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Autore: _f r a n c y_    06/08/2015    0 recensioni
A Punk Hazard anche l'improbabile può realizzarsi. Qui fiamme e ghiaccio coesistono. Qui i nemici mangiano allo stesso tavolo. Qui due spiriti affini possono finalmente sfiorarsi. [ZoTash]
- Ti sei svegliato, Bella Addormentata? - sogghignò il Cuoco.
Zoro si limitò a restituirgli un ringhio interrogativo.
- Ti ho visto poco fa. Ti serve una scusa per andare da lei, Marimo? -
- Ma di che diavolo stai parlando? E comunque io non ho mai bisogno di accampare scuse per agire! -
- Aah, quindi non ti interessa se porto personalmente un succulento piatto di zuppa calda a Tashigi-chan? - prese una fondina pulita e la riempì con un movimento elegante del braccio, - Non ha ancora toccato cibo. Un cavaliere come me non può accettare che un fiore tanto prezioso appassisca. -
La replica di Zoro arrivò con un leggero ma percettibile ritardo.
- Fai come ti pare. Ma sappi che, a differenza di altre, lei non è il tipo da apprezzare il tuo nauseante servilismo. -
- Ah, è così? Vedo che la conosci bene, per essere una tua nemica. -
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro, Sanji, Tashiji
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno!
Questa è la prima fanfic che scrivo nel fandom di One Piece. In particolare, la prima Zotash. E' ambientata nell'"accogliente" isola di Punk Hazard, al termine dei combattimenti e durante il lauto banchetto.
Spero sia una buona lettura...! Attenderò i vostri giudizi, negativi o positivi, con trepidazione :)


Danza di spiriti affini nella Terra dei Paradossi








Punk Hazard era un'isola del Nuovo Mondo nota per ospitare due climi tra loro diametricalmente opposti. Metà della sua superficie era avvolta da fiamme inestinguibili e baciata da aria rovente; l'altra era sepolta dalla neve e consegnata al gelo affilato. Le due facce dell'isola si fronteggiavano, si osservavano ininterrottamente, senza però cercare di prevaricare l'una sull'altra. In un silenzio rispettoso, coesistevano semplicemente.
Era, quella, un'isola dove tutto era possibile.
Sulla porzione immersa nell'inverno perenne stavano avendo luogo festeggiamenti chiassosi. Dopo una giornata interminabile, l'ossimorica coalizione tra pirati e marine aveva posto fine agli esperimenti del Dottor Caesar, un luminare deviato che non si era posto scrupoli a giocare con la vita degli esseri umani, bambini compresi.
Stremati dalla fatica e dal freddo, adesso marine e pirati stavano cenando gli uni accanto agli altri. I boccali levati al cielo plumbeo, risate di colore diverso si intrecciavano con spontaneità, insieme al vapore caldo e speziato della zuppa di maiale di mare. Il cuoco della ciurma di pirati, Sanji detto Gambanera, aveva cucinato in grande quantità per tutti i presenti.
Tale era la scena che si offriva agli occhi di Tashigi, Capitano della sgangherata quanto temibile divisione G-5 della Marina. Mentre guardava il cuoco servire la cena alla lunga e variegata fila di affamati, Tashigi rammentò una frase che le aveva detto poco prima: un pirata è un uomo libero dalle convenzioni sociali. Quella sera, in un certo senso, erano tutti un po' pirati.
Uno dei bambini le picchiettò sulla spalla. Il piatto proteso verso di lei, la bocca spalancata come un uccellino. Tashigi rise di tenerezza e udì la piratessa Nami, seduta poco distante, fare altrettanto.
Fece per portare la fondina sulle proprie gambe, per imboccarlo, ma le braccia la tradirono a metà impresa. Se non fosse stato per il pronto intervento della piratessa, il brodo si sarebbe clamorosamente sparso sulla neve.
 - M-mi dispiace! - si scusò Tashigi affranta, ritraendo le mani al petto. Chinò il capo con tanta dedizione che soltanto per un provvidenziale miracolo gli occhiali non le scivolarono a terra.  - Non era mia intenzione... Mi dispiace davvero! -
 - Non è successo niente. Va tutto bene! - la confortò Nami, piacevolmente spaesata dalla sua umile reazione.
