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Autore: Mrs Carstairs    22/07/2015    0 recensioni
“non starai di nuovo riguardandoti quella pellicola?!” la voce di Magnus risuonò stranamente profonda, strappando agli occhi di Cathrin la vista di New York trasformata in Alicante. La ragazza girò la testa, appoggiando il mento alle ginocchia e volgendo allo stregone uno sguardo arrabbiato.
“anche fosse?” parlò in tono sommesso, un po’ acidamente, ma nel verde dei suoi occhi, Magnus ci vide più stanchezza e dolore, che presunzione e arroganza. Chairman Miao, che fino a quel momento aveva sonnecchiato sdraiato sulla scrivania di fronte al letto di Cathrin, atterrò sul pavimento freddo con un balzo, dirigendosi fiero e silenzioso sotto al davanzale dov’era seduta, miagolando per richiamare l’attenzione. Gli occhi della ragazza si posarono sul felino dagli occhi gialli. Senza sorridere, diede una pacca alla pietra della rientranza dove stava seduta e il gatto ci saltò sopra, accoccolandosi accanto ai suoi piedi.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti
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“non starai di nuovo riguardandoti quella pellicola?!” la voce di Magnus risuonò stranamente profonda, strappando agli occhi di Cathrin la vista di New York trasformata in Alicante. La ragazza girò la testa, appoggiando il mento alle ginocchia e volgendo allo stregone uno sguardo arrabbiato.
“anche fosse?” parlò in tono sommesso, un po’ acidamente, ma nel verde dei suoi occhi, Magnus ci vide più stanchezza e dolore, che presunzione e arroganza. Chairman Miao, che fino a quel momento aveva sonnecchiato sdraiato sulla scrivania di fronte al letto di Cathrin, atterrò sul pavimento freddo con un balzo, dirigendosi fiero e silenzioso sotto al davanzale dov’era seduta, miagolando per richiamare l’attenzione. Gli occhi della ragazza si posarono sul felino dagli occhi gialli. Senza sorridere, diede una pacca alla pietra della rientranza dove stava seduta e il gatto ci saltò sopra, accoccolandosi accanto ai suoi piedi.
Allungando una mano, Cathrin accarezzò il suo pelo morbido e folto, sentendo la vibrazione delle fusa irradiarsi dal petto dell’animale.
“che ruffiano!-esclamò lo stregone- sai, di solito non ha molta simpatia per gli estranei. A parte con Alec, non è mai stato docile con nessuno. Ma tu sembri piacergli davvero molto…”
“dev’essere per questo che non mi hai ancora cacciato di casa…” ribatté Cathrin svogliatamente. Lo stregone sogghignò, emettendo un riso sommesso. La cacciatrice si voltò a guardarlo, sorpresa.
E io che volevo essere scorbutica.
“si.. anche per quello. Sai, Chairman Miao è molto selettivo e io ho molta fiducia nel suo giudizio.” Magnus si avvicinò alla finestra, appoggiandosi al muro con un braccio in una posizione disinvolta. Indossava un pigiama giallo canarino e ai piedi un paio di ciabatte verde acceso, che ritraevano una specie di alieno, con tanto di antenne a molla. I capelli lasciati a ricadergli sugli occhi, non nei soliti spunzoni pieni di glitter. Beh… gli ho visto indossare cose più strane pensò Cathrin, osservando gli occhietti vispi sulle ciabatte di peluche.
“belle ciabatte…” accennò indicandole con il mento.
“ti ringrazio… credo che siano la cosa più nuova qui dentro, dopo Alec, certo…  ma l’ultima volta che glie l’ho detto, se l’è presa…”
“già, meglio non parlare di cosa è potenzialmente nuovo o vecchio… non con lui, per lo meno. Però… dopotutto mi piace. È intelligente e… credo abbia carattere, anche se il più delle volte mi insulta…ma credo che molto spesso abbia ragione. Insomma, sono piombata qui all’improvviso e… beh, addio privacy..”
