Capitolo
uno: Paure
‘Tutte le azioni umane sono motivate nel loro livello più profondo da
due sentimenti: la paura e l’amore.
In effetti, esistono soltanto questi due sentimenti, solo queste due parole nel
linguaggio dell’anima.
Questi due sentimenti sono la ragione per cui l’umanità ama, poi distrugge, poi
ama di nuovo: c’è sempre l’oscillazione da un sentimento all’altro.
E così, nel momento in cui v'innamorate davvero e impegnate il vostro più
elevato amore, nello stesso momento date il benvenuto alla vostra più grande
paura.’
***
Parole strane, quelle che leggeva. Mettevano un leggero senso di angoscia e
d'inquietudine, a dire il vero. A detta di quello strano poeta, non c’era un
vero appagamento o felicità nell’amore, ma si alternava alla paura, anzi, al
terrore più puro.
Hermione Granger chiuse di
botto l’enorme volume (quasi duemila pagine) con un colpo secco e lo infilò
nella piccola borsa di perline che atterrò sul pavimento con un tonfo sordo, un
po’ troppo forte, date le dimensioni , ma, d’altra parte, non aveva avuto
tempo, né modo, di svuotarla, né di spezzare l’incantesimo di estensione.
Non era stata una buona idea appartarsi, calmarsi con un buon libro e cercare
di dormire un po’.
Quel silenzio che
sentiva, era … innaturale dopo l’enorme
trambusto della guerra appena conclusa.
Quel
silenzio le faceva ancora più paura.
Oblio, vuoto, silenzio: non c’era spazio per nessun altra emozione dentro di sé,
in quel momento. Era come se catene invisibili le attanagliassero il cuore e
lei avesse cessato di lottare per mostrare quello che sentiva, quasi come se fosse
inutile.
Secondo il testo che aveva appena letto, dopo una grande paura, sarebbe
arrivato il momento dell’amore … perché allora si sentiva così inutile?
Perché
non riusciva a far altro che starsene lì seduta in quella stanza vuota, senza
nemmeno sentire il bisogno di dormire?
Dov’era,
l’amore? Dov’era finito quel sentimento che l’aveva spinta fin lì, quel senso
di giustizia, di protezione verso gli altri?Dov’era finito il suo amore per gli
ideali?
Si
sentiva vuota, come se in realtà un’altra ragazza avesse combattuto quell’atroce
guerra al posto suo.
Non
riusciva a godersi il fatto che era finita, che una nuova alba avrebbe dato
l’inizio ad un nuovo mondo, un mondo dove sarebbe cambiato tutto, dove avrebbe
trionfato il bene. Un mondo che anche lei aveva contribuito a costruire e dove
lei era un’eroina.
Ma la realtà era un’altra: era proprio come tentava sempre di spiegare Harry,
non era tutto come sembravano quel genere di cose: sembravano grandi gesta, a
raccontarle, ma lei non si sentiva affatto un’eroina, anche perché era stato il
caso a salvarla la maggior parte delle volte. Si sentiva più che altro una
ragazza catapultata in una situazione più grande di lei per via di una forte
amicizia e che, per una serie di circostanze fortuite, era sopravvissuta.
Già, era sopravissuta … non come Fred, Lupin, Tonks.
Mentre
ricordava quei nomi, un nodo le strinse la gola e fece di tutto per non
abbandonarsi ai ricordi, mentre le lacrime lottavano per uscire.
C’era
voluto solo un attimo per strappare la vita a quelle persone meravigliose, solo
un attimo di distrazione.
Apparve di nuovo ai
suoi occhi il volto di Fred, ancora illuminato dal suo ultimo sorriso, i
capelli rossi e scompigliati, i denti bianchi scoperti, gli occhi scuri
sbarrati, immobili, mentre il velo della morte calava su di loro.
Bastò un attimo e quell’immagine si confuse: gli occhi scuri di Fred
diventarono azzurri, i lineamenti si marcarono leggermente, i capelli divennero
più folti, ma sempre dello stesso rosso fuoco … fu così che gli apparve la
visione che l’aveva tormentata per tutti quei mesi passati nella tenda: Ron
morto.
Era
vero, pensò in quel momento la ragazza, al posto di Fred avrebbe potuto esserci
Ron.
