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Autore: WibblyVale    25/07/2015    2 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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In quegli ultimi giorni la temperatura si era alzata e, anche nell’inospitale Villaggio della Pioggia il caldo si faceva sentire. L’umidità faceva appiccicare i vestiti al corpo, dando la continua impressione di sporco. Shiori sedeva nella cucina, il ventilatore puntato verso il suo volto godendosi quell’aria fresca. Si stava godendo il panino, che si era preparata per pranzo, e ragionava sulle sue ricerche quando Deidara entrò in cucina. Il ragazzo prese una bottiglia di aranciata dal frigorifero grigio al lato e si sedette di fronte a lei. La pioggia continuava a cadere incessante. La kunoichi non la sopportava più con il suo continuo ticchettare sui vetri, giorno e notte, notte e giorno.
“Cosa stai leggendo?” chiese il Nukenin della Roccia, indicando il tomo verdognolo tra le sue mani.
“Un libro per la traduzione. Ci sono parti che proprio non riesco a capire.”
A quel punto entrò Sasori, che lanciò uno sguardo che poteva essere truce al compagno e con un cenno del capo salutò la donna. Il biondo nel frattempo continuava ad osservarla incuriosito.
“Hai bisogno di qualcosa?” chiese lei sentendosi decisamente a disagio.
Lui si dondolò leggermente sulla sedia. “Di arte te ne intendi?”
“Con il lavoro che faccio, direi che un po’ si.”
“Allora tu quale pensi che sia la vera forma d’arte? La mia o quella di Sasori?” Lo shinobi più anziano sentendosi chiamato in causa si avvicinò a loro, ricambiando lo sguardo di sfida del compagno con uno piatto e indifferente. Shiori però sentiva che entrambi erano curiosi di conoscere la sua risposta.
“Onestamente non saprei… Non credo che esista un’unica vera forma d’arte. Credo che l’arte sia ciò che suscita nello spettatore una qualche emozione. Quindi se voi con la vostra arte raggiungete questo scopo, allora per me la si può considerare tale.”
Il ninja più giovane sbuffò. “Che risposta diplomatica. Qualcuno deve pur vincere.”
La donna scosse la testa. Per quanto Deidara fosse abbastanza sopportabile, sapeva essere estremamente infantile e fastidioso alle volte. Decise quindi di alzarsi dalla tavola.
“A volte non si deve vincere per forza.” Affermò prima di uscire, seguita a ruota dal marionettista. “Ti serve qualcosa?” chiese, mentre percorrevano l’uno accanto all’altra gli stretti corridoi della base dell’Akatsuki.
“Mi è stato detto di dirti che li ha trovati.” Lei sospirò.
“E stanno bene?” Si animanò immediatamente la kunoichi.
“Si. Sono stati perseguitati da una piccola squadra di ricercatori della tua vecchia organizzazione, ma li hanno sistemati.”
Dovette fermarsi qualche secondo e appoggiare la schiena contro il muro. Parte delle sue preoccupazioni se ne erano andate. Itachi era riuscito a trovare la sua squadra della Kumori. Da quando aveva sentito che Orochimaru, stava cercando Kasumi, aveva pensato che loro ci avrebbero potuto rimettere.
“Ha indicato loro il mio nascondiglio?”
“Ha promesso che se ne staranno buoni lì, finché le acque non si calmeranno.”
“Grazie.” Sussurrò, un po’ all’emissario di fronte a lei, un po’ al suo amico lontano.
“Quando Uchiha ritorna digli che non sono il suo messaggero.” Borbottò.
“Voi ve ne andate?” chiese un po’ dispiaciuta. Lui e Deidara erano la poca compagnia che aveva. Hidan e Kakuzu, che erano tornati due giorni prima , con lei non parlavano, la stanza di Nagato era inaccessibile e Konan aveva talmente tanti impegni che non aveva tempo per rilassarsi qualche minuto.
“Si, ci hanno commissionato una missione.” Spiegò voltandosi e ritornando al suo pranzo, senza aggiungere altro.

