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Autore: vali_    22/07/2015    5 recensioni
Dean non si sente a suo agio negli ultimi tempi: beve senza trarne i benefici sperati, dorme poco e sta sempre da solo e questo non è un bene per uno come lui, che mal sopporta la solitudine, convinto che riesca solo a portare a galla i lati peggiori del suo carattere.
Il caso vuole che un vecchio amico di suo padre, tale James Davis, chieda aiuto al suo vecchio per una “questione delicata”, portando un po’ di scompiglio nelle loro abituali vite da cacciatori. E forse Dean potrà dire di aver trovato un po’ di compagnia, da quel giorno in poi.
(…) gli occhi gli cadono sui due letti rifatti con cura, entrambi vuoti. Solo due.
Sam è ormai lontano, non ha bisogno di un letto per sé. Dean non lo vede da un po’ ma soprattutto non gli parla da un po’ e il suono della sua voce, che era solito coprire tanti buchi nella sua misera esistenza, di tanto in tanto riecheggia lontano nella sua mente. A volte pensa di non ricordarsela neanche più, la sua voce. Chissà se è cambiata in questi mesi (…)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Prima dell'inizio
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Some things are meant to be'
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Note: Con la sessione d’esami ormai dietro le spalle (alleluia!), stavolta mi dilungo in un commento un po’ più corposo. Anche perché ho un paio di avvisi da fare.
Finora ho mantenuto fisso l’appuntamento con questa storia al mercoledì, ma dalla prossima settimana fino alla fine del prossimo mese le cose potrebbero un pochino cambiare, a causa delle mie vacanze: da domenica sarò oltreoceano fino al 24 Agosto. Sarò ospite di una famiglia, perciò sicuramente avrò una linea Wi-fi, ma visto che porterò via un computer che ha una velocità di navigazione praticamente disastrosa, non so se riuscirò a postare i capitoli. Mi sento ottimista e fiduciosa, ma non sapendo ancora la tabella di marcia e tutto il resto, ho intenzione di pubblicare il prossimo capitolo tra due settimane, così da potermi ambientare, avere il tempo di rileggere per bene e capire se è possibile riuscire a pubblicare anche da lì oppure no.
Per il resto, vorrei lasciare l’ordine e il giorno di pubblicazione così com’è, quindi intendo riprendere la pubblicazione settimanale già dalla settimana successiva, quella del 12 Agosto, sperando di farcela.
In caso non riuscissi a pubblicare nulla metterò un avviso. Magari qualche volta potrei slittare di qualche giorno, ma spero di non lasciarvi per troppo tempo a bocca asciutta. Ovviamente questo vale anche per le risposte alle recensioni che magari si faranno attendere un po’ di più del solito.
Scusate per questo piccolo cambiamento, ma preferisco slittare di una settimana ed essere comunque puntuale che dover cambiare tutto all’ultimo minuto. Potrei anche pubblicare dal tablet, ma non mi trovo molto bene con quello, perché mi sfalsa tutti i caratteri e mi fa arrabbiare -.- u.u
In caso non dovessi farcela a pubblicare spero di mancarvi… almeno un pochino u.u XD se non io, almeno Ellie! Ahahah :D
Dopo questo lungo preambolo, mi appresto a salutare con la manina i nuovi arrivati che sono sempre graditi (e sono sempre tanti ogni settimana *saltella e scodinzola felice*) e spendo le mie solite due parole per ringraziarvi dal profondo del mio cuoricino per tutto l’affetto che avete dimostrato finora a questa storia. Siete sempre troppo buoni! :D
Vi lascio con il capitolo di oggi che è un pochino particolare; spero vi piaccia e come al solito di non aver combinato pasticci XD
Vi mando un abbraccio enorme, sperando di ritrovarvi tra un paio di settimane! A presto! :)

 
Capitolo 11: Connected
 
In that instant of eye contact,
in the mesmerizing depths of that sweet emotion,
 she felt bound to him in a way
 she’d never felt connected to another man.
 
(Carla Cassidy)
 
 
Ellie siede silenziosa sul sedile anteriore dell’Impala, osservando il panorama fuori dal finestrino scorrere davanti ai suoi occhi. E’ una bella giornata di sole e la strada, lunga e diritta, costeggia un immenso prato verde dove Ellie nota dei tavolini su cui delle famiglie stanno facendo dei picnic. Scorge anche un paio di persone stese sull’erba a godersi il sole d’aprile, il primo davvero caldo della stagione. 
 
John li aspetta a Charleston, nel West Virginia; sono in viaggio da tutta la mattina e secondo Dean non manca molto all’arrivo.
 
