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Autore: Kim WinterNight    24/07/2015    5 recensioni
«Ciao, cari lettori.
Mi presento: mi chiamo Albertina, per gli amici Berty. Ho quindici anni e vivo in Italia, precisamente in un paese fittizio che chiamerò… mmh… Bettola town.
Okay, lo so, il nome può sembrare buffo e non attinente al nostro caro Stato Italiano (Repubblica fondata sul Lavoro e bla bla bla), ma sfido chiunque a trovare un nome migliore di questo!»
Spero che la storia vi piaccia.
Non sono solita scrivere comici, però per queste vicende sono davvero ispirata e ho preso spunto da un sogno che ho fatto recentemente.
NOTE: tutti i personaggi sono di mia modesta invenzione e qualsiasi riferimenti a luoghi o persone è puramente casuale.
Genere: Demenziale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sesso senz'amore...








Per poco non mi metto a strillare in mezzo al corridoio.

Mi sento come se qualcuno mi avesse appena violentato, nonostante Mauro se ne stia lì fermo con la sua solita faccia da viscido depravato e non abbia osato avvicinarsi più del necessario. Fosse per me, dovrebbe stare almeno a cento metri dalla mia sfera personale, ma se voglio ottenere un simile risultato mi tocca denunciarlo alla polizia per stalking, prima o poi.

Tita sta seriamente per preoccuparsi, non tanto per il modo in cui potrei reagire, ma per il semplice fatto che sono zitta e impalata, incapace di ribattere.

Ultimamente la gente si sta mettendo d'impegno per ficcarmi in situazioni più impossibili che rare, ma cos'hanno tutti?

Prima Pippo/Checco, ora questo deficiente patentato di Mauro...

Devo dire qualcosa, cacchio.

Deglutisco a fatica, grata ancora una volta per l'assenza di mia madre dall'edificio scolastico.«

«Ripeti» è tutto ciò che riesco a sibilare.

«Hai capito, piccola innocente Berty. Vieni a letto con me, ci divertiremo... o almeno, io mi divertirò di sicuro!»

«Ma Mauro!» interviene Tita, tappandosi le orecchie con le mani e scuotendo il capo.

«Oh, Giudy, vuoi unirti anche tu? Dipende tutto da Berty, per me non ci sono problemi... sono una persona socievole, io.»

«Ah, sta' zitto, idiota!» sbotto, afferrando la mia amica per un braccio, per evitare che scappi via scandalizzata.

«Allora? Questa è la tua sfida di oggi» insiste il depravato, guardandomi a lungo negli occhi.

«Accetto, ci mancherebbe altro» grugnisco tra i denti.

Lui sgrana incredulo gli occhi, incapace di ribattere.

«Ci vediamo nell'ala abbandonata tra quarantacinque minuti. Non tardare, codardo» concludo, poi me ne vado impettita, trascinandomi dietro Giuditta, che non ha più aperto bocca da quando Mauro le ha fatto quella proposta indecente.


«Sei impazzita? Non funzionerà mai! Tu non vuoi andare con... oh, mamma... ti sta fissando» mormora Tita, mentre siamo sedute in classe durante l'ora di religione.

«Lascialo fare. Senti, Tita, tu ti fidi di me?» le domando, con fare un po' melodrammatico.

Ogni tanto qualcuna delle nostre compagne mi lancia un'occhiata colma di disprezzo, segno che quell'imbecille di Mauro ha già sparso la voce in tutta la scuola. Così ci sia da vantarsi tanto, proprio non lo capisco. E comunque, dopo questa giornata, le sue speranze di fare una buona impressione in giro saranno proprio pari a zero.

Non sono così sprovveduta. Forse all'inizio la sua proposta mi ha preso in contropiede, ma poi il mio cervello mi ha ricordato che anche lui esiste e lavora.

La prof di religione è intenta a spiegare come si svolge la vita di un musulmano praticante, quando capisco che è il momento di agire.

Lancio un'occhiata a Mauro, poi comincio a fare delle smorfie.

Do di gomito a Tita e lei esclama: «Prof! Scusi, credo che Albertina non si senta bene...».

Non è il massimo come bugiarda, ma io mi concentro sulla parte che devo recitare.

«Cosa succede, Bartolini?»

«Mi viene... mi viene da vomitare...» balbetto, ripensando al primo giorno che udii i miei genitori accoppiarsi nella stanza accanto alla mia. Era la prima volta che davo di stomaco senza aver esagerato con qualche cibo prelibato, e da allora quello era il mio cavallo di battaglia per chiarire il disgusto che provavo per svariate situazioni della mia quotidianetà.

