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Autore: Aishwarya    05/08/2015    2 recensioni
"Improvvisamente con la coda dell'occhio ebbe la sensazione di vedere il volto di qualcuno ad osservarlo, proprio alla sua destra. S'irrigidì, temette il peggio. Strinse forte con la mano, che aveva iniziato a sudare copiosamente, la sua fedele bacchetta e con un movimento leggiadro ma deciso si voltò verso colui che lo osservava. Per un attimo si credette impazzito, poi capì."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Era stato scelto da Colui-che-non-deve-essere-nominato da ormai troppi mesi. Il marchio nero, che Voldemort stesso si era preoccupato di imprimergli sul braccio sinistro, bruciava ancora, fresco e nitido sulla sua pelle candida e immacolata. Quell'essere lo terrorizzava come nulla lo aveva terrorizzato mai. Allora capiva ciò che suo padre aveva provato per anni. Sentirsi tremare da dentro era terribile. Non era una sensazione proveniente dal corpo: arrivava dritta dall'anima. Se avesse fallito il compito che gli era stato assegnato, avrebbe perso tutto ciò che contava per lui e infine smarrito se stesso.

Improvvisamente era dovuto crescere. Non era più un ragazzo spensierato. Aveva dovuto smettere di sognare per sé un futuro radioso. Era un uomo adesso, un uomo con responsabilità enormi; responsabilità di quelle che non avrebbe augurato a nessuno, neppure al suo peggior nemico. Avrebbe dovuto uccidere, strappare un'anima dal proprio corpo, macchiarsi del più orribile peccato, rinnegare la natura.

Gli altri mangiamorte quasi se lo aspettavano da lui, come fosse naturale. Si aspettavano che sapesse uccidere Albus Silente come ci si aspetta da un bambino che compia i primi passi o pronunci la prima parola.

“Mamma”, “papà”, queste erano le prime parole che Draco aveva pronunciato da bambino. Erano loro i primi visi dolci che i suoi eleganti occhi grigi avevano osservato. Pensare che da lui dipendeva il destino dei suoi genitori quasi lo sgretolava, giorno per giorno. I suoi capelli chiari risultavano sempre meno splendenti e il viso, il suo perfetto viso appuntito era tanto trascurato da apparire irriconoscibile. Profonde occhiaie lo solcavano e smorfie di dolore e rassegnazione lo attraversavano rapidamente quando, senza volerlo, lasciava che la sua mente navigasse in pensieri riguardanti il suo futuro incerto ma immensamente buio.

Una bambinetta graziosa sostava davanti all'arazzo di Barnaba il babbeo bastonato dai troll, al settimo piano, con una pesante bilancia di ottone fra le mani. Draco la fissò e lei voltandosi gli fece un rapido segno d'assenso e tornò a fissare il vuoto. Egli riconobbe il segno ed entrò, ancora una volta e da solo nella stanza delle necessità, il posto dove tutto è nascosto.

Aveva avuto un'idea pazzesca che sembrava star funzionando. Era giunta lì, nella sua mente astuta un giorno, per caso e lui capì che quello era il modo giusto: capì che così si sarebbe salvato. Stava tentando di riparare l'armadio svanitore gemello di quello che da anni si trovava a prender polvere da Magie sinister. Così i due armadi avrebbero creato un passaggio e i mangiamorte sarebbero accorsi in suo aiuto per facilitargli il compito tanto ignobile ed arduo.

Quel giorno però entrando nella stanza delle necessità, si rese conto di essere così stanco da non riuscire quasi a muovere un passo. Non era il suo corpo ad essere esausto, bensì la sua mente. Si guardò intorno tormentato, chiedendosi se fosse giusto prendersi un attimo di pausa. Alla fine, faticosamente, decise che qualche minuto avrebbe potuto concederselo. Così si lasciò cadere stancamente per terra. Si stese con la schiena sul freddo pavimento in granito nero. Ebbe un brivido per quanto fosse gelato, sospirò e cercò di rilassarsi. In momenti come quello non poteva far a meno di pensare che mai avrebbe creduto di voler vedere qualcuno annientato più di Harry Potter. Eppure quella era una grande verità e giorno dopo giorno si rendeva conto di provare un odio ancora più profondo e fondato nei confronti di Voldemort. Colui-che-non-deve-essere-nominato lo stava privando della vita anche senza ucciderlo.

Improvvisamente con la coda dell'occhio ebbe la sensazione di vedere il volto di qualcuno ad osservarlo, proprio alla sua destra. S'irrigidì, temette il peggio. Strinse forte con la mano, che aveva iniziato a sudare copiosamente, la sua fedele bacchetta e con un movimento leggiadro ma deciso si voltò verso colui che lo osservava. Per un attimo si credette impazzito, poi capì. Vide se stesso a fissarlo. Si alzò e lentamente si avvicinò allo specchio delle brame in modo da posizionarvisi esattamente di fronte. Vedeva un ragazzo così pallido e così grigiastro, meno bello di quanto non fosse mai stato, quasi cadaverico. Continuò ad avvicinarsi alla superficie parecchio impolverata fino quasi a sfiorarla con la punta del naso. Si osservava e non si riconosceva, frustrato. Con la mano si accarezzava il volto, le guance e il mento come sperando che quell'orribile colorito andasse via, come cancellato, al passaggio della sua mano. Improvvisamente il suo colorito cambiò per davvero e Draco, un po' intimorito e sospettoso, balzò indietro senza smettere di osservare il suo gemello. Lo vide mutare e prendere una forma che aveva, da troppo tempo, smesso di sognare. Era ancora lui e contemporaneamente un uomo diverso. La figura riflessa aveva una postura fiera e un colorito roseo e incredibilmente vivo. Sorrideva implacabile.

Gli occhi di Draco fissavano quel volto, interrogativi, mentre si chiedevano se quell'immagine rappresentasse il futuro. Solo allora decise di indagare sull'intera scena che gli si presentava davanti. Il suo riflesso indossava eleganti abiti succinti e di un blu intenso. Lo scolpivano e rendevano elegante più che mai. Fu un dettaglio però, uno solo, in particolare ad attirare la sua attenzione. Il suo braccio sinistro era scoperto e privo di quello sporco tatuaggio che lo marchiava tutt'ora. Il suo riflesso era un Draco libero, un Draco che poteva finalmente, nuovamente decidere per se stesso. Poi la vide: vide la bacchetta che stringeva fra le mani; non era la sua, non era quella che lo aveva scelto, anni prima da Olivander. Era una bacchetta diversa, la stessa che si vide puntata al petto mentre Voldemort gli annunciava ciò che ne avrebbe fatto di lui qualora avesse fallito il suo compito. Lo stupore lo avvolse e illuminò. Stava guardando l'eroe che avrebbe voluto essere: l'assassino di Voldemort, il liberatore della sua intera famiglia e ancor di più di se stesso. Fu così che, ancora una volta scoppiò in lacrime. Un urlo si levò dalle sue labbra senza permesso mentre schiaffava nervosamente entrambe le mani su quell'oggetto maledetto. Si odiava profondamente perché non era riuscito ad opporsi a questo destino quando ancora era possibile scegliersene uno. Staccò le mani dallo specchio e se le sfregò addosso per liberarle dalla polvere. Abbattuto e avvilito, tornò a lavorare sull'armadio svanitore. Solo un pensiero riempiva la sua mente: “Spero che quello stupido Potter riesca ad ammazzarlo, una volta per tutte”.

   
 
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