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Autore: LoScandalo    19/08/2015    5 recensioni
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Mihael Keehl non era di certo una persona propensa a pensare, prima di prendere una decisione, e molto spesso, questa gli si ritorceva contro.
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Tra bilance elettriche, cadute in grande stile e dolorosissime, tra l'altro, il naso completamente sfatto, i capelli sporchi, il maglione nuovo ridotto a brandelli e la difficoltà estrema di cucinare con dei boxer rosa con un freddo barbino che entrava direttamente dalla finestra, era quasi impossibile rimanere lucidi!
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« Eh...posso spiegare»
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Mello e la cucina....come finirà?
Genere: Comico, Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mello
Note: AU, Nonsense, OOC | Avvertimenti: nessuno
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                                       Quella volta in cui Mihael Keehl decise di cucinare
                                     Dedicata a coloro che, come me, in cucina fanno schifo.
 
 
 
 
 
Arriva quel momento, nella vita, in cui si è chiamati a prendere una decisione.
La decisione migliore per noi e per gli altri, che possa essere utile, che possa servire a qualcosa, portare a una fine.
Una decisione che possa aiutarti ad affrontare la vita.
Va bene, messa così sembra più la trama di un cartone animato, o di una commediola da quattro soldi: una vicenda interessante, accompagnata da un sotto trama pieno di pigolii e scintillii-e personaggi di dubbia esistenza o provenienza-, che poi si unisce alla storia principale, per poi incedere al lieto fine come un kamikaze.
Poveri illusi.
La vita, quella vera, è assai più ingiusta.
Perchè, purtroppo o per fortuna, non basta cantare una stupida canzoncina per rimettere tutto a posto.
La verità era che in quell'occasione c'era poco da fare.
Ebbene sì, era completamente spacciato.
Mihael Keehl non era di certo una persona propensa a pensare, prima di prendere una decisione, e molto spesso, questa gli si ritorceva contro.
Come in quel caso, appunto.
Era un uomo dotato di scarso impegno- riguardo le cose di cui non glie ne importava niente, s'intende- e che non ascoltava molto spesso- soprattutto i discorsi che non avrebbe mai potuto capire-.
Eh sì, era un inguaribile menefreghista, e allora?
Tanto non se ne sarebbe fatto niente di tutto quello che gli dicevano le persone accanto a lui, o almeno, quello credeva sino a quel giorno.
Ma prima di raccontarvi ciò che è successo, buttiamo delle premesse.
Innanzi tutto, presentiamo questo uomo dai mille talenti e sorprese, che si è andato ad impelagare in un guaio più grande di lui, e di cui quoziente intellettivo è pari a quello di un pesce rosso: il soggetto in questione si chiamava Mihael Keehl, come molti di voi sapranno perchè...l'abbiamo precisato quattordici righe fa- e sì, le ho contate- soprannominato Mello dagli amici.
Un ragazzo di 26 anni, abbastanza alto e così magro da fare invidia ai manichini che si vedono nelle vetrine dei negozi.
Il viso pallido, deturpato da una cicatrice che gli occupava buona parte del volto- abrasione che si era procurato da piccolo, in seguito ad un incidente con la stufa- era messo in risalto da due grandi pozze color ghiaccio.
Oggettivamente un uomo carino, se non fosse stato per quell'imbarazzante taglio di capelli, a causa del quale molto spesso veniva scambiato per una donna- le colorite imprecazioni si sprecavano in quei casi-.
Lavorava come insegnante di tedesco presso la scuola media del suo paese, era sposato con una donna dalla stessa delicatezza di un caterpillar- il che è un complimento...- ed era padre di una deliziosa bambina di sette anni, Selene.
Ed è proprio da lei che parte la storia, dalla piccola Selene.
La sua figlioletta adorata doveva presentarsi a scuola con una torta da presentare alla festa di beneficenza di fine anno.
Ve le ricordate?
Quel genere di manifestazioni scolastiche aperte al pubblico che la preside- che tra l'altro nessuno ha mai visto, neanche dipinta- organizzava in onore del cugino del fratello dello zio del padre della prozia della figlia della professoressa più brava dell'istituto- molto probabilmente morta nell'età della pietra- di cui osannava l'operato come se quest'ultimo fosse stato un Santo sceso dal cielo anche se, ovviamente, non l'aveva mai incontrato.
Però almeno si mangiava a quelle iniziative, duenque, anche se di poco, si salvavano dalla sua lista nera.
Ma torniamo a noi.
La maestra-altamente odiata da chiunque avesse avuto un briciolo di buon senso-della sua amata pargoletta aveva strettamente specificato che la torta dovesse essere preparata in casa.
E quindi loro, povere vittime sacrificali di una donna fintamente gentile e veramente subdola, cosa potevano inventarsi, quando non sapevano neanche distinguere una forchetta da un coltello?
Non sarebbero mai stati capaci di deludere il loro caro ed ingenuo angioletto!
Dovevano escogitare un piano!
Ed, effettivamente, le macchinazioni geniali si sprecavano: il sabato mattina, Mello aveva proposto di spacciare la torta di mele della sua nonnina adorata per l'ultima opera d'arte culinaria di sua moglie, ma ripensandoci, neanche Selene gli avrebbe creduto.
La domenica mattina il nostro eroe aveva l'intenzione di costringere la loro vicina di casa a cucinare il dolce al posto loro, ma in seguito si rese conto che forse minacciare la vecchiaccia con la pistola giocattolo di suo nipote sarebbe stata una trovata assai pericolosa, visto che la suddetta signora aveva già un piede nella fossa e non voleva di certo causarle un infarto!
