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Autore: Lucyvanplet93    08/08/2015    2 recensioni
Sequel/prequel di "Insieme.", estratto della storia che mi sono decisa solo ora a pubblicare per intero.
Riprendo dalla fine del secondo film Di Captain America, con James impegnato nel recuperare i suoi ricordi e la sua vita passsata.
Durante una delle sue innumerevoli fughe dall'Hydra Il Soldato si imbatte in una curiosa ragazza che come lui sembra aver perso la memoria e che presto si rivela essere molto più intelligente e "pericolosa" di quel che sembra.
Insieme intraprenderanno un viaggio nel tortuoso ed insidioso sentiero dei ricordi, recuperando pezzi di loro stessi e completandosi a vicenda.
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Storia forse dall'inizio un pò banale, ma che mi sono impegnata a rendere il più "intricata" possibile.
CAPITOLO 9 DI AVVISO. AVVISO CHE VERRA' RIMOSSO NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO.
Genere: Azione, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Il secondo piano a destra!" Rispose sorridendo all'ennesima persona che quella mattina le aveva chiesto un'indicazione, quella volta era stato il turno dell'oculista, l'anziana vecchietta aveva aveva stretto lo sguardo nonostante le spesse lenti della montatura all'ultima moda che indossava.
Guardò l'orologio e terminate le ultime venti fotocopie si fiondò dentro il suo stanzino per cambiarsi, doveva tornare a casa in fretta se voleva sperare di trovarlo ancora lì.
Con sua somma sorpresa quella mattina aveva ritrovato James ancora addormentato sul divano. Lui stesso aveva affermato che sarebbe partito all'alba del giorno dopo, certo lei quella mattina si era alzata alle sette, e non per controllare se lui se ne fosse andato o meno, ovviamente no. Indipendentemente da questo Alexis quella mattina era arrivata al lavoro con un largo anticipo.
Così ora non vedeva l'ora di tornare a casa e naturalmente non perché sperava che lui fosse ancora li.
Fatto sta che ora si sentiva stranamente agitata, come lo era stata tutta la mattinata del resto. Appena arrivata si era dedicata all'incursione nel guardaroba approfittando del fatto che Joe avrebbe iniziato il suo turno solo molte ore dopo il suo arrivo, non voleva che gli facesse altre domande. Cosa si sarebbe potuta inventare questa volta? Che voleva ridipingere tutto il vicinato?
Si sfilò di corsa la maglia a manica lunga  che indossava per lavorare e la sostituì con il maglione che era attaccato alla stampella e per la fretta una maglia dello stesso le resto impigliata al fermaglio con cui quella mattina si era sistemata i capelli.
Imprecò silenziosamente mentre si cercava di liberarsi febbrilmente da quella trappola diabolica.
Doveva darsi una calmata.
Si sentiva come se quella mattina invece di spegnere la sveglia avesse infilato le dita nella presa della corrente. Era sicuramente colpa del fatto che James si ostinasse a dormire solo con indosso i pantaloni, che lei si ritrovava in quello stato pietoso.
O forse era solo stanca, si era solo stanca decise.
"Ehi, vai di fretta?" Sharon le comparve come al solito alle spalle e Alexis sobbalzò.
"Devi smetterla di comparirmi così all'improvviso alle spalle."
"Scusa..." La schernì giocosamente. "Ma cosa ne so io che la smemorata in questi giorni è tesa come una corda di violino."
"Ma smettila!"
"Perché non ti fai un po' sciogliere dal tuo nuovo amichetto?" La provocò di nuovo l'infermiera con fare malizioso.
Alexis la fissò incredula. "Ancora con questa storia?"
"Certo che si! Te l'ho detto che non me l'avresti data a bere."
Alexis rise.
"Peccato che tu sia completamente fuori strada!"
"Si certo continua pure a negare! Ma con me non attacca. Sono due giorni che ti vedo con la testa fra le nuove."
"Sono solo stanca!" Rispose rafforzando così la sua tesi.
