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Autore: morgana_pendragon7    30/07/2015    3 recensioni
Dopo la sconfitta di Morgause la pace sembra essere finalmente tornata ad Avalon, che, nonostante le perdite, ha trovato nei semidei nuovi e affidabili alleati sia nelle difficoltà che nei momenti di festa. Ma la pace non è destinata a durare, perché una nuova minaccia sta mettendo a rischio l'antica terra. Il trono di Camelot chiama a gran voce un re, e nuove lotte si intercorreranno per decidere chi è il vero e ultimo erede di Artù Pendragon. I semidei combatteranno al fianco dei cavalieri? Chi pagherà il prezzo più alto per raggiungere la vittoria?
" Degli ultimi tra i Pendragon la battaglia combatteranno
E due eroi tra loro la vita perdere dovranno
Uno per il ritorno di Morgana dovrà morire
Un altro per amore di una promessa perire
La speranza dell'antica terra persa andrà
Per lo scettro di Merlino il prezzo più alto si pagherà
Solo la regina romana la pace riportare potrà”

Seguito di “The mystic's dream – La terza sorella” (titolo modificato)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I sette della Profezia, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Reyna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The mystic's dream '
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Erano ormai due giorni che si trascinava dietro quel carretto in cui aveva nascosto la sua armatura e le sue armi. Affrontare il viaggio che lo avrebbe portato da Nuova Camelot fino al tempio del Velo, a piedi, gli avrebbe richiesto molto più tempo senza una qualsiasi cavalcatura. Senza contare che si doveva trascinare dietro quell'ingombrante carretto, che lo aiutava ad apparire un semplice mendicante, ma quel semplice compito si era fatto molto più difficile, e quindi lo rallentava ancora di più, data la ferita al fianco che gli era stata inflitta quasi un mese prima, durante la battaglia di Morgause, da quel semidio con gli occhi neri, e che ancora gli doleva parecchio. A causa di quella ferita, aveva passato gran parte di quell'ultimo mese chiuso in uno squallido seminterrato, di un palazzo abbandonato, nella periferia di Nuova Camelot, nel vano tentativo di curarsi, ma non era mai stato un granché abile nelle arti curative.
L'avrebbe fatta pagare a quel semidio. Se non fosse stato per lui e per quel discendente di Mordred, che si era parato davanti al suo dardo, a quell'ora Arthur sarebbe stato solo, e finalmente, un ricordo.
Senza contare che Morgause, il suo diversivo, si era rilevata una grandissima inetta. Certo, era pur vero che una volta conquistata Nuova Camelot se ne sarebbe liberato così come l'aveva evocata, ma alla fine la grande strega aveva fallito il suo compito, e lui aveva capito che se voleva una cosa fatta come si deve, se la sarebbe dovuta fare da solo, ed era quello che aveva intenzione di fare. Anche se, una cosa buona, quell'inutile strega, l'aveva fatta: almeno ora sapeva che la sua lei era ancora a Nuova Camelot e che il suo potere era cresciuto rispetto all'ultima volta che l'aveva vista, 4 anni prima.
Non avrebbe mai dimenticato quell'incredibile onda di energia che lo aveva investito, mentre affrontava il semidio con la spada d'ossidiana, e che era stata la causa della sua sua distrazione, con conseguente ferita al fianco.
Da allora era stato il suo ricordo a mandarlo avanti: il solo pensiero che presto l'avrebbe avuta al suo fianco, e con lei il suo immenso potere. La voleva, lei gli apparteneva di diritto; era stato lui il primo ad amarla, il primo a vedere le sue grandi potenzialità, quelle che lei si ostinava a nascondere. Erano uguali loro due, lo erano sempre stati: destinati alla grandezza, a dominare su tutto e tutti, nati dalle ombre, figli di un mondo che ormai non gli apparteneva più. L'avrebbe portata dalla sua parte, la conosceva, sapeva quanto il potere la potesse inebriare, non avrebbe rifiutato a tutto ciò che aveva da offrirle.
Si leccò le labbra al solo pensiero che di lì a poco avrebbe potuto riassaporare le sue. L'avrebbe fatta sua o le avrebbe riservato la morte, sua o di nessun altro; era macabra solo l'idea, ma lo faceva sorridere, non ci vedeva un solo lato negativo nel suo piano.
- Fermo! Chi sei? Fatti riconoscere!-.
Si diede mentalmente dello stupido per essersi dimenticato una cosa così importante: era ormai dalla sconfitta di Morgause che i cavalieri pattugliavano in lungo e in largo tutta Avalon alla ricerca di qualche nemico superstite; era stata una mossa avventata da parte sua, solitamente così attento, viaggiare alla luce del sole.
Alzò lo sguardo per osservare chi gli stava bloccando la strada: tre discendenti di Sir Lionel, riconoscibili dalla sopravveste gialla con il leone rosso ricamato sul petto, simbolo di coraggio e lealtà; ma i discendenti di Lionel erano famosi anche, anzi, soprattutto, per le loro ottime doti di attenti osservatori, perciò sperò solo che il cappuccio del mantello gli nascondesse a dovere il volto , anche perché lui, quei tre ragazzi, li conosceva bene, dato che avevano frequentato con lui l'Accademia.
- Tu- sussurrò il maggiore tra i tre, quello con la ispida barba scura.
- Ultimamente hanno tutti la fissazione di apostrofarmi con quel pronome. Vi vorrei gentilmente ricordare che io ho un nome, ed è anche famoso- gli rispose, togliendo il cappuccio del mantello, rivelando così il proprio volto reso ancora più gelido dal tagliente sorriso.
- Non sei il benvenuto qui! Tornatene da dove sei venuto-.
- Ah già, l'esilio. Be' ero qui solo in visita, data l'importante data che si sta avvicinando, volevo portare i miei saluti al mio caro fratellino-.
- Tranquillo, ti portiamo noi da tuo fratello. In catene. Prendetelo-.
- Io non credo proprio-.
Gli altri due ragazzi gli si avvicinarono con le spade sguainate. Sollevò le braccia verso di loro e lentamente cominciò a chiudere le mani a pugno; i due cavalieri lasciarono ricadere al suolo le spade, per portarsi le mani al collo, dove una stretta invisibile impediva loro di respirare. Quando lasciò andare la presa, i due giovani caddero a terra privi di vita, e non ci volle molto che anche il terzo li raggiungesse.
Si ricaricò il suo carretto e riprese il viaggio che lo avrebbe portato al tempio del Velo, conscio che quel trucchetto gli avesse portato via non poche energie, ma più determinato che mai a raggiungere il suo obiettivo, per riavere tutto ciò che era suo fin dalla nascita.