Il lunedì mattina, la sua adorata compagna gli aveva proposto di comprare una torta qualsiasi in pasticceria e, una volta a casa, aggiungere una spruzzata di zucchero a velo per conferire al dolce un'aria più “naturale”e “famigliare”, ciò nonostante fu Mello a bocciare l'idea, sostenendo che mai si sarebbe abbassato al livello delle madri disperate di quei filmettini demenziali che andavano in onda a Natale e che era costretto a sorbirsi insieme alla megera e quella povera innocente mente della figlia.
Infine arrivò martedì, e dopo aver inventato l'impossibile, non era ancora riuscito a cavare un ragno dal buco.
Giacché l'unica soluzione per uscire vivi da quella situazione sembrava proprio quella di preparare la torta da solo.
E perchè a lui, povero uomo di cui unico grande errore nella sua vita era stato quello di non tagliarsi i capelli, quando pareva palesemente un cosplay di Raffaella Carrà, era toccata la sfortuna di dover preparare un dolce, lasciando la donna di casa libera da questo arduo compito?
Siete veramente sicuri di volere aprire questa parentesi?
In pratica, la sua cara consorte gli aveva gentilmente intimato di mettersi ai fornelli, se non voleva essere spedito in Congo a suon di pedate nel sedere.
Motivo? 
Ovvio: lei non sapeva cucinare. Neanche lui, ma aveva avuto l'accortezza di non protestare.
Anche perché discutere con quella donna era una battaglia persa: di sicuro avrebbe vinto lei.
Dunque, quella mattina si svegliò con il buon proposito di portare a termine quel compito difficile quanto improbabile.
E quel pomeriggio, puntualmente, si ritrovò nella maledetta stanza con strani oggetti sputa fiamme e cibo a volontà- chiamasi comunemente cucina-.
Armato di grembiule rosa con stampe a fiori e utensili da cucina sulle sfumature del viola glicine- purtroppo era stato costretto a chiederli in prestito alla vicina perchè loro ne erano totalmente sprovvisti- pose davanti a sé gli ingredienti, pensando sul da farsi- e assumendo un'espressione che definire perplessa è dire poco-.
Dopo parecchi minuti in cui il suo cervello era impegnato in strane elucubrazioni mentali su come si dovesse rompere un uovo, si accorse finalmente che era completamente negato per quel lavoro.
Fu pervaso da un forte senso di demoralizzazione, ma cercò di non scomporsi.
In fondo, non poteva essere così complicato...vero?
« Ma sì, sto facendo un problema di niente. Adesso inizio! »
Solo che dirlo era molto diverso dal farlo, anche perchè non aveva la più pallida idea da che cosa dovesse incominciare!
Soprattutto, era indeciso su come usare gli svariati ingredienti che aveva sparsi sul tavolo- scelti completamente a minchia, dato che non sapeva neanche quale torta cucinare- e le varie terrine, ciotole, mazze di legno e....quell'oggetto infernale che sembrava essere il sottoprodotto dell'unione di un microfono e i raggi della ruota di una bicicletta-chiamasi comunemente frusta-.
La cucina-o almeno, quello che ne restava- a quanto pareva era priva di un qualsivoglia libro di ricette, poichè loro vivevano unicamente di surgelati e precotti vari, quindi, con l'intento di togliersi d'impiccio il prima possibile e di non andare a chiedere ulteriore aiuto alla vicina, fu costretto a cercare la ricetta su internet.
E fu così che si ritrovò impalato in mezzo alla cucina, con lo sguardo fisso sull' IPad.
Per un istante, Mello credette di essere diventato completamente deficiente.
Infatti, in un primo momento, sembrò non ricordarsi come caspita si usasse un tablet, per poi realizzare che lui non sapesse anche solo come si accendesse, dato che era solito lavorare con il PC.
La domanda sorgeva quindi spontanea: da dove cazzo saltava fuori, quel tablet?
Tentò di ricordare quando la risposta lo colpì come una palla da tennis dritta in bocca.
In quell'attimo si dette mentalmente del coglione.
Quella mattina- proprio quella mattina, dannazione!- aveva accidentalmente prestato il suo computer al suo migliore amico, quell'imbecille di Matt-che stava preparando la tesi per la laurea in legge-che, per sdebitarsi...forse? gli aveva prestato...quella scatola di vetro misteriosa.
Prese la saggia decisione di non provare neanche a capire dove si trovasse il tasto di accensione.
Non poteva rischiare più di quanto non stesse già facendo, quindi ripose il tablet in un luogo più sicuro e accese la TV -stava seriamente iniziando a pensare che fossero l'unica famiglia del quartiere ad avere un televisore in cucina...- nel disperato tentativo di trovare un canale su cui trasmettessero un programma che facesse al caso suo, con la ricetta di un dolce, magari.
« Imparate con me a cucinare la trota salmonata! »
« E che è, sono trans anche i pesci ora? » scherzò il biondo, appoggiandosi sul tavolo con i gomiti- e infilandone uno nel pacco di farina lì accanto-.
« Eh ma che cazz...» fu la quasi immediata reazione del ragazzo- ovvio, se non si contavano quei dieci/ quindici minuti di stacco trascorsi a guardare il televisione come se fosse stato un fagiano che scopriva per la prima volta cosa fosse un quadro-.
Pigiò un tasto a caso, per poi mollare il telecomando sul tavolo neanche fosse stato uno straccio, per poi dirigersi verso il lavandino per togliersi la farina dal maglione- rigorosamente nero-. 
Quello che il nostro Mihael non si aspettava è che l'acqua uscisse a spruzzo, bagnandogli mezza maglietta e mezzo grembiule- ovviamente si dimenticò di spegnere il rubinetto-.
Sbuffò, asserendo successivamente un banale ma sempre verde: « Porca troia!»
Cinque minuti e una maglia-nera- asciutta- dopo e il grembiule fiorito - e fradicio- ancora indosso, il ragazzo ritornò in cucina.
Non si ricordava di avere tenuto la TV accesa...e di essere capitato su un canale di pasticceria!
« Oggi faremo un dessert italiano molto famoso: la “Torta al limone”»