"Ma se oggi non hai fatto altro che correre avanti e indietro come una trottola!"
"E infatti ora sono stanca!"
Sharon incrociò le braccia al petto con fare dubbioso.
"Davvero... Non c'è niente... E nessuno." Ribadì mentre si sistemava il colletto del maglione.
"Ehy... Ma cos'hai al polso?"
Cazzo.
Doveva rimanere calma.
"Questo dici?" Domandò con noncuranza indicandosi la parte lesa. "Ho solo sbattuto..."
Gli si era formato un vistoso livido violaceo dove l'aveva afferrata James la sera prima.
Le aveva dato noia tutto il giorno, non sapendo bene come muoverlo per ogni movimento di troppo sentiva dolore, se avesse stretto un po' di più probabilmente glielo avrebbe rotto.
"... Ti picchia?" Alexis afferrò solo le ultime due parole di ciò che le stava dicendo la sua amica.
"Di che stai parlando?" Domandò confusa mentre scrutava l'espressione preoccupata dell'infermiera.
"Di te! Ti ho chiesto se non vuoi parlarmi del tipo che hai conosciuto perché ti picchia!"
Alexis spalancò la bocca incredula. Adorava Sharon, solo che ogni tanto lavorava troppo di fantasia, anche se di nuovo in un certo senso ci aveva preso. Alexis si massaggiò la radice del naso con il pollice e l'indice prima di rispondere alla sua fin troppo perspicace amica.
"Sharon..." Pronunciò stancamente. "Non mi vedo con nessuno, non ho una relazione con qualcuno e soprattutto... Non ho un uomo che mi picchia. È chiaro?" Concluse, mortalmente seria.
"Sicura?"
Alexis alzò gli occhi al cielo. "Si... Ne sono sicura.", "Posso andare ora?" Domandò dopo un attimo di silenzio.
A quel punto Sharon fece qualcosa di assolutamente inaspettato in quel momento, e la abbracciò.
"Lo sai che ti voglio bene e che se mi comporto così è solo perché mi preoccupo?"
"Si lo so... Solo che a volte sei un tantino esagerata. So cavarmela, non stare troppo a preoccuparti per me!"
"Ok, cercherò di smettere di fare la mamma!"
Le sorrise di rimando e con la mano destra afferrò la tracolla con dentro i vestiti che era abbandonata per terra di fianco a lei.
Chiuse a chiave l'ufficio del ticket e solo dopo aver salutato tutti i pochi rimasti nella hole dell'ospedale si avviò verso casa.
Per tutto il tragitto dall'ospedale a casa Alexis non riusciva a smettere di chiedersi per quale motivo ci tenesse tanto ad aiutare James. In fondo lui era pericoloso, era un assassino, un mercenario che per anni aveva spezzato vite in nome dell'Hydra, chissà con quanto sangue innocente si era macchiato le mani.
Non sapeva spiegarsi il perché, ma sentiva di doverlo fare. Forse per sdebitarsi in qualche modo con il destino che con lei era stato magnanimo nei suoi confronti e che le aveva fatto incontrare delle persone fantastiche che si erano prese cura di lei guidandola per mano nel ricostruirsi una vita con dei bei ricordi, invece per James era stato diverso, strappato da un'epoca per essere usato come arma in una guerra che non era nemmeno la sua, non aveva nessuno era solo e lei si sentiva in dovere di aiutarlo.
Ogni giorno da quando aveva lasciato quella camera d'ospedale conviveva con quel sentimento di malinconia che l'accompagnava quotidianamente, viveva la sua vita come se fosse tutto un'eterna domanda per la quale non esisteva risposta, sentiva di aver lasciato indietro qualcosa di troppo importante per essere dimenticato e ora dopo aver incontrato il soldato, per qualche assurdo ed insensato motivo aveva come la sensazione che aiutando lui avrebbe iniziato ad ottenere qualche indizio.