“è il suo modo per dirti di starmi alla larga.. sai, è uno shadowhunter molto geloso del suo stregone. Ma credo che in fin dei conti ti rispetti… sa cos’hai passato. Lui ha perso il fratello minore..”
“si, Max… credo di averlo visto qualche volta, mia… mia madre conosceva Maryse e Robert…dopo che sono usciti dal circolo, i miei sono stati una delle poche famiglie di shadowhunter a sostenerli, nel consiglio. Così… anche dopo che i Lightwood se ne sono andati da Idris, hanno mantenuto i contatti con messaggi di fuoco e lettere lunghe pagine e pagine.”
“questo giocherà a tuo favore. Maryse non si dimentica mai un viso, quando lo vede. Credo che non avrà nulla in contrario ad accettare la figlia di un’amica di famiglia all’istituto. Per quanto tu mi piaccia, non posso permetterti di rimanere qui per sempre. Devi completare l’allenamento e finire gli studi… e io, anche se so molto più di ciò che dovrei sugli shadowhunters, non posso insegnartelo…”
“lo so, lo so. Comunque, per quel che vale… mi piace molto qui. Non so mai che aspettarmi quando esco di qui la mattina.”
“mi piace cambiare, ma da come avrai notato da un po’… New York è molto diversa da Alicante. Non sarà mai lo stesso…” Cathrin s’irrigidì improvvisamente, voltando lo sguardo verso la finestra, guardando la città scurirsi del grigio della sera. Poi, con un fil di voce rispose: “io non voglio che sia lo stesso. Non voglio stare in nessun posto che anche solo ci somigli, ad Alicante. Ho odiato e odio quel posto più di quanto non abbia mai fatto con qualcosa o qualcuno in vita mia. Non posso tornarci, Magnus e non voglio. Mi capisci? Io.. Non ci riesco…”
“lo capisco, sono quel tantino più vecchio di te e so come funziona, ma Idris è la terra di ogni shadowhunter. Quando tutti torneranno, o ti mancheranno le sue colline… allora che farai? Ignorerai per sempre di esservi appartenuta?” lo stregone parlava deciso, ma a voce pacata.
“forse.” Le lacrime spingevano per uscire, ma Cathrin fece di tutto per ricacciarle indietro, assumendo un aria pensierosa e  arrabbiata, corrugando la fronte e serrando le labbra in una linea dura.
Magnus la guardò portarsi una mano dietro al collo, sotto i capelli, liberandoli dall’incastro dietro all’orecchio e la cascata di ricci ricadde a coprirle metà del viso. Era un gesto che le aveva visto fare molte volte da quando era arrivata e aveva ormai capito che funzionava come sipario, per nascondere l’espressione del viso. Chiaramente non voleva esternare troppe emozioni. Dopo quello che era successo, lo stregone capiva perché. Questa volta, però, non si era evidentemente accorta che, seduta com’era, i capelli le avevano coperto la parte del viso che dava sulla finestra, non quella che era visibile a Magnus. Così, lo stregone colse il luccichio negli occhi offuscati dalle lacrime di Cathrin, la luce della stanza che ci si rifletteva come dentro a un prisma.
“Cathrin.- la ragazza fece un respiro profondo, socchiudendo gli occhi-Cathrin…” questa volta alzò lo sguardo sulla figura allampanata dello stregone nel suo pigiama giallo, che all’improvviso allungò una mano dalle dita lunghe verso di lei, cauto, come se fosse stata un animale selvaggio da avvicinare. Non sapendo bene cosa aspettarsi, Cathrin rimase immobile, guardando in su, scrutando gli occhi dello stregone. La pupilla era tornata tonda, adesso, sullo sfondo verde acceso dell’iride. Con grande sorpresa della cacciatrice, le dita leggere e morbide dello stregone le sfiorarono lo zigomo, allungandosi fin quasi a toccarle l’orecchio, mentre il palmo della mano seguiva, appoggiandosi delicato sulla sua guancia. Senza nemmeno accorgersene, Cathrin si era abbandonata a quel gesto affettuoso, piegando la testa verso la mano, con gli occhi chiusi, respirando il profumo al sandalo del sapone di Magnus. Poi, aveva deglutito forte, ricordando come suo padre le accarezzava il viso prima di darle la buonanotte, risentendo dopo settimane, l’odore dei polsini inamidati e puliti delle sue camice e l’inconfondibile odore dolce amaro della sua pelle. Lentamente, come se fosse un’azione dolorosa, allontanò la guancia dal morbido tocco di Magnus, mentre una lacrima, cadeva giù, come rugiada da una foglia.
