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Autore: arabel993    21/07/2015    1 recensioni
Elena è una ragazza.
Una ragazza giovane, che sta imparando a vivere, a conoscere se stessa e come rapportarsi con chi le sta attorno.
Le sue azioni sono la semplice conseguenza dei suoi pensieri e delle emozioni che prova.
"Lo smalto nero era scrostato, un paio di pellicine erano rosse e indurite dal sangue che le aveva bagnate la sera precedente. Mordersi e strapparsi pellicine ed unghie stava diventando un problema."
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grandi occhi si muovevano sotto le palpebre. Movimenti lenti e circolari prima, poi rapidi, fulminei.
I capelli rossi, come fiamme sparse sul cuscino.
Un braccio era abbandonato oltre l'orlo del letto e dondolava dolcemente scoperto dal piumino.
La canottiera le si era arrotolata fino alle costole durante la notte.
Aveva vissuto in sogni agitati e una parte delle lenzuola era finita in fondo al letto, appallottolata.
L'altro braccio le carezzava l'ombelico.
Le unghie rivelavano l'incuria che la dominava durante quelle ultime settimane.
Lo smalto nero era scrostato, un paio di pellicine erano rosse e indurite dal sangue che le aveva bagnate la sera precedente. Mordersi e strapparsi pellicine ed unghie stava diventando un problema.
Uno dei tanti piccoli segni di nervosismo che si potevano scorgere su di lei e che rivelavano la sua natura.
Dalle tende ancora chiuse penetrò un flebile raggio di luce. Le nubi che quella mattina si erano addensate sopra la città, avevano lasciato sfuggire un raggio di luce malata che, galeotta, si riversò sul cuscino ricoperto dalla chioma lunga e scarlatta, rivelando i fiorellini sbiaditi da vecchi lavaggi della fodera.
Un gemito le sfuggì dalle labbra, che si socchiusero.
La fronte si corrugò per un istante.
Un occhio si spalancò, acquoso, e lo sguardo indugiò lungo la stanza.
La prima cosa che vide fu la scrivania, ricoperta da libri e fogli colorati, alcuni strappati.
Fotografie, foto ovunque si volgesse lo sguardo.
Per terra i vestiti del giorno precedente.
Leggings con fantasia a galassia, una canotta nera gettata furiosamente sulla sedia ed il cardigan caduto dalla gruccia. Forse la mamma aveva avuto il buon senso di sistemarlo ma la sfortuna di essere entrata in camera nel momento sbagliato?
Le tempie le pulsavano.
Si era messa a sedere sul letto senza quasi rendersene conto e si stava massaggiando con forza il punto dove le doleva.
Sentiva le vene battere, i pensieri erano confusi.
Non ricordava bene cosa fosse successo la sera prima. Ma tentare di risalirvi in quel momento non era la cosa migliore da fare.
Avrebbe fatto una doccia e... Sì, si sarebbe preparata un caffè.
L'odore acre dell'ultimo che aveva bevuto -forse il pomeriggio precedente?- aleggiava ancora nell'aria.
Tirò su col naso e si passò una mano sotto le narici, come per asciugare il residuo di qualche recente luccicone.
Ma recenti non erano.
Le dita, però, sapevano di fumo.
Il bisogno di nicotina la invase e le fece rimandare sia la doccia, sia il caffè.
Si alzò dal letto.
Barcollò un istante.
I capelli sciolti e ribelli le arrivavano ad una spanna dal bacino. Se li ravviò velocemente con le dita e si guardò allo specchio.
La canottiera era larga, un vecchio modello da uomo blu scuro faceva risaltare la sua carnagione chiarissima ed i suoi occhi, blu come un bocciolo di giacinto in primavera, luccicavano.
Gli shorts li aveva rubati a sua sorella, una taglia più piccola della sua permetteva agli slip di fuoriuscire in modo curioso.
Le occhiaie nate dalle precedenti notti insonni erano quasi scomparse.
Le lentiggini le invadevano il volto e le mangiavano le spalle. I seni erano immacolati ma, entrambi, non sarebbero riusciti a riempire una coppa di champagne.
Infilò un paio di infradito, prese una sigaretta -la penultima, avrebbe dovuto uscire per comprarne qualche altro pacchetto. Diamine, la giornata non iniziava bene di certo- e l'accendino, aprì la porta finestra che dava sul terrazzino della sua camera e guardò la città.
Il cielo era ancora grigio, l'aria umida anche se, per poco, ancora nessuna goccia aveva toccato l'asfalto.
Grandi nubi si stavano addensando ad est, coprendo nuovamente il sole.
Il traffico era già denso per essere mattina.
“Ah... E' martedì, oggi...”
Elena se ne ricordò, ma non le importava poi molto.
