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Autore: SomeoneNew    09/08/2015    1 recensioni
"Paul?" Si volta sorridendo nel buio.
"Si, miss Golightly?"
"Credi che io ti appartenga?"
"Esattamente, proprio cosi." Sospiro.
"Lo so, lo credono sempre tutti, ma il guaio è che tutti si sbagliano."
Silenzio.
"Buonanotte, Rosy."
"Buonanotte, Zayn."
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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7.
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9/07/14 (Un anno fa...)

“Credo che ordinerò una pizza per stasera, anche perché sembra che mia madre non abbia avuto proprio tempo per fare la spesa in questi giorni se si prova ad aprire il frigo.”
“Ai pomodorini?”
“Rosy, ma che domande fai?” Alzo le mani con espressione ingenua, Lora e la sua pizza con i pomodorini.

Credo mi si sia addormentato il sedere a causa della posizione scomoda in cui mi trovo, seduta sulle scale color panna, con il pc poggiato sulle gambe. Lo schermo del mio cellulare, posato accanto a me si illumina, e solo adesso mi rendo conto che è passata circa un’ora e mezza dall’inizio della video chat con Lora, su skype. Mi sembra così strano pensare al modo in cui ci siamo conosciute quella sera di inizi Settembre di circa sei anni fa. Mi trovavo distesa su una stuoia la cui paglia continuava a darmi un fastidioso prurito alla schiena, e la testa continuava a girarmi vorticosamente. Ricordo quella sera come se fosse successo l’altro ieri. Il suono a cui mi ero ormai abituata dopo circa trenta minuti che mi trovavo lì, era quello delle piccole onde che andavano ad infrangersi a riva, e il fresco tipico delle sere di Settembre iniziava ad essere pungente sulle braccia scoperte. Poi era arrivata lei, i passi incerti sulla sabbia, e il forte odore di birra, e senza aprire gli occhi avevo pensato ‘Dio ti prego, chiedo solo un po’ di pace lontano da tutti.’. Quando avevo aperto gli occhi, si era seduta a pochi passi da me, sulla sabbia, mentre una musica indistinta da discoteca proveniente da molo, dove si stava tenendo la festa di fine estate, rimbombava alle nostre spalle, e aveva poggiato la bottiglia di vetro verde accanto a lei. Era buio, ma per quel poco che riuscivo a vedere, osservando i lineamenti di profilo, mi sono ritrovata a pensare che doveva avere al’incirca la mia stessa età, capelli ricci e lunghi fino a metà spalle, di colore scuro, quasi nero. Aveva lo sguardo perso lì dove mare e cielo si incontrano, fino a fondersi in una strano indistinto blu, profondo come entrambi. Ad un tratto si era coperta il viso con le mani e aveva urlato “Dio perché ci ricasco sempre?” E io avevo pensato ‘Ecco la solita stupida ragazzina che si ubriaca per un ragazzo a soli quattordici anni, per favore, non stasera.’ E a quel punto non mi ero più trattenuta, ne avevo abbastanza di ragazzi per quella sera. “Sul serio ti ubriachi per un ragazzino?” Le avevo detto a voce un po’ troppo alta, alzandomi sui gomiti e voltandomi verso sua direzione, “Andiamo, vuoi davvero sprecare la tua vita dietro uno stupido ragazzo al quale non frega nulla di te?”. Ero stata dura e crudele, talmente crudele che quando si era girata verso di me con gli occhi lucidi, sul punto di piangere, mi ero affrettata a borbottare scuse insensate, dicendole che quelle parole erano per lo più riferite a me stessa, e che mi ero solo sfogata su di lei, ma questa mi aveva interrotto e “Quello stupido ragazzo e mio padre, che se n’è andato di casa quando avevo solo quattro anni, ogni estate ritorna, illudendomi che ‘questa volta rimango, davvero’, e poi sparisce nel nulla dopo neanche una settimana.” Delle lacrime le erano scese lungo le guance, quando aveva terminato la frase, che era molto più di essa, era un pezzo della sua vita, e dalla sua espressione, quasi rassegnata, sembrava che quelle parole avessero preso forma solo nel preciso istante in cui le aveva pronunciate ad alta voce. E lei si era lasciata andare in balia di esse di fronte a me, una ragazzina sconosciuta, che aveva incontrato per sbaglio in spiaggia, acida, e che per poco non le dava anche della stupida. Iniziò tutto in quel preciso istante, quando i nostri mondi si erano scontrati, e la sua vita era entrata a fare parte della mia. Lei si trovava qui solo in vacanza, e sarebbe ripartita una settimana dopo per ritornare in un piccolo paesino del Piemonte. La distanza non fu mai un problema per noi, e ora eccoci, meno di due mesi e mezzo e ci ritroveremo ad essere coinquiline in una piccola città a meno di un’ora da Londra, Brighton. Sembra quasi un sogno. Lo è.