Sebastian Hook aveva circa 50 anni quando gli fu affidato il compito di tutore dell'allora ancora neonato principe Arthur Pendragon.
Per i primi undici anni di servizio, l'educazione del giovane principe andò a gonfie vele, nonostante la sua riluttanza nei confronti della burocrazia, questo finché nella loro vita non comparve la figlia maggiore del generale Marlowe, o più semplicemente, come a lui piaceva chiamarla: la peste con le trecce bionde. Dal loro primo incontro i due ragazzi erano diventati praticamente inseparabili, ma non era questo il problema, da allora ogni occasione, per il suo giovane protetto, divenne ottima per scappare dalle sue lezioni in compagnia dell'amica più piccola.
A distanza di circa nove anni dalla prima conoscenza con la giovane Marlowe, nei suoi venerandi 60 anni, il povero Sebastian Hook era ancora costretto a correre dietro al principe, ormai adulto, che si rifiutava di attenere ai suoi doveri, preferendo a carte da firmare e documenti, una cavalcata nei boschi in compagnia della storica amica.
- Vostra Maestà! Ve ne prego, avete dei doveri!- urlò il pover'uomo mentre correva dietro i due giovani nel cortile posteriore del palazzo, sollevando la lunga tunica con una mano e reggendo penna d'oca e pergamena nell'altra.
- Scusami Sebastian, ma sai quanto odio la burocrazia- gli rispose di rimando il biondo principe dall'alto del suo destriero.
- Ma vostra altezza...-.
Ma era troppo tardi. Le sue preghiere finirono per suonare a vuoto.
Arthur parti al galoppo con Victoria al seguito, che subito mise in mostra la sua superiorità a cavallo, portandosi in testa e distaccando di due metri buoni il principe. Ma Arthur non demordeva; spronò il suo stallone caramellato ad andare più veloce, facendo in modo che tra lui e la ragazza iniziasse una gara per la prima posizione. Quando lungo il loro percorso non si trovarono davanti un ostacolo rappresentato da un tronco d'albero caduto lungo il sentiero: la puledra pezzata della bionda saltò l'ostacolo, mentre lo stallone del principe frenò di colpo, disarcionandolo, e facendogli fare un volo in avanti, oltre il tronco.
- Sua Maestà perde smalto- lo derise la più piccola.
Arthur si rimise in piedi, afferrando le redini per aiutare il suo stallone a superare l'ostacolo, e rimontò in sella, portandosi di nuovo in testa.
Cavalcarono fino a raggiungere la collina che solo un mese prima era stata il palco dove avevano assistito alla distruzione di cui era stata capace Morgause, e che ora era diventata la testimonianza della rinascita di Avalon.
I contadini raccoglievano i frutti di cui la terra, con qualche piccolo magico aiuto, aveva fatto loro dono, in vista dell'imminente inverno. I campi davanti a loro avevano assunto i colori del sangue e del tramonto, segno che l'autunno era irrimediabilmente arrivato; gli alberi si spogliavano lentamente delle loro foglie, pronti a rivestirsi con i colori del gelo.
I due ragazzi abbandonarono le loro cavalcature e si lasciarono ricadere sul manto smeraldino che ancora cresceva rigoglioso sotto i loro piedi. Arthur si mise seduto, continuando ad ammirare quel quadro vivente che si muoveva nella valle sottostante alla collina su cui si trovavano. Victoria, invece, si lasciò completamente andare, godendosi la piacevole sensazione dei fili d'erba che le accarezzavano la schiena coperta dalla camicia rossa, mentre i suoi occhi si godevano lo spettacolo di un limpido cielo azzurro senza nuvole, così simile agli occhi dell'amico. Portò i suoi occhi scuri sulla figura che le sedeva accanto, incredula che quel meraviglioso giovane uomo fosse lo stesso ragazzino di dodici anni che si era fatto prendere a pugni per proteggerla; eppure eccolo lì, fiero e maturo, mentre osserva il suo popolo, pronto per il grande passo che lo attendeva.
- Ventun' anni, non ci posso credere che stai per compiere ventun' anni-sospirò la ragazza mettendosi seduta.