Più tardi nella sua stanza si rimise a spulciare quelle maledette cartacce. Aveva imparato i sigilli da fare per intrappolare i demoni, ma ancora non aveva rivelato nulla ai suoi carcerieri. Anche se definirli tali era eccessivo. In fondo, la lasciavano libera di girovagare e, a parte alcune eccezioni, la trattavano piuttosto bene. Aveva scoperto che tutti loro avevano una storia difficile alle spalle. Probabilmente quell’utopia, o sogno, che l’uomo mascherato aveva mostrato loro, era la soluzione migliore per smettere di preoccuparsi o di soffrire.
Konan e Nagato erano quelli che aveva potuto conoscere meglio di tutti. Loro si muovevano raramente dal rifugio, perciò aveva potuto studiare le loro sensazioni in quel mese. Erano legati l’uno all’atra, si volevano bene e si proteggevano a vicenda. Avevano perso un caro amico, questo l’aveva saputo dalla blu, dopo una chiacchierata. Jiraya era stato il loro maestro per un certo periodo, e Konan spesso le chiedeva di lui. Di sicuro il sennin doveva aver visto qualcosa in loro. Il Rinnegan di Nagato forse l’aveva convinto ad aiutarli, ma lei sapeva che non l’avrebbe mai fatto se non avesse riconosciuto del buono nei loro cuori.
Qualcuno bussò alla sua porta. “Avanti.”
“Ciao.” La salutò l’altra kunoichi.
“Ciao.”
“Madara ha scritto. Vuole sapere qualcosa sulle tue ricerche.” Andò dritta al punto accomodandosi.
“Io volevo darvi una visione completa. Mi mancano alcune pergamene, poi vi dirò tutto. Inoltre, molte cose che ho letto le sapete già, come per esempio la necessità di evocare Gedo Mazo.”
Ed era vero, non c’era nulla di particolarmente interessante in quelle carte. Solo che più andava avanti più realizzava che le sue scoperte avrebbero portato alla cattura di Naruto. Lei voleva bene al Jinchuriki. Inoltre, credeva fosse un suo dovere tenere al sicuro lui, come Kushina aveva fatto con lei.
“Dobbiamo avere delle risposte. Hai altri due giorni.” Sentenziò.
“Poi?”
“Poi cosa?” rispose evasiva la blu.
Shiori aveva percepito che nella ragazza c’era qualcosa che non andava. “Konan per favore. Tu sai chi sono. Non puoi nascondermi qualcosa a lungo.”
La kunoichi della Pioggia chiuse gli occhi e abbassò la testa. “Madara non vuole che tu te ne vada.”
“Ma ho un sigillo! Cosa potrei raccontare?”
“Dice che potremmo aver bisogno ancora delle tue capacità.”
“Questi non erano i patti!” urlò, riversando la sua rabbia sulla ragazza, anche se lei non ne aveva alcuna colpa.
“Io non so che dirti. Questi sono gli ordini. Non posso trasgredire.” Si limitò a rispondere piatta, anche se un po’ le dispiaceva. La ragazza le stava simpatica, per quanto i loro obiettivi fossero diametralmente opposti.
“Potrei decidere di non dirvi nulla.”
“Abbiamo i nostri metodi per scoprire le cose.” Nella sua voce sembrava quasi ci fosse la preghiera di non costringerla a fare quello.
“Io non temo la tortura. Voglio solo che voi rispettiate il patto.”
Konan sospirò aprendo la porta. “Mi dispiace, Kasumi, ma non è te che tortureremmo. Possiamo trovare chi ami.” Concluse chiudendosi la porta alle spalle.
Shiori tirò un pugno al muro in un moto di disperazione, sentendo il dolore partire dalle sue nocche e propagarsi per tutta la mano. E ora come cavolo usciva da quella situazione. Di certo non avrebbe passato rinchiusa in quel maledetto buco il resto della sua vita. D’accordo si doveva dare una calmata e pensare lucidamente. Avrebbe fatto di tutto per andarsene senza che rischiare che venisse fatto del male alle persone che amava.

La mattina di due giorni dopo stava facendo colazione nella cucina comune. Nei due giorni che le erano stati concessi, aveva evitato le stanze comuni nelle ore del giorno recandosi a mangiare solo in piena notte, quando era sicura che non avrebbe visto nessuno. Hidan si stava preparando delle uova strapazzate, mentre Kakuzu sedeva silenzioso, sorseggiando una tazza di caffè alla testa del tavolo.
