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Autore: Ale_dixon    04/08/2015    4 recensioni
Questa fanfiction è ambientata ad Alexandria, durante i primi giorni di permanenza del gruppo. La protagonista è Carol. Beh leggete per scoprire il resto :)
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciaooo a tutti! Questa è la mia prima vera fanfiction. Beh non c'è molto da dire, buona lettura e CARYL ON! :)


È una fresca giornata di autunno, appena apro gli occhi non mi sembra vero, sono in una casa. Al sicuro. Rimango nel letto ancora qualche minuto per realizzare la situazione, appoggio l'orecchio al cuscino morbido e freddo, chiudo gli occhi per qualche secondo e respiro l'aria leggera e lievemente profumata. Decido di alzarmi una volta per tutte e stropiccio gli occhi ancora appesantiti dal sonno, con una spinta mi sollevo in piedi e sistemo le coperte del letto. Oggi devo incontrarmi con alcune donne, uno di quei stupidi incontri di cucito che non servono letteralmente ad un cazzo in questa situazione. Però devo mantenere le apparenze e sono costretta a frequentarlo. Direi che la recita sta andando alla perfezione. 
 
Scendo in cucina per prepararmi un po' di caffè caldo, quel profumo che pensavo di non poter più sentire a causa di tutto quello che è successo. Percepisco l'aroma speziato entrarmi delle narici e non posso trattenermi, respiro il profumo socchiudendo gli occhi contemplando la bevanda come se fosse qualcosa di magico. Dopo aver bevuto il mio caffè sento il bisogno di farmi una doccia bollente, per scaricare i nervi e lo stress. L'acqua calda scorre sulla pelle creando del vapore sul vetro trasparente, mi sento rilassata e meno tesa, pronta ad affrontare una nuova giornata. Dopo essermi asciugata e vestita mi soffermo un attimo a guardare lo zaino che ho usato durante questi mesi. È rovinato e sporco, senza pensarci due volte lo apro per guardare cosa ho dimenticato dentro. Un coltello. Un piccolo coltello facile da nascondere ma molto affilato. Lo rigiro tra le dita pensando se portarmelo o no. Poi lo prendo e lo inserisco dentro i pantaloni, ben nascosto e fermo tra la pelle e la stoffa del pantalone. Non si sa mai.
 
Esco da casa pronta a mettere la mia maschera, la povera donnina indifesa che ha perso il suo caro maritino. Attraverso la strada con fare insicuro per recarmi a casa di  una tizia a caso che tiene il corso di cucito. 
Arrivo davanti alla porta e busso educatamente, inizio a sorridere anche se non mi hanno aperto ancora.
Apre una donna leggermente sovrappeso, si nota chiaramente che non ha mai avuto difficoltà là fuori. La rabbia mi sale lentamente ma cerco di sorridere ed essere carina con lei.
" Hey! Tu sei..." Prova a ricordare il mio nome con scarsi risultati.
"Carol! Ero qui per il corso di cucito. Sono felice di poter partecipare." Dico con un enorme sorriso.
"Giusto Carol! La nuova arrivata! Prego entra pure, le altre sono già pronte per iniziare a cucire" risponde dopo avermi squadrata da cima a fondo.
Inizio già a rompermi le palle, potrei essere lì fuori a spaccare la testa di qualche zombie, contribuire a fare la guardia e invece sono qui a cucire con queste perfette sconosciute. 
 
"Allora, raccontaci un po' di te Carol, della tua vita prima di tutto questo e prima di venire qui" Dice una bionda sui trent'anni.
Decido di mentire anche sul mio passato e mi invento una storiella convincente.
"Lavoravo come impiegata ad Atalanta, amavo il mio lavoro, ogni volta che tornavo a casa mio marito mi faceva trovare la cena pronta, una persona così buona..." E iniziai a piangere, erano così stupide che mi credettero, alcune di loro singhiozzavano pure. Era divertente vedere come io fingessi di essere incapace e indifesa invece quelle donne no. 
"Carol mi sembri così materna, hai una figlia scommetto, giusto?" Chiede una donna grassottella, curiosa. 
 Mi blocco appena pronunciano quelle parole. Avevo omesso la mia piccola Sophia, non volevo che sapessero. 
"No, io e mio marito desideravamo averne una ma poi è arrivata l'apocalisse e sapete come è andata.." Risposi semplicemente, ovviamente loro mi credettero. 
La noia mi sta divorando, sono perfettamente capace di cucire un paio di guanti, è qualcosa di inutile. Mi sembrano così stupidi, la loro vita continua come se non fosse successo niente. Questo posto potrebbe venire assalito da un momento all'altro e loro non saprebbero cosa fare, sicuramente non sanno usare le armi né sapranno come si sopravvive là fuori. Idioti. 
Il pomeriggio passa lentamente, tra le chiacchiere e le risate di queste donne. Decido di andarmene a casa e cenare da sola. 
"Scusate ma ora devo proprio andare, avevo già cucinato qualcosa per sta sera e non vorrei sprecare il cibo." Dico abbassando la testa facendo finta di essere dispiaciuta di doverle lasciare.
"Oh Carol, così presto? Noi abbiamo già cucinato, anche se sprechi la cena fa niente, tanto abbiamo cibo in abbondanza per anni." Risponde la donna che mia aveva accolto a casa.
Non riesco a trattenermi.
"Ma ti senti?! Li fuori c'è gente che muore di fame e voi sprecate il cibo? Bella questa. Ma voi che ne sapete dopotutto. Non siete state là fuori. Non avete perso i vostri cari per strada. Non avete sofferto la fame. Non avete dovuto ammazzare. Non avete sentito la merda che vi saliva fino al collo ogni giorno. Non avete fatto un cazzo." Dico acida e fredda, apro la porta ed esco sbattendola violentemente. Poi mi accorgo del grosso errore appena compiuto. Ormai non posso fare più niente, torno a casa distrutta mentre il sole inizia a scendere lentamente fino a nascondersi dietro una montagna.
Tornata a casa cucino un po' di pasta in bianco, giusto per non sprecare troppo cibo. Mangio piano, continuando a pensare. Penso ininterrottamente alla mia vita. Non so più cosa fare, per cosa devo lottare ora? Per cosa devo sopravvivere? La routine torna ad uccidermi di nuovo.
Ho bisogno di aria. 
 