Ieri sera sono tornati a casa di Bobby ed hanno fatto i bagagli in fretta e furia, spiegandogli il motivo di quella partenza improvvisa. Il vecchio cacciatore li ha salutati augurandogli buon viaggio e guardando Dean in modo strano, come se volesse dirgli di stare attento a chissà cosa. 
 
Il suo, comunque, non era uno sguardo di rimprovero. Non sembrava essersela presa per la sfuriata di Dean, o meglio… sembrava averla digerita. O forse è solo Ellie che non lo conosce abbastanza da capire quand’è arrabbiato e quand’è tranquillo, perché lo sembra sempre un po’. Lui e Dean si sono salutati normalmente, però, quindi forse è tutto a posto tra di loro.
 
Ellie, a forza di passare tanto tempo con quegli uomini, ha capito che non sanno chiedere scusa. Almeno non tra di loro. Dovrebbero dirselo con lo sguardo o con qualche gesto che considerano affettuoso, perché scusa a parole non se lo dicono mai. Boh. Non sembra sappiano affrontare i problemi in maniera normale. Che poi la normalità è un concetto relativo, sì, ma loro sono così… chiusi, rispetto ai sentimenti. Cercano con tutte le forze di nascondere ciò che sentono, di non far trasparire quello che provano, chissà per quale strambo motivo.
 
E’ vero che anche alcune donne sono così, ma i maschi devono averlo proprio nel DNA. Alcuni di più, altri di meno, ma, da quello che ha capito Ellie, i cacciatori hanno proprio impressa a fuoco sotto la pelle questa paura di mostrarsi fragili e insicuri. Devono sempre far vedere al mondo che sono forti, dei cavalieri senza macchia e senza paura, ma in quanto esseri umani è abbastanza logico che non siano così. Non sempre.
 
Ellie, vivendo con una donna come la mamma per buona parte della sua vita, ha sempre pensato che gli uomini siano strani. Poi ci sono sicuramente eccezioni, ma di certo non le ha trovate in quel mucchio di maschi – cacciatori, per di più – che ha conosciuto negli ultimi tempi e stare con suo padre non ha di certo aiutato la causa, non le ha fatto minimamente cambiare idea.
 
Quello che ha scoperto di nuovo sui cacciatori è che sono persone piuttosto rudi, pratiche – anche troppo a volte – e molto poco inclini al fermarsi per riflettere. Spara, poi fai le domande. Questa regola, probabilmente, ha salvato i loro preziosi fondoschiena più di una volta, ma Ellie non è molto d’accordo con questa linea di pensiero. C’è sempre un motivo dietro le azioni di qualcuno e, anche se stupido, va ascoltato. E’ quello che le ha sempre detto la mamma.
 
Osserva Dean al suo fianco, il suo sguardo concentrato sulla strada, le mani che stringono il volante che rilassa ogni tanto per battere piano le dita lì sopra, seguendo il ritmo della musica che proviene dall’autoradio.
 
Anche lui, per certi versi, è come gli altri cacciatori. Ha questa… mania del controllo, di voler tenere a bada ogni cosa e nascondere ciò che sente, quasi come se le sue emozioni debbano essere un problema, un ostacolo, per lui e per gli altri.
 
Non è neanche colpa sua, in fondo. Insomma non del tutto. E’ stato educato così, è cresciuto con quest’idea che il mondo sia equamente diviso in buoni e cattivi, senza nessuna sfumatura nel mezzo.
 
A modo suo, però, sa differenziarsi dagli altri cacciatori. Quando è insieme a lui, Ellie ha sempre l’impressione che gli basti uno sguardo per capirla, che quel suo guardarla sempre negli occhi sia il modo che ha per arrivare fino in fondo e cercare di comprendere cosa succede dentro di lei, per scavare oltre la superficie. Non che ce ne sia poi così bisogno perché Ellie è molto trasparente con tutti – perlomeno crede di esserlo –, ma c’è qualcosa nel suo sguardo, qualcosa che la induce ad aprirsi di più, a confidarsi e a non avere paura di dire o fare qualcosa. Non sa dire perché, semplicemente si sente… compresa, capita. 
 
Poi le viene in mente anche che Dean, nonostante sia chiuso come un riccio, con lei si è confidato qualche volta. Di rado – molto meno spesso di quanto accada a lei –, ma è successo ed Ellie lo ha ascoltato con attenzione, seguendo ogni racconto per filo e per segno, cercando di non perdersi neanche una parola di quelle preziose confessioni.
 
E’ sempre stata affascinata dai suoi racconti, ma le piace tanto quando lui si apre a tal punto da raccontarle qualcosa di davvero personale, non strettamente legato al lavoro che fanno; le piace soprattutto quando parla di Sam, perché gli legge negli occhi quanto ci tiene, quanto gli manca. Lo conosce abbastanza da sapere che non lo ammetterebbe mai a voce alta, ma a lei non serve che glielo confessi chiaramente per capirlo, le basta guardarlo.
 