Cercò lo sguardo di Robin, sua compagna di ciurma e amica: sorrideva anche lei, luminosa e genuinamente divertita.
Alle spalle della mora, nel gruppo a prevalenza maschile dedito a bevute e goliardia, Nami scoprì che il comportamento di Tashigi aveva attirato l'attenzione di un altro compagno.
Lo spadaccino Roronoa Zoro era, tra i Pirati di Cappello di Paglia, colui che conosceva relativamente meglio la marine. Infatti non era troppo stupito da quelle scuse profonde. Gli rammentarono quanto accaduto due anni prima: il giorno in cui, ignari dell'identità reciproca, si erano conosciuti nell'armeria di Roguetown. Lei si era offerta spontaneamente di aiutarlo nella ricerca di due nuove spade e, senza saperlo, gliene aveva raccomandata una sulla quale pendeva una terribile maledizione. Si era scusata con tale veemenza da abbassare la testa al livello dei fianchi.
Quella spada tuttavia era davvero ottima come lei gli aveva segnalato: aveva resistito alle battaglie più aspre, al limite del normale e del naturale. Quella Sandai Kitetsu era ancora salda al fianco dello spadaccino.
Per una crudele ironia della sorte, la marine aveva molto in comune con una carissima amica del pirata, Kuina, scomparsa tragicamente quando lui era ancora un bambino. I suoi lineamenti e il suo affliggersi per la disparità di trattamento rispetto agli uomini ne erano una copia fedele.
In effetti, Zoro non mancava mai di accusarla di profanare la memoria della sua amica. Non poteva comunque negare che quella spadaccina ben compensasse la somiglianza, con buffi comportamenti che portavano la sua firma originale. 
Nessuno nella ciurma era a conoscenza dei dettagli del loro primo incontro. Nami però fece in tempo ad intercettare il sorriso di Zoro. Un sorriso debole, fugace, nel tentativo di rimanere nascosto alla vista altrui. La rossa era una fine indagatrice e non le fu difficile leggere su quelle labbra letizia, ilarità, calore ed un pizzico di nostalgia.
Un attimo dopo, Zoro si rese conto di essere osservato e il suo volto si indurì. Nami sogghignò vittoriosa, come un gatto che aveva appena trovato una preda insperata. Vi avrebbe giocato lentamente, molto lentamente.
Deciso a non regalarle ulteriore soddisfazione, lo spadaccino si tuffò nel proprio boccale di rhum con un verso di disappunto.
La rossa tornò a concentrarsi sui piccoli e si accorse che la marine stringeva ancora le braccia al torace. Invano, provava a celarne il tremito.
 - Zoro è pessimo nelle medicazioni. - sospirò Nami. Mai avrebbe dimenticato i punti mediocri con cui, due anni addietro, aveva suturato un immenso squarcio sul proprio busto. - Chopper ti visiterà la spalla volentieri. E' il dottore migliore che esista. -
 - Oh, non occorre. Soltanto... se non è un problema, andrei a fare una passeggiata. -
 - Ma certo... Restiamo noi coi bambini. -
Tashigi rassicurò i piccoli circa la propria salute e si allontanò timidamente.



 - E quando hai tagliato quelle rocce gigantesche che ci stavano piovendo addosso? Amico, mi si è gelato il sangue nelle vene! -
 - Ti sei preso anche cura del nostro adorato Capitano. -
 - E' vero! L'hai portata in spalla fino a quando non eravate al sicuro. Un brindisi al Cacciatore di pirati! -
In verità era il secondo brindisi che intitolavano a Zoro, ma lui non protestò. Ogni pretesto di dare un altro sorso all'alcol era ben accolto.
 - A proposito, quello non è il Capitano? -
 - Dove sta andando? -
 - Tashigi-chan, siamo quiii! -
L'orlo del boccale ancora posato sulle labbra, lo spadaccino dai capelli verdi seguì gli sguardi annacquati dei marinai. La marine salutò con un cenno della mano e proseguì la sua camminata, distanziando la banchina. I suoi subordinati si domandarono dove stesse andando, ma presto altri dettagli, ben più prorompenti, catturarono la loro attenzione. Ad esempio, un pirata cyborg in grado di cambiare acconciatura col solo tocco di un pulsante, collocato precisamente sul suo naso.
