Ultimo capitolo L
cominciarono a cadere le prime gocce di pioggia, ma
non me ne curai e continuai a camminare. Era la tipica pioggia estiva, gocce
rare quasi inesistenti che, sulla pelle pizzicava leggermente.
Era presente, ma così leggera ed astratta che non sarebbe riuscita a lavarmi il
sangue da mani e camicia. Quella pioggia mi fece tornare un'idea strana:
Michela che camminava per quella stessa strada che percorrevo, in abiti
succinti. La pioggia le accarezzava la pelle, la denudava in un certo senso.
Non me ne accorsi ma aveva con sè un vibratore, proprio come nella scena hard
di "A Snake Of June". Sospiri Languidi. Sospiri Languidi. Mi ripresi
in fretta e Continuai a camminare, quando all'attesa di un semaforo verde notai
accanto a me la presenza di una ragazza alquanto stramba: I capelli neri calati
sugli occhi, la pelle bianchissima dalla tonalità quasi smorta, ma soprattutto
le mancava un orecchio. Orripilato davanti a quella visione le chiesi chi
fosse, ma non appena si accorse della mia presenza, attraversò di fretta e
furia la strada, ma purtroppo per lei una automobile
distratta giunse proprio in quel momento e la travolse. Non riconobbi mai il
suo volto: nello scontro si era tumefatto e sotto il capo cominciava a fluire
una pozza di sangue. Intorno all'incidente, oltre a me c'erano il guidatore,
piuttosto corpulento, dalla carnagione olivastra e dai capelli neri e
riccioluti che, sceso dalla macchina piagnucolava come un bambino dicendo
"Non ho fatto apposta, è sbucata all'improvviso", la moglie che tentava
di tranquillizzarlo, magrissima, occhi leggermente a mandorla ma non da
orientale e lunghi capelli castani che superavano di poco le spalle. Oltre a
loro cominciarono ad ammucchiarsi una miriade di persone come mosche attratte
da una carcassa o da un escremento. Le persone più impressionabili si tappavano
la bocca o urlavano, una graziosa bimbetta bionda sui sei anni cominciò a
piangere, mentre altri (come me) rimasero disgustati, ma non dissero una parola
da quanto erano impietriti dall'orrore. All'improvviso un
urlo squarciò quel momento desolato e malinconico: un urlo di disperazione e di
rancore che però, parve incuriosire soltanto me: mi voltai e scoprii che la
fonte di quello sfogo era Michela, che terrorizzata accorse alla metropolitana
e scese in fretta le scale. La seguii.
Continuava a correre con quelle sue magre gambe da gazzella, pur sapendo della
mia presenza. Cominciai a chiamarla, ma lei si arrestò solamente quando giunse
davanti al manifesto della giapponesina a cui erano stati sostituiti gli occhi
sostituiti dai nostri. Un solo corpo...una sola anima...forse
si fermò soltanto per il ricordo di quella sua stessa affermazione. Tuttavia mi
tenne le spalle.
"Cosa sta succedendo?" le chiesi, sperando che avesse una risposta
"Se te lo dico non ti arrabbi vero?" esclamò lei cercando di
trattenere alcune lacrime ribelli.
"Claudia non si era suicidata per davvero... abbiamo finto il suo suicidio
pensando che tu fossi rimasto con me...so che è stata
un'idea sciocca però pensammo che...avrebbe potuto...potuto funzionare...ma non
è stato così"
"E l'orecchio? Che mi dici
dell'orecchio?"
"Quello non c'entra...è stato il suo ragazzo a
tagliarlo, o meglio suo fratello..."
"Cosa? Non capisco..."
"Sì, quello...quello è il segreto di
Claudia...ecco lei ha una storia con suo fratello...ha rischiato anche di
finire in cinta...solo che lui è un po' matto e le ha tagliato l'orecchio. Dopo
di che l'ha impacchettato e te l'ha lasciato come regalo"
quelle ragazze erano dei mostri: una con la faccia
rifatta, un transessuale e una che ha una relazione con il fratello. Rimanemmo
in silenzio, poi quando si voltò un raggio di sole invase la metropolitana e
lei, ansimando riuscì a dire: "Dimentichiamo tutto, viviamo insieme".
Aveva il volto devastato, ma sensuale come quello di
Charlotte Gainsbourg o quello di Pamela De Barres negli anni '70 e il suo
ansimare a fatica si trasformò ben presto in una serie di orgasmi degni della
Jane Birkin di "Je t'aime moi non plus". Ci sdraiammo sul pavimento,
ci baciammo e per noi non esistette più nient'altro se non noi stessi. Ero
innamorato e nonostante il terrore per ciò che avevo appena passato restai. Una
miriade di treni (compreso il mio) sfrecciarono davanti a noi. Michela mi si
avvicinò, mi accarezzò il viso e mi sussurrò dolcemente all'orecchio:
"Ora voglio saperlo"
"Che cosa?"
"Il tuo vero nome"
"No, almeno...non ora..." le dissi
sorridendole.
per sempre insieme, la puttana e il suo uomo.
FINE