“Oh cazzo Rosy, chi diavolo è ciaosonounostrafigosenzamaglietta alle tue spalle?!” Il fiume di ricordi che mi stava investendo pochi secondi fa viene interrotto dall’urlo eccitato di Lora. Mi risveglio bruscamente dai miei pensieri, e la guardo in modo interrogativo, mentre lei, con gli occhi sbarrati, fa un gesto di saluto con la mano destra, continuando a guardare alle mie spalle. Inizio a voltarmi lentamente, quando la figura di Zayn, in lavanderia appoggiato alla lavatrice, senza maglietta, e con solo indosso un paio di pantaloncini grigi da tuta, entra nella mia visuale. Sta ricambiando il saluto di Lora, mentre un sorrisetto compiaciuto, probabilmente per il nomignolo con cui la mia amica ha richiamato la sua attenzione, ‘ciaosonounostrafigosenzamaglietta’, gli si stampa in viso.

Un sonoro sbuffo fuoriesce dalle mie labbra. “Ti fanno tanto schifo le magliette, Zayn?”
“E a te dà tanto fastidio che io non le indossi, Rosy?” Risponde, marcando il mio nome alla fine della domanda.
“La cosa non mi tocca minimamente. Altro tessuto ti stava troppo stretto a causa dei vari strati di presuntuosità che hai addosso?” Ribatto, voltandomi di nuovo verso lo schermo del pc , dal quale Lora non fa altro che continuare a fissare con occhi sbarrati prima me e poi Zayn, e vedo chiaramente il suo sguardo saettare da un punto all’altro dello schermo.
“Alla tua amica, ad esempio, non sembra dispiacere affatto.” Dice con tono altezzoso, e io non posso fare altro che portarmi una mano davanti al viso, imprecando tra me e me, e chiedendomi cosa io abbia fatto di male in questo stupido tardo pomeriggio. Quando ad un tratto percepisco  una presenza al mio fianco. Riapro gli occhi di scatto, e lancio un urlo esasperato notando  Zayn seduto di fianco a me, con la sua solita fastidiosa espressione tranquilla.

“Non ci hanno presentati. Piacere di conoscerti, io sono Zayn.”
“Lora.” Risponde la mia amica con un sorriso.
“Allora… da quanto tempo vi conoscete voi due?” dice Zayn facendo un cenno verso me.
“Circa sei an…”
“SPARISCI MALIK!” Urlo interrompendo bruscamente Lena, che rimane con la bocca semi-aperta.
“Hey, stavamo facendo solo conversazione.” E il suo tono, a differenza del mio, rimane sempre calmo, ma stavolta sembra essere scocciato.
“Bhé, se volete raccontarvi le storie delle vostre vite posso anche darti il suo numero, o preferite che vi lasci soli adesso? Sai com’è, non vorrei mai abbattere un amore da ‘colpo di fulmine’.” Termino la frase mimando le virgolette sulle ultime parole.

Mi fissa intensamente negli occhi, e non sembra affatto turbato dalle mie parole, e questo non fa altro che contribuire a farmi alterare ancora di più. Razza di pallone gonfiato, ma chi si crede di essere? Poi con il suo solito sorrisino strafottente in viso, si volta nuovamente verso lo schermo, dal quale traspare una Lora in procinto di prendere dei popcorn per gustarsi al meglio lo spettacolo.

