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Autore: SomeoneNew    16/08/2015    1 recensioni
"Paul?" Si volta sorridendo nel buio.
"Si, miss Golightly?"
"Credi che io ti appartenga?"
"Esattamente, proprio cosi." Sospiro.
"Lo so, lo credono sempre tutti, ma il guaio è che tutti si sbagliano."
Silenzio.
"Buonanotte, Rosy."
"Buonanotte, Zayn."
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8.

Things I can't.


23/05/15 (Presente.)

Alle volte vorresti solo che qualcuno congelasse il tempo, quel continuo ticchettio delle lancette che rimbomba nelle orecchie, quell’atroce promemoria del tempo che scorre, mentre tu sei lì a cercare di rimettere in sesto la tua vita, te stessa. Allora inizi a cercare, cerchi tra i mille pezzi di puzzle sgretolati ai tuoi piedi, il tuo pezzo, quello che ti serve per cercare di andare avanti, per rendere quei rintocchi di orologio meno pesanti, per poi accorgerti che quel pezzo di puzzle perfetto non esiste più, e che di esso sono rimasti solo frammenti del passato, di ciò che eri. Tutto ciò che puoi fare è rattoppare quel vuoto con quei pezzi che ti sono rimasti, con la pesante consapevolezza che una parte di te è ormai svanita nel nulla. E tu avverti quel vuoto, lo senti, lo percepisci fin sotto la pelle, fino alle ossa, quella mancanza, quella voragine al centro del petto, quella sensazione che ti abbiano svuotata, privata di ogni emozione. E quando ti poni davanti allo specchio, ti ritrovi a fissare l’immagine sfocata, quasi doppia di qualcuno che non riesci più a riconoscere, quella figura così familiare, ma allo stesso tempo estranea.

Chi sono? Dove sono finita? E adesso?

Tutto ciò che riesci a provare è il panico, la paura di non provare nulla, quella voglia malata di far cessare quel vuoto in te, di metterti a graffiare le pareti interne, dello stomaco, del petto, per riuscire a trovare qualcosa, una speranza, per riempire in qualche modo quel nulla. E tutto ciò che riesci a sentire è il battito del tuo cuore che rimbomba nelle orecchie, andandosi a mescolare con quel fastidioso ticchettio delle lancette, che insieme sembrano prendersi gioco di te, come a ricordarti che tutto ciò che ti circonda continua a scorrere come un fiume lungo il suo letto, mentre tu … tu dove sei?

Ma se Alessandro Baricco convinse il suo personaggio, Ismael Adelante Ismael prof. Bartleboom, che ‘lì dove l’acqua arriva, sale sulla spiaggia, poi si ferma,proprio quel punto, dove si ferma, dura proprio un attimo, poi sparisce, ma se uno riuscisse a fermare quell’attimo, dove l’acqua si ferma, lì finisce il mare’, allora un motivo ci sarà. Perché se qualcosa di così immenso come il mare, ha un luogo e un istante dove finisce, allora tutto ha una fine, ma anche la fine ha un inizio, ed è un circolo vizioso, e noi ci stiamo dentro, incastrati fra l’inizio e la fine, come in un gioco malato. E quando ti ritrovi a cercare di sfumare quella linea netta tra fine e inizio, cercando di rievocare il passato per colmare il tuo presente, inizi a sentirti assalire dalla consapevolezza che c’è qualcosa che non va, qualcosa di sbagliato, e ti ritrovi da sola, isolata dal resto del mondo a fare i conti con te stessa, con ciò che è rimasto di te. Ogni decisione presa, ogni scelta fatta, ogni parola detta, o non detta, ogni sguardo, gesto, viene ora soppesato. Inizi ad esaminare ogni passo compiuto, a classificare il giusto dallo sbagliato, e quando l’elenco sotto la parola sbagliato, supera la colonna di fianco, inizia a mancarti l’aria, inizi a sentirti soffocare da tutto quel dolore accumulato nel tempo.