Mello pensò che fosse scesa la manna dal cielo.
Finalmente la fortuna iniziava a girare dalla sua parte.
Tra l'altro, dal titolo non gli sembrava troppo pretenziosa, aveva dei limoni in casa e poi avrebbe anche fatto bella figura con un dessert italiano!
« Gli ingredienti per questa torta squisita sono: 300 gr di farina,150 gr di burro, succo e scorza grattugiata di un limone, 3 uova, 150 gr di zucchero, 1 bustina di lievito e zucchero a velo! »
Mello diede un'occhiata al tavolo: aveva tutto.
« Solo una domanda: cosa minchia è il lievito? »
Decise di non pensarci troppo -sicuramente, si disse, sarebbe stato di grande importanza- e passare oltre.
« Prendiamo la nostra bilancia e pesiamo i 300 gr di farina...non avete idea che torta deliziosa verrà fuori!»
La farina! Ma certo, doveva pesare la farina!
....momento....
Gli mancava qualche cosa....ma cosa?
Oh. Merda.
Mello si accorse troppo tardi di un fatto assai preoccupante: dov'era la bilancia?!
Ci doveva essere, ne era sicuro!
Dunque fu così che, mentre lo chef era intento sproloquiare su quanto fosse gustosa quella caspio di torta, il nostro eroe era impegnato a cercare come un disperato la bilancia, controllando da cima a fondo.
A nulla valsero i suoi sforzi, dato che pareva che quella cucina non fosse munita neanche di una misera bilancia.
Dopo parecchi minuti, in cui il programma era andato in pausa pubblicitaria, lui realizzò con sommo dispiacere che le suo ricerche erano risultate inutili, inoltre si appuntò mentalmente di riferire a sua moglie che doveva decidersi una volta per tutte a comprare degli utensili da cucina, almeno quelli basilari.
Si sedette per terra, sconsolato.
Mannaggia a tutte quelle volte in cui non aveva dato ascolto a sua madre e a tutti i suoi preziosi insegnamenti riguardanti il vivere da soli ed attrezzarsi per ogni evenienza.
Stava quasi per tagliarsi le vene con un spaghetto per la depressione, quando si accorse di stare cercando nel posto sbagliato, la dispensa.
Ritenne opportuno non soffermarsi a criticare l'idea balzana -per non dire di peggio- che aveva avuto, e si alzò di scatto.
Sfrecciò all'interno dell'altra stanza alla ricerca di Nem...cioè, della bilancia nei numerosi armadietti della cucina, ovviamente vuoti.
La demoralizzazione riprese il sopravvento nel suo animo, inoltre arrendendosi all'evidenza che quella storia era una battaglia persa del tutto.
E soprattutto, che la sua cucina aveva l'assoluta urgenza di essere attrezzata per ogni occasione.
Altro che utensili basilari, adesso pretendeva anche l'acquisto del trucida patate e del cannello per i cannoncini!
Poi voleva vedere se le richieste fin troppo pretenziose di quella rincoglionita di maestra lo avrebbero colto di nuovo impreparato!
Stava quasi per gettare la spugna, quando gli venne un'idea brillante.
E dato che lui era un genio, un artista, un Einstein mancato, cosa avrà mai escogitato, o cari signori?
Ma ovviamente qualcosa di impensabile!
Corse come un forsennato su per le scale, quasi rischiando di inciampare sui suoi stessi passi e spaccarsi l'osso del collo.
Ritornò pochi istanti dopo reggendo in mano la bilancia elettrica che tenevano in bagno per controllare il peso della bambina- faccio fatica a crederci io che lo sto scrivendo, figuratevi voi!-
La posò sul tavolo e l'accese.
Pregò con tutto se stesso che fosse abbastanza sensibile per riuscire ad ottenere qualcosa.
Appoggiò sulla piattaforma una ciotola: la lancetta non si mosse di un millimetro.
« Incominciamo bene...» sussurrò il biondo, parecchio frustrato.
Versò quindi la farina nel recipiente, quantità ad minchiam , visto che la bilancia non lanciava segni di vita.
« ....facciamo finta che sia giusto »
Eseguì la stessa operazione per lo zucchero e il burro, secondo un’unica unità di misura....la sua.
Accantonò poi i vari ingredienti in un angolino del tavolo, realizzando solo in quel momento di essere sprovvisto di lievito- anzi, se ne era già accorto, ma in quei 20 minuti si stupidaggini varie se ne era completamente dimenticato-.
Dieci minuti e una vicina esasperata dopo, Mello arrivò davanti la porta di casa, munito di una bustina per il lievito.
« Quella non è una donna, è un centro commerciale!» asserì, tra l'ironia e lo sconcerto.
Frugò nella tasca destra nel tentativo di individuare le chiavi per aprire la porta, ma non le trovò.
Infilò la mano nell'altra, ma il risultato fu lo stesso.
« Porca di quella ciabatta, le chiavi! » esclamò esasperato, portandosi le mani ai capelli e cadendo in ginocchio.
Ora era definitivamente un uomo finito.
E adesso come rientrava in casa?
C'era anche freddo, lì fuori!
Perchè ovviamente, era stato così sveglio da non indossare niente prima di uscire.
“ Andiamo a chiedere il lievito alla vicina” diceva. “No, non indosso il giaccone, ci metterò di sicuro molto poco” diceva.
In tutto questo, si era addirittura dimenticato le chiavi.
Si sarebbe preso a schiaffi...
Arrabbiato e triste, il ragazzo si trascinò svogliatamente verso la finestra della cucina.
« Preparare la Torta al Limone è semplicissimo! » esordì la voce dello chef alla televisione, che non aveva spento.
« Sta zitto! » gli ringhiò contro il povero Mello, palesemente abbattuto.
Non lo capiva quello che stava attraversando un brutto episodio della sua vita?
Certo che no, lui doveva solo parlare ad una telecamera.
In fondo non era colpa sua se doveva mandare avanti un programma e lui era rimasto fuori al freddo e al gelo ad ascoltare la TV ancora accesa e....
Momento...era veramente successo?
Aveva sul serio sentito il suono del televisore seppur fosse chiuso fuori?
Gli ci vollero un paio di secondi prima che il topo rimbambito che mandava in moto il suo piccolo cervellino si mettesse a correre.
Riuscì a fare una piccola operazione:
 