“E’ stato un piacere conoscerti, Lora.” Le rivolge un mezzo sorriso mentre si alza dal gradino, dirigendosi al piano di sotto, mettendo in bella mostra i muscoli tesi della schiena, liscia e ambrata, mentre si porta la mano sinistra sulla nuca.

Distogli lo sguardo. Rosy, distogli lo sguardo.

“Quello è il tizio che ti sei scopata l’altra notte?!” E per poco non mi strozzo con la mia stessa saliva, mentre mi accingo a cliccare ripetutamente sul tasto del volume, pregando che Zayn non abbia sentito nulla.
“Sei impazzita Lora? Potevi urlarlo un po’ più forte già che c’eri, forse mio cugino in Francia non ti ha sentita!”
“OH MIO DIO! Voglio dire… wow! E’… wow. E poi voi insieme siete..”
“Wow.. si si, ho capito. Ora smettila.” Dico facendo trasparire ogni mia intenzione di chiudere l’argomento lì. Perché insomma, Zayn è Zayn, ed io sono io. Conosco perfettamente l’effetto che mi fa, e non ho nessuna intenzione di concedergli di nuovo tale potere, soprattutto in un momento così delicato della mia vita. Il trasloco, la partenza, l’università, sta avvenendo tutto con una tale velocità da concedermi a malapena di rendermene conto. Non posso permettermi di  pensare ad una storia ora come ora, anche se Zayn non è per niente un tipo da storie, e sinceramente, neanche io, non so perché io mi stia ponendo questo problema a dire la verità.
“Okay okay, come vuoi tu tesoro. Ora devo chiudere, prima che consegnino la mia pizza a qualcun'altro.” Dice Lora in tono rassegnato, e sporgendomi di poco sulla schiena intravedo la luce calda del tramonto, aleggiare fuori dal balcone della mia camera da letto. 

Guardando in basso, sullo schermo del pc, sono contrassegnate le 20:00, così mi accingo a salutare la mia amica, mentre mi raccomanda di non combinare guai, in sua assenza. E quando uno strano suono, simile ad una bolla che scoppia,  segna la fine della videochiamata, abbasso lo schermo del portatile, fino allo scatto automatico.
Cerco di prepararmi mentalmente al fatto che devo alzarmi da questo scalino, dove sono stata seduta per più di due ore, dandomi mentalmente della stupida sul perché abbia scelto una postazione tanto scomoda. Era l’unico posto fresco in tutta la casa, ecco perché.
 
Il salone è ormai illuminato solamente dalla scarsa luce che entra dalla finestra, che mi permette a malapena di intravedere i lineamenti di uno Zayn al quanto annoiato, ancora senza maglietta, sdraiato sul divano intento a fissare un punto indefinito sul soffitto. Sono quasi le otto e mezza di sera, e a quanto pare sono l’unica a preoccuparsi di una possibile cena. Entrando in cucina sblocco il cellulare trovando la notifica di un messaggio da parte di Elisa, dice che Marianna farà ritardo, e di conseguenza anche lei. Un secondo, chi è Marianna? Probabilmente la donna per la quale sta lavorando come babysitter per i suoi due bambini. Elisa ha una dote innata per i mocciosetti, cioè… volevo dire i bambini. Quella dolce semplicità negli occhi, che ti infonde sicurezza, maniere delicate, questo solo quando si tratta di bimbi, e soprattutto un grande cuore. E’ da quando la conosco, quasi quattordici anni, che non fa altro che inseguire a grandi falcate il suo sogno, diventare pediatra, e nonostante tutto e tutti, le avversità da parte della famiglia, i vari ostacoli che ha dovuto affrontare in questo lungo percorso,  a Settembre inizierà a seguire gli studi di medicina all’università di Brighton, e non credo ci sia cosa che la renda più felice in questo periodo della sua vita.