Non
fece nemmeno in tempo a rendersi conto di ciò che pensava, quando nuovamente,
l’immagine del viso di Ron che la fissava, con gli occhi inespressivi e senza
vita, si fissò di nuovo con insistenza nella sua mente.
Questa
volta non riuscì a trattenere le lacrime e pianse a dirotto, senza ritegno:
cercò di versare insieme a quelle lacrime tutto ciò che l’aveva fatta stare
male in quei mesi e tutte le emozioni negative che non riusciva a togliersi
ancora di dosso, come quel senso di vuoto e d’instabilità.
Sentì, all’improvviso, dei passi provenienti dal corridoio di fronte la stanza
dove si trovava: sembravano quelli di una persona che stava correndo e che si
era arrestata di colpo sentendo il suo pianto.
Hermione
cercò di calmarsi e di ricomporsi, e finì il suo pianto solitario con un ultimo
sonoro singhiozzo, ma tutto questo non bastò ad allontanare la misteriosa
figura: non risuonarono altri passi nel silenzio che incombeva, a dimostrazione
del fatto che ancora doveva essere lì.
Fu
proprio mentre tentava di riassettarsi dopo essersi asciugata le lacrime, che
sentì la porta aprirsi, facendo apparire una figura snella, con i lunghi
capelli biondi e gli occhi comprensivi, per nulla sorpresi di trovarla lì, come
se fosse stata la cosa più naturale del mondo.
“Hermione, sapevo di trovarti qui, da qualche
parte”annunciò sicura e con voce tranquilla.
Hermione finì di asciugarsi le lacrime con una
manica, mentre sconvolta e sorpresa riuscì solo a lanciare uno sguardo
interrogativo alla nuova arrivata.
Perché
si era dimenticata di chiudere la porta della stanza con un incantesimo?
“ Ero sicura fossi tu per il modo in cui piangevi. Ricordi? L’ho sentito l’anno
scorso in quel bagno, quando ti avevo confuso per Mirtilla
Malcontenta” spiegò la ragazza bionda, avendo capito che l’amica si chiedeva
come aveva fatto a capire che si trattasse proprio di lei senza vederla poi
così chiaramente in quella stanza illuminata solo dalla luce delle stelle.
Luna
Lovegood sospirò teatralmente e guardò di nuovo Hermione con i suoi grandi occhi azzurri sporgenti:
sembrava le stessero leggendo dentro.
“E’
normale che ti senti avvilita e inutile, Hermione”disse,
distrattamente, come se fosse una cosa di poca importanza.
Hermione la guardò di nuovo sorpresa: possibile che
quella ragazza capisse come si sentiva senza nemmeno conoscerla così bene?
Luna, per tutta risposta si sedette accanto a lei e con un sorriso
incoraggiante affermò: “Ti senti inutile perché ora che tutto è finito hai
paura di quello che potrà succederti nel futuro, quando sarai solo tu a
scegliere la tua strada, e non il corso degli eventi. E’ normale, hai paura di
sbagliare tutto, di scegliere la strada sbagliata. Ah, e ti senti inutile anche
perché credi che il tuo ragazzo non abbia bisogno di te in questo momento”. Il
tono di Luna era sempre lo stesso, distratto e stralunato, ma quelle parole
toccarono profondamente la ragazza con cui stava parlando. L’ultima
affermazione, in particolare, lasciò Hermione
impietrita, e, se possibile, ancora più sorpresa.
La voce le tremò leggermente quando disse: “Come fai a saperlo?”. Il suo
respiro si fece più affannato, mentre tirava su col naso e asciugava una nuova
lacrima che era scesa sulla guancia, senza volerlo.
Luna alzò le spalle, continuando a sorridere. Guardò fisso davanti a sé così
intensamente da far pensare che ci fosse qualcuno o qualcosa davanti a lei. “
E’ come mi sono sentita io, quando è morta mia mamma” spiegò con voce dolce e
ferma “Non riuscivo a stare vicino a mio padre, avevo paura che mi rifiutasse,
che volesse stare da solo, quando in realtà aveva un disperato bisogno di me”. Spostò
lo sguardo verso Hermione e sbatté le palpebre. “
Anche lui ha bisogno di te”aggiunse, con un sorriso.