In quel preciso momento, Alec entrò in appartamento, annunciando ad alta voce il suo arrivo.
“Magnus! Ma dove ti sei…?” la frase si spezzò a metà, quando il ragazzo entrò in stanza. Lo stregone si voltò verso di lui, la mano ancora a mezz’aria per la carezza che aveva fatto a Cathrin.
“Alec! Sei tornato!” la voce di Magnus suonava molto più allegra di quanto Cathrin non si aspettasse.
“si. Come vedi sono qui.” Alec sembrava contrariato, come sempre quando c’era di mezzo lei. lo stregone fece un verso esasperato, come fosse stanco di risentire sempre lo stesso disco.
“che hai portato?” gli domandò, notando due buste di cartone pendergli dalle mani.
“mi sono fermato da Taki mentre venivo qui… ho del cibo giapponese e poi altre diavolerie fatate… ma queste sono sane.. niente veleni. Lei- disse indicando Cathrin con il mento- ha messo qualcosa sotto i denti o..?” fece, come parlando di una persona assente.
“non sono riuscito a farle mangiare nemmeno un biscotto dei miei… e questa è una cosa grave.” Accennò lo stregone ammiccante. Alec lo guardò con un mezzo sorriso, tornando con gli occhi sulla figura rannicchiata della cacciatrice.
“Cathrin… dico davvero.. dovresti mangiare qualcosa… domani sarà il tuo primo giorno all’istituto e ti stancherai molto, per lo meno fallo per questo.” La ragazza si scoprì sorpresa e allo stesso tempo riscaldata dall’apprensione che Alec, proprio Alec, mostrava nei suoi confronti. Così si alzò, seguita da Chairman Miao, che alla parola SUSHI si era magicamente svegliato dal suo sonno profondo, andando in cucina sotto lo sguardo attonito di Magnus.   
“io domani uscirò presto-cominciò Alec in tono pratico- perciò ti consiglio di non restare alzata stasera.”
“Alec, senza offesa, ma non sono una bambina… so che domani sarà una giornata impegnativa e non credere, mi alzerei anche all’alba per andare all’istituto!” lo stregone e il cacciatore si guardarono stupiti, Alec leggermente contrariato nella sua espressione attonita.
“l’hai sentita…” sentenziò Magnus accennando a lei con il mento.
“bene. Nessuna offesa. Partiamo alle 8.”
“sarò pronta, valige fatte e tutto il resto, non dubitare.”
 
Dopo cena, Alec e Magnus sedettero sul divano, davanti al caminetto in stile vittoriano del soggiorno- quel giorno arredato nello stile ottocentesco inglese- mentre Cathrin, dopo essersi alzata dal tavolo era filata in camera sua, ficcando nel suo borsone tutto quello che si era portata dall’Accademia e le foto che aveva fatto con Magnus e Chairman Miao il giorno che erano stati a New York. Mentre le infilava nella tasca anteriore della borsa, glie ne scivolò una di mano, finendo riversa sul pavimento. Quando la raccolse, la guardò, per curiosità. Tra tutte quelle che avrebbero potuto capitarle, si ritrovò in mano quella scattata a Central Park dallo stregone. Nell’inquadratura stavano lei e Alec, che si guardavano con diffidenza, lei abbozzando un sorriso storto, lui, con un espressione a metà tra il divertito e lo scettico. Alec. Di certo non era il genere di persona con cui Cathrin sarebbe facilmente andata d’accordo, ma lo capiva e doveva ammettere che lo ammirava per molte cose. Non doveva essere facile vivere la sua vita. Tra la disapprovazione del Conclave per il suo rapporto con Magnus, la perdita del fratello e il comportamento distante di Robert, di certo non era semplice restare a galla, ma lui sembrava non farci troppo caso, mantenendo sempre la stessa espressione dura in volto. Sedendosi sul letto sfatto, trasse dal borsone anche le altre fotografie, ammirando sé stessa e Magnus nelle pose più cretine nel mezzo di Central Park, con i passanti che gli camminavano accanto, evitandoli, anche se non potevano vederli.
