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Autore: Soly_D    25/07/2015    4 recensioni
«Non posso prometterti che non rischierò più la mia vita per te, Nami-san. Non posso nemmeno prometterti che non morirò».
«Sei crudele, Sanji-kun. Le promesse sono tutto ciò a cui posso aggrapparmi. Non puoi togliermi anche quelle».
«Non è vero, restano ancora i miei sentimenti per te».
«Se mi amassi davvero, non mi faresti soffrire così».
«La sofferenza è il prezzo da pagare per chi ama. Tutto ciò che posso prometterti è che ti starò accanto finché tu lo vorrai».
[SaNami]
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Sanji | Coppie: Sanji/Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Unbreakable promise



Era successo di nuovo.
Sanji si era parato di fronte a lei per proteggerla dal nemico, Sanji aveva riportato ferite al posto suo, Sanji aveva rischiato la sua vita per lei.
Nami aveva ancora impressa nella mente quella terribile scena: un momento prima urlava disperata per il suo attacco andato a vuoto, chiudendo gli occhi e preparandosi ad essere colpita brutalmente; l’attimo dopo un familiare odore di nicotina, dopobarba e vaniglia – misto a quello del sangue − le invadeva le narici, stampandole nella mente un unico nome: Sanji-kun.
Nami aveva fatto appena in tempo a riaprire gli occhi per vedere la gamba infuocata di Sanji respingere l’attacco del nemico.
«SCAPPA, NAMI!», le aveva urlato, gettandosi nella battaglia. Nami avrebbe voluto combattere con lui, ma sapeva che gli sarebbe stata solo d’intralcio, per cui non se l’era fatto ripetere due volte. Aveva preso a correre il più velocemente possibile, ma un attimo prima di girare l’angolo si era voltata indietro un’ultima volta, riuscendo a scorgere solo una sagoma nera e gialla in continuo movimento, innumerevoli esplosioni e di nuovo sangue, ancora sangue. Una mano stretta al petto e gli occhi appannati dalle lacrime, la navigatrice si era allontanata in fretta ripetendo mentalmente “Resta vivo, Sanji-kun” come un vecchio disco rotto.
Ed ora, a fine battaglia, eccolo lì, Sanji, che si reggeva a stento in piedi, stretto ai compagni in un goffo abbraccio. Aveva i capelli in disordine, i consueti abiti eleganti incrostati di sangue e fango, e una sigaretta stretta tra le labbra piegate in un sorriso, mentre esultava insieme alla ciurma per la vittoria appena ottenuta e battibeccava con Zoro come al solito.
Nami era l’unica che osservava la scena in disparte, poggiata alla ringhiera della nave con i pugni stretti per la rabbia. Era grata a Sanji per averla salvata, tuttavia non riusciva a sorridere come i compagni, non riusciva a sentirsi felice dopo tutto ciò che era successo. E come avrebbe potuto, d’altronde? Chissà quante altre volte Sanji avrebbe messo in ballo la sua vita per difenderla. Questa volta gli era andata bene, ma proseguendo in quel modo lei avrebbe continuato a vivere e lui avrebbe potuto morire in qualsiasi momento. E lei non poteva permetterlo, non ora che finalmente... Non ora.


«Sanji, prepara la cena!».
«Brutto idiota, pensi solo a mangiare!».
«Tipregotipregotiprego!».
«Aaah... e va bene... vado a preparare qualcosa».
Sanji fece per incamminarsi verso la cucina, ma la voce di Nami lo costrinse a bloccarsi.
«Questa volta dovrete vedervela da soli. Non vedete che Sanji-kun è stanco?».
Il cuoco inarcò le sopracciglia, sorpreso. Non capitava spesso che Nami dimostrasse di tenere a lui in pubblico. Preferiva sorridergli e sussurrargli “grazie” lontano da orecchie indiscrete, quando le portava da mangiare o sbrigava qualche faccenda per lei. A volte Sanji riusciva perfino a guadagnarsi un’occhiata più intensa delle altre e una carezza sulla guancia. E quelle rare volte, il cuoco si sentiva in paradiso. Non poteva davvero desiderare di meglio, dopo anni passati a conquistarsi la fiducia della navigatrice – il cuore no, quello Nami-san non gliel’avrebbe mai concesso, ma andava bene anche così... più o meno.
Alle parole di Nami, Rufy mise il broncio. «Ma io ho tantissima fame!».