Vorrebbe tanto conoscere Sam, vedere di persona e capire meglio il legame che hanno. Ellie non ha fratelli o sorelle, è sempre stata da sola ed ha avuto pochi amici nella sua vita, e prima di passare tanto tempo con Dean non sapeva cosa significasse davvero dividere tanto spazio con qualcuno. Per lui dev’essere stato difficile a volte, magari quando lui e suo fratello erano piccoli e da soli e Dean doveva fargli tutto in quanto fratello maggiore.
 
Nei rari momenti in cui ne ha parlato con lei, però, c’era qualcosa oltre la rabbia per la partenza di Sam, quando l’ha chiamato Sammy e le ha raccontato di quando combinavano qualcosa insieme o quando Sam si lamentava per qualcosa e Dean lo prendeva in giro.
 
Vorrebbe che ne parlasse più spesso, ma non fa mai niente per forzarlo, neanche una domanda, perché capisce perfettamente quanto possa dispiacergli di questo suo distacco, del fatto che l’ha lasciato da solo a combattere i mostri e non sia più la sua spalla come prima. E’ ferito in modo davvero profondo e di certo Ellie non aveva bisogno di sentire che lo dicesse a Bobby per capire che lui si sente davvero abbandonato da Sam.
 
E’ completamente immersa in quei pensieri quando Dean si volta e la guarda, aggrottando un po’ le sopracciglia. Forse si stava sentendo un po’ osservato. «Che c’è?»
Ellie scuote leggermente la testa. «Niente».
Dean torna a guardare la strada, ma le sue labbra si incurvano in un sorriso poco convinto, seguito da una specie di mugolio. «Niente, certo… stai zitta da mezz’ora e mi guardi così».
«Così come?»
«Come se stessi pensando a qualcosa che mi riguarda. Allora, che c’è?»
 
Ellie sorride, arrossendo appena. «Pensavo ai cacciatori».
«In che senso?»
«A come… a come vedono la vita» Dean la guarda perplesso «Dai, lascia stare. Dove siamo?»
«Lexington. Mancano un paio d’ore».
 
Ellie torna a concentrarsi di nuovo sul paesaggio fuori dal finestrino. «Tuo padre ti ha detto per cosa devi aiutarlo?»
«No. So solo che ha bisogno di una mano» e a quelle parole lei annuisce; c’è una cosa che vorrebbe chiedergli da quando sono partiti, però, così si volta di nuovo a guardarlo. «Sei sicuro non gli dispiaccia che ci sono anch’io?»
 
Nella testa di Ellie, John Winchester incarna perfettamente il tipo di cacciatore rude a cui stava pensando poco fa. Non ne è sicura, però, perché lo conosce appena. O forse sarebbe meglio dire che non lo conosce affatto, ma le dà quell’idea di generale addestrato per eseguire gli ordini e tramandarli alla prole, facendogli rispettare tutto un protocollo rigido e indiscutibile.
 
Dean incrocia un attimo i suoi occhi per poi tornare a guardare la strada. «Non vedo dov’è il problema».
«Ma glielo hai detto, almeno?» lui scuote la testa. «No. Devo comunque portarti da Jim, è normale che—»
Ellie quasi salta sul posto e lo guarda attonita «Perché no? Potrei… potrei dargli fastidio».
«Perché mai?»
«Perché non mi conosce. Come io non conosco lui» ed è vero, in fondo le rare volte che l’ha visto – nonostante dia una mano a suo padre per chissà cosa da mesi – non le ha mai rivolto la parola. Dean e papà, invece, dovrebbero conoscersi da quando lui era piccolo, perciò per loro è diverso.

Dean ingrana la marcia e continua a guardare la strada. «Non farti tutte queste paranoie, Ellie. Non sarà un problema per lui».
Ellie fa spallucce e si morde il labbro inferiore, nervosa. «Se lo dici tu» ma ha come l’idea che Dean non aveva neanche pensato alla possibile reazione del padre quando le ha chiesto di andare con lui.
 
Ad Ellie non è dispiaciuta per niente la sua richiesta, anzi. Si è sentita felice come raramente le è successo negli ultimi tempi – compresa e apprezzata davvero da qualcuno –, solo non vuole essere di troppo. Non sa che idea ha John di lei e non vuole creare problemi tra Dean e suo padre. Non sarebbe giusto.
 
Quando si ritrova davanti alla porta della stanza di John e vede la sua faccia, capisce di non aver sbagliato una virgola a pensare che poteva non essere poi così contento quando l’avrebbe vista comparire insieme a suo figlio.
 