Fuori la pioggia aveva cessato di cadere, ma i nuvoloni che opprimevano il cielo minacciavano di liberarsi e aumentavano l’umido calore che pervadeva la casa e opprimeva i polmoni.
“E dire che pensavo che ti cibassi dei resti delle tue vittime. Invece, mangi uova come tutti noi.” Stuzzicò il ninja dai capelli grigi. Era nervosa e le ci voleva qualcuno su cui sfogarsi.
“Davvero divertente. Le mie vittime le dono al mio dio, non me le mangio. Anche se con te potrei fare un’eccezione. Sarebbe un pasto davvero soddisfacente.” Le abbaiò contro.
“Davvero perché non ci provi?” Forse stava esagerando, ma aveva proprio voglia di rompere i denti a qualcuno, per quanto questo non fosse molto da lei. Solo che la paura di rimanere rinchiusa per sempre, mista alla paura per i suoi cari e con un pizzico di senso di colpa su quello che stava per rivelare la facevano comportare in modo diverso.
Hidan fece un passo avanti pronto ad attaccare, quando Kakuzo gli ringhiò contro, facendolo bloccare. “Ricordati gli ordini.” Gli intimò. Il suo compagno sbuffò. Gli ordini erano non fare male alla risorsa.
Shiori ghignò sprezzante, poi prese una brioche dalla dispensa e li lasciò soli. Fu solo quando aveva quasi raggiunto la sua stanza che sentì la presenza di Itachi e Kisame. Si voltò e li vide dietro di lei. Lo squalo la saluto cordiale, mentre l’Uchiha la ignorò volutamente. Questo la innervosì ancora di più. Quindi dopo aver rivolto un sorriso allo shinobi della Nebbia, sbatté la porta della sua stanza più forte che poteva.
E ora cosa gli prendeva? Perché non le voleva parlare? Era chiaro che fosse successo qualcosa. Forse qualcuno dei suoi ragazzi era stato trovato? O si trattava di qualcuno a casa? Di certo non l’avrebbe ignorata a lungo. Si sarebbe fatta sentire.

Qualche ora dopo Konan entrò nella sua stanza senza bussare, accompagnata da Nagato nel corpo di quello che era stato il loro amico Yahiko. Il ragazzo aveva corti capelli arancioni e un corpo alto e slanciato. Sulle orecchie e sul naso aveva una serie di piercing che, da quanto lei avevano percepito, permettevano il collegamento con il corpo principale.
“Allora? Quali sono le tue scoperte?” chiese il ragazzo con voce sempre bassa, ma non più debole come quella dell’Uzumaki.
“Io voglio potermene andare. Voglio la promessa che ai miei cari non venga fatto alcun male.”
“Non è quello che ci è stato ordinato.” Rispose lui freddamente.
“Allora entrambi siamo costretti a rimanere molto delusi.” Commentò lei con altrettanta indifferenza.
“Konan ti prego leggi quella lista.” Ordinò e lei tirò fuori dalla tasca un piccolo foglietto bianco.
“Shikaku Nara, Yoshino Nara, Choza Akimichi, Inoichi Yamanaka, Tenzo, Kakashi Hatake, qui c’è un lungo elenco che suppongo siano i nomi dei tuoi amici, poi Shikamaru Nara.”
A sentire il nome del nipote, le venne il desiderio di scagliarsi contro quei due per proteggerlo, ma capì che l’unico modo per farlo era mantenere la calma.
“D’accordo parlerò.” Si arrese.

Shiori stava sdraiata sul suo letto. Quello che aveva finto di aver scoperto la faceva sentire in colpa. Aveva dovuto fare una scelta ed aveva deciso di proteggere le persone a cui teneva, rischiando piuttosto la vita degli altri. Itachi bussò alla sua porta a notte fonda e lei fu tentata di lasciarlo chiuso fuori a marcire, per il trattamento che le aveva riservato quella mattina, ma aveva bisogno di parlare con lui.
Quindi procedendo al buio, si diresse ad aprire l’uscio. Mentre il suo amico entrava accese la abat jour sul suo comodino, la cui luce serpeggiò tenue per la piccola stanza.