Mi chiedo come si faccia a classificare il dolore, non quello fisico, bensì quello morale. Chi classifica il dolore delle persone, e in base a cosa? E chi stabilisce quale dolore morale sia più devastante di un altro? Non credo si possa, eppure noi stessi continuiamo a paragonare le nostre disgrazie e i nostri drammi, come se tutti vivessimo e affrontassimo tali allo stesso modo. Quanto stupida e ignorante può essere l’arroganza dell’uomo? Che si crede padrone del mondo, quando invece non è neanche padrone di se stesso, e delle sue emozioni. Prigionieri di noi stessi, rinchiusi da sbarre di nostri stessi errori, soffocati da emozioni represse, troppo impegnati a crederci invincibili per accorgerci di quanto in realtà siamo fragili, nello spazio, e nel tempo, scandito da rintocchi di vecchie lancette arrugginite dalla salsedine, di onde ormai stanche di infrangersi, che cessano di esistere, inalando l’ultimo respiro su una spiaggia deserta.

E quando finalmente, riesci a marcare quel confine netto, tra passato e presente, il passato viene a cercarti, ti rincorre e ti urla di voltarti e guardarlo in volto. Ti assicura che tutto tornerà come prima se solo farai quel passo indietro, ti conforta con ricordi, ed è come se ti offrisse di rindossare la tua vecchia pelle. Suoni di vecchie e lontane risate, il cui tonfo rimbomba in una pozzanghera di vecchie lacrime, prima ride in modo sguaiato, poi urla straziando ogni altro rumore intorno a te. E tu ti ritrovi a dover fare una nuova scelta, a dover prendere una nuova decisione, proprio adesso che avevi strappato quella vecchia lista del giusto e dello sbagliato, sbriciolando quei piccoli frammenti di carta dietro di te. Ed è buffo pensare ora che, quasi in modo incosciente, ti eri comportata come Pollicino, che per ritrovare la strada di casa, traccia il sentiero con i sassolini. E la scelta sta proprio in questo, scegliere dov’è casa, nel passato o nel presente? Quale persona vuoi essere? Ciò che eri, o ciò che sarai?

E nel frattempo il passato è lì, e tu non riesci a fare a meno di pensare a quanto sia bello, mentre, immobile davanti a te, ti fissa e ti scruta con i suoi occhi color nocciola, nei quali spuntano pagliuzze dorate, con le sopracciglia corrugate in un’espressione quasi di supplica, con le guance più scavate rispetto all’ultima volta che l’hai incontrato, e le labbra rosee ancora semi-aperte, dopo le ultime parole che ti ha rivolto.

'Questa volta no, questa volta non ti lascio andare.' 
E' ciò che ti ha appena detto, mentre stringe la sua mano calda sul tuo polso freddo, mentre l’ennesimo contatto tra due mondi che dovrebbero essere opposti, appartenere a due galassie completamente diverse, avviene. E mentre quasi mi sembra di potere osservare tale scena, tale collisione, dall’esterno, io sono uno dei due pianeti, ed è come se l’attrazione gravitazionale non abbia più effetto su di me,  e io stia collassando nel buio dell’immenso universo. E in quella che sembra essere un interminabile caduta nel nulla, continuo a ripetermi di dovere prendere una decisione, perché neanche qui, neanche in questa dimensione parallela in cui mi sono rifugiata, il tempo sembra fermarsi, mentre sento l’aria smorzarsi nei miei polmoni, e capisco che sto trattenendo il respiro.

Respira Rosy, va tutto bene. Sei ancora qui, va tutto bene.