«Vuoi andare in bagno? Giuditta può accompagnarti» risponde la professoressa, senza scomporsi. Non capisco ancora perché tutti i professori mi chiamino per cognome, sono l'unica eccezione in tutta la classe. Peccato che mia madre utilizzi i soliti nomignoli orrendi, sottolineando di fronte a tutti che sono sua figlia. Sai che fortuna.

«No, non vorrei... non vorrei che perdesse la sua lezione, ce la faccio anche... da sola...» continuo a farfugliare, alzandomi con difficoltà simulata dalla sedia.

Barcollo verso la porta ed esco, senza guardarmi indietro. Sento gli occhi di tutti puntati addosso, ma i più pungenti sono quelli di Mauro.

Una volta in corridoio, smetto di fingere. Afferro in fretta il cellulare e comincio ad armeggiarci, dirigendomi lo stesso in bagno. Non si sa mai che qualcuno mi veda e mi chieda spiegazioni che non ho voglia di dare.

Mi sento pronta, non mi lascerò prendere per il culo da quel cretino di Mauro. È un ingenuo se crede che il suo ricatto porterà dei frutti.

Ormai mancano appena cinque minuti all'appuntamento, perciò mi frugo in tasca per controllare che ci sia tutto e mi avvio all'ala abbandonata della scuola.


Si tratta di poche aule che non vengono utilizzate perché non c'è un sovraffollamento di studenti, quest'anno. In queste aule, molte storie d'amore e passione vengono consumate, all'insaputa del personale dell'edificio. Nessuno dei bidelli ci passa mai, da queste parti, le pulizie di questi ambienti si fanno ogni quindici giorni e chi li frequenta clandestinamente è finora riuscito a non farsi scoprire, non abbandonando rifiuti o altri indizi all'interno delle aule.

Mi fermo all'inizio del corridoio, appiattendomi contro la parete. Aspetto Mauro, sorridendo.

Poco dopo, lo vedo arrivare.

«Ci sei allora?» sussurra.

Mi piazzo davanti a lui, fingendo di essere mortalmente offesa con lui.

«Mi vedi, no?» borbotto, incrociando le mani sul petto.

«Su, piccola, ti piacerà. Hai mai scopato prima d'ora?»

«Ti sembro il tipo?»

«Se non lo hai mai fatto, mi vai anche meglio. Posso insegnarti tutto io, tu dovrai soltanto obbedire ai miei ordini e vedrai che andrà tutto per il meglio.»

Certo, e poi devo diventare la tua schiava sessuale per il resto dei miei giorni e finché morte non ti separi dal tuo uccello.

«Non l'ho mai fatto, Mauro, perciò sii carino con me. Vorrei sperimentare una cosa di cui ho sentito parlare» lo punzecchio.

In realtà mi sento disgustata, però devo reggere finché tutto questo scempio non sarà finito.

«Di cosa si tratta?»

«Sorpresa. Adesso entriamo.»

Mauro mi appoggia una mano sul sedere e mi spinge avanti. Mi trattengo a stento, ma vorrei mordergli le dita fino a staccargliele, per poi infilargliele in qualche altro simpatico orifizio che gli appartiene...

«Chiudi a chiave, sì... la prof ha fatto domande?» cerco di distrarlo, cambiando momentaneamente argomento.

«Sì, ma Giuditta l'ha rassicurata e ha promesso che sarebbe andata a controllare come stavi.»

Annuisco. Figuriamoci se me ne frega qualcosa della prof!

Spingo Mauro contro un banco e poi infilo la mano in tasca. Porto fuori un fazzoletto spiegazzato e glielo sventolo di fronte agli occhi.

«E quello cos'è? Eh, porcellina» ammicca, afferrando il fazzoletto.

Quel coso di cotone l'ho rubato alla bidella mentre tornavo in classe, circa un'ora fa. Chissà quante volte ci si sarà soffiata in naso sopra. Respingo con forza un conato di vomito e mi costringo a guardare Mauro negli occhi.

«Ora spogliati e lascia che io ti metta questo sugli occhi» gli ordino con finta dolcezza, afferrando nuovamente la benda.

«Cosa dici? Sei sicura di sapere...»

Mi chino su di lui e gli abbasso la cerniera dei jeans, sentendomi molto audace e schifata. So esattamente come si fa sesso, anche se non mi ci sono ritrovata in mezzo.

