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Autore: WibblyVale    31/07/2015    3 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Sasuke Uchiha riaprì gli occhi e si ritrovò a guardare il cielo. Sotto di sé sentiva il duro terrone del campo degli allenamenti, il suo corpo sudato e affaticato gli ricordava le lunghe ore passate in quel luogo. Il volto del suo maestro apparve sopra di lui, oscurando la luce del sole. Sembrava preoccupato.
“Forse oggi abbiamo esagerato.” Ammise Kakashi, quasi in tono di scuse. “Dobbiamo considerare che il Segno Maledetto assorbe parte delle tue energie.” Gli tese una mano e lo aiutò ad alzarsi. “Comunque hai fatto un ottimo lavoro e non ti sei fatto sopraffare.” Lo incitò, infine.
Quando il giovane genin si fu rimesso in piedi, cercò di rimettere insieme ciò che era successo. Il sensei gli stava insegnando il Mille Falchi, una delle sue tecniche. Richiedeva un grande controllo del chakra e lui aveva difficoltà a non disperderne troppo.
“Sensei, il sigillo che ha apportato terrà?” chiese preoccupato.
“Solo se tu eserciterai una grande forza di volontà e non ti lascerai tentare dal richiamo del marchio.” Rispose sincero.
Orochimaru aveva fatto un così ottimo lavoro che persino Kakashi, che se la cavava più che bene con i sigilli, aveva fatto fatica a sopprimere quella forza. Il jonin non capiva cosa quel traditore volesse dal suo allievo, ma di certo nulla di buono. Ciò che gli aveva donato, per così dire, era una grande fonte di potere, se si sapeva come usarla. L’unico problema era che la sola persona che poteva insegnarglielo, era Orochimaru stesso e, questo significava fare un patto con il demonio.
Il Copia-ninja vedeva negli occhi del genin brillare quella sete di potere, che avrebbe potuto utilizzare per avere la sua vendetta. Il ragazzo quindi aveva bisogno di essere indirizzato. Anche per questo aveva dovuto lasciare Naruto nelle mani di un altro sensei, per quanto avrebbe voluto lui stesso poterlo allenare.
La sfida che aspettava entrambi i suoi allievi nella terza prova era piuttosto ardua. Naruto avrebbe dovuto affrontare Neji Hyuga, uno dei migliori ninja usciti dall’Accademia negli ultimi anni. L’allievo di Gai era un talento innato e uno dei migliori utilizzatori del Byakugan in circolazione. Sasuke, invece, avrebbe affrontato Gaara. Quel ragazzino inquietante che era passato a trovarli durante un allenamento. Era evidentemente molto forte. Secondo il rapporto di Anko, che aveva supervisionato la prima prova, la squadra della Sabbia era stata una delle prime a raggiungere la meta, lasciandosi dietro una scia di vittime. Dire che Kakashi fosse preoccupato per le sorti dei suoi due allievi era un eufemismo. Ciò che lo consolava era che il biondo era nelle ottime ed esperte mani di Jiraiya, mentre Sasuke, dopo aver imparato una delle sue tecniche più potenti, e con l’ausilio dello Sharingan, avrebbe potuto tener testa al ragazzino di Suna.
L’Uchiha ripresosi dallo svenimento si era rimesso in posizione da combattimento, ma il suo maestro scosse il capo.
“Perché?” chiese con disappunto.
“Perché non voglio vederti svenuto un’altra volta, e perché ho un paio di impegni che non posso rimandare. Rifocillati, riposati e, soprattutto, non ti muovere da qui.”
“Mi lascia qui da solo? Credevo mi avesse allontanato dal Villaggio per tenermi al sicuro.”
Ed era così. Aveva affittato una piccola casetta a qualche chilometro da Konoha, per poter allenare il ragazzo lontano da occhi indiscreti. In quel momento però non poteva restare, aveva ancora la missione segreta da portare a termine ed in quei giorni, a causa degli esami e di tutto quello che era successo, non vi aveva dedicato il tempo necessario.
“Non pensavo che la cosa ti dispiacesse?” commentò con una vena di sarcasmo.
“No, infatti. È che mi piacerebbe sapere chi lascia di guardia.”
Kakashi si aspettava che il suo allievo capisse che lo avrebbe lasciato sotto sorveglianza. “È una persona fidata. Quindi non disubbidire agli ordini, perché lo verrei a sapere.” Concluse con tono minaccioso, chiudendosi la porta alle spalle.
