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Autore: GaaRa92    01/02/2009    2 recensioni
Cosa succederebbe se un giorno come un altro i Tokio Hotel,o peggio ancora lo stesso Bill,capitassero su questo sito di fanfiction e provassero a leggere quante fanfiction glielo permettesse la loro conoscenza linguistica???
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Incompiuta
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CAPITOLO XVI: SPRING NICHT

CAPITOLO XVI: SPRING NICHT

 

 

 

La presa del ragazzo si fece più forte attorno alla vita della ragazza: non voleva lasciarla andare, voleva tenerla per se.

 

- Claireee!!! Allora? Stiamo aspettando solo voi! Guarda ti ho portato la cioccolata calda come piace a te, non puoi capire che faticaccia convincerli a lasciarmi la tazza, neanche fosse d’oro! Ma io ti conosco e lo so che adori..-

 

Un suono di ceramica andata in frantumi. La cioccolata bollente sparsa per terra.

Un rumore di passi veloci. Poi più niente.

 

Tutti questi suoni giunsero ovattati all’orecchio di Claire, che dovette raccogliere tutto il suo autocontrollo per distaccarsi dalla presa di Bill e capire che stesse succedendo.

 

- Emily cos..? Oh no EMILY!..- smarrita la ragazza osservò la tazza in frantumi sul pavimento e la cioccolata che si spargeva a macchia d’olio. - Scusami Bill io devo..-

- Si io.. Non ti preoccupare, vai pure.. Me la caverò da solo..-

 

A malincuore la ragazza si sciolse dalla stretta del frontman e con poche “falcate” raggiunse velocemente la pedana per togliersi i pattini.

Le mani le tremavano mentre scioglieva in tutta fretta i legaci.

 

- Cazzo e levati! Non ti ci mettere anche tu!-

Un laccio non ne voleva proprio sapere di slegarsi: lei doveva stare lì.

Con forza la ragazza tirò, la mano scattò veloce. Un rumore di lame affilate risuonò lievemente nel palaghiaccio vuoto: la mano nella foga aveva violentemente strofinato contro la lama dello stivaletto posato lì accanto a lei, il sangue prese a sgorgare furioso.

 

- Oh vai al diavolo! Emily aspettami.. ti prego..- Un sussurro accompagnò una lacrima, che scivolò dalla guancia della ragazza.

 

Non poteva abbandonarla anche lei..

No.

EMILY NO!

 

- EMILY NO! ASPETTA TI PREGO!-

 

Claire prese a correre dietro l’amica a piedi scalzi lungo il corridoio. Doveva raggiungerla a qualsiasi costo, doveva spiegarle..

 

Che cosa? Che non è come sembra?!

Oh andiamo Claire! Lo sai benissimo che non ti crederà!

Ti ha visto!

 

La verità incominciò a corroderla da dentro, sfaldando le sue difese dall’interno. Impossibile fermarla.

 

E tu lo sapevi quanto lei ci tenesse!

 

Un altro colpo basso.

Era vero.

Lei lo sapeva quanto l’amica ci teneva a quel ragazzo conosciuto attraverso poster e riviste di ogni genere, che pochi secondi prima l’abbracciava come se fosse la cosa che aveva di più cara al mondo.

 

Lo sapeva.

 

Il rumore dei suoi passi si fece martellante, inquietante.

Le luci al neon incominciavano a fremere o era una sua impressione?

Stava pian piano scivolando in un incubo. Il peggiore di quelli che aveva mai fatto da quando aveva incominciato a lavorare a “Casa Tokio Hotel”.

Doveva aspettarselo che qualcosa sarebbe successo no? Un chitarrista e un bassista che fanno strage anche se si soffiano il naso (e non certo per il raffreddore da cavallo!), un batterista che con i propri sorrisi era capace di far intenerire anche il temibile “Babau”, e poi lui, Bill Kaulitz: un concentrato  di energia allo stato puro, con un pizzico di ingenuità e insieme di maturità che era impossibile non affezionarcisi. 