Io e i bambini, invece, non andiamo molto d’accordo, o forse è solo una strana e distorta convinzione scaturita dalla mia strana e contorta mente, probabilmente legata al fatto che, nei miei sogni più lontani, nei miei progetti futuri, non c’è mai stato nulla di tradizionale e classico. Non ho mai sognato una di quelle famiglie numerose da film americani, stile ‘Una scatenata dozzina’, non ho mai davvero sognato di avere una famiglia tutta mia. Avete presente, all’età di otto-nove anni, quei grossi quaderni , strapieni di foto di abiti da sposa, ritagliate qua e là dai giornali, di nascosto dalla mamma, che non vedi l’ora di fare vedere alle tue amiche al prossimo pigiama party? Ecco, io non ho mai avuto uno di quei grossi quaderni, non ho mai ritagliato foto di abiti da sposa, e non ho mai fantasticato sul mio futuro marito, in sella al cavallo bianco. Nella mia mente, il matrimonio, non è mai stato un punto fisso, un passaggio fondamentale nella mia vita. Ciò non significa che io non creda in Dio, nelle relazioni, che sia una ninfomane, o robe del genere, solo che ho uno schema diverso al momento, da volere perseguire, e il matrimonio e una possibile famiglia non fanno parte di esso. Insomma, non che non creda nell’amore, e nell’innamorasi di qualcuno, nel perdersi negli occhi della persona che hai di fronte, e tutte quelle cose lì, ma a questo punto della mia vita tutto ciò mi spaventa, quasi come se fosse troppo grande, troppo devastante per potere essere affrontato ora come ora.  Probabilmente potrei risultare acida e anche un po’ masochista, eppure credo sia una sorta di autodifesa che mi impongo, una barriera, un muro dietro al quale nascondo un vortice di emozioni che alle volte mi fa talmente paura da dovere chiudere gli occhi per cercare di fermare questa continua marea.

Shakespeare diceva:

 “Come un pessimo attore in scena
 colto da paura dimentica il suo ruolo,
 oppur come una furia stracarica di rabbia
 strema il proprio cuore per impeto eccessivo,
 anch’io sentendomi insicuro, non trovo le parole
 per la giusta apoteosi del ritual d’amore,
 e nel colmo del mio amor mi par mancare
 schiacciato sotto il peso della sua potenza …” .

 



Un primo squillo del telefono mi fa sobbalzare, così rivolgo il mio sguardo al cellulare che ho ancora in mano, dopo avere letto il messaggio di Elisa, ma non appare alcun avviso di chiamata, un secondo squillo, e capisco che si tratta del telefono fisso. Mi dirigo verso il corridoio attraversando il salone, e noto con l’ennesimo sbuffo della giornata, che Zayn non si è mosso di una virgola, nonostante l’insistenza del suono del telefono.

“No ma tranquillo, non disturbarti, vado io.” Dico con sarcasmo gesticolando verso il corridoio, dove si trova il telefono, e lui si limita ad alzare gli occhi al cielo. Sbruffone.

Il corridoio è completamente al buio, e i miei occhi ci mettono qualche secondo ad abituarsi all’oscurità. Quando finalmente trovo il telefono, rispondo.

 

 
POV. Zayn

Il tessuto ruvido del divano punge sulla mia schiena, mentre tento di conservare il più a lungo possibile quel minimo di freschezza che ho provato appena sdraiato.