Appena messo il naso fuori dall'uscita della metro le nuvole temporalesche la accolsero con la silenziosa minaccia di riversarle addosso tutta la loro ira da un momento all'altro. Affrettò il passo avviandosi lungo il viale che da li a cinque minuti l'avrebbe portata davanti al portone di casa sua.
Gli alberi ormai spogli spuntavano qua e la fra le mura dele diverse palazzine che circondavano casa sua, il marciapiede leggermente crepato in più punti si arrestava a pochi isolati dalla zona residenziale.
Casa sua non era diversa dalle altre, la palazzina un po' malconcia che ospitava il suo appartamento aveva le pareti esterne color grigio topo e la vernice degli infissi bianchi delle finestre era danneggiata in più punti.
Senza perdere altro tempo infilò la chiave nelle serratura del portone, una volta dentro imprecò un paio di volte non riuscendo a trovare la chiave giusta per la porta di casa. Cercava di essere il più ordinata possibile in casa, ma quando si trattava della sua borsa sembrava che gli oggetti giocassero a nascondino andandosi a cacciare nei posti più impensabili. Dopo un paio di minuti buoni finalmente riuscì a scovare il portachiavi con la coccinella e ad entrare in casa.
Come la sera precedente, anche quel giorno la trovò stranamente silenziosa ed apparentemente vuota, poi però notò il borsone parzialmente pieno abbandonato al lato della porta.
Quella mattina prima di andare in ospedale aveva lasciato un biglietto a James, in cui gli diceva che avrebbe potuto usarlo per metterci tutto ciò che voleva. Magari se l'avesse aspettata gli avrebbe dato anche quei pochi vestiti che era riuscita a sgraffignare quella stessa mattina.
Certo, il fatto che il borsone si trovasse ancora li poteva stare a significare che lui l'aveva bellatamene ignorata e che se ne era andato nello stesso modo in cui era arrivato, cioè senza niente, oppure, nel più remoto dei due casi l'aveva aspettata.
Non dovette aspettare molto per scoprirlo, cogliendo perfettamente un rumore di passi provenire dalla camera da letto e in una manciata di secondi si ritrovò a sorridere di fronte all'espressione quasi colpevole del soldato.
"Credevo che te ne fossi andato."
"Stavo per farlo. Se avessi tardato un altro paio di minuti non mi avresti trovato."
Alexis non rispose, limitandosi a gettare un'occhiata alle sue spalle.
"Che ci facevi in camera mia?" Domandò.
"Sono rientrato dalla finestra."
"Rientrato?"
Il soldato si irrigidì, palesemente seccato da tutte quelle domande, ma alla ragazza non interessò.
"Sono dovuto uscire. Mi serviva una cosa."
James si strinse nel giubbotto verde che lei stessa gli aveva procurato il giorno prima e rimase a fissarla per alcuni secondi prima di parlare.
"Senti... Io volevo..."
Alexis lo bloccò alzando le mani davanti al viso. Non voleva sentirsi dire grazie.
"Se stai per ringraziarmi, sappi che non devi farlo. Non ho fatto niente."
L'aveva aiutato perché sentiva il bisogno di farlo, non perché voleva sentirsi dire grazie. Sorrise incrociando le braccia sotto al seno e fu a quel punto che notò lo sguardo di James posarsi sul suo polso destro.
Allungò la mano per sfiorarle appena la pelle e Alexis trasalì.
"Mi dispiace per questo... Non volevo."
La diretta interessata scrollò le spalle. "Non è niente. Passerà."
Calò di nuovo il silenzio e nessuno dei due seppe più cosa dire, Alexis vide James passarsi nervosamente la lingua fra le labbra e lei stessa dovette abbassare lo sguardo. Si sentiva decisamente in imbarazzo.
"Ora me ne vado." Alla fine fu lui a muoversi e superandola si chinò per raccogliere il borsone da terra. E scrollandosi, finalmente da dosso l'imbarazzo anche Alexis riuscì a muoversi ruotando su se stessa per poterlo di nuovo guardare in faccia.