Zoro trattenne la coda dell'occhio su Tashigi ancora qualche istante, fino a quando una voce a lui vicina non lo distrasse.
 - Povero Capitano... - biascicò un marinaio, tra i denti sbilenchi.
 - "Povero"? Perché? -
 - Si spinge sempre più al limite, nonostante tutto. -
 - Nonostante cosa? -
L'uomo alzò il viso irsuto verso quello dello spadaccino. La sua espressione era smarrita nell'alcol.
 - Oh, credevo fosse la mia voce interiore a rispondermi. -
 - Nonostante cosa? - scandì Zoro.
 - Il Capitano è malato. -
Per la prima volta in ventun anni, Roronoa Zoro avvertì il distinto impulso di rigettare quanto aveva appena ingerito.
Si schiarì la gola e si impose di mantenere l'autocontrollo. Esaminò il suo interlocutore: era alticcio, sì, ma non stava mentendo. Il rhum aveva soltanto demolito le sue, già vacillanti, difese. Probabilmente non realizzava nemmeno di stare rivelando informazioni sensibili ad un nemico.
 - In che senso... malato? -
 - E' così magra...
La spada sembra pesare più di lei. All'inizio pensavamo di dover essere noi a proteggerla, non il contrario. - scoppiò in una grassa risata, - Invece, dovresti vederla, se ne sta sempre in prima linea. Non arretra davanti a niente e nessuno. Un brindisi al Capitano! - disse a se stesso. Trangugiò il rhum avidamente, rivoli bruni che scorrevano dagli angoli della bocca.
Zoro si concesse l'ombra di un sorriso. Non poteva negare la veridicità di tale ritratto e una parte di lui, remota ma consistente, ne era fiera. L'eruttazione poderosa del vicino lo destò dalle proprie riflessioni.
 - Essere magri non significa necessariamente essere malati. - commentò lo spadaccino, il pensiero che volava al Cuoco, suo compagno di ciurma. Il suo fisico avrebbe portato sempre i segni della fame che, appena bambino, aveva patito. Eppure ora godeva indubbiamente di buona salute. Anche troppo buona, a parere di Zoro...
 - Infatti non era mai stato un problema. Si allena come una matta per irrobustirsi: è la prima ad alzarsi e l'ultima ad andare a dormire, ogni giorno. Ma da quando ha risvegliato l'Haki... Aah, quelle ossa piccoline sembrano non sopportarne lo stress. -
Bevve il brodo rimasto direttamente dal piatto, in un unico respiro.
 - Non dovresti sottovalutare il tuo Capitano. Non porterebbe un simile titolo, se non ne fosse all'altezza. -
 - Io non la sto sottovalutando, amico! Mi prenderei dieci, venti pallottole per lei! - ribatté quello.
 - Ok, ok... Abbassa la voce però. - gli intimò. Non voleva affatto che quella conversazione divenisse pubblica.
 - Sono solamente preoccupato per lei. - si incupì, - Ha così fretta di diventare più forte, come se dovesse dimostrare qualcosa... Non è mai soddisfatta dei traguardi che raggiunge. Ma se non rallenta, il suo corpo la tradirà! E' già successo una volta... Ci ha fatto giurare di non dirlo mai al Vice Ammiraglio Smo. -
Zoro ebbe un'illuminazione. Lui in persona era stato testimone di un secondo episodio, non più di due ore prima. Si erano battuti contro la guardia del corpo di Caesar, una donna arpia. Al termine dello scontro, si stavano avviando verso l'uscita della stanza per raggiungere i rispettivi compagni. Per la precisione, stavano discutendo su chi avesse effettivamente sconfitto l'avversaria. Tashigi gli stava rinfacciando che, se non fosse stato per il suo intervento, lui non avrebbe mai colpito a morte quella donna. Zoro le stava rispondendo che le concedeva di prendersi il merito della vittoria e sfoggiarlo davanti ai suoi uomini.
Era stata proprio una replica mancata da parte di lei ad indurlo a voltarsi. Si era accasciata sul pavimento, le dita che afferravano la neve nella speranza di trovarvi un sostegno. Il respiro affannato che prendeva forma in incerte nuvole di vapore.
Per un fugace eppure terribilmente eterno istante, l'aria si era gelata nei polmoni di Zoro.



