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Autore: OmegaHolmes    15/08/2015    4 recensioni
Questa storia è un Crossover e AU ispirata alla serie TV irlandese "HUMANS".
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John Watson è un medico militare obbligato a congedarsi a causa delle sue ferite riportate in guerra; incapace di riuscire a reinserirsi nella società troppo monopolizzata e spinta al progresso, è obbligato a prendersi un Synth, ovvero un "sintetico", cioè un robot di ultima generazione.
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Dal testo:
"La donna lo fissava intensamente, coltivando quel silenzio, contraddistinto da profondi pensieri, poi disse:
-Ha pensato di prendersi un Synth, come le ho consigliato?-
L’ex medico militare emise una risatina acuta e nervosa, facendo cenno negativo con il capo:
-Io non ho bisogno di una bambola che si prenda cura di me.-
-Credo che invece ne avrebbe davvero bisogno, John. Questo la aiuterebbe ad inserirsi più facilmente nella società, con l’aiuto di un synth programmato appositamente per aiutarla.-"
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John!Humas - Sherlock!Synth
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Johnlock
Genere: Angst, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota dell'autrice: Salve! Ecco qui il terzo capitolo! In questi giorni riesco ad aggiornare piuttosto velocemente, ma credo che più in là sarà molto difficile. Ringrazio infinitamente tutti coloro che hanno recensito e letto la storia.
Detto ciò, vi auguro buona lettura e se vi va di lasciare una recensione alla fine, ne sarei molto lieta!
O_H



John decise di prendere un taxi per dirigersi in centro, sentendosi in colpa per avere addossato allo Stato una spesa tanto elevata con l’acquisto di un sintetico di alta classe.
Per tutto il tragitto, Sherlock era rimasto seduto composto, al suo fianco, osservando la città che gli passava affianco, rispecchiata nei suoi occhi vitrei.
L’umano iniziò a fissarlo intensamente, chiedendosi se non pensava davvero nulla in quell’istante, se fosse davvero senza sentimenti, se, insomma, fosse stato possibile avere un esistenza senza sofferenza, amore, gioia, amici, bensì “vivere” in modo così sterile, freddo, vuoto.

-Posso fare qualcosa per te, John?-
 
Domandò Sherlock, senza nemmeno voltarsi a guardarlo, rimanendo immobile a fissare la città fuori dal finestrino.
John sobbalzò, arrossendo dall’imbarazzo nell’essersi fatto percepire mentre osservava con tanta insistenza il suo synth.
 
-N-no…va bene così.- si schiarì la voce e decise di affondare il volto nel proprio petto, pensando a quanto fosse diventata triste la sua vita.
Aveva sempre pensato che arrivato all’età di 33 anni si sarebbe già trovato con una famiglia, una bella moglie, due bambini, una casetta non troppo grande poco fuori da Londra e un lavoro da medico generico in un piccolo ambulatorio.
Invece, si trovava mezzo storpio, senza una casa, con una pensione minima e un sintetico come…. Che cosa? Amico? Servo? Coinquilino? Come poteva definire, ora, Sherlock per la sua esistenza?
Non riusciva davvero a vederlo come un oggetto, per quanto si sforzasse, per lui… era solo un ragazzo.
Si voltò nuovamente ad osservarlo e si rese conto che aveva le fattezze di un ragazzo di all’incirca 23 anni, se non di meno.
Pareva un adolescente imbronciato che ha litigato con il mondo, che non riesce ad accettare se stesso per quello che è.
Sul volto del biondo si dipinse un sorriso gentile, perché a differenza degli altri sintetici, Sherlock gli dava un gran senso di tenerezza.

Il tassista si fermò sul bordo del marciapiede, poco lontano dal centro. John gli sporse il denaro (“50 sterline buttate all’aria” pensò) ed insieme a Sherlock scese dalla vettura.
Il sintetico si guardava attorno curiosamente, voltando lentamente il volto felino prima da un lato e poi dall’altro. I suoi occhi viaggiavano curiosi su ogni cosa che gli si incontrasse di fronte.
John non riusciva a smettere di guardarlo, perché quel modo di camminare, la sua voce, il suo aspetto, lo affascinavano moltissimo.