Era entrata in casa del lupo. Si era messa in trappola con le sue mani, ed il peggio era che lo aveva fatto consciamente.

 

 

Il respiro accelerò velocemente. Emily non c’era da nessuna parte.

Un brivido freddo la fece sussultare…

Il palaghiaccio era dotato di un terrazzo spazioso. Vietato al pubblico, ma non per loro due.

La prima cosa che avevano imparato sin dalla prima volta in cui si erano recate lì era stata come eludere la sorveglianza e sgattaiolare ai piani superiori: la vista era mozzafiato e si poteva bere in santa pace la cioccolata, accoccolate sul cornicione, come piaceva fare a loro.

Prese a sudare freddo, le gambe incominciarono a tremarle, mentre l’eco di parole lontane le risuonarono nelle orecchie, facendo da sottofondo al rumore dei suoi passi affrettati.

 

 

***

 

“Ma dai non ti sembra di esagerare?! E’ pur sempre un ragazzo di 19 anni vuoi che un giorno non trovi una ragazza adatta a lui?”

“…”

“Cosa farai quando arriverà quel giorno?”

“Io.. non so come reagirei allo shock..”

 

 

***

 

Le lacrime presero a rigarle il volto.

Non aveva potuto immaginare quanto fosse diventato importante per lei quel ragazzo.

Era stata una stupida.

Chi meglio di lei conosceva Emily?

Chi meglio di lei doveva capire cosa c’era di sbagliato in tutto questo casino?

CHI?

 

 

La fatica cominciava a farsi sentire, i piedi fasciati solo dai calzini incominciavano a scivolare sui gradini di marmo freddo, le mani sudate afferravano debolmente il corrimano in legno, affaticate come gli altri arti dallo sforzo a cui erano sottoposte.

In quel momento una fugace sequenza di immagini le si parò davanti, immagini ben conosciute: un Bill dalla folta chioma corvina con un lungo cappotto in pelle nera che si affretta per le scale. Un’aria disperata e sconfortata sul volto, quell’aria di chi si prepara al peggio ma spera nel meglio.

 

L’aria di Claire.

 

 

 

 

*

 

 

Über den Dächern,
ist es so kalt,
und so still.
Ich schweig Deinen Namen,
weil Du ihn jetzt,
nicht hören willst.
Der Abgrund der Stadt,
verschlingt jede Träne die fällt.
Da unten ist nichts mehr,
was Dich hier oben noch hällt.

 

 

Una brezza fredda le sferzò il viso violentemente.

Si strofinò lievemente le mani per riattivare la circolazione e stimolare calore, ma la cosa era più difficile del previsto.

I rumori delle macchine e le luci della grande metropoli rendevano Roma più viva che mai, in forte contrasto al silenzio che la pervadeva e al vuoto che le si spalancava davanti.

Le lacrime scivolarono sulle gote arrossate per il freddo, andandosi a posare dolcemente attorno alle labbra appena socchiuse.

 

- Claire.. Come hai potuto..-

 

Un sussurro che fece più male di quanto si aspettasse.

La cruda verità aveva annientato le sue difese.

 

 

Ich schrei in die Nacht für Dich,
lass mich nicht im Stich,
Spring nicht.
Die lichter fangen Dich nicht,
sie betrügen Dich.
Spring nicht.
Erinner Dich,
an Dich und mich.
Die Welt da unten zählt nicht,
Bitte spring nicht.

Le luci accecanti della città si mischiano alle lacrime, appannandole la vista. Il piede oscilla leggermente sul bordo del cornicione provato dalle intemperie. Briciole di cemento e sassolini si staccano, precipitando giù. Sempre più giù.

La voce di Bill che le risuona non le concede tregua: brandelli di ricordi le scivolano davanti agli occhi.

Un film che le era impossibile bloccare, anche se cercava di raccogliere tutte le forze che le erano rimaste.

 

Lei che consola una bimba dai capelli neri arruffati e un ginocchio sbucciato.