«Nami-san», esordì Sanji con un dolce sorriso, prima che Nami potesse ribattere, «ti ringrazio per il pensiero, ma è compito mio sfamare...».
«Posso pensarci io alla cena», si propose all’improvviso Robin. «E magari Usop può aiutarmi».
Sanji sorrise all’archeologa, poi guardò il cecchino che annuì vigorosamente per confermare le parole dell’amica e infine riportò lo sguardo su Nami, che gli restituì un’occhiata eloquente.
Il cuoco sospirò. «E va bene, mi arrendo. Se la mettete così, credo proprio che andrò a farmi un bel bagno caldo».
Nami sorrise vittoriosa e lo prese per il polso, salutando i compagni e trascinandolo verso l’interno della nave. Durante il tragitto, Sanji si ritrovò a gongolare con aria sognante: non solo Nami si era preoccupata apertamente per la sua salute, ma ora lo stava perfino conducendo in bagno per accertarsi che non deviasse verso la cucina. Sì, ormai ne era certo, Nami teneva a lui molto più di quanto volesse dimostrare. E chissà, magari un giorno quell’affetto sarebbe sfociato in qualcosa di più...
Arrivati di fronte al bagno, Sanji pensò che Nami gli avrebbe raccomandato di riposare dopo essersi lavato, ma inaspettatamente la navigatrice aprì la porta e lo trascinò dentro, chiudendo bene a chiave.
Il cuore di Sanji prese a battere furiosamente. Lui e Nami-san. Da soli. Chiusi in un bagno. Perché?
«N-Nami-san?», chiese incerto, deglutendo a vuoto.
La navigatrice lo superò, dandogli le spalle. «Avevi detto che hai bisogno di un bagno. Ed io ho intenzione di aiutarti», spiegò, mentre riempiva la vasca d’acqua e ci versava il bagnoschiuma. Sanji sgranò gli occhi. Davvero Nami-san voleva aiutarlo a lavarsi?
Doveva essere per forza un sogno, sì. Uno di quelli decisamente poco casti che gli capitava di fare la notte (piuttosto spesso, doveva ammetterlo). Non c’era altra spiegazione. Tuttavia i dolori che sentiva in tutto il corpo e che mascherava abilmente di fronte alla ciurma erano troppi intensi perché si trattasse solo di un sogno. E se davvero quella era la realtà, lui non poteva rischiare di rovinare il suo rapporto con Nami-san a causa dei bollenti spiriti. Non se lo sarebbe mai perdonato.
«Non che mi dispiaccia, mia adorata, ma non credo che sia un buona idea».
Terminato di preparare la vasca, Nami si rimise in piedi e si voltò a guardarlo con aria materna.
«Si vede lontano un miglio che ti reggi a malapena in piedi. Hai bisogno di rilassarti».
Sanji non riusciva a credere alle proprie orecchie. Tanto per essere sicuro che non fosse un sogno, si tirò un pizzicotto sul braccio e sbatté le palpebre a più riprese. Ebbe quasi paura di ritrovarsi a fissare il soffitto della stanza da letto, ma Nami-san era ancora di fronte a lui, bella come non mai. Okay, quello non era un sogno e la proposta di Nami cominciava ad incuriosirlo.
Valutò le due possibili opzioni: mandarla via con gentilezza e di conseguenza farla arrabbiare, oppure farla rimanere e rischiare di saltarle addosso nudo e bagnato. In entrambi i casi, Nami lo avrebbe riempito di pugni e il loro rapporto, che negli ultimi tempi sembrava piuttosto migliorato, avrebbe finito per incrinarsi di nuovo. Optò per una via di mezzo: farla rimanere, ma imporsi di mantenere il controllo. Decise che si sarebbe semplicemente lasciato andare alle amorevoli cure dell’amica, ma se solo lei gli avesse rivolto uno sguardo un po’ più intenso, se solo lo avesse sfiorato in maniera non del tutto casuale, se Sanji avesse notato in lei una minuscola scintilla di desiderio... oh, in tal caso Sanji non avrebbe resistito. Le avrebbe confessato tutto il suo amore, poi l’avrebbe presa, baciata e...
Stava fantasticando troppo, decisamente. Forse non sarebbe accaduto nulla di tutto ciò che sperava, ma quello era pur sempre un momento da passare con Nami-san e doveva goderselo interamente. Quando mai gli sarebbe ricapitata un’occasione del genere?