Casa chiusa + suono della TV= Finestra aperta!
 
Preso da qualche misteriosa forza interiore- chiamasi comunemente euforia- si mise ad esultare, emettendo degli urletti acuti, più simili a degli squittii, che apparivano quasi inumani per quanto erano alti ed a saltellare come avrebbe fatto una cheerleader sui carboni ardenti.
Avrebbe giurato di sentire lo sguardo stranito di alcuni passanti sulla schiena, ma che glie ne fregava? ora poteva finire la ricetta!
« Oh cazzo, mi stavo dimenticando della torta! »
Stava per avventarsi sulla finestra, quando si accorse di un brutto fatto...la fessura in cui passare per potere accedere alla cucina era assai stretta.
Beh, lui andava famoso per la sua magrezza, quindi ci sarebbe entrato...no?
Ma sì, ma certo, bastava mettersi d'impegno!
Infilò per prima la testa, girandola di lato, e iniziò a spingersi lentamente all'interno della cucina.
Sentiva il legno dell'intelaiatura graffiargli la maglia, nuova, per giunta, e l'esiguo spazio in cui era costretto a passare gli stava dolorosamente schiacciando "la zona innominabile"- è comunque una storia a raiting verde-.
Quando ormai fu quasi completamente dentro, il suo corpo si sbilanciò in avanti, e ancor prima che potesse battere ciglio, Mihael Keehl aveva il suo splendido faccino spappolato sulle mattonelle di marmo, le braccia aperte ai lati del suo corpo, il bacino appoggiato alla parete da cui si apriva la finestra e le gambe lasciate penzolare in avanti, con i piedi che gli sfioravano la schiena, assumendo nel complesso una posizione assai innaturale.
Si alzò lentamente da quella caduta in cui aveva rischiato di rompersi la schiena, il naso e il collo- o di morire- e si rimise in posizione eretta.
Dopo essersi stiracchiato e avere controllato allo specchio che il suo naso non si fosse completamente fottuto- e ovviamente se l'era ritrovato pieno di lividi e con una lunga scia di sangue che usciva dalla narice destra- si rimise all'opera, ma non prima di essersi incazzato come una iena perché si era ricordato che le chiavi di casa le aveva messe nella tasca anteriore- gli erano cadute quando era in quella comoda posizione-.
Si mise davanti alla televisione, mentre lo chef, dopo la sua ennesima lode a questa torta, iniziò finalmente a spiegare la procedura.
« Per prima cosa, mettere i tuorli e lo zucchero in una terrina»
Terrina, terrina, terrina....ah, eccola!
Lo zuccherò ce l'aveva accanto....cos'è che mancava?
Ah si, il tuorlo....
« ...e adesso che cos'è 'sto tuorlo?! »
Nella ricetta non c'era!
Ma prima che l'agitazione prendesse il sopravvento-anche se l'aveva già preso-capì che quello strano ingrediente non era altro che la parte arancione dell'uovo- tutto grazie ad un'attenta osservazione alle mosse dello chef-.
Allungò la mano verso un uovo, lo prese e lo tastò, forse con un po' troppa energia, dato che si ruppe senza tanti complimenti- oltretutto impiastricciando il pavimento e la manica della sua maglia-.
Sospirò.
Non c'era niente da fare.
Era un coglione.
Dopo essersi pulito alla bell'e meglio- lasciando il pavimento al suo tremendo destino- ne afferrò un altro, e con tutta la delicatezza possibile lo picchiettò sul bordo della terrina, per far si che si crepasse leggermente.
Dopo averlo aperto, pensò che, avendo la stessa manualità di una scimmia, dividere il tuorlo dall'albume fosse un'impresa assai ardua, ma decise di provarci lo stesso.
Dunque, doveva versare l'intero uovo in una ciotolina, cosa che aveva fatto.
Una bottiglia, gli serviva una bottiglia!
Aprì con foga il frigorifero.
Estrasse una bottiglia semivuota e ne versò il contenuto dentro ad un bicchiere- mai sprecare l'acqua-.
Tornò di corsa al tavolo, la porta del frigorifero ancora aperta e le gocce d'acqua che costellavano il pavimento, creando una lunga strada dal lavandino al punto "base".
Avvicinò il collo al tuorlo e lo aspirò dentro alla bottiglia.
Grande fu il senso di stupore misto ad incredulità di Mello, prima di tutto perchè era riuscito ad eseguire un passaggio a parer suo da manuale, ma soprattutto perchè credeva che la storia della bottiglia fosse una stupidaggine e che non funzionasse sul serio.
Ancora entusiasmato come un criceto nella stagione primaverile, vuotò la bottiglia dal tuorlo e lo mise nella terrina dello zucchero- la bottiglia fu gettata con noncuranza vicino al cestino del secco, in barba a tutte le regole del riciclo-.