-In questa strada sono presenti ben 69 negozi per uomo, 56 per donna e 35 per bambino. Dove vuoi andare, John?- il synth posò il suo sguardo su John.
L’altro lo guardò, imbarazzato, non ancora abituato a parlare con Sherlock e la sua voce così profonda.
-Ecco…io pensavo di andare in qualche  negozio elegante, ma non troppo costoso. Non ti vedo indossare maglioni di lana… sei troppo costoso per indossarli.-
-La lana è una fibra tessile naturale che si ottiene dal vello di ovini (pecore e di alcuni tipi di capre), conigli, camelidi (cammelli) e alcuni tipi di lama. Essa si ottiene attraverso l'operazione di tosatura, ovvero taglio del pelo, che per le pecore, avviene in primavera. La lana che si viene ad ottenere viene definita lana vergine. Fonte: Wikipedia. Il maglione che indossi, però, è composto solo dal 20% di lana vergine. Il restante è 50% cotone e 20% poliestere.-
John continuò a guardarlo estasiato: -Come….come fai? Insomma, va bene, avrai un computer gigante al posto del cervello, ma…-
-Io osservo, John .- rispose Sherlock, guardandolo.
Immobile, il biondo si ritrovò a fissarlo intensamente negli occhi, senza riuscire a staccarsi da quegli specchi verdi smeraldo, ma la cosa più incredibile era che il sintetico ricambiava lo sguardo, come se lo stesse leggendo dentro.
John rabbrividì, trasalendo: -Meglio muoversi…non ho tutto il giorno.-
 
* * *
 
-Questa è una delle camice più alla moda, con tema floreale dei colori alla moda, come azzurro, verde e giallo.- la commessa parlava con un tono simile a quello di un Synth, ma era evidente che avesse solo detto a memoria quello che diceva a un centinaio di clienti. Nonostante la sua voce fosse più acuta di quanto l’udito di John potesse sopportare, la trovò molto carina e ben fatta: aveva dei lunghi capelli castani che ricadevano morbidi sulle spalle e il viso era molto gentile e non troppo truccato.
In quell’istante si rese conto che era da più di 5 anni che non aveva un rapporto completo con una donna ed il pensiero lo fece sentire incredibilmente frustato “Cazzo, avrei proprio bisogno di una bella scopata” pensò, sospirando pesantemente.
-Senta…- si rivolse alla commessa: -Non ha nulla di più classico o elegante?-
Sherlock camminava con passo leggero e misurato (come quello di ogni Synth) tra i corridoi stracolmi di vestiti, che osservava con espressione indecifrabile.
“Chissà cosa starà pensando in quella sua testolina robotica…” riflettè nuovamente John, mentre voltando lo sguardo notò che la commessa si era piegata a raccogliere un abito da terra e, nel vedere il suo fondoschiena, il dottore dovette fermare il riflesso di toccarla.
 
-E’ fidanzata da 6 mesi, John.-

John sobbalzò, arrossendo e voltandosi di scatto a guardare il volto impassibile di Sherlock: -Cristo! Mi hai fatto venire un infarto! Non—non puoi fare così! E poi…io non-- -
-L’ho notato dal modo in cui l’hai guardata. A 1km da qui è aperta una casa chiusa con sintetiche per umani. Vuoi che ti fissi un appuntamento, John?-
Il biondo divenne viola dall’imbarazzo, cercando di tappare la bocca a quel dannato sintetico che riusciva, in qualche strano modo, a leggere il flusso dei suoi pensieri.
La commessa, che li stava osservando, gli lanciò uno sguardo accigliato e disgustato.
-S-senta…lasci stare. Ci penso ancora…Sherlock, andiamo…A-arrivederci.-
Trascinò il sintetico fuori dal negozio, furibondo dall’imbarazzo:
-T-tu non puoi fare così, Sherlock…c-come diavolo fai—insomma…lascia stare! -
Arrabbiato e ancora più frustato, si incamminò lungo la strada, seguito da Sherlock.


-Sei arrabbiato con me, John?- domandò apatico l’automa.
-No…no! Non sono arrabbiato con te…sono arrabbiato con me stesso. Muoviti, sta per mettersi a piovere…-

Sherlock lo raggiunse e dopo un quarto d’ora si trovavano insieme in un grosso outlet, con marche firmate ad un prezzo accessibile per le tasche del povero ex militare.
John trovò una camicia viola, molto sottile e di un tessuto molto morbido:
-Ehi, Sherlock! Questa ti piacerebbe?-
Il synth abbassò lo sguardo sul capo d’abbigliamento: -Il viola è un colore che dona molto agli individui dai capelli scuri.-
-E’ un sì?-
-Sì, John.-
-Bene…e cosa mi dici di quel completo laggiù?-
-E’ un “Spencer Hart”. Prezzo di listino: 495£. Prezzo di outlet: 99,99£. E’ un bel colore, John.-
-Perché non vai a provarteli?- disse John, porgendogli la camicia.
Sherlock parve osservarlo quasi stranito, ma infine prese il capo e si diresse verso la cabina, con il completo nero nell’altra mano.