Avrebbe dovuto già essere vicina ai cancelli della scuola, a quest'ora, invece di fumare pigramente la sua sigaretta. Finita, la spense sul corrimano della ringhiera e la lanciò giù, verso i passanti muniti di ombrelli, infreddoliti dalle basse temperatura di inizio febbraio.La pelle della schiena ebbe un tremito, una folata di vento inaspettato le sollevò il bordo della canotta e le scompigliò i capelli. I peli della nuca si rizzarono. Richiuse velocemente la porta dietro di sé, tanto che rimase socchiusa e di diresse in cucina, lanciando l'accendino sul letto.
Prese la caffettiera dall'armadietto, il caffè macinato e si mise a preparare uno dei suoi piccoli piaceri.
Riempì d'acqua la caldaia e riempì il filtro di due cucchiaiate abbondanti di caffè.
Accese il gas e sistemò la caffettiera.
I capelli ondeggiavano pesanti. Stanchi, come lei.
Si sedette al tavolo ed accese il cellulare.
Aveva ricevuto una quindicina di messaggi dalla sera precedente. Un paio erano della madre, la stava mettendo in guardia su una futura litigata. Aveva preso l'ennesimo tre in italiano, di questo passo non era sicura di riuscire a passare l'anno.
Una decina di messaggi erano di una sua amica, Cleo.
Il cuore le vibrò per un secondo, lo stomaco si richiuse, ma le guance non fecero nemmeno in tempo ad arrossire che si dette uno schiaffo.
Una lacrima le rigò il viso.
Le chiedeva di uscire in centro, quella sera, assieme a lei.
Diceva che dovevano chiarire delle cose.
Un'altra lacrima fede capolino, all'angolo del suo occhio destro.
L'ultimo messaggio era di Matteo. Era preoccupato per non averla vista, quella mattina a scuola.
Il giorno prima era sembrata così felice di vederlo ma ieri sera non aveva risposto alla sua buona notte. E la mattina era assente. Desiderava sue notizie.
Era innamorato.
Il giorno prima le aveva detto 'ti amo'.
Erano appena usciti da scuola e si erano diretti alla caffetteria in cui si incontrava spesso con le amiche. Era persino diventata amica della proprietaria.
Si erano seduti sulle poltroncine di velluto rosso, quelle sul retro del locale, vicino alle finestre. Erano piccoli, i tavolini, ma appartati. Avevano ordinato un caffè liscio lei, senza zucchero e bollente, lui si era limitato ad un acqua frizzante.
Le aveva sorriso e stretto al mano.
Avevano cominciato a parlare delle ultime settimane passate assieme, delle ultime verifiche prima della conclusione del primo trimestre, del cielo azzurro di quel giorno. Faceva quasi caldo ed il sole splendeva, alto nel cielo. Che fosse un anticipo di primavera?
Elena indossava la canotta nera ed i leggings a galassia che ora erano stropicciati in camera sua.
I capelli erano legati in una coda alta.
Lui le aveva carezzato la guancia, le aveva preso il viso con la mano e l'aveva baciata, sfiorandole le labbra con quel sussurrato e tremante 'ti amo'.
Le era cresciuta dentro una repulsione improvvisa.
Desiderava scappare da lì, Elena.
'La Ele' non sopportava tutto ciò e non sapeva perché. Perché? Matteo era fantastico, bello e carismatico.
La capiva persino quando parlava di filosofia.
Tutti odiavano quando parlava di filosofia.
Ma in quel momento avrebbe voluto essere ovunque. In qualsiasi posto, con chiunque, tranne che lì, con Matteo.
Infatti si scostò, gli disse che doveva andare a casa -aveva per caso detto che erano le 15? Oddio, era tardissimo!- ed era fuggita, lasciando un euro sul tavolino e Matteo ancora con le mani davanti a sé, a stringere l'aria.
Il caffè lo bevve piano, con lo sguardo fisso davanti a sé, come in trance.
Quante cose stava cominciando a ricordare ora.
Cose che no, non aveva dimenticato. Cosa a cui non voleva concedersi di pensare.
Si diresse in bagno, si spogliò in pochi secondi ed entrò in doccia.
L'acqua calda le inzuppò i capelli, che diventarono color cioccolato. Lunghi fino al bacino.
Chiuse gli occhi ed alzò la testa in direzione del getto d'acqua.
Avrebbe dovuto rimettersi in sesto.
Doveva chiedere scusa a Matteo e ricambiare quel sentimento che a lui veniva così naturale.
Doveva mandare 'affanculo Cleo.
Cleo, capelli folti e neri ed occhi grandi e scuri. Ricordava la bellezza delle donne arabe. Racchiudeva qualcosa l'Oriente.
Cleo, con le sigarette che finivano in un secondo e le lunghe chiacchierate al telefono, di sera.
Cleo e le sue labbra carnose.
Cle...
Chiuse l'acqua, si asciugò e vestì in fretta e scese impaziente a comprarsi quelle dannate sigarette, inzuppandosi d'acqua. Acqua che cadeva fitta dal cielo e rabbiosa dai suoi occhi.

  
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