Rivolse un ultimo sorriso alla navigatrice, poi si portò le mani alla cravatta per disfarla e cominciare quindi a spogliarsi, ma inaspettatamente Nami si fece avanti e posò le dita sulle sue. Sanji boccheggiò, mentre Nami gli toglieva la cravatta.
Lei voleva spogliarlo. Perché?, si chiese deglutendo per l’ennesima volta. Era una cosa che poteva fare benissimo da solo. E allora perché Nami voleva farlo al posto suo? Sanji si impose di restare calmo, di trovare una spiegazione logica a ciò che stava succedendo, ma non riusciva a non pensare che quello fosse tutto uno stratagemma di Nami per averlo tra le sue braccia. In fondo era così impossibile che lei si fosse finalmente innamorata di lui? Non poteva davvero essere che dopo anni di rifiuti, pugni e minacce, Nami si fosse finalmente resa conto di cosa si stesse perdendo?
Questa volta il cuoco non riuscì a pensare razionalmente. La sola remota possibilità che Nami ricambiasse in qualche modo i suoi sentimenti gli mandava il cervello in tilt. Si sentiva su di giri, non avvertiva più nemmeno i dolori che si era procurato in battaglia. Il cuore gli batteva impazzito nella cassa toracica, sentiva le guance ardere così come la pelle del collo, lì dove Nami l’aveva sfiorato con le dita per togliergli la cravatta. Nel frattempo lei continuava a spogliarlo: gli sfilò lentamente la giacca nera, prima una manica e poi l’altra, e la lasciò cadere per terra. Presto fu il turno della camicia e Nami gliela sbottonò con una lentezza a dir poco esasperante, tanto che Sanji credette di morire quando le mani di lei gli accarezzarono involontariamente gli addominali.
La stessa fine fecero i pantaloni: Nami allungò le mani verso il bassoventre del cuoco e abbassò lentamente la cerniera, per poi far scorrere l’indumento lungo le gambe finché non toccò il pavimento. Sanji, la gola secca e lo stomaco in subbuglio, fece per calciarli via, ma Nami intervenne anche in quel momento: si inginocchiò di fronte a lui e gli sfilò anche i pantaloni, prima una gamba e poi l’altra. Ad essi seguirono i calzini e le scarpe.
Sanji pensò che a vederla così, la sua Nami, inginocchiata di fronte a lui che ora aveva addosso solo i boxer, c’era ben poco da restare calmi. Per quanto si sforzasse, non riusciva davvero ad immaginare un epilogo diverso da quello in cui lui e Nami finivano per fare l’amore. Nella sua mente vedeva solo Nami stesa sotto di lui che ansimava e chiamava il suo nome. Bellissima.
«Sanji-kun, i boxer». Fu la voce della navigatrice a riportarlo alla realtà.
Sanji sorrise nervosamente − chissà per quanto tempo si era perso nelle sue fantasie − e poi si abbassò i boxer con un gesto secco, prima che a Nami venisse in mente di farlo al posto suo. La situazione era già abbastanza eccitante così.
Nonostante lo sguardo di Nami non si fosse soffermato nemmeno per sbaglio sul suo bassoventre, Sanji dovette ammettere a se stesso che non riusciva a non provare una punta di imbarazzo a starsene completamente nudo di fronte a lei. Era assurdo per uno come lui che non si faceva problemi a mostrare il suo lato pervertito in pubblico, eppure era così. L’insicurezza era una sensazione che sentiva solo quando c’era Nami nei paraggi: era la paura di essere respinto ancora e ancora, di non essere abbastanza per lei che invece, ai suoi occhi, appariva sempre così perfetta e sublime.
«Forza, Sanji-kun. L’acqua è bollente».
Nami lo afferrò per un braccio, invitandolo a entrare nella vasca. Sanji superò il bordo e si immerse nell’acqua calda e profumata, poggiando la schiena alla parete della vasca e chiudendo momentaneamente gli occhi. Li riaprì subito dopo, avvertendo nuovamente la voce di Nami.
«Ora sta’ fermo, Sanji-kun».
Eh, facile a dirsi con lui nudo nella vasca da bagno e lei di nuovo inginocchiata di fronte a lui, i capelli che ricadevano ondulati lungo le spalle e il seno coperto dal solito reggiseno striminzito in bella mostra. «Faccio tutto io, tu devi solo rilassarti», continuò Nami atona.