John alloggia in uno dei motel a cui è abituata – forse anche un pochino più squallido dei precedenti – e non si scomoda neanche ad abbozzare un sorriso nella sua direzione, nemmeno uno di quelli di circostanza; rifila solo un’occhiata poco rassicurante a Dean.
 
Li lascia passare ed Ellie si sente di troppo e se ne sta impalata accanto alla porta, le mani nelle tasche e i denti a torturare il labbro inferiore, ma nessuno dei due sembra far caso al suo atteggiamento.
 
John illustra il caso a Dean, senza neanche curarsi di chiedergli se sta bene dopo che ha guidato per quasi quindici ore di fila per raggiungerlo il prima possibile e questa è un’altra cosa che Ellie non sopporta di tutti loro. Perché non si chiedono mai come sta l’altro? Affrontano l’Inferno ogni giorno, come fanno a dare per scontato che la persona con cui stanno parlando sta bene?
 
Ha notato che Bobby è un po’ diverso in questo. E anche Dean, ma comincia a pensare che siano delle vere e proprie eccezione in questo mondo.
 
Lo sguardo di Dean la riporta alla realtà. Le fa segno di sedersi accanto a lui, sul letto di John, ma Ellie rifiuta. Già non si sente a suo agio, non vuole peggiorare la situazione.
 
Ascolta con attenzione le parole di John; dice di aver messo gli occhi addosso a Mothman – chiamato anche Uomo Falena –, una creatura che viene avvistata di tanto in tanto nel West Virginia. Dalle descrizioni fatte dai testimoni, si tratta di un essere alto più di due metri, con dei grossi occhi rossi e delle enormi ali, simili a quelle di una falena, ed ha le gambe e il corpo umani.
 
John descrive con dovizia di particolari tutti gli elementi che ha raccolto negli ultimi giorni, un elenco di avvistamenti in West Virginia, Ohio e Kentucky che partono dal millenovecentosessantasei fino a quelli più recenti. In nessuno di questi casi, però, Mothman ha mai attaccato o ucciso esseri umani.
 
«Deve nascondersi nei boschi. Dobbiamo scovarlo e farlo fuori, una volta per tutte».
«Sissignore» Dean scatta in piedi ed Ellie lo osserva con attenzione: le mani lungo i fianchi e il corpo rigido, quasi avesse ricevuto un ordine da un suo superiore, non da suo padre. Non sembra neanche volerlo contraddire in nessun modo.
 
«Ma se non ha mai attaccato nessuno potremmo lasciarlo anche stare» Ellie si morde la lingua immediatamente dopo essersi beccata uno sguardo fulmineo da parte di John, ma non è riuscita a rimanere in silenzio. In fin dei conti, è quello che ha pensato da quando ha cominciato a parlare di questa strana creatura.
«Non mi sembra un valido motivo per lasciarlo in pace. Insegue le persone, è pericoloso». Ellie ora non ribatte, dondolandosi appena sui piedi. Non è d’accordo, ma tanto sicuramente si farà come dice lui, perciò tanto vale tacere.
 
John torna a guardare il figlio «Trovatevi una stanza e fatevi una doccia, stasera andiamo a dare un’occhiata».
«Sissignore» ancora quella parola – un suono così fastidioso alle orecchie di Ellie, quasi stridulo –, poi Dean va verso la porta, ma suo padre lo trattiene richiamandolo. «Aspetta, possiamo fare due chiacchiere… » punta lo sguardo su Ellie «… da soli?»
 
Dean si volta verso di lei che non dice una parola e semplicemente se ne va fuori, chiudendosi la porta alle spalle. Si dirige verso la “reception” – se così si può chiamare il piccolo banchetto con il misero computer che utilizza il proprietario per le prenotazioni – e prende una stanza. Fa per mandare un messaggio con il numero a Dean, ma solo adesso si rende conto di aver lasciato il borsone in quella di John, così torna indietro e quasi si maledice quando sente la sua voce – aspra e tagliente – inveire contro Dean.
 
«Mi era sembrato di aver chiesto il tuo aiuto, non di portarti estranei».
«Ellie non è un’estranea. Poi eravamo da Bobby, non mi sembrava il caso di lasciarla lì. E Jim non risponde» ed è vero, papà è sempre momentaneamente irraggiungibile ed Ellie ci ha provato a chiamarlo, per dirgli che stava bene e aveva concluso il suo lavoro – quello che lui le aveva lasciato –, ma si è ritrovata a parlare con una dannata segreteria telefonica.
 
Appoggia una mano sul muro colorato di verde, forse l’unica cosa che rende questa specie di topaia leggermente più decente; non dovrebbe origliare, non sta bene, ma la voce di John è fin troppo udibile alle sue orecchie e non riesce a farne a meno.
 