Vorrei solo potere chiudere gli occhi e addormentarmi. Solo questo, eppure, non ci riesco. Sono sei settimane e tre giorni che non dormo per più di tre ore a notte. Ogni volta che le palpebre calano sui miei occhi, la paura mi assale, e nel momento in cui tento di ignorarla, di spingerla in quel piccolo angolino nella mia mente, e mi abbandono al sonno, dopo poco più di tre ore mi risveglio dai miei incubi. Il primo di questi, circa tre mesi fa, lo ricordo ancora. Ero al centro di quella che, più che una stanza sembrava essere il cyberspazio. Ero circondato di bianco, avevo le braccia tese ai lati del busto, e aggrappate ad esse vi erano all’incirca una decina di persone, tra queste credo di avere riconosciuto mia madre, mio padre, Liam, Elisa, e alcuni miei amici. Avevano tutti una mano posata su una delle mie braccia, e ad un tratto avevano iniziato a correre, facendomi girare sempre più velocemente, come quando si fa quello stupido gioco in cui due persone si tengono per le mani, iniziando a girare, finché una delle due non viene spinta fuori dalla forza centrifuga. E così era accaduto anche nel sogno. Ad una ad una le persone aggrappate a me avevano mollato la presa, scomparendo nel nulla, finché non mi ero ritrovato completamente solo. Avevo iniziato a guardarmi attorno, cercando qualcuno, qualcosa, qualsiasi cosa, ma tutto ciò che mi circondava era il nulla, il vuoto, avevo urlato a squarciagola chiedendo aiuto, ma le parole continuavano a rimbombare, a sbattere contro pareti invisibili, ritornando indietro come un boomerang, ancora più strazianti alle mie orecchie. Mi ritrovavo in un posto senza confini, ma allo stesso tempo limitato, dove vita e morte si scontravano confondendosi, bene e male, luce e buio, giorno e notte, nulla sembrava avere più un senso, e io stavo vivendo la mia paura, perso nelle mie incertezze. Avrei preferito che un buco nero si aprisse sotto ai miei stessi piedi, divorandomi, invece no, ero rimasto lì, rannicchiato a terra, abbandonato a me stesso, che poi di me non era rimasto nulla. Avrei preferito la morte alla solitudine più totale che mi avvolgeva. Nessuno aveva tentato di aggrapparsi con entrambe le mani a me, di tenermi, tutti avevano mollato la presa.

C’è un telefono che squilla, ma non riesco a capire da dove provenga il suono.
“No ma tranquillo, non disturbarti, vado io.” Sento la voce di Rosy, e quando mi volto la vedo passare davanti al salone sbruffando, dirigendosi verso il corridoio. La guardo di sfuggita, mentre varca la porta scorrevole dello stretto e buio corridoio, indossa un paio di shorts neri e una semplice canottiera bianca. Non posso fare a meno che il mio sguardo cada sul suo fondoschiena, e poi sulle lunghe e snelle gambe chiare, e il solo ricordo di due notti fa mi provoca un brivido lungo la schiena. E per un istante, chiudendo gli occhi, mi sembra quasi di potere percepire sulla mia pelle, un minimo di tutte le emozioni provate, emozioni che non provavo da tempo. E io che non volevo altro che ignorare per qualche istante quel vuoto nel petto, con del semplice sesso, come mi era capitato di fare altre volte, mi ero ritrovato a rivivere emozioni che credevo essersi prosciugate da mesi ormai, sulle sue labbra, sulla sua pelle, nei suoi occhi. E le parole di Liam continuano a rimbombarmi nella mente, a saltare fuori illuminandosi, come una fastidiosa insegna al neon ‘… perché per una volta non ti lasci andare a ciò che provi.’. Non so perché. Forse la paura di potere credere in qualcosa che non esiste, dare importanza a qualcosa di irrilevante e passeggero, eppure, nonostante mi ostini ad ignorare il pensiero di lei, sono ormai due giorni che rincorro il suo profumo sulla mia pelle.

Rientra in salotto con un’aria ancora più scocciata di prima, si gira verso di me mettendo le mani sui fianchi.
“Era Liam. E’ bloccato sull’autostrada, non torna per cena, o almeno per la cena immaginaria visto che non c’è cibo in frigo, oltre quei stupidi e insignificanti yogurt alla vaniglia di Elisa. Ma tu tranquillo, continua a startene lì sul divano, perso Dio solo sa dove. Camperemo d’aria per stasera.” Ha uno strano e disordinato chignon in testa che lascia sfuggire alcune ciocche disordinate ai lati del viso, le labbra serrate e gli occhi puntati su di me, in modo minaccioso. E non posso fare a meno di sorridere appena, quando con quell’aria buffa, entrando di nuovo in cucina, allarga le braccia e, lancia un urletto imprecando qualcosa del genere ‘Zayn reagisci’. Già, è quello che dovrei fare, reagire contro i miei demoni, e smettere di vivere in questo continuo stato di 
sonnambulismo.