Quando fu uscito, fece un cenno di saluto a Tenzo e prese la strada di ritorno per Konoha.

La famiglia Nara conversava amabilmente con lui durante la cena. Yoshino si era data da fare per l’occasione. Aveva cucinato tutto il giorno e guardava soddisfatta suo marito, suo figlio e il loro ospite gustarsi la cena. Kakashi si trovava bene in loro compagnia, anche se doveva ammettere di essere stato costretto ad accettare l’invito. In caso contrario, non avrebbe ricevuto l’aiuto di cui aveva bisogno, cosa che l’aveva fatto sentire come sottoposto ad uno sporco ricatto, ma probabilmente lui ci stava guadagnando doppiamente.
“Allora, sei eccitato per l’ultima prova?” chiese a Shikamaru.
“Se lo è non lo mostra. Passa la maggior parte del tempo a sbuffare per tutto il lavoro che deve fare.” Lo redarguì la madre.
Il ragazzo, a riprova di quell'affermazione, sbuffò.
“Sto lavorando il doppio del solito. Persino Ino e Choji mi perseguitano perché io ce la faccia. E quella kunoichi della Sabbia… Non credo che sia necessario darsi così tanta pena.”
Shikaku scosse la testa, vedendo che la moglie si stava infervorando.
“Forse perché è solo una donna? Ti ricordo che io sono una donna e non ho mai avuto problemi a farti raggiungere la tua camera a calci. Inoltre, anche tua zia era una donna ed era una kunoichi molto forte. Se vuoi posso farti un elenco ancora lungo.”
Il più giovane dei Nara sospirò di nuovo. “Non è perché è una donna. Solo che l’ho vista combattere e… boh credo che troverò un modo.”
Sua madre gli lanciò uno sguardo truce, ma lasciò cadere l’argomento.
“Tu Kakashi, come va con Sasuke?” chiese il padrone di casa.
“Il ragazzo se la cava, anche se con qualche difficoltà. Spero che saremo pronti per l’esame.” Commentò, per poi addentare un pezzo di quello squisito arrosto.
Finita la cena, Shikakaku prese Shikamaru e lo portò in cortile, lasciando soli Yoshino e Kakashi. La donna con fare cospiratore gli fece segno di seguirlo e lo portò al piano di sopra, seguendo un tragitto che conosceva fin troppo bene. La seguì fino alla vecchia camera di Shiori che negli anni era rimasta sempre la stessa.
Lui si guardò intorno sentendo quel luogo come se gli fosse così familiare e allo stesso tempo così distante. Il letto, di solito disfatto, era totalmente rifatto; la scrivania, in cui i libri e le carte si ammucchiavano in un caos vitale, era in perfetto ordine; a terra, nemmeno un vestiro faceva la sua comparsa. Tutti questi particolari toglievano al posto la sua vera essenza. L'essenza di Shiori.
“È più ordinata di come la ricordavo.” Disse indicando i libri accatastati in perfetto ordine sulla scrivania, notando la mancanza di vestiti a terra e il letto completamente rifatto.
“Tengo ordinato per quando…” si morse il labbro.
Kakashi fece finta di non aver sentito e procedette. "Allora ci hai capito qualcosa?”
“Mi ci è voluto del tempo, visto che mi hai dato solo qualche foglio, ma ho trovato la chiave per leggere le carte che hai rubato. Siamo nei guai?” chiese alla fine.
“Hai letto qualcosa di strano?”
“Parlavano di acquisti di ingenti quantità di armi. Kakashi, la mia famiglia è in pericolo?” Era terrorizzata che potesse succedere qualcosa ai suoi cari.
Lui le appoggiò una mano sulla spalla, cercando di confortarla. “Se le cose vanno come voglio io, nessuno si farà del male. A parte i nostri nemici, ovvio.” Concluese con un'alzata significativa del suo soppracciglio visibile.
Lei sospirò sollevata. “Lei ti avrebbe affidato la sua vita, quindi mi fido anche io.”
Il Copia-ninja sorrise. “È proprio lei che mi ha parlato delle tue abilità da crittografa. Questa missione deve rimanere segreta, e così ho pensato che l’unica persona di cui potessi fidarmi fossi tu.”
Yoshino arrossì leggermente. “Hai fatto bene. Nonostante tutto, tu fai parte della famiglia.”

