Storia
dedicata a Ninety Nine: buon compleanno!
Vado a
fuoco.
C’è
un
incendio che brucia sulla mia schiena. È l’unica
cosa che sento attraverso i
sensi intorpiditi. Pian piano, però, l’incendio si
divide in tante lingue di
fuoco, ognuna delle quali ha un posto preciso.
Perché
non
riesco a svegliarmi del tutto? Mi sento come se fossi stato sedato, e
forse è
proprio così.
Mi sforzo di
ricordare cos’è successo.
Il palo
della fustigazione. Le mani legate così strette da far
sanguinare i polsi.
La voce del
Pacificatore che mi rimbomba in testa: Per
aver cacciato di frodo nelle terre di Panem, sei condannato a quaranta
frustate.
L’ombra
veloce e letale della frusta, che avverti un attimo prima che il colpo
arrivi.
La carne che
si lacera.
I miei
ricordi si fermano alla ventinovesima frustata. Poi, il buio.
Ora riesco a
distinguere ogni ferita, nonostante la forte sonnolenza.
Probabilmente
sto ancora sognando, perché sento che una mano mi accarezza
il viso. Percorre
la fronte, indugia sulle sopracciglia e sfiora la curva del naso.
Avverto un
lieve pizzicore quando si ferma sulla barba, un leggero brivido quando
arriva
alle labbra.
Anche se i
miei occhi rimangono chiusi, in qualche modo so che quella mano
appartiene a
Katniss. Non voglio svegliarmi, perché so che quando
aprirò gli occhi Katniss
non ci sarà più. Ormai sarà
già scappata nei boschi, cercando di sfuggire alle
grinfie di Snow. Nonostante il sedativo, sento una fitta di dolore al
pensiero
di averla persa per sempre. Già mi sono pentito del nostro
litigio. Il pensiero
di una rivoluzione probabilmente mi ha fatto lasciare andare la ragazza
che
amo. Non potrò perdonarmelo mai, vorrei tanto averla davanti
per parlarle
almeno un’ultima volta.
« Mi
dispiace così tanto » Questa è la sua
voce.
E poi sento
le sue labbra posarsi sulle mie. È un bacio delicato, che sa
di tranquillità e
sicurezza, e anche un po’ di rimorso. È un bacio troppo reale per essere un sogno.
Combatto il
sedativo e sollevo a fatica le palpebre pesanti. E lei è
qui, china su di me.
« Ehi,
Catnip » Mi viene naturale salutarla così, come ho
fatto per tanti anni.
« Ehi,
Gale
»
È
strano,
non dovrebbe essere qui.
«
Pensavo
che te ne fossi già andata »
Resta in
silenzio per un attimo, mentre continua a guardarmi. Poi sorride mentre
mi
parla.
« Non
andrò
da nessuna parte. Ho intenzione di rimanere qui e combinarne di tutti i
colori
».
Per quanto
possibile, ricambio il sorriso. E sento che diventiamo una cosa sola,
le nostre
fiamme si uniscono in un incendio solo.
«
Anch’io » Sussurro,
prima che il sedativo mi riporti nel suo buio abisso.