 

 
POV. Rosy

“Dov’eri quando Dio distribuiva l’altezza?” Abbasso con sconforto il braccio che avevo teso inutilmente verso il piccolo stipetto arancio, dove si trovano le tazze, posto troppo in alto. Mi giro lentamente, e lo ritrovo appoggiato allo stipite della porta, con le braccia incrociate al petto, posizione che non fa altro che risaltare i muscoli delle braccia e del petto, ancora senza maglietta.

Concentrati su ciò che ha detto Rosy. Cos’è che ha detto?

“Aiutavo i tipi come te a cercare un cervello.” Rispondo acida, “… e una maglietta …” aggiungo tra me e me.

Si affianca a me con un sorrisetto sghembo, guardandomi negli occhi, e senza distogliere lo sguardo, con i nostri corpi a pochi centimetri di distanza, e con il suo respiro sul mio volto, allunga il braccio destro e prende una tazza bianca, porgendomela. Afferro la tazza, eppure lui non si decide a mollare la presa su di essa, che rimane perciò sospesa tra di noi.

“Mi sarei potuta arrampicare su una sedia e prenderla da sola, non c’era bisogno che tu arrivassi con i tuoi stupidi centimetri di altezza in più, a salvare la damigella in pericolo.”
“Mmh… saresti potuta cadere.”
“Pff, ieri ti preoccupavi della mia salute mentale, e oggi di quella fisica? Sono i tuoi istinti da sto-per-iniziare-gli-studi-di-medicina-all’università o cosa?”
“No, dovevo solo ricambiare il favore di prima, sai… con la tua amica, mi devi ancora un numero ora che ci penso…”
“Che idiota.” Dico fulminandolo con gli occhi, ancora riflessi nei suoi, e facendo un passo indietro segnando la fine della conversazione.
“Adesso ti sei offesa?” Anche con la visuale coperta dallo sportello del frigo, percepisco dal suo tono ironico la soddisfazione di avermi fatta irritare ancora di più.
“Zayn, quando capirai che il mondo non gira attorno a te, fammelo sapere…”
“‘fammi un fischio’ è passato di moda?”
“Cosa?” E quando rialzo la testa dal frigo, è poggiato con la schiena al piano cottura, ad un passo da me. Razza di imbecille, perché continua a perseguitarmi.
“Non era ‘fammi un fischio’?” dice scrutandomi negli occhi.
“Non sono mica un cane. Non c’è bisogno che tu fischi, siamo umani, dialoghiamo.” Rispondo chiudendo il frigo con un fianco, e nelle mani la tazza e la bottiglia del latte di mandorla. La mia cena.
“Tu più che dialogare aggredisci.” Sussurra ridendo.
“E quand’è che ti avrei aggredito, Zayn?” Dico in modo falsamente ingenuo.
“Mmh vediamo… ad esempio prima sulle scale? Stavo solo socializzando.” Alza le mani in modo innocente,
“Con una delle mie migliori amiche? Sul serio?” Lo supero, e poggio la tazza sul piano cottura, iniziando la mia lotta contro il tappo della bottiglia, incastrato dallo zucchero appiccicoso.
“Qual è il problema? Io con le tue amiche non posso, ma tu con i miei amici si?” Dice avvicinandosi a me, con il solito sorrisino idiota stampato in faccia.

Di che diavolo parla ora? Lo guardo confusa. E poi eccolo, quel particolare, quel piccolo segno sfuggibile ad un occhio poco attento. Si gratta l’anulare di entrambe le mani, gesto che lo porta a chiudere le mani a pugno. Irritazione. Questa cosa lo innervosisce.