- Dai, è solo un numero-.
- Un numero che potrebbe darti la possibilità di diventare re-.
- Non sono ancora pronto per diventare re-.
- Si che lo sei, e da molto tempo anche. Tuo padre lo sa, abdicherà in tuo favore, lo so-.
- Mio padre regnerà ancora per molto tempo. Io non sono pronto, non so come si fa il re-.
- Imparerai sul posto. Non è una cosa che si insegna-.
- Ma io non sono pronto. Punto e basta-.
- Arthur- lo richiam sospirando.- Ricordi il motivo per cui i tuoi genitori ti hanno chiamato così?-.
- Mi hanno chiamato Arthur come il mio antenato Artù, il grande re, nella speranza che un giorno, quando salirò al trono, il mio regno sarà grande e prospero come quello del mio antenato. Ma cosa c'entra?-.
- Amico mio, questo è il momento buono per tener fede al tuo buon nome-.
- Non sono pronto per fare il re- sbottò il ragazzo. - Tutti quei doveri; e poi sai fin troppo bene cosa succederà. Il consiglio inizierà a tormentarmi che devo trovare una regina, perché devo assicurare un erede e...-.
- Ma tu hai già scelto la tua regina-.
- Non so di cosa tu stia parlando- arrossì il principe.
- Ah no? Mi tocca rinfrescarti la memoria allora. Sto parlando di una ragazza molto bella: alta, snella, occhi scuri, capelli neri, con grandi attitudini per il comando. Ah! E anche una discendenza più che rispettabile-.
- Reyna è il pretore di Nuova Roma, non posso obbligarla a salire al trono al mio fianco. E poi già me lo vedo che bel quadretto: a sfornare figli finché non esce un erede maschio-.
- Vorrà dire che avrete cinque figli chiacchieroni, nati per comandare, con i capelli perfetti-.
- Perché con i capelli perfetti?-.
- Non so... Trovo che Reyna abbia dei bei capelli, e mi piacciono i tuoi ricci-.
- Ah ecco. Comunque non posso! Lei è giovane, ha una vita davanti, non posso... vincolarla-.
- Come desiderate altezza. Ma devi ammettere che sposare una semidea che è anche pretore di Nuova Roma, sarebbe una mossa astuta-.
- Vic, noi discendiamo in parte dall'ultima legione romana stanziata in Bretannia-.
- In un certo senso sarebbe una storia che si ripete-.
Arthur si rimise in piedi, si pulì i pantaloni per poi portarsi di nuovo in sella al suo fido destriero.
- Avanti Marlowe, torniamo. Credo che Sebastian sia un fascio di nervi adesso-.
- Credi che ci ucciderà questa volta?- chiese la ragazza mentre tornava a sua volta in sella alla sua puledra pezzata.
- Credo di si- le rispose il principe spronando il cavallo.- Ma tornando al discorso dei semidei, quando avresti intenzione di dire a un certo semidio che...-.
- Ciao!-
Victoria partì al galoppo per distanziarsi quanto più le fosse possibile dal biondo amico, che le andava dietro ridendo. Nessuno dei due poteva immaginare cosa stesse accadendo a pochi chilometri da dove si trovavano in quel momento. La pace era in grave pericolo...

Angolo autrice:
eccomi qui, sono tornata, più bella che mai, con il prologo di “The mystic's dream – L'ultimo dei Pendragon”, per chi non mi conoscesse: io sono Morgana, la Fata Morgana, quella che molti di voi ricorderanno come una strega cattiva, be', vi sbagliate, sono una santa, quasi. Questa è la seconda storia della mia serie incentrata sui discendenti dei cavalieri della Tavola Rotonda. Per chi invece già mi conosce: CIAO RAGAZZI! Vi sono mancata? Allora, sancio alle panze, il prologo. Come inizio è già bello pieno, non trovate? Una figura misteriosa va in giro per Avalon a fare fuori cavalieri... Chi sarà la lei che cita? Cosa vuole? Chi sarà suo fratello? Tante domande che avranno risposta solo se continuerete a seguire la storia. Fatemi sapere cosa ne pensate di questo inizio in una recensione anche mini. Alla prossima miei piccoli semidei e cavalieri. Un dolce ciao dalla vostra Fata Morgana.

   
 
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