« Poi mescolate con una frusta a mano o elettrica per ottenere un composto spumoso e privo di grumi. Quando lo otterrete, unite il succo di un limone e la scorza grattugiata. Mescolate per far amalgamare bene il tutto.»
« Si, poi prenderò il volo con il mio unicorno verso Narnia!» ironizzò il cuoco improvvisato, brandendo la frusta come se fosse stata un pugnale.
Si avvicinò alla terrina ed iniziò a mescolare- con assai poca grazia e delicatezza- il tutto accompagnato dall'espressione a metà tra l'incuriosito e lo schifato del ragazzo.
Continuò l'operazione per diversi minuti, nei quali, più che un impasto liscio e morbido, ottenne uno squacchio di zucchero di colore arancione.
Lo schifo.
« Beh....si sta abituando, no?» cercò di convincersi Mello, mentre fissava il composto per niente omogeneo e pieno di grumi.
Ecco, davanti a quello spettacolo l'opera di convincimento andava via via scemando, lasciando al suo posto l'ormai noto senso di demoralizzazione.
Il suo sguardo vitreo vago sui vari ingredienti, quando...
« Ah, ecco perchè non è bello spumoso, devo aggiungere il limone!» questa era la prova schiacciante che Mello non avesse capito una beata fava di cosa dovesse fare.
Preso da un nuovo moto di entusiasmo, afferrò un limone e lo tagliò a metà.
Lo spremette dentro alla terrina a mano- dato che non possedevano neanche uno spremiagrumi- con tutta la forza che aveva.
Non si curò neanche di togliere i semini che erano caduti insieme al succo all'interno del composto, non perchè volesse buttare al vento tutta la sua fatica, semplicemente non glie ne fregava niente e non aveva voglia di tribolare.
Successivamente girò la metà del limone che aveva spremuto e lo grattugiò con la mini-grattugia della noce moscata- eh si, non avevano una fottuta bilancia però la noce moscata non poteva mancare!-.
Rischiando più e più volte di tagliarsi le dita, alla fine riuscì nell'intento e si rimise a mescolare, anche se il risultato della mistura non migliorò neanche per scherzo.
« Avete fatto? Molto bene, ora  sciogliete a parte il burro a bagnomaria e poi unitelo al composto nella ciotola. Continuate a mescolare finché il composto non sarà omogeneo. A quel punto, versate la bustina di lievito e, per ultima, a poco a poco, la farina setacciata (per evitare che si formino i grumi). In un altro recipiente montate gli albumi a neve e uniteli all’impasto della torta al limone, mescolando dal basso verso l’alto.»
« Piano piano piano, genio delle torte, che cazzo è il bagnomaria? Io credevo fosse un film!»
Mello, la fronte aggrottata, gli occhi da pesce lesso e la bocca che formava una grande "O" era la rappresentazione umana dello sconcerto, in quel momento.
Che cos'era quel procedimento infernale che stava eseguendo il cuoco?
Ma i pasticceri se li inventavano di notte questi metodi geniali per sciogliere un cubetto di burro o cosa?
Perchè ce ne voleva di tempo per elaborare delle diavolerie simili!
E adesso come faceva?
La sua cucina non era dotata di pentole così grandi- in effetti, si faceva prima ad elencare quello che c'era-.
Quindi no, non sarebbe mai riuscito a sciogliere il burro a bagnomaria- ah, non dimentichiamoci dei nomi altrettanto fantasiosi e originali dei procedimenti impossibili-.
Per una delle poche volte nella sua vita, Mello si mise a pensare.
Alla fine decise di non curarsene: doveva sciogliere il burro!? E allora lo avrebbe sciolto!
Nella vita esistevano varie soluzioni.
E in quell'istante ne serviva una pensata, e se proprio un po' ardita, ma interessante.
Certe volte la soluzione era l'amore, in altre la morte.
In quell'occasione, la soluzione non era nient'altro che il microonde.
Esatto.
Infilò la terrina dentro l'oggetto della sua salvezza e impostò il timer a trenta secondi.
Quando il campanello suonò, afferrò la terrina dal microonde e tornò di corsa al tavolo, ma....Mello, lascia che ti spieghi una cosa.
Se tu rompi un uovo solo prendendolo in mano, questo si apre lasciando fuoriuscire una sostanza molliccia e viscida che impiastriccia il pavimento e tu non lo pulisci, e a causa della tua sbadataggine ci metti sopra il tuo grazioso piedino mentre stai correndo, devi scivolare.
E questa è una regola dettata ma dal karma, caro.
Quindi, cosa successe secondo voi, miei cari lettori?
Sí, certo, bravi.
Rovinò a terra di schiena, sbattendo violentemente il coccige al pavimento e la terrina volò sulla sua testa, mentre il burro sciolto- e bollente, non dimentichiamocelo- gli colava sui capelli, sul viso e sul collo.