 

Lei e la stessa bimba che si tengono per mano ansiose di varcare i cancelli delle “Medie”.

 

Lei che racconta a quella dannata bambina come è stato il suo primo bacio.

 

Lei che velocemente si strozza la colazione per non arrivare in ritardo alla lezione.

 

E la bambina è sempre lì con lei.

 

[…]

 

Lei c’è sempre stata.

 

Il battito accelera, si ferma per un momento.

 

 

In Deinen Augen,
scheint alles sinnlos und leer.
Der Schnee fällt einsam,
Du spürst ihn schon lange nicht mehr.
Irgendwo da draussen,
bist Du verloren gegangen.
Du träumst von dem Ende,
um nochmal von vorn anzufangen.

 

 Riaprì gli occhi, espirando lentamente.

Non era cambiato niente.

Il dolore c’era, più vivido che mai. Il cuore pulsava ribelle nonostante fosse incrinato, spezzato.

Il mondo si era fermato, ma la testa continuava a vorticare in un turbine di immagini, mezze frasi dette senza volere, insensate.

Vuote.

 

“Non è vero.. non è così, so che non è così”

 

Il debole pensiero affiorò, nella mente già sovraffollata di Emily.

Non ne aveva potuto fare a meno.

Non poteva fare a meno di sperarci, di pensarci, di crederci.

La debole ancora di salvezza che sosteneva i suoi pensieri minacciava di scomparire, di ritornare dal nulla, da dove era venuta.

Lasciare la nave in balia delle onde e abbandonare il proprio porto sicuro voleva dire andare alla deriva, senza una metà.

Senza sapere se ci sarà una meta.

 

*

 

Un rumore di passi affrettati e quasi disperati risuonò in lontananza.

 

Ma era davvero lontano?

O era lei che era lontana..?

 

 Tutto ciò non catturò la sua attenzione.

Ora c’era solo lei e il suo dolore.

Pensava di potercisi crogiolare un po’.

Ne aveva il diritto.

 

Improvvisamente una porta si spalancò e sbatte violentemente contro il muro, che si scrostò lievemente.

 

- Ich schrei in die Nacht für Dich,
lass mich nicht im Stich
Spring nicht.
Die lichter fangen Dich nicht,
sie betrügen Dich.
Spring nicht.
Erinner Dich,
an Dich und mich.
Die Welt da unten zählt nicht,
Bitte spring nicht!-

 

Come se il suo processo mentale non si fosse mai interrotto, Claire aveva continuato la canzone.

Quella canzone che inizialmente non l’aveva conquistata più di “Rette mich”, ma che via via col tempo si era rivelata per quello che era veramente.

 L’aveva fatta pensare, riflettere.

 

Dopo pochi giorni l’aveva imparata a memoria senza la minima difficoltà: sentiva quelle parole tanto di Bill quanto sue.

Lui aveva dato voce a qualcosa che lei si era tenuta dentro, che non aveva avuto la forza di condividere con molti, ma che Bill aveva provato a fare.

Soltanto ora aveva capito il motivo per cui Bill si fosse messo così a nudo in questa canzone più che in altre.

 

Emily si voltò a quelle parole fin troppo familiari. Gli occhi velati dalle lacrime, i riccioli castani scompigliati dal vento e trattenuti a viva forza da qualche molletta, la felpa grigia che le fasciava morbidamente il petto macchiata.

Il cappuccio leggermente tirato su, come a volerla proteggere da qualcosa.

Qualcuno.

 

Gli occhi di Claire si incatenarono a quelli di Emily.

Speranzosi.

Sapeva che doveva fare.

Aspettò.

L’attesa era snervante, dolorosa..

 

- Ich weiss nicht wie lang, -

 

Un debole sussurro intrappolato dal nodo alla gola che le si era formato.


-
Ich Dich halten kann.

Ich weiss nicht wie lang.-

 

Il cuore s’incrinò ancora.

La spaccatura si fece più profonda.

