dovuto pagare per riavere un idiota come lui!”
Dopo aver ordinato la ritirata ed esser ritornato a Monte Vulcano, Magmion aveva tutte le intenzioni di trovare quel diavolo di Orrore Profondo e fargliela pagare per quel fallimento di quel piano ideato da lui che era costato così tanto.
Ma scoprì che il suo Signore Orrore aveva la colpa minore in tutto quel casino, che se non fosse stato per l’inettitudine del suo fratello Lavion la presa dei centri dell’Isola sarebbe stata possibile.
E allora la sua ira si riversò su suo fratello minore, che da sempre non mostrava di avere in grande simpatia, sin da prima che Lavion divenne un mystica mentre Magmion rimase nello stato di sempre. La cosa peggiore fu non poter sgridarlo e picchiarlo subito per quel disastro, poiché incatenato insieme a molti altri dai gormiti alleati.
“Lasciamolo a marcire,” fu la prima proposta dell’ex-Signore del Vulcano.
In cuor suo, però, anche Magmion voleva rivedere Lavion, suo fratello, salvo nelle sue stanze. E lo riebbe, e la sua ramanzina fu ben più moderata di quanto Magmion aveva dapprima desiderato e di quanto Lavion temesse.
Rinchiusa nella sua reggia signorile, riparata e a grande altezza in Monte Vulcano, intanto, Orrore Profondo rimuginava, tramava, tesseva la sua vendetta. I piani elaborati tra lui, Magor e il Consiglio avevano reso probabile questa serie di eventi, e avevano pensato ad altre soluzioni per avere la meglio e appropriarsi dell’Isola, dei suoi segreti e dell’Occhio della Vita.
“Non credete di averla vinta, piccoli e sciocchi gormiti, vi annienterò!” gridava Orrore nel suo soliloquio, rigorosamente ad alta voce, osservando i suoi uomini muoversi dalla finestra, nelle città ai piedi di monte Vulcano.
“Con una lama avete trafitto la nostra ragnatela, ma è ancora intatta…ben presto sarà riparata, e diventerà più grande; scoprirete cosa è in serbo per voi e io tornerò! Tornerò!”
   
 
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