Sento i battiti del mio cuore percuotersi nel petto, mentre apro lentamente la bocca, in un tentativo di difesa. Le labbra rimangono schiuse per un po’, mentre gli occhi vagano intorno al tuo volto, volto che ha assunto le sembianze del mio passato, di ciò che ho deciso di abbandonare, di lasciarmi per sempre alle spalle, un per sempre durato forse troppo poco. E solo dopo qualche secondo riesco a pronunciare con esitazione, poche parole che vanno ad aggiungere un altro mattone, a quel muro che segna il confine, quel confine, tra me e te.

“Non posso.”
E’ tutto ciò che riesco a dire, mentre sfuggo al tuo sguardo, ma la tua presa rimane forte sul mio polso, perché lo sai, nei sei consapevole, che se mi lascerai scapperò, scapperò da te, per l’ennesima volta.

I tuoi occhi si assottigliano in un espressione confusa. “Cos’è che non puoi?” mi chiedi quasi con scherno.

Non posso stare accanto a te, senza che i brividi mi percuotano. Non posso guardarti negli occhi, senza sentire un enorme peso sul petto e gli occhi bruciare. Non posso toccarti, senza quasi scottarmi al ricordo di quelle notti in cui lasciavo dei segni sulla tua pelle, per il mio masochismo, a volere sparire senza lasciare alcuna traccia, eppure di tracce ne stavo seminando troppe. Non posso rimanere qui con te, Zayn, perché solo pronunciare il tuo nome mi fa tremare la voce, solo ricordarlo è come un lampo seguito da uno di quei tuoni che fanno tremare i vetri delle finestre di casa, che ti fanno provare paura, nonostante tu abbia staccato tutte le spine della corrente, e ti trovi tra quelle stesse mura, al riparo dal temporale in arrivo. Non posso accettare che tu si qui, perché è come se venissi trascinata nel passato, dopo tutto ciò che sono riuscita a ricostruire nel mio presente. Non posso.

“Rosy, cos’è che non puoi?” mi richiedi per la seconda volta, in tono quasi più dolce, dopo qualche secondo di silenzio, mentre continui a fissarmi, e Dio farei di tutto per farti scostare lo sguardo da me.
“Stare qui … tu … non capisci …” cerco di spiegare ma tu mi interrompi bruscamente.
“Cosa non capisco? Cosa? Dimmelo Rosy, dimmelo, perché è da ieri che continui a ripetere che io non capisco, ma tu non me lo permetti. Non mi permetti di capire. Non fai altro che fuggire, anche adesso, se qui … ma in realtà non ci sei. Stai scappando, ancora, non hai mai smesso di farlo. E vorrei solo fermarti e stringerti tra le mie braccia. Stringerti talmente forte da farti smettere di tremare, da spezzare questo patto di fuga che hai fatto con te stessa. Ma tu continui a fuggire, da me, da te stessa, dalla vita. Dici di esserti rifatta una vita qui, di aver abbandonato il passato in Italia, allora perché fuggi da esso? Perché hai quella costante paura negli occhi di cadere? Come se fossi sospesa sul nulla. Perché?”

Hai alzato la voce sulle ultime parole, eppure il tuo sguardo rimane fisso nei miei occhi. Sei in piedi di fronte a me, e siamo poco distanti dalla panchina sulla quale eravamo seduti fino a qualche minuto fa. Tieni ancora stretto il mio polso destro che hai afferrato prima, quando stavo per andarmene, quando stavo per scappare. Di nuovo.

'Stai scappando, ancora, non hai mai smesso di farlo.'
Cosa c’è di sbagliato in me? Perché tutto ciò che tocco appassisce? Perché distruggo tutto ciò che incontro lungo il mio cammino? E’ tutto così sbagliato.

'E vorrei solo fermarti e stringerti tra le mie braccia. Stringerti talmente forte da farti smettere di tremare, da spezzare questo patto di fuga che hai fatto con te stessa.'
Ti prego Zayn, basta, smettila. Per favore.