Anni prima, Kakashi e Shiori stavano rannicchiati nel letto, scaldandosi l’un l’altro, mentre la neve scendeva fitta dal cielo di Konoha. Quella era una mattina speciale poiché era il compleanno della ragazza.
“Mi spieghi perché Yoshino stanotte è entrata di soppiatto?” domandò il ninja dai capelli argentati ad un tratto.
La Nara balzò nel letto, voltandosi verso il comodino e prendendo una piccola busta gialla.
“Mi ha lasciato gli indizi per trovare il suo regalo.” L’espressione interrogativa e confusa sul volto del suo ragazzo la fece scoppiare a ridere. “È una cosa nostra. Yoshino dopo aver lasciato l’Accademia ha deciso di far parte della squadra crittografica. Lì ha conosciuto mio fratello, che le ha portato un documento da decifrare. Comunque, Shikaku, che ha sempre avuto paura delle conseguenze che le missioni potessero avere su di me, l’ha convinta ad insegnarmi i metodi di decrittazione. Io poi non ho seguito la carriera, ma lei continua a mantenermi in allenamento. In un certo senso credo che lo faccia anche per sé stessa. Ogni tanto, credo che le manchi il lavoro.”
“E perché ha lasciato?”
“Davvero non ci arrivi?” Lui scosse la testa. “Per la sua famiglia. Per lei il lavoro non era così importante come accudire suo figlio, accogliere suo marito al ritorno da una missione, o abbracciarlo prima di partire. Shikaku ha provato a convincerla a non rinunciare, ma lei ha sempre detto che era solo un lavoro, che non lo amava come loro.”
Per entrambi i ragazzi era difficile capire quel modo di pensare. Loro amavano il loro lavoro, era parte della loro essenza, pensare di lasciarlo per sempre suonava strano.
“Quindi anche lei è una specie di genio?”
“Ehi cosa ti aspettavi? Devi esserlo per stare al passo con noi!” scherzò.
“Lo devo prendere come un complimento?” chiese, posandole un bacio sulle labbra.
“Tu sei l’eccezione che conferma la regola.”
“Davvero molto divertente. Ora ti faccio vedere io!”
Cominciò a farle il solletico, anche se con molta difficoltà, visto che lei era piuttosto combattiva. Rotolarono per qualche minuto tra le coperte finché, proprio quando la lotta si stava trasformando in piccoli baci, Shikaku bussò alla porta.
“Forza! C’è la colazione!”
“Io odio casa tua!” esclamò il ragazzo.
“Guarda che ti sento!” lo rimbeccò il capoclan.
Shiori scoppiò a ridere. “Su andiamo!” Lui la fermò nel processo di alzarsi dal letto.
“Buon compleanno, tesoro.” Lei gli rispose con un bacio.


“Allora, qual è la chiave?” Yoshino tirò fuori i fogli e si sedette accanto accendendo la luce della scrivania.
“Non è stato semplice capire quale fosse il codice utilizzato. In realtà, è abbastanza semplice, ma è molto antico e in pochi lo conoscono.” Mise accanto a uno dei fogli copiati dallo shinobi, uno scritto di suo pugno. “È molto semplice. Hanno utilizzato un cifrario conosciuto anche come Cifrario di Cesare. Vedi all’inizio di ogni foglio è segnato un numero, questo indica di quanti posti devi muoverti per trovare la lettera adatta a crittare il messaggio.” Indicò con il dito il foglio portatole da Kakashi. “Qui abbiamo il numero 5 e il messaggio ‘FWRN TWINSFYJ LNZSYJ F IJXYNSFENTSJ’. Prendiamo ad esempio la rima lettera, la F, se fai un salto indietro di cinque posti troverai la lettera A. Se poi prendi la W, allora facendo cinque passi indietro troverai la R. E così via. La frase crittata quindi è: ‘ ARMI ORDINATE GIUNTE A DESTINAZIONE.’”
Kakashi era impressionato, in fondo erano passati solo un paio di giorni da che le aveva consegnato le carte e lei aveva già risolto il mistero.
“Grazie Yoshino, sei stata grandiosa. Potresti darmi le parti che hai già decodificato?”
“Si certo. Vuoi che mi occupi anche del resto?” domandò spinta un po’ dalla curiosità e un po’ dal desiderio di essere utile.
“No, grazie. Penso che sia meglio che me ne occupi io.”
“D’accordo. Qualunque cosa abbiano in mente, ti prego fermali.”
“Sarà fatto.”