“Cos’hai fatto?” domandò il moro sedendosi sul letto e appoggiando la schiena contro il muro, sospirando al contatto con la parete fresca. Non indossava nemmeno la lunga tunica dell’organizzazione. Rimanendo solo con i lunghi pantaloni neri e una maglietta a maniche lunghe grigiastra.
“Lo sai.”
“È la verità?”
“In parte. La parte sui sigilli, la parte che indica il momento preciso in cui attivare il sogno è vera.”
“Quindi quella dove tu metti le persone che ami davanti al resto del mondo è inventata? Ma non mi dire!” esclamò quasi furioso.
Lei scattò in piedi. “Non accetto che sia proprio tu a farmi la morale!” gli ringhiò contro, pentendosi immediatamente di ciò che le era uscito di bocca. Una smorfia disgustata apparve sul volto dell’Uchiha. “Scusa.” aggiunse subito.
“No, hai ragione. Sono un assassino, non dovrei giudicare. Credevo però che…”
“Noi siamo amici Itachi.” Finì, intuendo cosa stava per dirle. “È che mi sento talmente tanto in colpa di mio.”
“Lo immagino. Anche altri Jinchuriki sono dei bambini, non solo Naruto.” Le ricordò come se ce ne fosse stato bisogno.
“Lo so. Per questo ho inventato che per cominciare a chiudere i demoni all’interno del Gedo Mazo ci vogliono ancora circa tre anni.”
“E alla fine dei tre anni?”
“Voi comincerete a raccogliere i demoni da quello con il minor numero di code fino all’Ennacoda, come io ho detto. Lo so che questa bugia mette in pericolo altre persone, ma in questo modo Naruto sarà al sicuro per più tempo e noi troveremo il modo di proteggerlo. Ho fatto una scelta. La mia intenzione è quella di riuscire a salvare anche tutti gli altri Jinchuriki.”
“E come? Non puoi dire a nessuno quello che hai fatto qui dentro.”
“Troverò un modo. Lo faccio sempre.” Cercò di convincere più sé stessa.
Si morse il labbro inferiore. Avrebbero cominciato con il catturare il Monocoda, questo significava che avrebbero preso di mira il fratellino di quella bambina triste che aveva conosciuto anni prima. Ma aveva tempo, per risolvere la cosa.
“D’accordo. Io vorrei poterti aiutare.”
“Fammi uscire di qui.” Poi, improvvisamente, le tornò in mente l’indifferenza di quella mattina. “Perché mi hai ignorato? Cosa mi nascondi?”
Itachi le fece segno di sedersi e appoggiò la testa contro il muro, sospirando.
“Ho un po’ di cose da dirti.” Cominciò. “Per prima cosa, i tuoi ragazzi sono in salvo, nel Paese del Vento, dove tu mi hai chiesto di portarli. Le mappe sono con loro. Ho fatto in modo che le tengano al sicuro. Ti salutano e sperano di rivederti presto.” Il suo volto si contrasse un po’ di più prima di dare la seconda notizia. “Hanno avuto luogo le prime due prove degli esami dei Chunin a Konoha.” Disse tutto d’un fiato.
Lei sbarrò gli occhi. L’ansia e la rabbia che pervadevano l’amico erano indicibili, anche se sul suo volto non si leggeva nulla di tutto ciò.
“Qual è il problema?”
Le raccontò di come anche i nuovi genin avessero partecipato, del fatto che Orochimaru aveva degli interessi a Konoha e che si era alleato con la Sabbia. Poi, stringendo i pugni le spiegò come il serpente avesse impresso il suo Segno Maledetto sul fratello. Quelle informazioni erano giunte fino a lui da fonti sicure.
“Perché siamo ancora qui?” domandò sempre più sconcertata.
“Perché non possiamo fare niente. Inoltre, Orochimaru attaccherà quando l’ultima prova degli esami avrà luogo, cioè fra due settimane.”
“Fammi uscire.” Ordinò.
“Devi stare attenta. Lui ti vuole.”
“Non mi importa! Fammi andare via!” sentì di avere una voglia matta di urlare.
