Nel bivio precedente
avete deciso di vedere la reazione delle streghe?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.
Oppure avete deciso di
vedere la reazione della Shibusen?
Anche in questo
caso siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio
fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di
seguire la reazione di Simon?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
In bilico tra due versioni di sé! L’odio può amare?
Una
strana e arcana musichetta si diffuse fra le fronde, lieve, leggera, non
invasiva, al punto tale da confondersi con il fischio della brezza. Veloce, più
veloce quasi del vento stesso, la melodia attraversò le infinite e contorte vie
del giardino, senza mai sbagliare, sicura e diretta là, verso il centro di
tutto, dove tutto era iniziato.
E
là, e là soltanto, Simon riprese la sua forma corporea, lasciandosi andare
sulla dura pietra che, come sempre negli anni, lo attendeva. Respirò
profondamente, cercando nei familiari profumi una calma che sembrava aver
perduto definitivamente. Non aveva cercato quel luogo apposta, era scappato
senza pensare, anzi, cercando disperatamente di non pensare, di non impazzire, e si era lasciato guidare dai
ricordi e dall’istinto verso un luogo dove cercare pace e serenità. La serenità
che aveva perduto di colpo, forse per sempre, scoppiata all’improvviso come una
bolla di sapone.
Cos’era successo?
Era
successo che aveva cercato di cancellare il passato di colpo, con una passata
di spugna, e fingere che non fosse mai esistito, di essere nato improvvisamente
poco più di una settimana prima, come Venere dalle onde del mare. E poi il
passato era tornato a bussare, violentemente e con una forza inaspettata, con
quella delicatezza che solo e soltanto Lucy poteva avere.
Lucy.
Simon
sentiva la sua anima come un mare in tempesta. Avvertiva ancora dentro di lui,
forti e potenti come prima, il desiderio e l’istinto di puro Male, quella sete
di potere e in minor parte di distruzione che lo aveva guidato fino a quella
mattina. Ma non riusciva a togliersi dalla mente il volto sorridente di Lucy,
la sua voce leggiadra, il suo canto dolcissimo e sereno...
Lucy.
Urlò,
un urlo di sfogo e di disperazione. Era dilaniato da due istinti opposti e antagonisti,
entrambi dotati della stessa forza. Nascose il volto fra le mani.
Amarla o ucciderla?
Perché amarla?
Perché
come si poteva non amare una creatura così? In grado di affrontare l’inferno di
una guerra scatenata dal suo stesso innamorato per venirlo a cercare? Capace di
non nascondere la paura, ma di mostrare come affrontarla, ogni volta in modo
diverso, ogni volta come fosse la prima? Capace di accantonare tutto per lui?
Perché ucciderla?
Perché
era il maggior ostacolo ai suoi piani. L’unica cosa che poteva farlo recedere
dalle sue più profonde convinzioni. Perché aveva un potere sconosciuto persino
a lui, che della magia aveva capito tutto o quasi in pochissimo tempo.
Perché l’amava.
Simon
allontanò per un attimo le mani dal volto, gli occhi sbarrati a guardare una
cosa così semplice, così ovvia da stupirsi che gli ci fosse voluto così tanto
tempo per capirlo.
Lui amava Lucy.
La amava come Maestro d’armi
violinista.
La amava come Stregone
Oscuro.
L’unica cosa che lo teneva
unito come individuo, che ancora non lo aveva reso pazzo o schizofrenico,
diviso fra due personalità diverse e opposte, era l’amore per quella ragazzina.
Lacrime
cristalline e ombrate scivolarono dal suo volto, bagnandogli le mani, gli abiti
e il terreno.
Ecco qual era il suo potere,
quello che fino a quel momento non era riuscito a comprendere.
Lucy
aveva il potere di renderlo una persona, un individuo unico nonostante le mille
sfaccettature diverse che lo componevano, così diverse, opposte persino, ma
coerenti, in qualche modo. Era così, e lo era sempre stato. Era per lei che era
riuscito ad affrontare suo padre, al matrimonio, tirando fuori una grinta che
quasi non sapeva di avere. Era per lei che riusciva ad essere il violinista
pacifico e il Maestro d’armi in missione. Lei era il perno che permetteva alla
sua anima di rimanere in equilibrio.
Ucciderla
avrebbe significato perdere quel perno. Perdere la sua razionalità. Perdere il
controllo, definitivamente.
Perdere se stesso.
Quindi
no, non c’era una scelta da fare. Non poteva ucciderla. Poteva solo amarla.
Ma lui era il Male
incarnato. Lei, così pura, così dolce, così giusta e buona, non avrebbe mai
potuto amarlo, così.