"Beh, buona fortuna." Sorrise.
E poi successe.
Tutto all'improvviso.
Fece appena in tempo a registrare lo sguardo allarmato di James, che si sentì tirare bruscamente di lato per poi ritrovarsi schiacciata contro la schiena del soldato. Il suono di un sparo le fece dolere le orecchie, trovandosi poi ad agire d'istinto prendendosi la testa fra le mani prima che un nuovo colpo di pistola esplodesse dall'arma che il soldato impugnava con la mano libera.
Sollevò appena lo sguardo oltre la spalla del ragazzo che le stava facendo da scudo con il corpo, giusto per vedere cosa stesse succedendo li dentro, ma l'unica cosa che riuscì a mettere a fuoco furono gli occhi azzurri di James, che aveva voltato solamente il capo.
"Stai bene?" La sua voce le arrivò ovattata alle orecchie, che continuavano ad essere invase da un fastidioso e continuo ronzio. Annuì meccanicamente, James non sembrò crederle granché, ma non ebbe il tempo per verificarne le condizioni che dovette allontanarsi in fretta da lei. Alexis si guardò intorno spaesata, chiunque fosse entrato in casa sua doveva essere arrivato dalla stessa finestra dalla quale era arrivato James due giorni prima, guardo la figura dell'uomo steso a terra, probabilmente morto, e la chiazza di sangue che si andava allargando sotto di lui, macchiando irrimediabilmente il parquet, gli occhi vitrei e l'espressione spenta.
Alzò lo sguardo per posarlo sulla scena che aveva davanti agli occhi, un altro uomo giaceva a terra privo di sensi ed un terzo era impegnato in un corpo a corpo con il soldato. Quell'uomo sembrava addestrato, nonostante James fosse in netto vantaggio su di lui si vedeva che sapeva quel che faceva, un militare forse, magari un mercenario al soldo dell'Hydra che aveva scoperto dove James si nascondeva, ma non ebbe il tempo di osservare maggiormente il combattimento, ne di fare qualcosa che si sentì per la seconda volta nel giro di pochi istanti, strattonare indietro, questa volta però per la gola. Un quarto uomo l'aveva assalita alle spalle circondandole il collo con un braccio ed aveva iniziato a stringere, istintivamente aveva insinuato un una mano fra il suo collo e il braccio dell'uomo, permettendo all'ossigeno di continuare ad arrivare al cervello e finalmente riuscì a riprendersi dallo shock iniziale. Senza pensarci ed utilizzando tutta la forza che aveva tirò una gomitata fra le costole al suo aguzzino, che accusando il colpo allentò la presa su di lei e Alexis non si lasciò sfuggire l'occasione. Agilmente sguscio via dalla sua presa e si allontanò da lui precipitandosi verso la cucina ed afferrando la prima cosa capitatale sotto mano sferrò un colpo alla ceca sentendo il rumore dei passi del suo aguzzino farsi di nuovo vicini.
Mentre con il fiato corto brandiva la padella utilizzata come arma cercò di riprendere fiato cercando di mantenere salde le gambe che minacciavano di cedere sotto al suo peso da un momento all'altro e tenendo lo sguardo fermo sull'uomo privo di sensi ai suoi piedi, cercò di respirare ad un ritmo più umano e scostandosi i capelli dal viso lasciò cadere a terra con un gran fracasso la sua arma di fortuna.
Alzò il capo e davanti a se inquadrò la figura di James che la osservava incredulo.
"Che c'è? Siete voi uomini a dire sempre che il posto di noi donne è in cucina!"
James non le rispose e scavalcando il corpo steso a terra si avvicinò a lei afferrandola per le spalle.
"Stai bene?" Le domandò di nuovo guardandola negli occhi.
"Si... Più o meno, credo."
James la lasciò e voltandole le spalle lo sentì imprecare. "Merda!" E così dicendo sparì oltre la soglia.
 
James si maledì di nuovo per la sua incoscienza. Era stato un veto idiota ad aspettare di andarsene da quella casa, non doveva andare così.