Lasciò casa Nara qualche tempo dopo e si diresse verso le terme. L’Eremita aveva deciso di allenare Naruto in quel luogo. Si diresse verso il giardino e si mise a sedere su una panchina. La luna rischiarava la notte. La sua luce argentata rivelava i verdi cespugli carichi di fiori, i cui petali leggermente afflosciati sembravano riposare. Al centro del parco vi era un laghetto, incorniciato da alcuni sassi incastonati nel terreno. La superficie liquida del lago era ricoperta di ninfee, che galleggiavano pigramente su di essa.
Sentì i passi di Jiraiya attutiti dalla superficie erbosa avvicinarsi sempre di più a lui. Il sennin si lasciò cadere accanto al ninja più giovane, sospirando. I due rimasero in silenzio per qualche minuto a rimirare la luna, godendosi il silenzio.
“Allora come vanno gli allenamenti?” aprì la conversazione il Copia-ninja.
Il ninja dai lunghi capelli bianchi si lasciò andare ad un altro sospiro. “Avevi ragione quando dicevi che non sarebbe stato come con Minato.”
Il ninja dallo Sharingan scoppiò a ridere. “È un po’ più duro di comprendonio rispetto al sensei. Credo però che abbia qualcosa del padre, e non parlo solo dell’aspetto fisico.”
“Intendi dire quando ti guarda e sembra che ti stia leggendo dentro?”
Kakashi annuì pensieroso. “Ho fatto bene a chiamarti, vero? So che tornare per te…”
“Non ti preoccupare. Era ora che tornassi.” Lo interruppe lo shinobi più anziano. “Non solo perché pare che Orochimaru sia di nuovo interessato a Konoha. Credo di poter essere utile a quel ragazzino.” Si passò una mano tra i capelli. “Sembra diverso qui. Forse sono solo io ad essere cambiato, ma è strano ritornare a casa.”
“Credi che dopo tutto ciò che hai visto fuori di qui, non riusciresti più a sopportare di stare rinchiuso tra i confini del villaggio?” domandò con una certa curiosità.
“Perché mi sembra che questa domanda non sia rivolta totalmente a me?”
L’altro rispose con un sorriso enigmatico, che rivelava poco o niente delle sue vere intenzioni.
“Diciamo che io sono una persona diversa rispetto a quella che è partita. Però casa mi è mancata ogni giorno.” Jiraiya si mosse sulla panchina leggermente ed incrociò le braccia al petto. “Il giovane Uchiha, come se la cava?” domandò cambiando argomento.
“Non male, ma il marchio assorbe molta della sua energia. Lo vedo combattere contro tutto ciò, ma allo stesso tempo… Sakura mi ha detto che Orochimaru gli ha promesso potere. Sasuke ha un milione di ragioni per volerne sempre di più.”
“Orochimaru non da nulla senza volere niente in cambio.” Constatò saggiamente il ninja più anziano.
“Lo so. E sto cercando di farglielo capire. Ma è difficile far capire ad un ragazzo che rancore e vendetta non gli daranno alcuna gioia, e che di certo non riporteranno indietro i suoi genitori.”
“Solo qualcuno che capisce cosa prova può farlo.” Suggerì sottilmente il sennin.
“Perché credi che abbia delegato l’allenamento di Naruto nelle tue mani?” domandò retorico.
I due ninja caddero di nuovo nel silenzio, entrambi presi dai propri pensieri.
“E tu ragazzo? Come te la passi? Sembri esausto.”
“Ho solo una marea di cose di cui preoccuparmi. Sembra che essere un ninja istruttore sia più difficile che lavorare nelle forze speciali. Non devi solo allenare questi ragazzini. Devi fare in modo di educarli, condurli per la direzione giusta. Come si fa, quando non si è neppure certi al cento per cento delle proprie scelte, a decidere per qualcun altro?” Ponderò il ninja dai capelli argentati con un tono pensieroso.
“Rischi del mestiere.” Commentò con un ghigno l’altro.
“Immagino di si.”
“Posso farti una domanda?”
“Certo.”
“Gliel’hai insegnata tu a Naruto quella tecnica?”
Kakashi si voltò a guardare l’altro uomo cercando di capire a cosa si riferisse. Dallo sguardo leggermente morboso e dalle guance arrossate dell’altro gli fu immediatamente chiaro.
“No… È tutta farina del suo sacco.” Spiegò tra una risata e l’altra. “L’ha provata su di te?”