«Mi bastavi tu, Dean. Non ho bisogno di altri problemi o di chi mi vuole spiegare come fare il mio lavoro» la sua voce – cupa e bassa, così imponente – diventa un po’ più alta e ad Ellie arriva nel petto come una lama, colpendola nel punto dove più le duole. Sa di non essere poi così brava come cacciatrice, di avere ancora tante cose da imparare, ma sperava di sbagliarsi su John, che le desse almeno una chance – un po’ come ha fatto Bobby –, una possibilità di fargli vedere che con un po’ di impegno può riuscire e può essere utile.
 
E’ stanca di ascoltare e le sembra di violare un momento solo loro – Dean non vede John tanto quanto Ellie non vede suo papà e forse è con lui che dovrebbe e vorrebbe stare invece che “badare” a lei – e torna verso la sua stanza; poi, certe volte, è meglio rimanere nell’ignoranza e tutto quello che ha sentito non è che una conferma di quello che pensava già.
 
Va verso la stanza che ha appena prenotato e si decide a mandare un messaggio a Dean – la sua voce che cerca di difenderla e valorizzarla, per così dire, agli occhi di suo padre si fa sempre più lontana – per comunicargli il numero; entra al suo interno ed è assurdo quanto questa sia più sporca e più incasinata di quelle precedenti, sembra che la cameriera non sia neanche mai passata da quelle parti. C’è anche un’enorme macchia di muffa sul soffitto.
 
Ellie si siede su uno dei due letti, accertandosi che non ci siano chiazze strane anche sulla coperta – quella in alto è più che sufficiente e non vorrebbe neanche soffermarsi a pensare di cosa potrebbe essere imbrattato un copriletto come quello –; non ha sonno, non ha nessuna intenzione di farsi una doccia – almeno non al momento, preferisce lasciare il bagno a Dean – e attende che lui rientri, così da poter prendere il suo computer e fare qualche ricerca. Vuole indagare a fondo prima di stanotte.
Non tutte le creature sono per forza malvagie ed ha la vaga impressione che questa non sia altro che una caccia fatta a caso, perché non si hanno altri pesci su cui scaricare la rabbia. E’ l’impressione che ha avuto non appena John ha cominciato il suo sermone su quanto sia pericoloso l’Uomo Falena.
 
Quando Dean torna in stanza – qualcosa come una mezz’ora dopo – sembra distrutto. Più di quando è arrivato. Le porge il suo borsone «L’avevi lasciato di là» ed Ellie annuisce senza dire nulla; si limita ad aprire il suo sacco e ne tira fuori il suo computer e gli occhiali. Lo appoggia sul tavolo, si siede e comincia a fare ricerche.
 
Dean si fa una doccia con calma e quando esce dal bagno è perfettamente vestito, ma ha ancora l’asciugamano tra i capelli bagnati. Ellie è ancora intenta a fare ricerche ed ha scoperto molte cose interessanti.
 
«Non sei stanca?» tira l’asciugamano dall’altra parte della stanza, centrando il divano, e si butta quasi a pesce su uno dei due letti.
«No, voglio guardare una cosa».
Dean mugola irritato. «Abbiamo viaggiato tuuuutta la notte, mangiato qualche schifezza per strada e tu hai ancora voglia di fare ricerche?»
 
Ellie si alza e si siede sul bordo del suo letto, portando il computer con sé. «Guarda» Dean volta la testa nella sua direzione, gli occhi mezzi chiusi per la stanchezza «Nessuno dei testimoni ha mai trovato sgradevole la presenza di Mothman. Anzi, alcuni lo ritengono una specie di… portafortuna, qualcosa che compare nei momenti critici dell’umanità. Hanno anche fatto una statua in suo onore». [1]
 
Dean punta i gomiti sul cuscino, appoggiando la testa sopra i pugni chiusi, e la guarda. «E con questo?»
«Con questo voglio dire che non è per forza cattivo. Avevo letto di questa creatura in un trafiletto su un giornale tempo fa, per questo ho fatto delle ricerche immediatamente».
Dean si stropiccia gli occhi. «Senti Ellie, il fatto che non ha ancora ucciso qualcuno non lo rende docile e simpatico come ET o un puffo. Insegue la gente, non è un bene».
«E deve morire per questo?»
«Papà ha detto così e così faremo» il suo tono di voce è leggermente più aspro, più aggressivo, anche se di poco.
Lei sposta il computer e lo chiude, appoggiandoci sopra gli occhiali. «Ma—»
«Ellie, dannazione, ho sonno. Sono distrutto, mi lasci dormire in pace?» Ellie abbassa la testa e annuisce, anche se Dean è già voltato da un lato e non la guarda più in faccia. Scende dal letto e prende il laptop per poi appoggiarlo di nuovo sopra la scrivania. «Fatti una dormita pure tu, ne hai bisogno. Stanotte dobbiamo essere riposati».
 