Che diavolo gli aveva detto il cervello? Se ne sarebbe dovuto andare da li non appena fosse stato in grado di reggersi in piedi, e invece no! Aveva aspettato ed ecco come era andata a finire, ora per colpa sua avrebbero cercato anche lei che non c'entrava niente con lui.
Imprecò di nuovo mentre recuperava il borsone abbandonato sul pavimento. Dovevano andarsene.
In fretta tornò da lei che stava ancora appoggiata al bancone della cucina visibilmente scossa. Quando di accorse di lui cercò di raddrizzare la schiena e le spalle.
"Devi andartene!" Esclamò.
Non c'era risentimento o accusa nelle sue parole, ma solo preoccupazione.
"Dobbiamo andarcene." La corresse.
Alexis lo guardò confusa. "Si... Me ne andrò anch'io, ma tu ora devi sbrigarti!! Potrebbero tornare!"
"Non hai capito, tu vieni con me!"
La ragazza vacillò, evidentemente colta di sorpresa.
"Cosa? No!" James strinse i pugni sentendosi terribilmente infastidito dalle sue infantili proteste. "Non posso venire con te! Ti sarei dolo di intralcio ti rallenterei!" Disarmato il soldato la fissò senza parole.
Si trovava in quella situazione per colpa sua e l'unica preoccupazione che aveva era che gli sarebbe stata di intralcio durante la fuga.
Ma non gli importava di morire?
"Non sopravvivesti un'ora da sola se quelli dell'Hydra ti cercano!" Sempre che poi quelli che aveva in casa fossero davvero membri dell'Hydra. Chissà con che tipo fi gente erano entrati in contatto pur di catturarlo.
"Si ma tu hai più possibilità senza di me!"
Come faceva ad essere così cocciuta. James le si avvicinò di nuovo.
"Tu verrai con me. Ti devo la vita, non ti lascerò qui a morire."
Si fissarono intensamente negli occhi per alcuni istanti. Se lei avesse di nuovo rifiutato di seguirlo, l'avrebbe costretta a farlo con la forza. Alexis sembrò pensarci ma alla fine annuì. "D'accordo. Prima però fammi prendere un paio di cose."
Il soldato scosse la testa. "Non abbiamo tempo, potrebbero tornare."
Alexis si torturò il labbro inferiore con i denti. "Lo so, ma ci metterò un attimo te lo giuro!" La ragazza attese il suo consenso ed alla fine James cedette lasciandola passare.
Lei non se li fece ripetere due volte e in un attimo sparì oltre la porta della cucina. Nel frattempo James decise di recuperare le quattro cose che la padrona di casa le aveva procurato sul posto di lavoro, ficcandole frettolosamente dentro al borsone. Contemporaneamente Alexis ricomparì davanti ai suoi occhi tenendo in una mano un paio di vestiti ed una busta di carta e stringendo sotto braccio quello che sembrava l'occorrente per il primo soccorso, in testa aveva lo stesso cappello che aveva utilizzato lui il giorno prima, sotto il quale aveva nascosto i capelli. Una volta riempito lo zaino se lo mise in spalla e seguendo i suoi spostamenti vide Alexis afferrare ed infilarsi la giacca abbandonata all'ingresso, James la segui ed insieme varcando l'ingresso.
La situazione era peggiore di quello che si aspettava.
Una volta usciti da casa percepirono entrambi il suono delle sirene della polizia, qualcuno doveva aver avvertito le forze dell'ordine dopo aver sentito gli spari. A peggiorare la situazione c'erano quei due tizi che camminavano verso di loro. Erano decisamente sospetti. I loro movimenti erano troppo rigidi il passo troppo misurato, cercavano di muoversi con naturalezza, ma così facendo risultavano finti. Quando i due si accorsero di loro si guardarono per una frazione di secondo che a James bastò per capire.
L'avevano riconosciuto.