Itachi giocherellò con l’anello al suo dito. “Io non posso fare niente. Al momento ho le mani legate. Abbiamo l’ordine di non interferire e non posso mandare a monte la mia copertura.”
“Fai andare me!” insistette sempre con più foga.
“Non puoi combattere con la Sabbia, Orochimaru e il Suono.”
La ragazza venne presto colpita dal senso di quelle parole. Lui voleva farla scappare, ma allo stesso tempo temeva per la sua incolumità.
“Itachi, starò bene. Mi farò venire in mente qualcosa.”
Lui sospirò per l’ennesima volta. “D’accordo.”
“Ma come faremo con gli ordini dell’uomo mascherato.”
“Non preoccuparti di quelli. Nessuno farà del male alle persone che ami. Puoi andartene stanotte stessa.”
Shiori si sentì leggermente sollevata e si appoggiò finalmente al muro anche lei.
“Così tuo fratello è in finale…” constatò a mo’ di complimento.
“Andrà contro Gaara della Sabbia. Anche tuo nipote e Naruto lo sono.” La informò all’improvviso.
“Shikamaru è in finale?” saltò lei orgogliosa, ma in apprensione.
“Sarà contro Temari, la figlia del Kazekage. Dicono che il suo scontro alle eliminatorie sia stato molto veloce.”
Le lacrime le riempirono gli occhi. “Non posso credere che sia diventato così grande.” Mormorò. “E Naruto? Contro chi andrà.”
“Neji Hyuga, della casata cadetta. Si dice che abbia fatto gravi danni alla figlia di Hyashi, Hinata.” Raccontò l’Uchiha.
“Chissà come finiranno questi scontri?” si domandò lei.
“Che fai ora non te ne vai?” chiese il moro dopo un po’ di tempo che avevano rimuginato entrambi in silenzio.
“È che un po’ mi dispiace. Stando qui, potevo tenerti d’occhio.”
“Stai dicendo che ti mancherò?” ironizzò lui.
“Assolutamente no.” Si finse imbronciata. “Un pochino.” Ammise immediatamente.
Lui le sorrise in risposta. “Hai già un piano?”
“Ho lo schizzo di un piano in mente. Comunque starò attenta a non espormi troppo agli esami. Agirò solo se sarà strettamente necessario.”
A quel punto si alzò in piedi e cominciò a risistemare le sue cose nella sua modesta borsa da viaggio.
“Non hai trovato il modo di levarmi questo sigillo, vero?”
L’Uchiha scosse la testa.
“Cercherò di fare qualcosa anche per questo.” Si mise lo zaino sulla spalla e gli rivolse un sorriso rassicurante. “Salutami gli altri.”
Detto questo, fece per incamminarsi, ma si voltò e lo abbracciò, mentre lui teneva le braccia distese lungo i fianchi un po’ sorpreso.
“So che non ti piacciono gli abbracci, ma sai com’è questo lavoro… Non sai mai quando avrai l’occasione di rivedere un amico.”
“Se.” La corresse lui, circondandola a sua volta con le braccia.
Lei fece una smorfia. “Non essere così tetro, noi ci rivedremo.” Finse una sicurezza che non aveva e, infine, corse il più lontano possibile da quel luogo.

Dopo aver camminato sotto la pioggia battente nel Paese della Pioggia, si stava sorbendo il sole cocente del Paese del Vento. Aveva corso per due giorni e dormito solo poche ore, ma doveva cercare di portare il suo messaggio il più in fretta possibile a destinazione. Quella era una parte importante del suo “schizzo di piano”, come l’aveva definito lei stessa.
Ad un tratto, all’orizzonte, di quella landa immutabile di sola sabbia, cominciò a stagliarsi qualcosa. Delle mura bianche che brillavano sotto la brillante luce del sole. Shiori non staccò lo sguardo dalla sua meta un po’ per paura che fosse solo un miraggio e scomparisse, un po’ perché questo le dava la carica giusta per andare avanti. Finalmente, aveva raggiunto Suna.

A chilometri di distanza, Orochimaru guardava attraverso una vetrata uno dei suoi migliori ninja che si sottoponeva ad una visita di controllo. Quel ragazzo sarebbe dovuto diventare il suo contenitore, invece… Sembrava non essere più adatto. Kabuto alzò la testa dal suo paziente scuotendola in segno di diniego. Kimimaro si mise il volto tra le mani.