Passarono alcuni secondi di silenzio assoluto, scanditi solo dal suono degli ingranaggi della testa di Mello che stavano elaborando ciò che era appena successo.
Poi si infervorò come una belva con la rabbia.
Ma non erano i suoi capelli imburrati o il suo coccige dolorante a crucciarlo, quanto al fatto che...:« ORA DEVO RIFARE TUTTO DACCAPO!»
Ecco, appunto.
Si tolse con uno scatto veloce la ciotola dalla testa, si alzò dolorante reggendosi al bordo del tavolo.
Con il coltello tagliò una quantità imprecisata di burro che buttò senza tanti complimenti- o la minima delicatezza- dentro la ciotola, per poi dirigersi nuovamente al microonde, attraversando la stanza a grandi falcate.
Dopo avere ripetuto tutta l'operazione, accompagnata da colorite e pesanti imprecazioni del biondo, passò alla fase successiva: mescolare, lievitare, setacciare.
Detta così gli pareva più un incantesimo di Harry Potter, ma poco importava.
Impugnò la frusta- sempre con i suoi modi di fare posati pari a quelli di un orso grizzly- e ricominciò a girare la brodaglia grumosa, zuccherosa e decisamente troppo liquida.
Notò, con non poca perplessità, come fosse passato da impasto solido e...arancione a sbobba burrosa, gialla e piena di semi- forse avrebbe dovuto toglierli-.
Magari lo lievito e lo zucchero a velo lo avrebbero rappreso un attimo.
Avrebbe funzionato per forza!
Così, tirò fuori la bustina di lievito dai pantaloni, ma a causa di vari eventi più o meno gradevoli, questa si era frantumata all'interno della sua tasca.
Dall'euforia iniziale, il suo morale scese fino a toccare terra.
Manzoni probabilmente stava preparando una torta quando scrisse:“ Questo dessert non sa da fare, nè ora nè mai”-poi sostituì la parola “ dessert ” con “ matrimonio ” quando decise di stendere “ I Promessi Sposi ”-.
« Fantastico, ora sembro anche uno spacciatore oltre che a un concorrente sfigato di Takashi's Castle!»
Non c'era molto da fare in quel momento: a mali estremi, estremi rimedi.
Con non poca irritazione, si slacciò la cintura e si tolse i pantaloni- in eco pelle nera, ci terrei ad aggiungere- restando in déshabillé, anche se in questo caso non era una vestaglia femminile da camera ma dei boxer rosa shocking- e che volete, era andato male il lavaggio degli indumenti intimi- e vuotò l'interno della tasca nella ciotola.
Scagliò i pantaloni lontano da sé- precisamente sul davanzale della finestra- e tornò ad amalgamare il tutto, mentre setacciava con l'altra mano lo zucchero a velo.
« Ma guarda che bella mappazzetta che sei! Chi è la migliore crema del mondo?! Sei tu, sì sei tu! » ooook, era leggermente impazzito.
Ma non biasimatelo, suvvia.
Tra bilance elettriche, cadute in grande stile e dolorosissime, tra l'altro, il naso completamente sfatto, i capelli sporchi, il maglione nuovo ridotto a brandelli e la difficoltà estrema di cucinare con dei boxer rosa con un freddo barbino che entrava direttamente dalla finestra, era quasi impossibile rimanere lucidi!
Perché non aveva preso il lievito a manciate con la mano dalla tasca e non chiudeva la finestra?
Probabilmente non lo sapremo mai...
« Bene, ora devo montare gli albumi...MONTARE!?» si, stava pensando proprio a quello.
E cosa volete, era un comune mortale anche lui- anche se era difficile da credere, dato che era sopravvissuto a due cadute altamente pericolose-.
Subito dopo un attimo di intontimento, si diede dello stupido.
Insomma, a cosa andava a pensare...
...forse doveva metterci più forza di volontà.
Mello stava facendo di tutto per non pensare male, ma proprio non ci riusciva.
E poi, montare come?
Come si montavano gli albumi?
Alzò lentamente lo sguardo verso il televisore, sperando con tutto se stesso che non si trattasse di quello che pensava lui, vedendo lo chef montare tutto contento gli albumi con la frusta.
Doveva farlo...con quello?
Con quell'arnese lì?
Con i raggi della bici a forma di microfono?
A mano?
Ma i produttori di quel programma erano completamente impazziti?
Tralasciando il fatto che ci avrebbe messo un'eternità, lui non in grado di muovere così velocemente la mano!- e dopo tale affermazione, gli tornarono in mente pensieri poco casti-.
E poi dove cappero erano gli albumi?
Scrutò il tavolo impressionato: dove gli aveva messi?!
Perchè non li trovava?
Lo sguardo si posò infine sulle uova ancora intatte.
Sospirò, mentre la consapevolezza di essere un deficiente veniva definitivamente confermata...
...doveva ancora romperle.
Si diede da fare e aggiunse altre due uova all'albume che c'era già nella ciotolina.