Ellie annuisce a se stessa, poco convinta. Toglie le scarpe e si infila sotto le lenzuola di quello che per chissà quante notti – spera il meno possibile – sarà il suo letto, gli occhi spalancati e nessuna intenzione di dormire. Fa per voltarsi per dire qualcosa a Dean, ma lo sente russare sommessamente e cambia subito idea.
 
Non le interessa cosa ne pensa lui, ma il fatto che l’Uomo Falena sia chiaramente una creatura soprannaturale non dà loro l’autorizzazione di farlo fuori se non se lo merita.
 
*
 
La stanza di John ha uno strano effetto su Ellie. Quell’uomo è in grado di farla sentire grande e ingombrante, di troppo, come un elefante in un negozio di cristalli. Ormai è lì, però, e non può tirarsi indietro.
 
Se ne sta in silenzio ad aiutare Dean a caricare pistole e fucili, mentre John spiega loro il piano d’azione. Anche se non c’è molto da spiegare, in realtà. Devono solo far fuori il disgraziato che il Winchester Senior ha molto democraticamente deciso che devono ammazzare.
 
«E’ stato avvistato per di più sempre nei pressi di una fabbrica. Dovremmo andare da quelle parti a dare un’occhiata».
Dean annuisce silenzioso – almeno per una volta si è risparmiato quella fastidiosissima parola, qualcosa che stona in lui considerando il suo atteggiamento di sempre –, ma Ellie non ce la fa a tacere ancora ed è pronta ad affrontare le conseguenze, se necessario.
 
«Ho controllato: nessuno dei testimoni ha descritto questo Uomo Falena come aggressivo». Ellie deglutisce quando lo sguardo di John si fa minaccioso, ma non molla. «Non capisco perché dobbiamo ucciderlo». Sente anche gli occhi di Dean puntati su di sé, ma non ha alcuna intenzione di rimangiarsi quello che ha detto.
 
«Perché è una creatura sovrannaturale che dà fastidio alla gente comune. E’ questo quello che facciamo noi, Elisabeth. Uccidere queste bestiacce. In fondo, è solo un bene che ancora non ci sia scappato il morto».
«Non è detto che debba scapparci, però. Voglio dire… potrebbe essere innocuo».
 
Lo sguardo di John si fa più intimidatorio; le si avvicina ed Ellie quasi trema «Sentimi bene, ragazzina, nessuno qui ti ha chiesto un parere su quello che dobbiamo fare. Hai molte cose da imparare, perciò, se vuoi farlo, esegui gli ordini che ti do e fallo in silenzio».
 
Ellie abbassa gli occhi e torna a concentrarsi sui proiettili. Non è per niente pentita della sua osservazione, si limita a  non rispondere solo per rispetto di Dean che l’ha portata con sé.
 
Passano molti minuti prima che lui rompa nuovamente il silenzio «Beh, però non ha tutti i torti».
Ellie si volta a guardarlo, confusa, e John fa lo stesso. «Come dici, ragazzo?»
«Beh, voglio dire… se il farfallone è solo uno che guarda la gente ogni tanto, potremmo lasciarlo anche campare, che male fa?» ma si zittisce immediatamente quando riceve un’occhiataccia da suo padre, di quelle che non lasciano tanto scampo ad altre parole.
 
Per tre notti vagano alla ricerca dell’Uomo Falena finché non lo trovano e Dean non si fa scrupoli a sparargli per primo. Ellie rimane concentrata sull’obiettivo, cercando di non pensare a quanto sia un peccato che uno come lui – che è diverso dagli altri cacciatori, più buono e incline ad ascoltare gli altri, a scendere a compromessi se si rende conto di avere torto – si “rovini” in questo modo, dando retta a suo padre senza mai dubitare delle sue parole.
 
Ellie ripensa ai suoi rari racconti su Sam e, stando a stretto contatto con John Winchester, capisce perché il più piccolo dei due se ne sia andato. Da come glielo ha descritto, ha un carattere molto diverso da quello di Dean e probabilmente si è sentito schiacciato da quest’uomo così autorevole e rigido.
 