“Ti prego, dì qualcosa.” E somiglia tanto ad una supplica la tua, ad una preghiera, e assieme ad essa, in marcato contrasto, si sente risuonare nell’aria un tuono non molto lontano. E tutto ciò mi sembra quasi paradossale, talmente paradossale che quasi mi convinco di averlo solo immaginato, visto che non c’era alcun accenno di temporali in arrivo quando sono uscita di casa. Invece ecco essere seguito da un altro, questa volta più forte e cupo del primo, mentre il vento diventa più forte, agitando i rami degli alberi che ci circondano, facendo crollare da essi ogni minimo accenno dell’arrivo di una debole primavera.
Un’immagine distorta della mia vita.

“Devi andartene.” Dico in un sussurro, guardando altrove, mentre tento di mantenere ferma la voce. Sento la tua presa alleggerirsi sul mio polso.
“Devi andartene da qui, da me …” continuo, “… Non vedi? Non facciamo altro che farci del male.” Ed è vero. Nonostante mi tremi la voce, e nonostante io faccia di tutto per non incrociare il tuo sguardo, è la verità. Non facciamo altro che distruggerci a poco a poco, da mesi. E andando avanti così, cosa ne rimarrà di noi?
“Ti prego, vattene.” Concludo, mentre mi sciolgo completamente dalla tua presa, tenendo gli occhi bassi.

Faccio qualche passo indietro, e non faccio altro che pensare che non devo incrociare il tuo sguardo, perché sarebbe la fine. E si, sto scappando, perché andarsene è la cosa più maledettamente facile di questo mondo. E io ho paura. Mentre mi volto, dandoti le spalle, iniziando a correre più lontano che posso da te, mentre la pioggia inizia a scendere sempre più violenta, mentre l’acqua appesantisce la mia felpa già zuppa, e i capelli mi si appiccicano ai lati del viso, mentre la vista mi si offusca, e non riesco più a distinguere le mie lacrime dalla pioggia, penso che sto scappando, ancora, di nuovo, e continuerò a farlo, se questo mi permetterà di sopravvivere.

Perdonami Zayn, perdonami.
 

POV. Zayn

E mentre sento le gocce d’acqua trapassare la mia maglia, e percorrermi la schiena, e l’ennesimo tuono irrompe bruscamente in questo doloroso silenzio, la tua figura è ormai lontana, eppure le tue parole sono ancora qui, a tormentarmi, aleggiano nell’aria e neanche la pioggia riesce a lavarle via.

‘Devi andartene.’ hai detto, ed io sono rimasto in silenzio, troppo stordito da riuscire ad aprire bocca.
‘Ti prego, vattene.’
E sei fuggita via, impaurita dalle tue stesse parole.

“Non posso, Rosy.” Sussurro adesso, quasi alla pioggia, in questo vecchio parco abbandonato.
“Non posso.”
 


MA CIAO FIORELLINI DI CAMPO :)
How are you?
Eccomi con il nuovo capitolo, a distanza di una settimana, ciò significa che non sono in ritardo, che sono stata brava, e che quindi mi merito una piccola recensione. Vii pregoo.
Si conclude qui la scena del parco che andava ormai avanti da tre capitoli (Presente), gioite con me, yeee.
Sono troppo curiosa di sapere secondo voi cos'è successo nel passato che abbia allontanato così tanto Rosy e Zayn, susu spremete le meningi.
Vorrei ringraziare tanto tanto, ma tanto tanto, sasha_thestrange per la sua bellissima recensione, e per avere pensato al nome della ship tra i due protagonisti, ovvero Rayn. Love you Sasha.
Sooo, fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo, della storia in generale, e dell'
oscura faccenda del passato, lol.
Potete trovarmi anche su twitter (@/DaisyYrral).

All the love,
Daisy xx.

P.s.
In onore del titolo del capitolo, vi lascio questa splendida foto del vecchio tatuaggio di Harry.
Tesoro, quando ci incontreremo, mi dovrai delle spiegazioni riguardo il perché tu l'abbia coperto uff.




 
  
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