Allo sguardo interrogativo di Hermione, Luna sospirò
pazientemente : “ Ron è nella Sala Grande con i suoi familiari, si stringeva a
Harry e a Ginny ,ma … poco si guardava intorno con
aria afflitta, come se stesse cercando qualcuno … sono sicura che stava
cercando te”. E qui esibì un sorriso incoraggiante, mentre attendeva una
risposta dalla ragazza.
Hermione, da parte sua non riusciva a fare altro che
sgranare gli occhi, cercando una risposta razionale e logica su come Luna a
sapesse tutte quelle cose, senza che lei si fosse confidata mai con nessuno.
Evidentemente,concluse
dopo un po’, Luna aveva il dono di leggere dentro le persone, senza dover usare
la Legilimanzia.
“ Ho sempre saputo che eri una ragazza fragile e sensibile, anche se cercavi di
nascondere la tua insicurezza mostrandoti saccente e avendo sempre la risposta
pronta. Ma non bisogna vergognarsi delle proprie emozioni, nemmeno quando non le
accettiamo e vorremo che le cose andassero diversamente” continuò la bionda,
intelligentemente, anche se le parole erano appena sussurrate, come se stesse
borbottando frasi buttate lì, senza un senso preciso.
“ Ma che senso ha, Luna? Che senso ha avere paura adesso,ora che è tutto finito? Non capisco … dovrei essere
felice!Non c’è nessuna spiegazione logica!”sbottò Hermione,
a voce alta, anche se era rivolta più a se stessa che a Luna.
Ma Luna aveva già la risposta pronta: “Nelle emozioni non c’è mai una
spiegazione logica, Hermione, devi accettarle per
quelle che sono, la paura, come l’amore. Devi abbandonarti a loro, non serve
resistere, è completamente inutile!” le assicurò.
Stava
per regalarle l’ennesimo sorriso d’incoraggiamento, quando entrambe
sussultarono nel vedere che la porta si apriva nuovamente.
Le due ragazze strizzarono gli occhi per riuscire a distinguerne meglio la
figura nella penombra della stanza, illuminata solo dal fioco bagliore delle
stelle che arrivava dalla finestra alle spalle.
I capelli di un biondo quasi bianco sembravano emanare una luce argentea al
chiarore della notte e anche gli occhi, di un verde chiarissimo, brillavano
come stelle.
La
sua espressione, prima triste e malinconica, s’irrigidì alla vista della
ragazza a destra, con i capelli cespugliosi raccolti in quella che un tempo
avrebbe dovuto essere una treccia. Il ragazzo non si era quasi nemmeno accorto
della seconda sagoma che era rannicchiata nell’angolo più buio, tanto che quasi
si meravigliò nel sentirla parlare, alzarsi e avvicinarsi a lui, diretta alla
porta : “ Oh, mi stavo proprio chiedendo se i Malfoy
fossero ancora al castello, sai? Fareste meglio a scappare … non è un buon momento
per voi!”. Nonostante la gravità e la serietà delle cose appena dette, il tono
di Luna era leggero e ironico, come se avesse appena raccontato una barzelletta
particolarmente divertente. Ignorò anche l’espressione tirata del ragazzo,
tipica di una persona pronta a lanciare una battuta velenosa, e con un balzo sparì
dalla stanza, dopo aver lanciato un ultimo sorriso a Hermione,
ancora seduta accanto alla finestra.
Nella
stanza piombò di nuovo il silenzio. L’aria era tesa mentre i due ragazzi
rimasero a guardarsi: Hermione non aveva nemmeno la
forza di cacciarlo via, le sembrava così inutile … del resto la sua presenza
non le faceva né caldo, né freddo, non le dava nessuna emozione concreta, presa
com’era dai suoi problemi.
Non
voleva deriderlo o rinfacciargli, con parole cariche di odio, il fatto che
avevano vinto, come avrebbe di sicuro fatto in un’altra circostanza: non solo
non aveva forze, ma gli occhi lucidi di lui le facevano capire che era
consapevole, forse più di lei, di quello che era successo, e le facevano capire
come la paura di quello che gli sarebbe accaduto, di lì a poco, si era già
impadronita della sua mente.
Ma,
nonostante quella consapevolezza, Hermione non
provava pena per Draco Malfoy:
aveva scelto il male, aveva perso, si era distrutto con le sue stesse mani.