Quello di cui è assolutamente certa, però, è che la paura di Dean – che suo fratello sia fuggito anche da lui – è assolutamente infondata. Le è bastato passare qualche giorno con John per capirlo e, per quanto non conosca Sam, Dean gliene ha parlato abbastanza da comprendere certi atteggiamenti e chiunque – a parte Dean, per qualche strano motivo – se potesse vorrebbe fuggire da quell’uomo. E’ come un sergente, è arrogante e bisogna obbedirgli e basta. Neanche Dean è perfetto – ed è forse questa la cosa che lo rende più umano agli occhi di Ellie –, ma non è cattivo. Sicuramente non lo è neanche John, ma il problema è come si pone con gli altri, soprattutto con suo figlio, che potrà avere mille difetti ma gli è rimasto accanto e non lo avrebbero fatto tutti.
 
Ellie vorrebbe spiegare tutto questo a Dean, ma non vuole neanche discutere, perciò sa che probabilmente non ci proverà neanche. O forse lo farà – perché non è tanto capace a tenersi le cose dentro, soprattutto quando si tratta di voler aiutare qualcuno – e finiranno per litigare, ma pazienza. Vuole solo essere sincera.
 
Inevitabilmente pensa al suo rapporto con suo padre, a tutto quello che vorrebbe costruire con lui e le piacerebbe che, un giorno, lui possa darle un po’ della fiducia che John ripone in Dean. Perché è vero, non sarà il miglior padre del mondo, ma di tutte le persone a cui poteva rivolgersi ha chiamato proprio suo figlio e per Ellie questo vuol dire qualcosa. Anche se potrebbe dimostrarlo molto meglio a lui, farglielo capire diversamente, ma tutto questo la fa riflettere e la porta a concludere quanto John e Dean siano una famiglia molto più di quanto lei e suo padre siano mai stati.
 
Se c’è una cosa che ha imparato di Dean da che lo conosce è che si spezzerebbe in due per i propri cari ed è proprio mentre questo pensiero le affolla la mente che Ellie vede l’Uomo Falena cadere a terra, praticamente in fin di vita, colpito proprio da Dean ed è John a finirlo, tagliandogli la testa con un machete.
 
Ellie alza lo sguardo su Dean e lo vede immobile a fissare la sua vittima; le grandi ali dell’Uomo Falena sono accasciate sul terreno, i suoi occhi spalancati e vitrei e giace immobile mentre il suo sangue si riversa a terra.
 
Ellie non riesce a smettere di scrutare Dean, studiando ogni suo movimento; non c’è traccia di rimorso o di pentimento nei suoi occhi, soprattutto quando suo padre gli si avvicina appoggiandogli una mano su una spalla, quasi a congratularsi per la “vittoria”.
 
Dean abbozza un sorriso e guarda Ellie e solo allora la sua espressione cambia; si fa appena più mortificato, ma neanche così tanto. Ellie a volte crede che uccidere una qualsiasi creatura sovrannaturale gli provochi piacere, a prescindere che abbia effettivamente fatto del male a un qualche essere umano o no. Quella è l’unica cosa che cambia davvero per lui.
 
Ellie vorrebbe fargli capire che a volte non è l’essere umani a fare la differenza, perché le persone sanno essere bestie esattamente come e a volte anche più di qualsiasi vampiro o licantropo o creatura infernale. E non è l’uccidere i cattivi che ti salva dal diventare un assassino. La linea è davvero molto sottile ed Ellie se ne sta rendendo conto giorno dopo giorno. 
 
Sta di fatto che, se questa creatura era buona e innocua o meno, Ellie non lo saprà mai. Tutto finisce con la sua vita.
 
Tornano al motel dopo essersi disfatti del cadavere e, non appena chiudono la porta, Ellie si avvicina al borsone e comincia a frugarci dentro, in cerca di chissà cosa. Non sa neanche lei cosa sta facendo, vuole solo evitare Dean.
 
Non passa molto tempo prima che lui le appoggi una mano sulla spalla, quasi fosse un invito a guardarlo, ma Ellie non lo fa.
«Che c’è?» lei non risponde, intenta a sistemare una camicia sgualcita, ma la presa di Dean sulla sua spalla si fa più forte. «E’ da quando siamo qui che sei strana. Pensavi non me ne fossi accorto?»
 
Ellie sospira appena abbassando la testa e si siede sul letto, fissandosi i piedi. E’ proprio vero che a volte gli basta uno sguardo, ma forse anche di meno, per capirla.
 
Dean fa lo stesso e passa qualche istante prima che lei alzi lo sguardo e incontri i suoi occhi. «L’altro giorno, quando siamo arrivati… ho sentito quello che ti ha detto tuo padre su di me».
Dean deglutisce e la osserva con attenzione. «Tutto quanto?»
«No. Ero venuta a prendere il borsone, ma sono andata via subito. Parlavate a voce alta, però, perciò vi ho sentito. Non volevo ascoltare di proposito».
 