Mauro trattiene il fiato e mi osserva, stupito.

«Ho detto: spogliati e lasciati bendare» ripeto, con voce suadente.

Gli lego il fazzoletto dietro la nuca e mi allontano, evitando di guardarlo mentre si toglie i vestiti. La cosa però è inevitabile, perciò alla fine l'occhio mi cade sul suo petto, sulle braccia e poi ancora più giù... vedere un ragazzo nudo dal vivo è tutta un'altra cosa, quasi quasi una bottarella a Mauro gliela darei...

No, non a lui. A nessuno, non ci penso neanche a diventare come mia madre.

Con un moto di repulsione, distolgo lo sguardo e fisso il cellulare. Il messaggio è arrivato.

«Berty? Dove sei? Toccami come prima, ti prego...» mugola Mauro.

Mi fa proprio pena e mi viene da ridere, ma proprio non posso. Tutto sta andando a gonfie vele.

«No, dovrai convincermi» blatero, avvicinandomi alla porta.

Mauro è nudo e io non lo guardo più. Non ci penso neanche.

«Come? Che cazzo...?»

Fa per slacciarsi la benda e io lo fermo con un gridolino, posando la mano sulla maniglia. Riesco ad abbassarla senza che lui lo senta, coprendo lo scricchiolio con inutili chiacchiere e false promesse.

Il mio ospite entra nella stanza in punta di piedi e strabuzza gli occhi quando nota Mauro svestito e disteso sul banco.

«Convincimi, su, Mauro! Sono una ragazza difficile, lo sai... anche se guardarti mi piace!» mento, scambiando occhiate con la persona che mi affianca.

Mi fa un cenno verso il cellulare e io annuisco, sorridendo.

«Berty... vieni qui, ti prego...»

Sollevo il cellulare e premo sullo schermo.

«Sei bellissima, lo sai? Non mi aspettavo un giochino del genere da te... mi hai sorpreso, tutto questo mi piace, ma adesso diamoci da fare... altrimenti la prof di religione penserà male...»

Comincio ad avvicinarmi a lui seguita dal visitatore misterioso. Mauro non immagina neanche della sua esistenza.

«Arrivo» mormoro.

Sto per scoppiare a ridere, seriamente. Tutto quello che sta succedendo è irreale, eppure io non faccio altro che compiacermene. La mia scommessa l'ho vinta, non importa come stanno andando le cose. Io ho accettato di andare a letto con lui, i dettagli sono solo dettagli.

La persona che ho fatto entrare si inginocchia di fronte a Mauro e gli apre le gambe.

Io cerco di non guardare, ma mi serve restare lì ancora un attimo.

Quando poi le cose cominciano a farsi serie e sporche per il mio debole stomaco, smetto di riprendere.

Sgattaiolo fuori dalla stanza mentre sento Mauro gemere mentre il ragazzo più gay di questo mondo gli fa un bel servizietto degno di nota. Il demente crede che quella sia opera mia, non oso immaginare cosa accadrà quando Cristiano gli toglierà la benda.

E io, in ogni caso, ho il mio video. Ora posso ricattarlo a mio piacimento, perché nel video si vede chiaramente che sta lasciando che un altro ragazzo lo sevizi per bene.

Me ne fotto, io, delle convenzioni.

Comunque, vado in bagno perché non ce la faccio più: devo vomitare.

Ed è lì che mi trova la professoressa di religione, quando la sua ora finisce e lei viene a cercarmi. Mi trova china sul lavandino a vomitare e tutti i dubbi che aveva nutrito sulle mie reali condizioni di salute sviniscono come neve al sole.

È incredibile come il tempismo ti salvi il culo, certe volte.

Quando rientro in classe, Tita è preoccupatissima e le mie compagne mi guardano con aria perplessa.

Mi schiarisco la voce e sventolo il cellulare.

«Volete vedere un video divertente? Però non lo posso divulgare, è mio!» affermo.

E tutte mi accerchiano, curiose di sapere cos'ho da mostrare.

Mi sento così bene che quasi mi dimentico dell'esistenza di Mauro e di ciò che accadrà quando anche lui tornerà in classe.

Le mie compagne strillano come ossesse e cominciano a ridacchiare come galline, anche dopo che ho finito di sputtanare il nostro compagno di classe.

Tita, improvvisamente, mi picchietta sulla spalla.

Mi volto.

E lo vedo.

  
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