Sanji trovò quella frase tremendamente ambigua − avrebbe potuto significare un sacco di cose − ma naturalmente non accadde nulla di troppo eclatante: Nami afferrò la spugna e gliela poggiò su una spalla, cominciando a strofinare.
Sanji sospirò di piacere, sentendo le membra irrigidite dagli sforzi rilassarsi al contatto con la spugna. Nami gli lavò le spalle e le braccia, poi gli strofinò la testa e scese sull’addome, lavando con cura le ferite medicate da Chopper. Il sangue e la terra scivolarono lungo il petto di Sanji, mischiandosi con l’acqua e il sapone. Il cuoco pensò che sarebbe voluto rimanere così per tutta la vita, ma quando la spugna si soffermò sull’ombelico e poco più in giù, provocandogli un fremito in tutto il corpo, si chiese se per caso Nami avrebbe continuato a scendere e allora gli venne spontaneo guardarla negli occhi per cercarvi lo stesso desiderio che animava i propri.
Inaspettatamente il volto di Nami esprimeva tutt’altro. In quel momento Sanji ebbe come la sensazione che la stesse guardando per la prima volta dalla fine della battaglia e si sentì improvvisamente oppresso tra quelle quattro mura. Ora ne era certo, c’era qualcosa che non andava, non solo in Nami, ma anche in quella vasca, in quel bagno, in quell’atmosfera.
La navigatrice teneva lo sguardo fisso sulla spugna per non incrociare i suoi occhi e le ciocche rosse ricadevano lungo il viso, nascondendo la sua espressione afflitta e sofferente. Quella non era la Nami che conosceva, e la situazione, ora, era tutt’altro che eccitante. Sanji capì solo in quel momento che dietro la proposta di aiutarlo a farsi il bagno non si nascondeva nessun doppio fine. C’era qualcosa di ben più profondo e delicato, dietro, e lui era intenzionato a scoprirlo.
Si spinse in avanti e strinse Nami per le braccia con le mani bagnate, avvicinando il viso al suo.
«Guardami negli occhi, Nami-san. Guardami e dimmi cosa c’è che non va».
Nami sollevò lo sguardo. Sanji vide le lacrime trattenute a stento nei suoi occhi marroni e si sentì uno schifo al solo pensiero di aver frainteso l’intera situazione. Nami aveva ragione: era solo uno stupido pervertito.
«C’è che la devi smettere di pararti di fronte a me. Lo odio».
Sanji rimase interdetto. Abbandonò la stretta intorno alle braccia di Nami e addolcì lo sguardo, mentre i ricordi del combattimento di quel giorno vorticavano veloci e disordinati nella sua mente. «Ma Nami-san, è compito di ogni prode cavaliere proteggere la dolce donzella in peric−!».
Nami sollevò una mano e gliela schiaffeggiò in viso con tutta la forza che aveva in corpo. Sanji sgranò gli occhi, avvertendo sulla guancia tutto il dolore che Nami celava dentro di sé. «Questa non è una stupida storiella per bambini, è la vita vera!», sbottò rossa in viso per la rabbia. «Ed io non sono debole, so cavarmela benissimo da sola!».
Sanji sospirò afflitto. «Questo lo so benissimo, ma ti ho vista in pericolo e mi è venuto naturale...».
Si bloccò, avendo appena udito un lieve singhiozzo uscire dalle labbra di Nami.
«Potevi... potevi morire», sussurrò la navigatrice, la mano premuta sulla bocca. «Ed io non voglio che tu muoia, Sanji-kun».
Per Sanji, vedere le lacrime colare lungo le guance di Nami fu come avvertire una stilettata al petto. Osservò inerme la figura della navigatrice tutta raccolta in se stessa e rivisse con la mente il momento in cui, quella mattina, l’aveva protetta dal nemico. Di ciò non se ne sarebbe mai pentito.
Si spinse verso di lei e chiuse le braccia intorno alla sua schiena, stringendosela forte al petto.
Nami sentì la pelle del viso, delle spalle e della schiena bagnarsi al contatto con il corpo fradicio di Sanji, ma non le importò. Singhiozzò copiosamente contro il suo petto, in quella posizione un po’ scomoda eppure così confortante, finché le parole di Sanji non la colpirono dritta al cuore.
«Non posso prometterti che non rischierò più la mia vita per te, Nami-san. Non posso nemmeno prometterti che non morirò».