“Josh?… Sbaglio o te lo sei scopata?” Continua. Oh oh. Ecco cos’era. Adesso mi diverto io.
“Ah Josh. Eh già … e che scopata.” Dico fronteggiandolo, stampandomi in faccia un bel sorriso soddisfatto. In realtà non era stato poi un granché. Sarà stata la sua squallida macchina, probabilmente di quinta mano, o quella sua forte acqua di colonia che aveva impregnato tutti i miei vestiti, e che non aveva fatto altro che aumentare la mia nausea, e quella musica fin troppo alta, ma decisamente non era stata una delle mie notti migliori.

Zayn assottiglia gli occhi fino a diventare due fessure, mi guarda per qualche secondo per poi sbuffare un "Come se non avessi provato di meglio".
“Non so davvero a cosa tu ti riferisca …” Sto al gioco.
“Mmh, in tal proposito, devo ancora portare la camicia dalla sarta, dopo che me l’hai letteralmente strappata di dosso, l’altra notte.”
“Non so se essere più indignata per il fatto che tu non riesca ad attaccare due bottoni ad una camicia, o per esserti inventato questa storiella, dipingendomi come una maniaca sessuale. E poi, ha un vuoto di memoria forse? Sei tu che mi sei saltato addosso baciandomi come un ossesso. Ma okay, è stata colpa mia, non avrei dovuto mettere quel vestitino che ti ha fatto perdere il controllo … “ Dico sollevando di pochi centimetri i lembi dei pantaloncini, imitando il vestito corto.

Abbassa lo sguardo sulle mie gambe, leccandosi il labbro inferiore, poi incrocia di nuovo il mio sguardo, e mentre il sole scompare dietro il grande campanile che si intravede dal balcone della cucina, e la luce inizia davvero a scarseggiare, continuo a fissare i suoi occhi brillare, mentre sorrido vittoriosa consapevole di essere riuscita a zittirlo.

Poi è un attimo, questione di secondi. Fa un ultimo passo verso di me e annulla ogni distanza, posando le sue labbra sulle mie. Rimango immobile, mentre posa la sua mano destra poco sotto il mio collo, e la sinistra sul mio fianco, e quando passa la lingua sul mio labbro inferiore, chiudo gli occhi e schiudo la bocca, approfondendo il bacio. Non è un bacio come quello di due notti fa, dove il sapore dell’alchool ti invadeva le narici, e la passione, quasi un bisogno carnale, annebbiava la mente. Questo, lo definirei un bacio più consapevole, eppure tutto intorno a me appare come ovattato e confuso.

Mi morde il labbro, prima di interrompere il bacio, mentre continuo a mantenere gli occhi chiusi, e senza allontanarsi troppo soffia sul mio viso “Il tuo vestito sarà anche stato troppo corto, ma poi io ti ho baciata in questo modo …” fa una pausa e apro gli occhi, incrociando i suoi, lucidi, ancora con il viso a circa un centimetro da me, “… perciò credo sia stata colpa mia.” Termina sorridendo in modo sghembo.

E guerra sia. Non mi allontano, mentre cerco di regolarizzare il respiro.

“Sarà … ma poi ho poggiato le mie mani sul tuo petto.” Dico imitando il gesto, e tentando di ritrovare quel minimo di autocontrollo, trattenendo il respiro, già corto per il bacio, quando le mie mani entrano in contatto con la sua pelle, e sento i muscoli del petto irrigidirsi sotto le mie dita.

Non mi tiro mai indietro di fronte alle sfide. Vogliamo vedere chi cederà per primo? Benissimo, sarà lui.

La distanza tra i nostri corpi è talmente ridotta che riesco a percepire il calore del suo corpo tramite la mia canottiera, eppure il contatto visivo non è mai crollato, e per qualche secondo ho una voglia istintiva di mettermi a contare le pagliuzze dorate in questi due occhi cioccolato, che mi scrutano come a volermi scavare dentro.