Quel ragazzo non aveva alzato un dito mentre veniva torturata, davanti ai suoi
occhi, da sua zia Bellatrix Lestrange
solo poco tempo prima.
La
ragazza non abbassò lo sguardo quando incontrò gli occhi del ragazzo, anzi,
cercò di farlo apparire più fiero e pungente, nonostante le lacrime le
rigassero ancora il volto.
Notò
che i suoi capelli, di solito impeccabili, erano scompigliati e arruffati, con
dei ciuffi che gli ricadevano sulla pelle bianchissima: il volto era, a tratti,
annerito e pieno di fuliggine, sicuramente per via dell’Ardemonio,
osservò la ragazza, il fuoco maledetto che aveva appiccato il suo defunto
braccio destro nella Stanza delle Necessità, che era la spiegazione anche per
le bruciature di cui erano piene i suoi vestiti.
Draco,
da parte sua, avrebbe tanto voluto torturare con battutine e umiliazioni la
ragazza che aveva di fronte, come aveva sempre fatto, ma … non era nelle
condizioni di poterlo fare: le doveva la vita per ben due volte quella sera, e
lo sapeva, anche se detestava ammetterlo.
Era
questa forse la sua condanna più grande, anche più grande di quella che sarebbe
arrivata per i Malfoy di lì a pochi giorni con il
processo, che avevano accettato di pagare, per evitare di passare una vita
intera in latitanza.
Chi
l’avrebbe mai detto? Doveva la vita alla Mezzosangue, a San Potter e Lenticchia
… quei tre che aveva sempre ritenuto degli idioti, dei poveri illusi!Eppure,
doveva ammetterlo, anche se era disgustato fino ad arrivare ad un senso di
nausea, quelli che erano passati per idioti erano proprio loro, quelli della
sua fazione, e loro erano i poveri illusi, quelli convinti che alla fine
avrebbero trionfato.
Con
un’occhiata sprezzante incrociò gli occhi scuri della ragazza, tanto da notare
che reggevano ancora il suo sguardo, nonostante la stanchezza per i
combattimenti di quella notte, di cui portava ancora dei segni sul viso e sugli
abiti logori.
Non
potendo dire o fare niente, indietreggiò e se ne andò silenzioso così come era
arrivato.
Hermione,
di nuovo completamente sola, prese e strinse la sua borsetta di perline, si
alzò e si avviò verso la porta, dando un’ultima occhiata alla finestra: il
cielo stellato quella notte era limpido,chiaro, sereno. Sembrava non essersi
accorto di quello che era avvenuto sotto di lui. Il blu notte stava lasciando
il posto ad un blu più chiaro, preparandosi all’alba imminente.
La
ragazza spostò una ciocca di capelli che le ricadeva sul viso, e la sistemò
dietro l’orecchio: aveva bisogno di una doccia e di uno shampoo, doveva essere
in condizioni terribili. La sua felpa era ormai consunta, piena di strappi e
macchie di sangue, così come i suoi
jeans, e un dolore forte alle labbra la facevano intuire che lì aveva una
grossa ferita.
Ma fu proprio quando alzò nuovamente lo sguardo verso il cielo che vide una
cosa che la lasciò ancora più smarrita di quanto già potesse essere: le stelle
si erano riunite formando una strana forma nel cielo, una specie di rettangolo
verticale.
La
cosa più assurda era che le stelle non si erano riunite a formare la figura del
rettangolo come accadeva con le costellazioni , ma avevano cominciato a
brillare più intensamente ,e da queste, partivano delle linee che si riunivano
alle stelle più vicine, simili ad un gioco babbano
che consisteva nel riunire i puntini con delle linee per capire la figura che
si nascondeva dietro quegli stessi puntini.
Aveva
guardato spesso il cielo, soprattutto negli ultimi mesi, ma non aveva mai
notato niente del genere: sbatté le palpebre per vedere meglio … ma, a quel
punto, era sparito tutto.
Possibile
che avesse sognato tutto? Del resto era così stanca...
Più confusa che mai, lasciò la stanza a grandi passi, appena in tempo per
incontrare di nuovo Draco Malfoy
nel corridoio e rendersi conto che anche il ragazzo stava guardando il cielo
con espressione confusa attraverso una grande finestra che dava su quello che
rimaneva del giardino di Hogwarts.