Ora dov'era? Dov'era quella bottiglia inutile?
Ah sì, vicino al bidone.
Andò a recuperarla con la stessa iperattività di un bradipo zoppo- anche perchè, diciamocelo, non aveva voglia di rompersi qualcos'altro, oltre che al naso, il coccige e i coglioni-.
Cinque minuti e due tuorli aspirati dopo, il nostro eroe si ritrovò a montare le uova alla bell'e meglio- un modo carino per definire “ a cazzo ” tutto il suo operato- e intanto che svolgeva questa operazione difficilissima, ascoltava le ultime parole del cuoco...nel senso che sarebbero state veramente le sue ultime parole!
Ah, ma quanto poteva essere simpatico certe volte?
« Imburrate una teglia e spolveratela con un pugnetto di farina, versateci dentro l’impasto della torta al limone e fate cuocere a 180 gradi per 20-25 minuti.Per controllare la cottura fate la prova dello stuzzicadenti, se tornerà su asciutto, vorrà dire che la torta è cotta anche all’interno.Quando ve ne sarete accertati, spegnete il forno e lasciate raffreddare la torta al limone. Poi toglietela dal forno, spolveratela con lo zucchero a velo e servitela fredda, con una pallina di gelato.»
« Ma anche meno, amico mio, anche meno! »
Aggiunse lo squacchio di albumi montati, più o meno, a neve alla brodaglia gialla.
Mescolò per altri cinque/ dieci minuti- dal basso verso l'alto altrimenti...SAREBBE ANDATO TUTTO A PUTTANE!- e lasciò " l'impasto " da parte, per concentrarsi sulla " teglia ".
Si, una di quelle usa e getta- figurarsi se avevano una teglia, non sia mai- in alluminio, che si spaccavano solo a guardarle.
Inoltre era inadatta per contenere quel quantitativo imprecisato di roba, e sicuramente durante la cottura l'impasto sarebbe uscito fuori.
Un affare...
Ovviamente l'aveva comprata solo il giorno prima in un negozio di dolciaria che solo dall'aspetto lasciava a desiderare; in compenso, l'aveva pagata poco.
Imburrò la superficie dalla dubbia resistenza- e con imburrare intendo spalmandoci direttamente il burro, in modo molto igienico- e poi ci buttò sopra un po' di farina- e la concezione di " un po' "di Mello è " mettiamone quanto me ne capita "-.
Un perfettino, insomma.
Dopo aver sistemato- e con sistemato intendo nella mia immaginazione- la teglia ne versò dentro tutto il contenuto della terrina....tutto!
Ed essendo quell'affare spesso cinque centimetri al massimo, metà della sbobba fuoriuscì dalla teglia, guarnendo il tavolo, i suoi vestiti, il pavimento, gli altri utensili e ingredienti e mettendo la ciliegina sulla torta all'intero casino che c'era in quella stanza.
Successivamente, come se non fosse successo niente, infornò la torta ad un numero imprecisato di gradi, ma ovviamente non quelli indicati dalla ricetta, e si accasciò per terra.
« È finita!! Evvai!!! » alzò le braccia al cielo, in segno di vittoria.
Purtroppo per lui, non era ancora finita.
Infatti, vuoi il caso, vuoi il fatto che quella fosse una giornata nera sotto tutti i punti di vista, in quel momento entrarono la moglie e Selene, direttamente dalla lezione di danza della piccina.
Le reazioni a quello che si presentò loro davanti furono al dir poco ridicole: Mello, con le braccia ancora alzate verso il soffitto, le guardava come un bambino appena beccato a rubare delle caramelle, Selene lo fissava con sguardo sospetto è un po' troppo concentrato sul fatto che suo padre indossasse delle mutande rosa e la moglie era palesemente prossima ad avere un infarto.
E quindi, con la stessa delicatezza che caratterizzava i carri armati, sputò con rabbia testuali parole: « Che minchia è successo qua dentro? »
Lo sguardo vagò per l'intera stanza: il frigorifero aperto, il pavimento bagnato e sotto la finestra di sangue, una sgommata di uovo al di sotto del tavolo- che era il segno inequivocabile che qualcuno ci era scivolato sopra- il pantaloni buttati sul davanzale, il lavandino che spruzzava acqua da tutte le parti, la bilancia elettrica poggiata sul tavolo e ricoperta da qualcosa di giallo- forse l'impatto per la torta- così come lo era metà della stanza, Mello compreso.
Mello, sporco di uovo su una manica, la maglia strappata sulla schiena, i capelli unti e appiccicosi, il viso deturpato da vari lividi e da scie di sangue asciutte, con indosso un ridicolo grembiule a fiori, che era chiaramente per una donna, e soprattutto senza pantaloni e i suoi meravigliosi boxer in bella vista.
La domanda sorgeva spontanea, dopotutto.
« Ehm....posso spiegare....»
 