Vado nell'armeria e prendo una pistola carica, devo uscire fuori, devo allontanarmi momentaneamente da questo posto così soffocante. Prima di uscire avverto Sasha per precauzione, non ho voglia di essere scambiata per uno zombie.
Apro il cancello lentamente cercando di non fare rumore e mi dirigo fuori, aria. Aria fresca entra nelle mie narici e respiro a pieni polmoni. Così mi dirigo nella foresta. 
 
È così tranquilla, mi sembra talmente strano ma ci faccio poco caso, devo godermi quest'aria fresca e questa libertà. Mi siedo ai piedi di un albero e chiudo gli occhi per qualche momento, fino a quando non sento delle foglie che scricchiolano nel terreno. Qualcuno deve essere qui. Non è la solita camminata strascicata, da zombie. Non sento nessun gorgoglio o suono che mi fa pensare a uno di quei mostri. Solo dei passi. E poi lo sento.
 
"Carol?" Dice una voce fin troppo familiare.
"Daryl? Che ci fai qui?" Chiedo perplessa, poi però mi ricordo che lui odia Alexandria, infatti viene sempre qui fuori a passeggiare probabilmente.
"Io? Al massimo tu. Lo sai che sto sempre qui fuori." Dice monotono.
"Era soffocante, avevo bisogno di prendere aria."
Lui si siede vicino a me e per un attimo la sua mano mi sfiora il braccio mentre si appoggia al terreno. Quel tocco mi fa venire la pelle d'oca per il piacere.
Rimaniamo in silenzio per un po', un silenzio che dice talmente tante parole che a voce non potremmo mai dirci. 
Il suo piede si avvicina al mio e si toccano, non lo scosto ma rimango li ferma. È una sensazione bellissima. Questa vicinanza è quello che mi serviva.
Sento il suo respiro affannoso, stanco.
"Che hai fatto oggi?" Chiedo sinceramente interessata.
"Il solito." Grugnisce.
Non posso fare a meno di abbozzare un sorriso. Poi lui gira la testa verso di me e ovviamente dice.
"Perché ridi?" Alza un sopracciglio.
"Niente." Rispondo tornando seria, lui però continua a guardarmi.
"Mmh" grugnisce ancora.
Questa volta mi trattengo però.
Appoggio la mano per terra e mi avvicino alla sua, i nostri mignoli si toccano ma lui non si allontana. Questo piccolo gesto mi riempie il cuore di gioia.
Poi lui si alza in piedi.
"Andiamo?" Mi chiede guardando verso il cancello della città.
Non molto contenta decido di seguirlo, già mi manca la mia libertà.
Poi accade in un momento, veloce e inaspettato. Lui mi blocca, mi spinge piano all'albero e appoggia le sue labbra alle mie. Mette le sue mani vicino alle mie guance per tirarmi più vicino a sé.
Sono stupita da questo gesto, chiudo gli occhi e rispondo al suo bacio lento. Le sue labbra sono soffici e sento la sua barba strofinare contro il mio mento.
 Fa scendere le sue mani nei miei fianchi e li afferra facendo aderire il mio corpo al suo, io avvolgo le mie braccia al suo collo.
Le sue mani si avvicinano alla mia schiena, fa delle leggere carezze mentre approfondisce il bacio. Sembra tutto così irreale. Gli accarezzo i capelli dolcemente, poi si stacca e mi guarda negli occhi, infine appoggia la sua testa sulla mia spalla e mi stringe forte, come se avesse paura di essere abbandonato. Lo tengo stretto a me e rimaniamo così per tanti minuti, i minuti più belli della mia vita. Lui si stacca dall'abbraccio e mi porge la mano.
"Torniamo a casa, non è sicuro qui fuori." E mano nella mano torniamo ad Alexandria. 
Forse non sarà sicura per sempre ma per ora è perfetta così. Le cose cambieranno, che lo vogliano o no. Presto impareranno. Mai sottovalutarci. Mai. 
  
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