“è buffo. Non capiterà mai che uno di loro incroci uno di noi. Per qualche strano motivo hanno sempre altre cose da fare, un altro posto su cui sedersi, un altro posto dove andare…” ne aveva discusso con Magnus quello stesso giorno. Si era sempre chiesta perché i mondani non capitassero mai nel posto sbagliato nel momento sbagliato. E lo stregone di fatto non le aveva risposto, dicendole che era come una specie di assioma, un qualcosa di imprescindibile da tutto, che li faceva evitare una strada, piuttosto che chinarsi a raccogliere una cartaccia o qualunque altra cosa che li teneva lontani dal mondo delle ombre. Come se ci fosse un incantesimo che li obbligasse a restarne alla larga. Ed ecco un’altra foto di lei e Magnus, il quale, luccicante di glitter come al solito, teneva in mano uno scoiattolo fulvo. Rificcò le foto nella borsa con un movimento scattante del polso, dirigendosi in soggiorno subito dopo. Magnus e Alec erano ancora sul divano, così come li aveva lasciati, Alec con una mano aperta appoggiata sul petto dello stregone, il quale leggeva a voce sommessa una sottospecie di diarietto dalle pagine sottili e scritte in una grafia tutta riccioli e pallini. Con cautela, la ragazza diede un colpetto allo stipite di legno della porta per annunciarsi. I due girarono la testa di scatto, verso di lei.
“scusate.. io..” l’imbarazzo della ragazza era evidente. Aveva la sensazione di trovarsi al posto sbagliato al momento sbagliato e lo sguardo esasperato di Alec confermava quella versione. Lo stregone, invece, le rivolse un sorriso sereno, facendole segno di entrare.
“io non volevo disturbarvi… solo.. vorrei parlarvi” Cathrin parlò con aria timida, anche se teneva il mento alto e lo sguardo fisso negli occhi di Magnus.
“siediti, se ti va…” lo stregone si raddrizzò sul sofà, chiudendo il libretto che leggeva poco prima. La cacciatrice si sistemò sulla poltroncina dallo schienale alto in velluto rosso accanto al caminetto, di fronte a loro. Prese un respiro profondo e cominciò a parlare.
“sentite, ormai credo che mi conosciate e sappiate quanto odi dire grazie e sentirmi in debito con la gente, ma… penso che questa volta non ne potrò fare a meno. Permettermi di abitare qui è stato davvero generoso, Magnus e… Alec… insomma, so che non sono la persona più affabile del mondo… ma credo che tu possa comprendere il mio stato d’animo dopo… dopo tutto quello che mi è capitato e… beh… in fin dei conti spero solo che non mi odi. Grazie a tutti e due per tutto quello che avete fatto per me. Insomma, sono piombata qui dentro come una furia e… voi non avete fatto altro che proteggermi e seguirmi per un mese intero, quindi… per l’Angelo, mi ripeto… grazie. Posso solo ringraziarvi. Mi avete fatto sentire… a casa, per quanto possa essere totalmente diversa, questa, da casa mia… ma… non mi avete compatito. E questo l’ho apprezzato molto. Magnus, volevo solo dirti che i miei genitori ti sarebbero molto riconoscenti per tutto questo e io, dato che sono l’unica dei Firedance che non è ancora andata all’altro mondo… sono in debito con te.. e a vita, mi sa. Perciò… se mai ti servirà una cacciatrice diciassettenne con dei capelli da urlo… manda un messaggio di fuoco e io sconvolgerò di nuovo la tua vita.. anche se suppongo che questa non sarà l’ultima volta che ti vedo…” così dicendo fece un cenno verso Alec, che arrossì violentemente, incrociando le braccia sul petto. “beh… il mio monologo finisce qui.. è durato anche troppo” e, indicando il corridoio con un dito, Cathrin tornò in camera sua a fare i bagagli. 