"La metro." Suggerì la sua compagna che evidentemente aveva anche lei notato qualcosa di strano. "Anche se ci avessero riconosciuto non potrebbero fare granché in mezzo a tanta altra gente!"
"Muoviamoci."
Affrettarono il passo durante quei pochi metri che li separavano dal passaggio sotterraneo, fecero di corsa le scale urtando i pendolari che salivano o scendevano la scalinata. Quella doveva essere l'ora di punta perché l'aria fredda e umida che si respirava la sotto era satura e i tunnel erano strapieni di gente, sembrava di essere in un formicaio.
"Di qua, la linea verde porta fuori città." Lo richiamò guidandolo verso il secondo binario. James si guardò indietro individuando fra la folla i due uomini di poco prima che si guardavano intorno freneticamente a pochi metri da loro.
Avevano qualcosa di strano, sembravano diversi.
Seguendo la ragazza si intrufolarono in mezzo ad un gruppo di pendolari che attendeva l'arrivo del treno. Il soldato slacciò la cerniera del cappotto portando involontariamente una mano sull'impugnatura della pistola che portava infilata nei pantaloni. Se fosse stato necessario si sarebbe difeso.
"Aspetta." La mano della ragazza che gli stava a fianco
Si posò sul suo polso cogliendolo di sorpresa.
James si voltò verso di lei abbassando lo sguardo alla sua altezza.
"Non ce ne sarà bisogno." Con un gesto del mento indico il convoglio che era in procinto di arrivare. Restando allerta il soldato non allontanò la mano dall'arma e la ragazza fece altrettanto lasciando la sua li dove si trovava.
James continuava a tenere d'occhio i due uomini che avevano preso a muoversi nella loro direzione e Alexis segui con lo sguardo il convoglio che si avvicinava una volta aperte le porte meccaniche i due furono i primi ad entrare venendo travolti dalla ressa di passeggeri che li costrinse ad addossarsi alla parete opposta della carrozza, James sollevò il braccio per aggrapparsi ai sostegni del soffitto guardandosi intorno quando improvvisamente senti la mano di lei afferrargli un lembo della giacca facendolo voltare verso di se, in un battito di ciglia si sciolse i capelli e posò il cappello sulla sua testa, James la scrutò confuso un momento prima che lei gli si avvicinasse e accostandosi al suo orecchio gli sussurrò. "Sono dietro di te!"
Il soldato lanciò al volo un'occhiata alle sue spalle prima di abbassare lo sguardo su di lei. I due uomini erano alle loro spalle all'esterno, sul marciapiede intenti a guardare a destra e a manca nel tentativo di individuarlo, ma fortunatamente non riuscirono ad indentificarli.
James si spostò ulteriormente dando completamente le spalle alla parete di vetro in modo da nasconderla completamente dall'esterno.
Erano vicini, l'uno di fronte all'altra con i loro petti che si sfioravano, Alexis teneva lo sguardo basso mentre con una mano si reggeva al palo al lato del vagone, James sempre di fronte a lei non aveva mai tirati fuori la mano metallica dalla tasca del giubbotto e non lo fece nemmeno quando il convoglio partì, e Alexis urtata da un altro passeggero gli finì addosso poggiandogli le mani sul petto per non perdere l'equilibrio. Quando il passeggero si scusò con lei finalmente la ragazza si allontanò da lui, per quanto la presenza degli altri passeggeri glielo permettesse, farfugliando un qualcosa di molto simile alle scuse per essergli caduta addosso.
Studiandone il volto gli sembrò di cogliere con lo sguardo una nota di rossore sulle sue guance. In effetti l'aria in quelle quattro lastre di metallo era decisamente troppo alta.
James iniziò a guardarsi intorno in cerca di eventuali pericoli, fortunatamente si trovavano entrambi vicino all'uscita, una via di fuga abbastanza rapida.
Lasciò vagare lo sguardo intorno a se alla ricerca di un posto per sedersi, doveva pensare.