Era vero.

Non sapeva fino a che punto sarebbe potuta arrivare.

Aveva sempre giurato che per Claire avrebbe fatto di tutto.

Ma ora che si trovava oppressa da quel velo insostenibile, che il dolore l’avvolgeva completamente,

non ne era più sicura.

 

 

L’ancora sparì…

 

 

- Nimm meine Hand,
wir fangen nochmal an.-


 

Ogni singola parte del suo corpo si era concentrata per raccogliere le ultime forze rimaste: gli occhi chiusi e concentrati, i pugni chiusi, i palmi perforati dalle unghie.

Esitante, Claire fece un piccolo passo verso l’amica.

Non poteva permettere che non capisse quanto tutto questo avesse un significato per lei.

 

- Spring nich!.-

 

 

[…]

 

Che lei non avrebbe permesso un gesto così sconsiderato e stupido.

Mai.

 

 

- Ich schrei in die Nacht für Dich,
lass mich nicht im Stich
Spring nicht.
Die lichter fangen Dich nicht,
sie betrügen Dich.
Spring nicht.
Erinner Dich,
an Dich und mich.
Die Welt da unten zählt nicht,
Bitte spring nicht. -

Doveva togliere quel maledetto piede da lì!

 Correre accanto a lei, abbracciarla.

Farle capire che era tutto a posto.

 

 Anche se non sapeva quanto questo potesse essere vero.

L’aveva ferita, lo sapeva.

Sapeva anche però, che era troppo tempo ormai che non era riuscita a trovare in nessuno quello che aveva trovato in Bill.

Non sapeva se sarebbe stata disposta a rinunciarci.

Sarebbe morta per lei, ma questo?

 

Da quel momento in poi la loro strada sarebbe stata in salita.

 

- Spring nicht.
Und hält Dich das auch nicht zurück..-

Il cuore di Emily saltò un battito. Era giunta alla fine, sapeva che mancava davvero poco.

Solo una frase per esattezza. La più importante.

Quella che valeva tutta la canzone.

Quella che ne racchiudeva il significato intero. 

Quella che non era più sicura che Claire sarebbe riuscita a dire…

Si voltò completamente. Decisa a guardare l’amica negli occhi. Vide le sue iridi verdi rispecchiarsi per un istante in quelle azzurre di lei.

Poi solo un flebile ma sicuro sussurro:


- Dann spring ich für Dich…-

 

Il piede di Emily si mosse impercettibilmente.

 E quello di Claire con lei…

 

 

 

Nota: Eccomi di nuovo qui, con un capitolo che spero vi abbia fatto riflettere. Ci tenevo molto che questo capitolo riuscisse, nel vero senso della parola. E’ stato molto doloroso e importante per me scriverlo, e spero di esserci riuscita bene sulle note di questa splendida canzone. Se l’ho rovinata, o non sono riuscita a conferire al capitolo quel tono che tanto desideravo assumesse, posso solo dire che me ne rammarico moltissimo. Ho provato a dare a Claire quel tratta di realismo in più, che forse durante tutta la storia era stato un po’ difficile delineare, l’ho ritenuto molto importante. Perciò è stato necessario riaprire vecchie ferite, che spero nonostante tutto di aver espresso a fondo.

Ringrazio moltissimo chi continua a seguirmi, chi ha recensito lo scorso capitolo (Facy – grazie mille per il tuo immancabile sostegno e la tua “pazienza”^_- /  layla the punkprincess – spero che la tua curiosità sia stata in parte soddisfatta^^/  DarkViolet92 –  anche io generalmente non sono quel tipo di persona così zuccherosa, ma quel pezzo si è scritto proprio da se!: lo volevo così^^) e chi continua a tenere intrepida la storia tra i preferiti (48! O.O! Grazie ragazze^^). Un bacione grandissimo a tutte e inutile ricordarvi che i vostri pareri sono assai graditi in questo punto così difficile della storia, che spero di non aver banalizzato.

 

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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