Mette le sue grandi e sottili mani sulle mie, ancora posate sul suo petto, poi lentamente le fa scivolare sulle mie braccia, come a volere tracciare un percorso da ricordare al ritorno, arriva fino alle mie spalle e le poggia ai lati del mio collo, mentre tento di non far vacillare la mia stabilità mentale.
“Ho posato le labbra sulla tua mascella, lasciando piccoli baci su di essa, fino ad arrivare al collo …” dice ciò compiendo ogni minimo gesto che accenna, ripetendo esattamente ciò che ha fatto quella notte, solo in un modo più lento ed estenuante. Richiudo gli occhi, e piego la testa di lato trattenendo il respiro, mentre continua a lasciarmi baci umidi fino ad arrivare alla clavicola sinistra.

Devo rimanere lucida. Devo rimanere lucida.
“Io ho iniziato a fare scivolare le mie mani lungo il tuo petto, fino allo stomaco, la pancia, e …” Si lascia sfuggire un leggero gemito, con le labbra ancora socchiuse sulla mia pelle, nel momento in cui poggio le dita sull’elastico dei pantaloncini grigi. Eh già, qualcuno sta perdendo il controllo qui.

“Questo non avresti dovuto farlo, Rosy.” Sussurra al mio orecchio. Porta le mani sui miei glutei facendo pressione, spingendomi ancora di più verso il suo corpo, e riesco a percepire la sua erezione sulla mia coscia.

CAZZO.

Riporto le mani sul suo collo, mentre mi solleva da terra, e avvolgo le gambe alla sua vita. Riprende a baciarmi, questa volta con più foga, infilando le mani sotto la mia canottiera, iniziando a sollevarla, fino ad arrivare al reggiseno. Riporto le mani sull’elastico dei suoi pantaloncini, facendoli scivolare a terra, iniziando a giocare con il bordo dei boxer. Geme nella mia bocca, e questa non fa che eccitarmi ancora di più.

“C’è… il divano… di là ..” farfuglia tra un bacio e l’altro.
“A me… va benissimo qui..” Rispondo, e lo sento ridere sulle mie labbra.
“Ciò… non significa … che hai vinto … tu..” dice, togliendomi definitivamente la canottiera, “... direi… che possiamo fare una … tregua… per oggi.. " continua, ".. Ah... e quel numero... non mi serve.." conclude, con un sorrisetto sghembo.

Lo spingo verso di me con forza, affondando le dita nei suoi capelli scuri, come a volere nascondere quelle troppe parole tra le nostre pelli, a volere mantenere quel silenzio intatto, puro nei suoi mille difetti.

“…Sian dunque i versi miei, unica eloquenza
 E muti messaggeri della voce del mio cuore,
 a supplicare amore e attender ricompensa
 ben più di quella lingua che più e più parlò.
 Ti prego, impara a leggere il silenzio del mio cuore
 è intelletto sottil d’amore intendere con gli occhi.”

 (Shakespeare, Sonetto XXIII) 





VAS HAPPENIN'?

Salve people, how are you? 
Se siete ancora integre dopo una settimana del genere, vi faccio i miei più sinceri complimenti lol. Coooomunque, non voglio stare qui ora a commentare tutto il caos che stiamo affrontando nel fandom, in questo periodo, ma sappiate che per qualsiasi cosa io sono qui, potete anche scrivermi su twitter (@/DaisyYrral), per QUALUNQUE cosa, anche un abbraccio a distanza.


PASSIAMO AL CAPITOLO.
E' stato un parto HAHAHA. Come avrete potuto notare, è più lungo del solito, come vi avevo promesso. Avrete anche notato che per le scene di sesso sono negata, proprio un grande e grosso NO lol, infatti arrivati ad un certo punto mi fermo sempre, lasciando alla vostra immaginazione, per evitare conati di vomito vari. 
In ogni caso, spero vi sia piaciuto, se si, lasciate una mini recensione per regalare un sorriso ad una povera sopravvissuta come voi, accetto anche critiche, ovviamente siamo qui per migliorare.
Grazie a tutti coloro che stanno seguendo la fanfiction, se potessi vi manderei un biscotto virtuale per ringraziarvi.

Recensite e aggiornerò super presto. A breve inizierò a postare anche su Wattpad, ecco il link :) -- http://w.tt/1IYWugN

Un abbraccio,
Daisy.
  
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