John gironzolò per alcuni istanti, poi si diresse alla cabina dov’era entrato Sherlock.
Quando vi si trovò di fronte, percepì un irresistibile curiosità di vedere come fosse il suo corpo. Sapeva davvero molto poco a proposito di sintetici ed era curioso di sapere se il loro corpo era simile a quello di un uomo o se avessero avuto qualche strano sportello sotto i vestiti, dal quale si poteva controllare il “motore” come le automobili.
L’umano scostò appena la tenda, cercando di non farsi vedere.
Una schiena magra ed esangue si mostrò di fonte ai suoi occhi blu cobalto, lasciandolo senza parole. Il modo con il quale l’orizzonte dei capelli corvini incontrava la pelle nivea, avrebbe fatto uscire il sangue al naso a tutte le ragazze del mondo.
Il suo sguardo venne poi attratto dagli occhi del sintetico riflessi nello specchio, che non poteva scorgerlo da dove si era messo a osservare, gli parvero improvvisamente tristi, mentre si fissava intensamente.
John percepì come una fitta al cuore nel intravedere quello sguardo, che dopo alcuni secondi svanì del tutto e il biondo si chiese se lo avesse solo immaginato.


-Salve, John.- salutò apatico Sherlock, continuando a fissarsi nello specchio, mentre si infilava la camicia.
Il biondo sobbalzò, arrossendo nuovamente. Come diavolo aveva fatto a percepirlo?
-Il tuo battito cardiaco. E’ fastidioso, John.- rispose quasi seccato il sintetico.
Seccato? Com’era possibile che un automa si sentisse “seccato”?
“E’ un modello costoso” pensò John, “avranno perfezionato la simulazione emotiva”.
 
Quando Sherlock tirò la tenda, mostrandosi vestito, l’ex soldato rimase per l’ennesima volta a bocca aperta: era bellissimo ed incredibilmente affascinante con quei vestiti.
 
-Questi abiti sono di tuo gradimento, John?-
-Ti..ti stanno molto bene…a te piacciono?- rispose con un sorriso dolce John.
-E’ compito dell’utente primario dare al proprio Synth ciò che è necessario.-
-Sì…ma a te piacciono?-
Sherlock parve ragionarci su, fissandosi intensamente nello specchio, mentre John, incoraggiante gli sorrideva alle sue spalle.
-Trovo che questo stile mi doni, John.-
-Ottimo, allora è fatta.-

John si voltò e andò a pagare, mentre Sherlock parve rimanere ancora alcuni istanti a fissarsi nel riflesso, come se stesse davvero pensando.

* * *
 
-Sono 150£, signore.-
John imprecò mentalmente, dando alla commessa il proprio bancomat.
Sherlock se ne stava silenzioso al suo fianco, fissando il vuoto di fronte a sé.
Appena la donna mise i vecchi indumenti nel sacchetto, il sintetico prese prontamente la borsa, uscendo e salutando all’unisono dell’altro.

Piuttosto irritato, l’ex soldato camminava con le mani affondate nella tasca dei jeans, affiancato da Sherlock, che pareva la sua ombra.
 
-Dove andiamo, John?-
-Andiamo nella mia vecchia pensione. Devo prendere alcune cose prima di andare all’indirizzo che ci hanno assegnato.-
 
* * *
 
Aperta la porta della sua stanza angusta, un odore di umido li travolse. John entrò zoppicante nella stanza, dirigendosi subito verso il bagno a prendere le medicine.
Sherlock si guardava attorno apatico, analizzando con gli occhi vitrei ogni angolo di quella stanza.
 
-Hai davvero vissuto in questa stanza, John?-
-Sì..- rispose il dottore, mentre buttava rumorosamente la valigia sul letto: -Non ti piace?-
-No.- rispose seccamente:-Il tasso di umidità in questa stanza è del 34%, nell’angolo superiore del soffitto vi è una dose consistente di muffa che potrebbe aver danneggiato le tue vie respiratorie.- disse puntando il dito verso l’alto.
John sbiancò:-Sei serio?- guardò in alto dove puntava il dito:-Cristo… c’è altro che dovrei sapere?-
-C’è un nido di topi oltre la parete dove poggia il tuo letto. In questa stanza sono avvenuti anche 3 omicidi.-
-Cos-? Come fai a sapere degli omicidi?-
Sherlock rimase in silenzio fissandolo, poi dopo alcuni secondi rispose: -Non capisco la tua domanda, John.-
Il biondo si accigliò: come poteva non capire? Aveva chiesto cose più complicate e gli aveva risposto… scrollò le spalle, e prese la valigia: -Andiamocene. Non voglio rimanere più un solo istante in questo posto.-
 