La sua idea era quella di sopravvivere in qualche modo e sperare che con il tempo il mondo si dimenticasse di lui, ma a quanto pare erano in molti quelli contrari alla sua idea, così dopo aver visto la sua immagine su quel pannello aveva deciso di provare a rimettere insieme i pezzi della sua vita e del suo passato, ma ora con lei sarebbe stato tutto più difficile. Sospirò lasciando andare il capo contro il palo di sostegno dietro di lui.
Il treno sfreccio per le vie sotterranee per diversi minuti senza fermarsi finché alle prime stazioni il vagone non iniziò a svuotarsi.
"Scendiamo." Sentenziò avvicinandosi a lei.
Alexis non se lo fece ripetere una seconda volta e in un batter d'occhio gli fu accanto.
James aveva bisogno di pensare e tutta quella gente non lo aiutava di certo, scesero ad una delle prime stazioni e si sedettero ad una delle panchine ai lati dei binari.
"Ora che facciamo?" Domandò la ragazza, dando voce allo stesso interrogativo che tormentava la mente di James.
Il soldato sollevò il capo guardando dritto davanti a se.
"Non ne ho idea..." Ammise. "Il piano era di tornare nel posto in cui è iniziato tutto e cercare di recuperare qualche pezzo, ma ora..."
"Con me è tutto più difficile..." Lo dice con sincerità Alexis, senza rancore o risentimento, semplicemente sembra rendersi conto che quella è l'unica verità, e come al solito James non può fare a meno di restare meravigliato da questo lato del suo carattere.
"Facciamolo lo stesso!" Esclama a bruciapelo cogliendolo di sorpresa. Il soldato non può fare a meno di osservarla con un sopracciglio inarcato, credendo di non aver capito bene.
"Vuoi tornare da dove sei venuto no?" Gli chiede voltandosi completa verso di lui. "Vuoi recuperare i tuoi ricordi e io posso provare ad aiutarti! Tanto quali sarebbero le alternative? Scappare senza avere una meta cercando solo di sopravvivere, se vengo con te almeno avremmo uno scopo!"
James ci pensò su, in fondo non aveva tutti i torti, non l'avrebbe lasciato sola al suo destino questo era poco, ma sicuro e in fondo era tutta colpa sua se si trovavano in quella situazione, era colpa sua e di quello strano istinto che gli aveva impedito di lasciare quella casa.
"Lo sai si che dove andremo è uno dei primi posti in cui l'Hydra, avrà cercato e tornerà a cercare?"
Era certo che lo sapesse, ma non faceva di certo male mettere le cose in chiaro ancora una volta.
Alexis sospirò. "Tanto sarei in pericolo lo stesso no?", "Dov'è che volevi andare?"
"Volevo tornare a casa."
"A Brooklyn..."
James aveva smesso ormai di stupirsi che lei sapesse così tanti dettagli sulla sua vita, ormai aveva imparato che chiunque sapeva più di lui sul suo conto.
Annui stancamente. "Sai come arrivarci?" Le domandò.
"So che ci vogliono più o meno tre ore di macchina!"
"Dovremmo procurarcene una allora." Disse alzandosi i piedi ed avviandosi verso l'uscita della metro.
"Intendi noleggiarla?" Gli domandò a sua volta Alexis alzandosi in fretta in piedi per non rimanere indietro
"No, intendo rubarla."
"Oh, certo. Domanda stupida!"
Con la borsa in spalla James salì in fretta le scale e quando furono di nuovo alla luce del sole il soldato dovette ripararsi gli occhi con un braccio e abbassò lo sguardo.
Quando i suoi occhi si furono abituati alla luce del sole si guardò intorno, non sapeva nemmeno dove fossero, ma sapeva che avevano bisogno di un mezzo per spostarsi.
"Andiamo." Ordinò alla ragazza che lo seguiva senza nemmeno degnarla di uno sguardo. Si infilarono in uno dei tanti vicoli alla ricerca di un'auto, ce ne erano diverse accostate al muro e James andò dritto verso una delle prime.