 - Ehi, ragazzo, tutto bene? -
Una voce nuova lo riportò alla realtà. Soltanto allora lo spadaccino realizzò di aver smarrito il proprio sguardo in un punto distante, per un tempo indefinito. Per la precisione, nella direzione in cui la marine si era incamminata. Il posto accanto a lui era vuoto: il marinaio con cui stava parlando si era alzato per avere un altro mestolo di zuppa da Sanji. Aveva spazzolato persino la razione di Zoro, approfittando della sua distrazione.
Ad averlo richiamato era stato un altro marinaio, anch'egli di passaggio per prendere posto in coda, il piatto tra le mani.
 - Non lo reggi l'alcol, eh? - ridacchiò sguaiato.
Zoro lo mise a tacere con un'occhiata di ghiaccio bollente e quello si affrettò ad avanzare col resto della fila. Lo spadaccino corrugò la fronte confuso ed infine optò per imitarlo. Aveva corso di più in quella giornata di quanto avesse mai fatto: aveva parecchie energie da recuperare.
Quando giunse il suo turno, Sanji prese a sogghignare.
 - Ti sei svegliato, Bella Addormentata? -
Zoro si limitò a restituirgli un ringhio interrogativo.
 - Ti ho visto poco fa. - mormorò il Cuoco mentre rimescolava il pentolone, - Ti serve una scusa per andare da lei, Marimo? -
 - Ma di che diavolo stai parlando? E comunque io non ho mai bisogno di accampare scuse per agire! -
 - Aah, quindi non ti interessa... -
 - No, non mi interessa un accidente! Sbrigati a servirmi, altrimenti ti affett... -
 - ... se porto personalmente un succulento piatto di zuppa calda a Tashigi-chan? - prese una fondina pulita e la riempì con un movimento elegante del braccio, - Non ha ancora toccato cibo. Un cavaliere come me non può accettare che un fiore tanto prezioso appassisca. -
La replica di Zoro arrivò con un leggero ma percettibile ritardo.
 - Fai come ti pare. Ma sappi che, a differenza di altre, lei non è il tipo da apprezzare il tuo nauseante servilismo. -
Nell'udire le ultime due parole, Sanji fece appello a tutta la sua concentrazione per non scaraventargli un calcio al centro della faccia. Era in procinto di gustarsi una vittoria ben più appagante sul suo rozzo compagno di ciurma.
 - Ah, è così? Vedo che la conosci bene, per essere una tua nemica. -
Zoro alzò il capo e scorse su quel viso da damerino la stessa luce trionfale che aveva acceso quello di Nami.
 - Hai caldo d'improvviso oppure sei in imbarazzo, Marimo? -
Lo spadaccino lasciò cadere il proprio piatto sulla neve morbida e mise mano all'elsa delle spade.
 - Eeh, no! - rise il Cuoco, sollevando la fondina. Alzò la voce e si finse oltraggiato, mentre lo accusava: - Non vorrai che la dose riservata a Tashigi-chan vada sprecata, vero? -
I marinai alle spalle di Zoro fecero capolino:
 - Ehi, Cacciatore di pirati, che storia è questa? Perché non vuoi più dividere il cibo con noi? -
 - Non dovete ascoltare quel Cuoco Pervertito! -
 - Ammirate il galantuomo e prendete esempio, marmaglia! - proclamò Sanji con tono solenne, - E' sacro dovere di ogni uomo dedicarsi alla cura di una angelica fanciulla, quindi servirò la dolce Tashigi con le mie stesse mani. E coronerò quei divini minuti con un'ancor più amabile conversazione... - aggiunse in un sussurro malizioso, all'indirizzo del compagno.
Sfortunatamente, Zoro non poteva affettare il tanto detestato amico. Non senza attirare su di sé l'ira della G-5 e intossicare l'atmosfera festosa e pacifica. Monkey D. Rufy, il suo Capitano, non glielo avrebbe perdonato facilmente.
Strappò il piatto dalle mani del Cuoco e gli sibilò che avrebbe fatto meglio a guardarsi le spalle, in futuro.
 - Striscerai ai miei piedi per ringraziarmi, Marimo, altro che... - sorrise di rimando il biondo, pregustando il momento.




  
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