 
 
 
 
 
 
Il mio antro dei misteri(?):
Ma salve, popolo del web!(ma anche meno entusiasmo, guarda...)
Questa....è una OS....esatto.
Sì....
Mi sono cimentata come meglio ho potuto, infatti non ho mai scritto una fic comica in questo modo.
Quindi perdonatemi!
Inoltre ci terrei precisare qualche punto.
Allora, punto primo ci terrei a precisare che questo obbrobrio non è nato a caso, solo che leggendo altre fic comiche in cui gli uomini sono intenti a fare i lavori di casa, mi sono impuntata anch'io e mi sono detta: perchè no?
Quindi mi sono cimentata ed è uscito questo.
Spero almeno che abbia fatto ridere, o sorridere.
Secondo, so che Mello non è per niente IC è che le yaoi queen mi cercheranno coi forconi per averlo maritato con una donna e averlo fatto diventare padre, ma che volete, me serviva per la storia.
Terzo, per questo capitolo mi sono ispirata tantissimo a Cucine da Incubo di Violetta Rocks quindi...ci tenevo solo a dirvelo.
Ah, e poi la ricetta l'ho ovviamente cercata perchè io in cucina sono negata.
Ho intenzione di fare una serie di queste fic demenziali con gli uomini di Death Note intenti ad eseguire i lavori di casa.
Voglio lasciar scegliere a voi il tema della prossima storia:
L~ Il lavandaio( storia di una lavatrice e un detective)
A scuola di cucito~ Le straordinarie avventure di Beyond Birthday
(E)Mail Girvasio( o Jeevas) e il gabinetto magico.
 
Scrivetemi se la storia vi è piaciuta, non vi è piaciuta o se devo andare a zappare la terra.
Sciai!^^
 
Disclemer(brava, L.S, brava, metti i disclemer infondo alla pagina!): I prodotti non sono citati a scopo di lucro.
Alcuni paragoni sono presenti anche da altre storie ma, ehi, lo sappiamo tutti che sono cucciati fuori da Nonciclopedia( o almeno la maggior parte) quindi...spero di non aver arrecato disturbo o fastidio.
 
 
 
 
 
 
  
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