L’arrossarsi ancora di più del volto del suo interlocutore gli bastò come risposta.
“E su di te?”
“Non ho permesso che accadesse.” Ammise.
“C’è da dire che ha una certa fantasia.”
“Si, magari va un po’ indirizzata, ma è un buon punto di partenza.”
Dopo aver placato le loro risate, tornarono a parlare di lavoro.
“Credi che Orochimaru farà una qualche mossa il giorno degli esami?” domando il Copia-ninja. In fondo, se qualcuno poteva prevedere le intenzioni del serpente, quello era Jiraiya.
“Non so. È chiaro che sia interessato a Sasuke e al suo Sharingan. Io se fossi in te non mi rilasserei.” Gli consigliò, sperando che il suo vecchio compagno non avesse in mente niente di peggio.
“E quando mai l’ho fatto?” chiese retorico.
“A proposito, sarà meglio che torni da lui. Inoltre, ho un’altra piccola tappa da fare.”

Conosceva bene l’ospedale di Konoha. Essendo quel genere di persona che non si risparmiava mai in battaglia, finiva spesso ricoverato. In quel momento percorreva i suoi vuoti e silenziosi corridoi con un cestino tra le mani. Salì le scale, illuminate da una luce soffusa, e si diresse al reparto di fisioterapia.
Al centro della stanza numero 852, la terza sul lato sinistro del corridoio, come gli aveva diligentemente spiegato un’infermiera, si trovava un letto singolo. Su di esso dormiva un sonno agitato un giovane ninja, le cui speranze erano state distrutte in un lampo da un avversario spietato e più potente di lui. Accanto al letto vi era un uomo seduto su una sedia, il mento appoggiato al petto, in preda ad un sonno vigile.
Kakashi si avvicinò all’amico e gli toccò una spalla. Questi si mosse leggermente nel sonno e gli rivolse uno sguardo interrogativo. Il Copia-ninja alzò il cestino con dentro il cibo e con un dito indicò verso l’alto. Gai lanciò uno sguardo al suo allievo, disteso a pancia in su sul letto, il tubicino di una flebo che partiva dal suo braccio e si collegava ad un sacchetto di plastica colmo di un liquido trasparente. Tornò quindi a guardare l’amico e scosse la testa.
“Su dai sta dormendo. E a te non farà male prendere una boccata d’aria. Hai un aspetto di merda, ad esser sinceri.”
L’altro grugnì in risposta, ma fu costretto a seguire l’amico. Non aveva tutti i torti dopotutto. Nemmeno lui sapeva quando aveva mangiato l’ultima volta.
Salirono sul tetto, sedendosi a gambe incrociate con la schiena appoggiata al parapetto di mattoni. Il ninja dello Sharingan cominciò a tirare fuori le cibarie dal cestino, un po’ di ramen dentro un termos, qualche polpettina di riso e una mela, e li porse all’amico.
Gai con gli occhi pieni di gratitudine si mise a trangugiare quello che gli era stato offerto, gustandosi il suo primo pasto non sapeva da quanto tempo. Sicuramente ne doveva aver saltati almeno cinque, considerando che l’ultima volta che aveva visto Tenten doveva essere stato un paio di giorni prima. La ragazza l’aveva costretto ad andare a comprarsi qualcosa da mangiare, mostrandosi preoccupata per lui tanto quanto lo era per il compagno ferito.
“Come sta?” domandò il ninja dai capelli argentati quando l’amico finì il suo pasto.
Il ninja moro si passò una manica della sua tutina verde sugli occhi, per evitare che le lacrime gli rigassero il viso.
“Dicono che… potrebbe non… potrebbe non essere più in grado di usare il taijutsu.”
Kakashi non sapeva che dire, capiva il dolore del suo compagno e sapeva che era impossibile consolarlo.
“Era il suo sogno!” Riprese con un urlo. “Cosa può aver fatto di male quel ragazzino! Dovevi vederlo come si impegnava! Sarebbe stato un ottimo ninja. Aveva talento. Avrebbe potuto…” Non riuscì a continuare a causa dei forti singhiozzi che lo scossero da capo a piedi.
Il Copia-ninja appoggiò la testa contro il parapetto e sospirò . “Gai troveremo un modo. Lo facciamo sempre.”
“Ah si? Sai aggiustare le ossa e i tendini per caso?” fece con un leggero velo di sarcasmo nella voce, che di certo non gli apparteneva.