Di
più.
Lui, in quanto incarnazione
del Male, era autorizzato ad amare?
Non
sarebbe stato contro i suoi stessi principi, la sua stessa natura?
Forse.
O forse no.
In
fondo qualcuno aveva forse stabilito delle regole? Non che lui sapesse. E anche
se fosse stato così, aveva abbastanza potere per sovvertirle.
«Simon?»
Ci
aveva riflettuto troppo e troppo profondamente. Avrebbe giurato di aver sentito
la voce di Lucy chiamarlo, con quella voce dolce e leggera come una brezza
d’estate...
Alzò
lo sguardo. Forse ora aveva anche le allucinazioni visive, oltre quelle
uditive, perché la vedeva lì, di fronte a lui, bella come sempre, con
quell’aria preoccupata che spesso la caratterizzava...
La
figura ripeté timidamente, nascosta parzialmente da un cespuglio: «Simon?»
Il
ragazzo sbarrò gli occhi.
Non era un’allucinazione?
Era vera?
«Lucy?»
Lei
non rispose, annuì in silenzio e cercò di avvicinarsi, ma Simon balzò in piedi
e si allontanò gridando: «NO! PER FAVORE, VATTENE! NON VOGLIO FARTI DEL MALE!»
Lucy
si fermò per un secondo, un secondo soltanto, sorpresa. Poi il suo volto si distese
in un sorriso dolcissimo.
«Questo era quello che aspettavo di
sentirti dire. Questa è la prova che sei sempre tu e nessun altro, come continuo a dire dall’inizio di questa
storia.»
«Eh?»
Lucy
si avvicinò ancora, ma questa volta Simon la lasciò fare. Lei si limitò a
prendergli delicatamente la mano, come aveva fatto prima.
«Questo
è esattamente quello che mi hai detto l’ultima volta che ci siamo visti a Death
City. Quale prova migliore per dimostrare che sei sempre tu?»
Simon
si morse un labbro, confuso: «Come... come mi hai trovato?»
«Sono
tua moglie... o quasi... e ti conosco piuttosto bene. Se hai bisogno di
tranquillità cerchi di isolarti, e questo labirinto nella casa di villeggiatura
della tua famiglia è il posto ideale. Lo sapresti percorrere ad occhi chiusi,
me l’hai detto tu stesso...»
«Già...»
«Ricordi
quando?»
Simon
annuì, lasciandosi guidare dalla sua amata di nuovo verso la panchina: «Il
giorno in cui ti ho presentato la mia pazza famiglia.»
Lucy
l’incalzò: «E...»
Simon
sorrise dolcemente, in un sorriso che nulla aveva a che vedere con lo Stregone
Oscuro che era stato fino a poco prima: «... e la prima volta che ci siamo
baciati, proprio qui, su questa panchina.»
«Visto?
Non è cambiato nulla!»
Simon
ridacchiò: «Già... nemmeno...»
Prese
fiato profondamente, per poi gridare divertito: «TANA PER KEVIN DIETRO LA
SIEPE!»
Kevin,
che fino a quel momento aveva silenziosamente osservato la scena di sottecchi,
con fare fintamente annoiato uscì allo scoperto. In realtà non aveva perso di
vista un attimo l’amico di sempre, e non ci voleva un esperto in magia
esoterica per capire che il ragazzo era fortemente combattuto: i suoi occhi
erano tornati azzurri, come un tempo, ma i capelli erano strani, con la radice
bionda, anche se di un biondo più scuro rispetto a come era abituato a vederlo,
che diventavano via via più scuri, fino a divenire
neri in punta. Sembrava fosse passato per le mani di un parrucchiere pazzo, ma
per una volta tenne la sua ironia per sé. Simon aveva dimostrato di poter
reagire molto male in quel momento ed era meglio non irritarlo.
«Beccato.»
Simon
gli sorrise e per un momento sembrò che non fosse cambiato nulla. Poi sospirò.
«Se
solo... sapeste cosa mi è successo...»
Lucy
gli strinse ancora di più la mano: «Siamo qui per questo. Spiegaci, Simon, solo
tu puoi farlo.»
Kevin
si limitò ad incoraggiarlo con un cenno della testa e Simon, con profondi
sospiri, cercò di raccontare l’inenarrabile, il profondo cambiamento che il
canto delle streghe aveva causato in lui, e più o meno quello che aveva fatto
in quelle due settimane scarse.