“Orochimaru-sama, almeno mi permetta di aiutarla con questa missione.”
L’attacco a Konoha sarebbe stato duro fisicamente da sopportare, ma in fondo il ragazzo voleva essere d’aiuto.
“Per ora accompagnami dal Kazekage, poi decideremo il da farsi. Ora lasciaci.” Ordinò e il ragazzo eseguì senza aggiungere nient’altro.
Quando la porta fu chiusa di nuovo il ninja leggendario si rivolse al medico: “Cerca di trovare una qualche cura. È chiaro che non possa più essere il mio contenitore, ma un ninja così è una risorsa indiscutibile.”
“Sissignore.”
Il ninja più giovane seguì il suo capo con lo sguardo, mentre questo si avvicinava alla cartella clinica per studiarla.
“Hai fatto circolare la voce tra i nostri contatti.”
“Si, ho detto di far girare con discrezione la voce dell’attacco a Konoha, senza che questa raggiunga orecchie indiscrete.”
“Bene.” Sibilò, l’altro soddisfatto. “Se Kasumi è chi crediamo che sia, farà sicuramente la sua mossa.”
Lasciò la cartella clinica sul tavolo e prese un’atro gruppo di fogli accatastati sulla scrivania. Su di essi vi era scritto in rosso
“Esperimento sui geni Uzumaki". Aprì la prima pagina e la lesse.
Soggetto: Shiori Nara Donatore: Kashiko Uzumaki Prima Fase: Preparazione all’interno dell’utero materno. Alla madre verrà somministrato un siero per via orale, contente il gene estraneo (pag 5). Seconda Fase: Iniezione alla neonata del gene estraneo (pag 29). Terza fase: Iniezione ulteriore in età adulta per aumentare il potere (pag 51) . Quarta fase:”.
“Signore?” la voce di Kabuto lo costrinse ad interrompere la sua lettura.
“Se si tratta di lei, ha intenzione di catturarla?”
Il Ninja Leggendario fece un ghigno malvagio. “No, Kabuto, non ancora. Ho un altro piano.” I
l ragazzo guardò il suo maestro impressionato. In quegli anni aveva avuto una pazienza incredibile e aveva calcolato tutto nei più minimi dettagli. Poi, però si era visto il suo duro lavoro scivolare dalle mani, a causa della caducità della vita umana. Nonostante ciò, ora che era tornata la speranza di poter riprendere l’esperimento, non si era fatto prendere dalla fretta o dal desiderio di concluderlo. Era come se uno spesso strato di calma fosse calato su di lui.
“Se posso sapere, qual è l’obiettivo della prossima fase?” domandò, non riuscendo a nascondere l’eccitazione nella sua voce.
Orochimaru incrociò le braccia al petto, guardando il giovane ninja con soddisfazione. Gli piaceva il fatto che fosse così curioso e desideroso di apprendere. Era per quello che l’aveva scelto.
“Vedi, in realtà questa fase, serve più a Shiori che a me.”
“Cosa intende?”
“Lei ancora non ha capito del tutto la portata del dono che le ho fatto. Ha bisogno di una piccola spintarella per capire quanto tutto questo è importante per lei. Alla fine di questa fase, lei avrà accettato completamente ciò che è. Se tutto va secondo i miei piani, sarà persino più potente di prima.”
“Come pensa di fare tutto ciò?” chiese leggermente confuso, ma sempre più strabiliato dalle abilità del suo capo.
Lo shinobi pallido gli porse il plico di carte che aveva in mano. “Vai a pagina 119. Li avrai tutte le risposte. Ora è meglio che raggiunga il Quartetto del Suono, voglio che la barriera sia perfetta.” Spiegò, lasciando Kabuto solo.
Il giovane ninja studiò le carte come il suo maestro gli aveva detto. Quello che stava per accadere alla kunoichi avrebbe potuto avere ripercussioni terribili sulla ragazza, ma si, forse anche renderla più forte. Era curioso di veder progredire quell’esperimento che aveva seguito dalla sua terza fase. Orochimaru-sama aveva grandi aspettative per quell'esperimento. E lui raramente falliva.
  
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