 
Quando ebbe anche finto di legare con lo spago i suoi disegni e ebbe riposto tutte le matite nell’astuccio, sedette sul davanzale della finestra, rimirando tutto il lavoro svolto da un punto più alto. La stanza era ritornata come quando ci era entrata la prima volta, con le pareti rosa shocking e le tende nere, senza nessun disegno appiccicato al muro, nessuna foto sparsa sul comodino, senza matite o libri sparpagliati sulla scrivania, solo quell’ordinaria- si fa per dire- stanza da letto nell’appartamento del sommo stregone di Brooklyn. Anche se era indubbiamente eccitata per il suo arrivo all’istituto, non poteva che pensare a quanto le sarebbe mancata quella stanza, il mutevole salotto-che di fisso vedeva solo Chairman Miao accoccolato sopra la coperta del divano- il profumo del bagnoschiuma al sandalo dopo che qualcuno si era fatto una doccia e l’inconfondibile voce di Magnus che la svegliava ogni mattina, mentre parlava col gatto o con il suo Nephilim. Mentre pensava a tutto ciò, qualcuno si avvicinò alla porta di camera sua a passo ben misurato.
“ehi” fece Cathrin in tono di saluto.
“ehi” Alec rimase appoggiato allo stipite della porta, giochicchiando con una delle ciabatte con il piede.
“è già tutto pronto, se è questo che volevi sapere… domani non mi resta che alzarmi dal letto, infilarmi la tenuta e…”
“no- la interruppe il ragazzo- non sono venuto per questo. Grazie del rapporto, ma… sono venuto per un altro motivo.”
“oh.. beh… allora sarà il caso che io scenda da qui…”
“io non ti odio.- esordì all’improvviso- Solo..” Cathrin sapeva su che terreno accidentato Alec si stava arrischiando, così lo fermò, alzando una mano.
“Alec.. non serve che ti scusi. A me basta saperlo. Siamo molto simili io e te, anche se non sembra… ma capisco tutto. Capisco la tua gelosia per Magnus, il tuo chiuderti in te stesso, il tenere lontana la gente e il cercare di non affezionarti troppo alle persone che potresti perdere… insomma, guardami, io lo faccio di continuo. E chi, non vorrebbe proteggere in tutti i modi chi ama?” a quelle parole lo vide incupirsi. Max-pensò-deve star pensando a Max... ma perché non tengo mai la bocca chiusa?!
“si, credo tu abbia ragione. Ricorda, domani mattina sii puntuale.”
“si io… -d’un tratto, Cathrin si rese conto di tutto quello che le sarebbe toccato il giorno dopo, alla realtà della situazione e al timore che tutta la situazione le provocava. Ed ebbe paura. Una sana e forte presa allo stomaco che andava man mano stringendosi- ci sarò” Alec doveva essersi accorto del cambiamento nella sua espressione, perché le si avvicinò, inclinando la testa di lato, stropicciando i polsini del suo maglione bucato.
“tu… tu hai paura. Dico bene? Tu.. per l’Angelo, tu tremi!”
Era vero. Cathrin tremava da capo a piedi. Tutta agitazione, adrenalina nelle vene, pompata come ossigeno dal sangue.
“sono solo agitata… non c’è bisogno che ti preoccupi tanto” disse girandosi di fianco, cercando di nascondergli il viso.
“come vuoi. Ma ora dormi.” E, dopo aver appoggiato sul materasso un’altra coperta, Alec uscì dalla sua stanza a passi strascicati. 
   
 
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