Alla
fine di tutto Lucy, ancora un po’ sconvolta da quanto non aveva mai pensato di
poter udire dalla bocca dell’uomo che amava, sentì sul palmo della mano
qualcosa di caldo e umido. Sollevò lo sguardo. Simon stava piangendo a dirotto,
come se quel racconto gli avesse tolto tutti i freni inibitori, e ancora
cercava di parlare fra i singhiozzi.
«Voi
non sapete quanto è difficile... una parte di me vorrebbe tornare a casa con
voi e fingere che sia stato solo un brutto sogno... ma come faccio? Non posso
prendere la mia magia e questo... istinto
malvagio... prenderli, buttarli in una scatola, dimenticarmene e fingere
che non siano mai esistiti... fanno parte di me, ora, e non posso ignorarli...
non ho scelto di essere così, ma ora non ne posso fare a meno... anche se
decidessi di non usare la magia, questa uscirebbe da sola, farebbe del male a
chi mi circonda anche contro la mia volontà... e non è neanche quello che
voglio, in fondo, voglio solo essere... me...
ma non so quasi più chi sono...»
Simon
cercò di asciugare le lacrime con la manica.
«So
solo che ti amo, Lucy, e questo non cambierà mai. Ma il resto...tutto il
resto... è difficile da dire a parole... e forse ancora più difficile da
capire, per voi...»
Kevin,
che era rimasto in piedi e in disparte per tutto il tempo, sospirò: «E se
invece ti dicessi che ti capisco benissimo?»
Simon
lo guardò sorpreso: «Eh?»
L’amico
gli sorrise: «Ragiona per un attimo. Chi ero quando mi avete conosciuto?
Nient’altro che un assassino. Credi che anche se ho smesso di uccidere, questa
cosa sia completamente scomparsa in me?»
Allungò
un braccio e lo trasformò in veleno: «La prima cosa che mi è stata imposta
prima di entrare alla Shibusen è stata di non usare
mai completamente i miei poteri. Voi stessi, all’inizio, me lo ricordavate
sempre. Poi però avete smesso. Forse avete pensato che mi fossi dimenticato
quella parte della mia vita, ma non è vero. A volte provo ancora l’istinto di
uccidere. Non posso non farlo, è radicato dentro di me, di più, è scritto
dentro il mio stesso sangue. Quindi, sì, Simon, capisco cosa significhi lottare
ogni giorno contro la tua stessa natura.»
Simon
lo aveva guardato tutto il tempo con gli occhi sbarrati. Non aveva mai davvero
pensato che Kevin potesse avere quel problema, così straordinariamente simile a
quello che stava provando lui in quel momento. Certo, non c’entrava la magia,
ma forse era davvero l’unica persona al mondo in grado di capire cosa stesse
provando.
L’amore della sua vita e il
suo migliore amico.
Come aveva potuto stare
senza di loro per così tanto tempo?
«Non
è una cosa semplice. Avrò bisogno di un po’ di tempo per riflettere e per
capire cosa fare... e chi voglio
essere.»
Lucy
annuì, lentamente: «Certo... io... sono disposta ad aspettare.»
Simon
le strinse la mano con più forza: «Non da sola. Non più. Verrai con me, questa
volta. E anche tu, Kevin.»
Poi,
resosi conto di aver utilizzato un cipiglio un po’ troppo autorevole, si
affrettò ad aggiungere imbarazzato: «Se volete, ovviamente.»
Lucy
gli saltò al collo: «E me lo chiedi? Ti avrei seguito di nascosto in ogni
caso!»
Simon
ricambiò l’abbraccio, felice. Poi si rivolse a Kevin.
«E
tu?»
«Vi
seguirò anch’io. Ma voglio che mettiamo in chiaro un paio di cose fin da
subito.»
Simon
si staccò un attimo da Lucy e si alzò in piedi con uno sguardo serio e
determinato, a cui Kevin non era abituato e che per un attimo lo disorientò. Un
attimo, però.
Se
questo era il nuovo lato del suo amico che doveva imparare a conoscere e ad
affrontare, bene, era il caso di cominciare fin da subito. Sapeva essere tosto
almeno quanto lui, se voleva, ed entrambi lo sapevano bene.
«Non
ho problemi a viaggiare con te, Simon, sei e sarai sempre il mio migliore
amico. Non ho grossi problemi neanche con la magia in sé, se questa però non ti
trascina con il suo utilizzo a mostrare il peggio di te. È per la nostra
sicurezza, e soprattutto per quella di Lucy, che ti chiedo di stabilire fin d’ora
qualche piccola limitazione.»
Simon
lo guardò con aria dura e severa, gli occhi nuovamente scuri: «Sta bene. Fai la
tua proposta.»