"Fermati!" Esclamò Alexis a bassa voce afferrandolo per il braccio metallico. "Quella ha l'antifurto!"
James la guardò confuso.
"Tralasciando il fatto che è troppo costosa per non averlo..." Gli spiegò. "Vedi quella lucetta rossa che si accede e si spegne? Ecco se provi a rubarla quel coso si attiva facendo un gran fracasso!"
La ragazza gli lanciò un ultimo sguardo divertito prima di dirigersi verso la quarta auto della fila. "Ora so che hai buon gusto in fatto di motori, ma mi dispiace per te, questo è ciò che possiamo permetterci ora!" Affermò indicandogli un'utilitaria verde.
Il ragazzo storse il naso infastidito dal suo chiacchiericcio, ma non perse tempo nel ribattere e si avvicinò alla macchina.
Lanciò un paio di occhiate a destra e a sinistra assicurandosi che non ci fosse nessuno in giro e quando fu sicuro di non ricevere brutte sorprese diede un pugno al vetro con il braccio metallico e una volta aperta la portiera mollò malamente a terra lo zaino per trafficare con i fili elettrici e dopo un paio di tentativi finalmente l'auto si mise un moto.
Se fosse stato da solo non si sarebbe preoccupato di rubare qualcosa con o senza antifurto, di solito non gli importava di venir scoperto, ma ora non era più da solo.
"Sai guidare?" La ragazza sobbalzò a quella richiesta, ma poi alla fine annui.
James si guardò di nuovo in giro e velocemente salì in macchina.
"Sai come arrivare a Brooklyn?" Le chiese ancora.
Alexis annui di nuovo.
"Ci sono stata un paio di anni fa..."
Con qualche strattone e alcune difficoltà, la ragazza riuscì ad uscire dal parcheggio per poi rivolgergli un'occhiata imbarazzata. "Sono un po' arrugginita, ho la patente, ma da quando ho scoperto la metro, le auto non sono più stare il mio mezzo preferito..." Alexis si bloccò notando la sua espressione. "E a te, giustamente non interessa, scusa faccio silenzio."
Restarono in silenzio mentre l'auto si immetteva nel traffico, dopo le prime difficolta alla guida, Alexis sembrò rilassarsi ed acquistare sicurezza.
James guardò fuori dal finestrino osservando il paesaggio che scorreva veloce sotto ai suoi occhi, il viso delle persone perse presto consistenza e i fili d'erba dei giardini che stavano percorrendo diventarono presto tutt'uno.
Sarebbe stato un lungo viaggio.


 
 
Angolo "autrice"
Saaaalve! Sottolineando il fatto che sono quasi puntuale, vi sottopongo il nuovo capitolo.
Che dire... Degli uomini, presumibilmente, dell'Hydra hanno fatto irruzione in casa della nostra malcapitata, costringendo entrambi i nostri protagonisti a darsela a gambe e cercare di sopravvivere.
Vorreri ricordare a tutti che l'habitat della donna è la cucina proprio perché essa è piena di armi, e se non mi credete chiedete a quel poveraccio che si è beccato una padellata in testa da Alexis XD
*lasciate ogni speranza o voi che entrate*
E dopo la citazione dantesca direi che posso anche dissolvermi nel nulla, non prima però di aver ringraziato tutti quelli che leggono\seguono\preferiscono\ricordano questa storia, sappiate che vi voglio bene e che se prima o poi vorrete farmi sapere cosa ne pensate di questa storia mi rendereste davvero molto felice.
Ho dimenticato di dire che nello scorso capitolo ho messo varie citazioni di entrambi i film solo che poi mi sono dimenticata di dirlo, che volete farci la testa ce l'ho pe impiccio.
Ora vi saluto, sapendo che ho di nuovo dimenticato qualcosa, vi aspetto al prossimo capitolo che forse sposterò a domenica o lunedì prossimo, per causa lavoro.
Alla prossima, baci Lucy <3
(segnalate e perdonate come al solito eventuali errori.)
  
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