«Sei crudele, Sanji-kun. Le promesse sono tutto ciò a cui posso aggrapparmi. Non puoi togliermi anche quelle».
«Non è vero, restano ancora i miei sentimenti per te».
«Se mi amassi davvero, non mi faresti soffrire così».
«La sofferenza è il prezzo da pagare per chi ama. Tutto ciò che posso prometterti è che ti starò accanto finché tu lo vorrai».
Nami si staccò dal petto bagnato di Sanji e lo guardò nell’occhio azzurro. Sembrava sincero e lei non riuscì a non credergli. Senza pensarci due volte poggiò le labbra su quelle di lui, cingendogli il collo con entrambe le braccia per avvicinarlo nuovamente a sé.
Sanji sgranò gli occhi, colto alla sprovvista. Quante volte aveva sognato di assaporare quelle labbra, di tenerla stretta in quel modo? Per la prima volta non perse tempo a ragionarci: non si chiese se Nami provasse lo stesso o se quel bacio, per lei, fosse solo un modo per sfogare la sofferenza.
Si abbandonò totalmente alla navigatrice, lasciandosi baciare e baciandola a sua volta con urgenza, come se quella fosse la prima e unica volta. Portò una mano alla nuca della ragazza per spingerla maggiormente verso di sé e Nami dischiuse le labbra, permettendo al cuoco di approfondire il contatto, mentre lei affondava le dita tra le sue ciocche bagnate.
Si staccarono solo quando furono a corto di fiato, guardandosi intensamente negli occhi.
Nami allungò una mano verso la guancia di Sanji, lì dove qualche minuto prima c’era l’impronta rossa di uno schiaffo.
La accarezzò teneramente e Sanji socchiuse gli occhi, estasiato.
«Dimostramelo, Sanji-kun. Dimostrami che mi ami». A quel punto Nami afferrò una mano di Sanji e se la portò a coppa sul seno sinistro, facendo sì che le dita del cuoco si insinuassero tra la pelle e la stoffa del reggiseno.
Sanji si sentì morire. La sua mente aveva ripreso a funzionare correttamente, rielaborando gli ultimi eventi: lei lo aveva baciato [lei], lei gli stava facendo toccare il seno [lei], lei gli stava chiedendo di andare a letto insieme [lei]. Tutto ciò in cui aveva sperato si stava avverando, non riusciva a crederci. Tuttavia non era così che sognava la loro prima volta. Avrebbe voluto invitarla a cena e cucinare per lei i piatti più squisiti, avrebbe voluto che lei gli dicesse che lo amava quanto lui amava lei, avrebbe voluto baciarla e poi, con il suo permesso, portarla in camera da letto e farci l’amore fino all’alba. L’amore, non sesso.
«Nami-san, non puoi chiedermi questo».
Nami lasciò la mano di Sanji. «Ti prego», lo implorò.
«Io non farò sesso con te, Nami». Per la prima volta non aveva usato il suffisso -san. Gli costava uno sforzo immenso risponderle in maniera così dura, ma doveva farlo. Non poteva lasciarsi andare agli istinti carnali, non con lei.
Vide Nami abbassare la testa sconfitta. «Perché, Sanji-kun? Non hai forse detto che mi ami?».
«Sì, l’ho detto, ma io non voglio fare sesso con te solo perché hai avuto paura di perdermi. Con te voglio fare l’amore, Nami-san. E se un giorno lo faremo, sarà perché mi amerai anche tu».
La guardò negli occhi per quelli che sembrarono attimi infiniti. Il tempo riprese a scorrere velocemente solo nel momento in cui Nami si gettò su di lui, riempiendogli il viso di baci. Gli baciò le labbra, la mandibola, le guance, la fronte, le palpebre, e poi di nuovo le labbra.
«Stupido, stupido Sanji-kun», diceva tra un bacio e l’altro.
Furono baci salati perché Nami aveva ripreso a piangere, ma non sembravano affatto lacrime di rabbia.
Sanji non sapeva se rispondere o no a tutta quella passione. «N-Nami-san, aspetta, non capisco...».
«Sei uno stupido», ripetè lei, interrompendo i baci. «Anch’io voglio fare l’amore con te».
Prima che Sanji potesse ribattere, gli afferrò la mano e se la portò nuovamente sul seno sinistro.
«Lo senti come batte forte, eh, Sanji-kun? Lo senti?».