Kevin
ebbe un attimo di esitazione. Gli avevano fatto notare spesso di essere un po’
lunatico, alle volte, ma anche lui aveva dei cambiamenti così netti? Quasi non
riusciva ad associare la persona che aveva davanti al ragazzino in lacrime di
qualche minuto prima e a quello che gli aveva gridato ridendo di uscire dal suo
nascondiglio.
«Non
dico che tu non possa usare la magia, ma solo a patto che questa non faccia del
male a nessuno.»
Simon
annuì e Kevin continuò: «Durante il tuo periodo di “riflessione”, non potrai
contattare le streghe in alcun modo. Se deciderai di riunirti a loro potrai
farlo, ma solo dopo avercelo comunicato prima e sapendo che è una scelta senza
ritorno.»
Aspettò
il cenno di assenso, poi concluse: «E se vedrò che tenterai di fare qualunque tipo di stranezza, che sia
ipnosi, farci del male fisicamente o altro, qualunque cosa diversa da quello
che hai sempre fatto, o se ti vedrò comportarti in modo ambiguo o falso nei
nostri confronti, soprattutto verso Lucy, considererò rotto il patto.»
Kevin
allargò le braccia trasformandole in polvere: «E in quel caso riprenderò
anch’io per quest’unica volta a seguire la mia natura originaria e ti ucciderò
pur di fermarti.»
Lucy
sbarrò gli occhi e fece per intervenire, ma Simon la fermò con un gesto brusco.
Aveva negli occhi lo sguardo da Stregone Oscuro, perché in fondo era con lui
che Kevin stava stringendo il patto.
«Accetto
il tuo patto, Kevin Akai. Se romperò una delle tue
condizioni, sarai autorizzato a tentare di uccidermi. Ma se perderò
completamente il controllo, non contare sul fatto che stia fermo mentre tu mi
togli la vita.»
«In
quel caso sarà una lotta senza esclusione di colpi.»
«Bene.»
«Bene.»
Simon
si sciolse improvvisamente in un sorriso, mentre gli occhi lentamente si
schiarivano: «Stabilito questo, ora che facciamo?»
Kevin
si rilassò di colpo, buttando fuori la tensione con un profondo respiro, poi riprese
a parlare: «Non possiamo rimanere qui a lungo. Ci troveranno presto e su una
cosa hai perfettamente ragione, Simon, gli altri non capirebbero, ti hanno
visto come il potente e malvagio Stregone e quella immagine condizionerà il
loro giudizio.»
Simon
annuì: «Dobbiamo anche prestare attenzione alle streghe. Se le conosco
abbastanza bene verranno a cercarmi, hanno bisogno di me per il loro piano e
non possono sostituirmi con nessun altro.»
Lucy,
che fino a quel momento era stata in silenzio, prese la parola: «Forse so io
dove andare.»
Simon
e Kevin si voltarono verso di lei e la ragazza sorrise imbarazzata: «Però vi
avverto, in condizioni normali non lo proporrei nemmeno, è una piccola
follia...»
Kevin
rise: «Tanto, peggio di così...»
Simon
li guardò con aria divertita: «Anch’io ho una proposta da farvi, sapete?»
Il
ragazzo osservò i loro sguardi curiosi e un pochino preoccupati e rise di
cuore. Sì, ci sarebbe voluto un po’ di tempo a tutti, prima di abituarsi
davvero a tutte quelle novità.
Kevin: «Va bene, Simon, cosa
vuoi fare?»
Simon: «Una piccola
follia...»
Kevin: «E due. Mi sta
venendo il dubbio che qua invece ci stiamo trasformando tutti in Kishin...»
Lucy: «Su, dai, non sarà una
cosa così terribile...»
Simon: «...»
Lucy: «... v-vero?»
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 15° capitolo: Ritorno al luogo proibito! In quanto tempo si
può decidere il colore della propria anima?
Simon: «E se ti dicessi che
ho deciso...»
Lucy: «...»
Kevin: «...»
Simon: «... di portare il
mondo verso la distruzione...»
Lucy: «GLOM!»
Kevin: «...»
Simon: «... lasciando che Kevin cucini la cena?»
Lucy: «NO, PER FAVORE, CI PENSO IO!»
Simon: «AHAHAHAHAH!!!
Scusami, Lucy, ma la tua faccia era troppo bella...»
Kevin: «... grazie...lo so
anch’io di non essere un grande cuoco... ma addirittura usarmi come arma per
l’Apocalisse...»
Vi è piaciuto questo bivio? Spero proprio di sì, perché da
adesso in poi la storia prenderà nuovi binari...
Vi aspetto al prossimo capitolo!
CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Hinata 92