Il Copia-ninja fece finta di niente. Dopotutto l'amico stava soffrendo.
“Sai lui mi ricorda te. E per quanto spesso lo dica come se fosse una cosa negativa, non lo credo affatto. Insomma, siete dei combattenti. Quel genere di persone che non si fanno abbattere. Ti ricordi quanto hai provato ad entrare in Accademia?” domandò, sapendo che il compagno non poteva aver dimenticato quelle fatiche. “Ora devi mantenere quella determinazione e infonderla a lui, perché ora di sicuro non ne avrà molta di suo. Ma se vedrà che tu hai fiducia in lui… Beh forse riuscirà a credere in sé stesso.”
Gai gli lanciò un’occhiata tra il grato e il dubbioso.
“Guarda che sei tu quello che diceva sempre che se hai abbastanza determinazione si può fare qualunque cosa!” si difese.
“Non aggiustare un corpo distrutto.”
“Gai ho visto cose ben più impossibili nella mia vita. Alcune di quelle sei stato tu a farle accadere.” Il
ninja con la tutina verde si strinse nelle braccia, rimanendo in silenzio a lungo. Kakashi pensava quasi che si fosse addormentato, quando all’improvviso alzò la testa di scatto.
“Sono stato così stupido.” Sussurrò, facendo intendere all’amico di non essere riuscito nell’intento di risollevargli il morale. Il suo compagno, però, lo sorprese. Si alzò in piedi velocemente e lo fronteggiò mettendo le mani sui fianchi. “Grazie, Kakashi. Avevo dimenticato qual era il mio compito. Sosterrò Lee e non mi arrenderò!”
Il Copia-ninja sorrise, contento che l’amico fosse tornato in sé, per quanto sapeva che era ancora sconvolto. Rimase a fargli compagnia fino a che Gai non insistette per tornare a fare la veglia al suo allievo. Dopo averlo riaccompagnato nella camera del ragazzo, tornò da Sasuke.

Tenzo lo aspettava nascosto dietro al tronco di un albero. Il suo occhio vigile non aveva perso di vista, neanche per un secondo, l’entrata del rifugio. Percepì i passi dell’amico e aspettò che lo raggiungesse. Kakashi con le mani nelle tasche camminava con passo lento ed annoiato.
“Tutto bene?”
“Non è accaduto niente di strano. Si è addormentato praticamente subito. I suoi sogni sono agitati, ma non ha avuto nessuna rivelazione del potere.”
“Ottimo. Grazie per avermi sostituito.”
“Non c’è di che. Come va con l’altra missione?”
“Ora ho la chiave per leggere le lettere.”
Il castano annuì.
“Domani parto. Io e la mia squadra controlleremo che sia tutto in ordine prima della parte finale degli esami.”
"Ma tornerai prima che inizino?" Voleva che ci fossero persone di fiducia attorno a lui, nel caso in cui Orochimaru si facesse vivo per prendere Sasuke.
"Ci sarò."
A quel punto i due amici si salutarono.
Kakashi entrò in casa e si fece una tazza di tè. Sapeva che il sonno avrebbe tardato ad arrivare. Troppi pensieri e preoccupazioni gli affollavano la mente. Un brutto presentimento lo tormentava.
Prese le lettere in codice e cominci a studiarle, sperando di poter essere all'altezza della missione che gli era stata affidata. Dopo un po' che leggeva e trasciveva, sentì un rumore provenire dalla stanza di Sasuke. Corse da lui. 
Il ragazzo si agitava nel letto, dei segni neri gli percorrevano tutto il corpo. Kakashi si inginocchiò accanto a lui e fece dei segni con le mani. Poi, appoggio le dita sul ragazzo infondendogli il chakra. I segni neri cominciarono a rifluire verso il marchio.
Il Copia-ninja si appoggio contro il muro sospirando. La fase finale dell'esame era vicina, sperava che il suo allievo fosse in grado di affrontarla.







Angolo dell'autrice.
Ciao!!!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.  
Ho pubblicato un po' prima perché domani parto per le vacanze, perciò non sarei riuscita a pubblicare. Sabato prossimo non riuscirò a pubblicare, ma farò in modo di pubblicare almeno due capitoli in quella settimana, così da recuperare i giorni persi.
Ora che ho finito le comunicazioni di servizio, ringrazio tutti quelli che continuano a seguire la storia (un abbraccio a tutti!).
A presto!
  
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