Il cuoco, disorientato, premette il palmo della mano sul petto di Nami e avvertì chiaramente che il battito cardiaco era così forte da sembrare un treno in corsa. Il cuore di Nami-san batteva forte. Batteva per lui, solo per lui. Era questo ciò che intendeva Nami quando gli aveva detto:
«Dimostramelo, Sanji-kun. Dimostrami che mi ami».
Che stupido era stato. Aveva frainteso tutto.
«Lo sento, Nami-san. E rimpiango solo di non averlo sentito prima».
Questa volta fu lui a spingersi verso di lei, a stringerla forte a sé, a baciarla con passione.
«E allora fai l’amore con me, Sanji-kun. Se non puoi promettermi che vivrai, almeno permettimi di amarti. Finché sei vivo».
Sanji le accarezzò il volto con entrambi le mani, sorridendo.
«Sì». Un bacio. «Sì, Nami-san». Due baci. «Sì, sì, sì». Tanti baci.
Nami sorrise a sua volta contro le labbra di Sanji. Se il primo bacio era stato urgente, questo fu lento, intenso. Si baciarono piano, senza fretta, poi Nami piegò la testa all’indietro permettendo a Sanji di baciarle il collo, di imprimerle anche sulla pelle tutto l’amore che provava per lei.
Quando poi Nami portò le mani al laccetto del costume, Sanji la bloccò.
«Aspetta, faccio io». Le sorrise con maliziosa dolcezza, si sollevò in piedi ed uscì dalla vasca.
Anche Nami scattò in piedi e arrossì seguendo con lo sguardo la scie di acqua e schiuma che scendevano lungo gli addominali di Sanji, colando giù, sempre più giù, dove non riuscì a guardare. Sanji le si avvicinò e la baciò, mentre le sfilava il reggiseno, la gonna e gli slip, gettandoli nell’angolo in cui giacevano anche i suoi vestiti. Infine porse una mano alla navigatrice. Nami, confusa, pose la sua su quella del cuoco, il quale afferrò inavvertitamente i suoi fianchi e sollevò il suo corpo in aria. La ragazza, colta alla sprovvista, si aggrappò subito alle spalle di Sanji e strinse le gambe intorno alla sua vita, avvertendo il proprio corpo aderire a quello bagnato del cuoco, riscaldandosi e bagnandosi a sua volta.
«Andiamo, Nami-san?».
Nami lo fissò stranita. «Andiamo dove?».
«Oh, non crederai che la nostra prima volta avverrà in un bagno, spero».
Nami scosse la testa con un sorriso. Avrebbe dovuto aspettarselo da parte di quel cuoco così disperatamente innamorato di lei.
«No, Sanji-kun, certo che no».
Sanji afferrò l’asciugamano e avvolse il proprio corpo e quello di Nami, poi aprì la porta del bagno per verificare che all’esterno non ci fosse nessuno a spiarli. «Via libera», sussurrò, e si addentrò nel corridoio a passo felpato.
Nami ridacchiò, stringendosi maggiormente al collo del cuoco. Tra baci e risate, raggiunsero la camera delle ragazze dove Sanji adagiò delicatamente il corpo di Nami sul letto. La liberò dall’asciugamano e baciò ogni centimetro del suo corpo, lavando via la rabbia e la paura ancora insita nel suo cuore nello stesso modo in cui lei aveva lavato via il sangue e la terra dalle ferite che si era procurato per proteggerla.
E nel momento in cui il cuoco la fece sua, Nami fu sicura di una cosa: Sanji l’avrebbe protetta, ancora e ancora, e lei avrebbe avuto paura di perderlo, di nuovo, ma lui le aveva promesso che le sarebbe stato sempre accanto e, quando Sanji faceva una promessa, la manteneva. Sempre.















Note dell'autrice:
E' da tipo un mese che cerco di finire questa fanfiction e finalmente trovo il tempo di pubblicarla. Doveva essere una storia a rating rosso perchè Sanji e Nami a letto sono jksofnrhv ma poi la dolcezza ha preso il sopravvento :D tra l'altro, è la terza fanfiction SaNami che ambiento in un bagno... mah, il bagno mi ispira ahahah. Spero che vi sia piaciuta e che mi farete sapere cosa ne pensate. Grazie a tutti coloro che mi seguono, grazie, grazie e ancora grazie ♥

Soly Dea
  
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