Dean abbassa lo sguardo per un secondo. «Non ricordo le parole precise, ma… non ha detto quello che ha detto con cattiveria. Voglio dire, non farci troppo caso. Lui è un po’ burbero e—»
«Lo hai detto anche di Bobby, ma lui ha cercato di aiutarmi».
«Perché sono diversi. Papà non è cattivo, è solo stanco e non gli piace condividere troppo».
Ellie sospira di nuovo, poco convinta. «Non avresti dovuto portarmi».
«Invece sì. Papà è un genio, hai imparato qualcosa insieme a lui».
«Oh sì, come si uccidono i mostri a cui sono ispirati i giocattoli dei bambini». [2]
 
Dean si alza in piedi, sbuffando; fa un paio di passi in avanti e poi si volta di nuovo a guardarla. «Ok, anch’io penso che a volte si accanisce sulle cose per rabbia o… o non lo so. Non è così male, però, è un brav’uomo. Cerca solo di fare quello che è giusto».
 
Ellie lo guarda e prova quasi tenerezza per lui in questo momento. Sembra voler fare tutto quello che è in suo potere per difenderlo.
Prende fiato e si inumidisce le labbra prima di parlare ancora. «Io non voglio giudicare. Solo… » si ferma, prima di dire qualcosa che sicuramente non piacerà a Dean «Solo non capisco questo tuo atteggiamento quando c’è lui. Non… non discuti mai le sue scelte, ti limiti ad annuire e ad assecondarlo».
«Oh, andiamo… non è vero. E poi tu fai lo stesso con tuo padre».
Ellie ci riflette un secondo, ma… no, non è proprio così. «No, invece. E’ vero che obbedisco, però… però ci provo a contestare i suoi ordini se mi dice qualcosa che non mi piace. Provo a fare domande, tu non lo fai mai».
 
A quelle parole, Dean sorride ed Ellie non ne capisce il motivo; lo guarda mentre scuote il capo e le si avvicina di nuovo, la testa bassa e lo sguardo rivolto alla moquette. «Parli come Sam».
 
Ellie sbatte le palpebre un paio di volte, perplessa. Allora la sua opinione su Sam non è così sbagliata.
 
Dean si siede di nuovo accanto a lei sul letto, pensieroso. Ellie capisce che questo è uno dei rari momenti in cui ha bisogno di sfogarsi, quando si apre come fa raramente: si passa la mano sulla bocca e la lascia scivolare sul mento, gli occhi sono più attenti e sbatte le palpebre più volte, quasi a doversi convincere che parlare sia la cosa giusta. «So che forse quello che dirò adesso ti sembrerà strano, ma… per me quell’uomo è un eroe. E’ una delle poche cose care che ho rimasto al mondo. Voglio solo stargli vicino come ritengo più giusto».
 
Ellie si volta un po’ verso di lui, guardandolo negli occhi. «Io non dico che questo è sbagliato. E’ giusto che tu voglia bene a tuo padre, anzi più che giusto. Solo che lui… lui ti tratta come un soldato».
«Sì, ma io gli devo tutto. Voglio dire, lui… lui ha fatto del suo meglio per tirare su me e Sam da solo» di fronte a quelle parole, Ellie rimane in silenzio. «Se lo assecondo è solo perché voglio che sia orgoglioso di me».
 
Ellie prova così tanta tenerezza per lui in questo momento che d’istinto allunga una mano e cerca il suo braccio destro, stringendolo appena sopra il polso; Dean dapprima la osserva in modo strano, ma, a giudicare da come lo fa subito dopo, sembra aver capito il perché di quel suo gesto e si limita ad osservarla senza aggiungere altro.
 
Ellie continua a guardarlo negli occhi senza dire nulla. In fondo non è quello che cerca di fare ogni giorno, provare a rendere suo padre fiero di lei? Cercare di dimostrargli che non è un semplice sacco di pelle e vestiti da portarsi dietro?
 
Non può biasimare Dean per questo, solo vorrebbe che pensasse un po’ di più con la sua testa.
 
Ha apprezzato il modo in cui ha cercato di difenderla, di stare dalla sua parte qualche giorno fa di fronte a suo padre, e questo forse può essere un punto di partenza per lui. Forse può imparare ad essere un bravo figlio senza però per forza comportarsi da perfetto soldatino.
 
Gli sorride, cercando di rassicurarlo in qualche modo, e lo guarda comprensiva. Forse in fondo non sono poi così diversi. 
 
[1] Le informazioni trovate da Ellie riguardo al cosiddetto “Uomo Falena” sono vere, facilmente reperibili su Wikipedia o centinaia di altri siti. Esiste davvero una statua a lui dedicata a Point Pleasant, nel West Virginia, e addirittura anche un museo.
[2] Alcuni autori di giochi si sono ispirati alla figura dell’Uomo Falena per creare una serie di giocattoli e videogiochi.
  
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