* * *

Arrivarono al 221B di Baker Street in metropolitana, dato che per John quel giorno aveva già portato troppe spese per i suoi gusti. Non che fosse avaro, semplicemente la sua pensione minima non gli permetteva grandi spese.
Sherlock si era offerto a portare la valigia e lo aveva lasciato fare, sentendosi per la prima volta felice di aver preso un sintetico.
 
-221..B…Baker Street…dovrebbe essere questo portoncino verde.- John rimase alcuni istanti titubante a osservare il quartiere e il portoncino, poi decise di suonare.
Fece un passo indietro e dopo alcuni minuti una signora anziana venne ad aprire la porta.
-Salve, sono…sono il Dottor John Watson…mi è stata assegnata questa casa in quanto ho acquistato un Synth…insomma, l’esercito lo ha pagato per me.-
-Oh…lei è il dottor Watson! Mike Stamford mi ha chiamato e mi ha avvisato. Venga, venga o si prenderà un accidente.-
Entrò e rimase sorpreso dalla bellezza di quell’entrata così accogliente. Sherlock lo seguì, silenzioso.
-Oh…questo è il suo Synth? Che bel fanciullo!- civettò la signora.
-Scusi, ma…non mi ha ancora detto il suo nome, Signora…- intervenne John.
-Oh, che sbadata! Sono la signora Hudson e vivo al 221 A, vede quell’appartamento lì sotto…ed ecco il mio synth! Vieni Vera, saluta i nostri nuovi coinquilini!-
Una donna con indosso una divisa da infermiera si fece avanti, fissando i nuovi arrivati con un espressione dura in volto, che fece gelare il sangue nelle vene all’ex medico militare.
La sintetica fissò Sherlock e disse: -Perché non condividi?-
John si volse accigliato al proprio synth che rimase immobile rispondendo:-Porto i tuoi bagagli al piano di sopra, John.-
-S-sì…va bene.-
 
La signora Hudson lo invitò a prendere un the, ma John volle prima assicurarsi che lo Stato avrebbe pagato tutto quanto.
-Dottor Watson, lei dovrà soltanto pagare le bollette. Sa, è una vera fortuna che lei sia un dottore! Spesso ho certi dolori alla mia anca!-
-Ah…capisco. Allora…posso andare a vedere l’appartamento?-
 
Quando arrivò al piano di sopra, notò che Sherlock aveva già posato i bagagli e stava sistemando le cose di John nel salotto illuminato da due ampie finestre che davano sulla strada.
Il suo sguardo vagava gioioso sulle pareti, sui soprammobili, trovando il tutto molto adorabile.
-Davvero un bel posto…molto accogliente. Quindi è sicura, signora Hudson, solo le bollette?-
-Sicurissima! Sa, John…- disse la signora fissando il synth dell’uomo:-il suo sintetico mi ricorda qualcuno,ma…non riesco a ricordare chi. Comunque sopra ho anche una stanza nel caso vi dovesse servire.-
John la osservò accigliato:-Ma se c’è una stanza qui…perché dovrei prendere quella al piano di sopra?...Sherlock…di notte si ricaricherà su una sedia, è così che funziona, no?-
-E’ che se ne vedono di tutti i colori in giro…per esempio, Mrs Turner, preferisce quelli sposati..!-
-Con…i synth?-
-Esatto!-
-Okay…- disse fissandola preoccupato:-Ma noi non-- -
-Vivi e lascia vivere, questo è il mio motto!- disse la signora scendendo le scale:- The?-
-Sì grazie!!!- urlò irritato dopo essersi buttato sulla poltrona rossa.
Sherlock, a sua volta, si sedette su quella di fronte in pelle verde.
 
-Allora…cosa ne dici, ti piace?- domandò il medico.
-E’ molto accogliente, anche se la maggior parte dei mobili risalgono al design di moda negli anni ’70.- rispose prontamente Sherlock.
-Okay…- rispose pazientemente- ..ma ti piace?-
L’altro lo fissò quasi con sguardo sospettoso, ma John fu convinto che anche questa volta doveva trattarsi solamente di una sua impressione.
-Sì, mi piace, John.-
 



 
  
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